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Archive for ottobre 2015

slide_3Sto cercando di tirare le somme e valutare se i miei duecento antifascisti dimenticati che fecero le Quattro Giornate meritano di essere raccontati; soprattutto mi sto interrogando: te la senti di mettere penna su carta e cominciare? Non sarà fatica di poco conto.
Il mondo ovviamente corre e non aspetta me. Ci mancherebbe. A Napoli prima si è deciso di organizzare una manifestazione nazionale contro la guerra e poi ci si è riusciti. Nunc est bibendum, mi sono detto, benché da quasi trent’anni son diventato santo e non bevo più. Come accade però sempre più spesso, anche su questo tema prima ci sono state discussioni e poi i dissensi sono degenerati. Così funziona da tempo ormai e non s’è ancora spenta l’eco dei litigi per la faccenda greca. Alla manifestazione c’è stato chi ha spinto e chi è stato spinto, chi ha allontanato dal corteo e chi è stato allontanato e ora c’è chi la racconta cotta e chi cruda e siamo tutti fascisti. Tu per lui, lui per te e tutti contro tutti.
Io non c’ero. Ero a Roma da mio figlio che vedo molto raramente, ma se ci fossi stato mi sarei sentito come un pesce fuori dall’acqua. Anche questo accade da tempo ormai. In questi giorni ho scoperto che, chiunque parli di Siria, il più ignorante della compagnia sono io. Ho scoperto anche che devo stare attento a ciò che dico, perché basta una sfumatura e subito c’è chi pensa che, quando nessuno mi vede naturalmente, metto una sciarpa littoria e mi pavoneggio. Succedeva così anche quando ero giovane e si discuteva tra stalinisti, autonomi, trotzkisti e compagnia cantante.
Non ho difficoltà a riconoscerlo: come di centomila altre faccende, sulla Siria non ho informazioni sicure e stento a capire che accada davvero da quelle parti. Di conseguenza, faccio fatica a dire la mia. Non mi fido dei giornali e delle televisioni e non riesco a verificare le centomila notizie giornaliere e le reciproche accuse tra le parti che la gente mi posta su facebook. Non scherzo, lo giuro solennemente: vorrei avere almeno una delle certezze che dimostrano di avere tutti quelli che inondano la mia bacheca, sostenendo tutto e il contrario di tutto. Tutti quelli che mi spiegano quotidianamente che Assad è un governante lungimirante e la Siria un modello di tolleranza. Per quello che ne so, la Siria è governata da un dittatore e sono in molti a volerlo morto. Per carità, lo so, questo non basta a schierarsi e alla fine non sono del tutto scemo: mi ricordo bene ciò che è accaduto in Irak, in Libia e in mille altre parti del mondo. Me lo ricordo e ho anche scritto più volte in questi anni che i paesi capitalisti, di qualunque religione e credo politico, sono una piaga per l’umanità. Questo però mi pare sufficiente per convincermi a schierarmi contro UE, USA, Russia e Israele e cialtroni col turbante, ma non basta a farmi indossare una maglietta con la faccia di Assad. Sono un ignorante che è in grado di elaborare solo pensieri semplici.
Di una cosa sono sicuro e non cambio idea: non sto con chi bombarda la Siria per attaccare Assad, non sto con chi la bombarda per difenderlo e non sto nemmeno con i piloti dei suoi bombardieri. Tutti – lui, i suoi difensori e i suoi nemici – stanno ammazzando tantissima povera gente inerme. Gente che mi fa una pena immensa.
Nella mia ignoranza, semplice fino al semplicismo, trovo incomprensibile che si dica di non volere la guerra e poi si scelga di stare dalla parte di uno che la fa.

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342“De Magistris si salva con la prescrizione”, scriveva e ha scritto il Corsera finché il fango non è diventato disinformazione e ha sfiorato la calunnia. A me per un libro sulle foibe il giornale dei padroni pensò bene di dare del “negazionista” e poi si rifiutò di pubblicare una lettera aperta di protesta firmata da un manipolo di intellettuali liberi. Una specie in via di estinzione in questa sorta di grande gabbia che sta diventando l’Italia. Un’Italia che affonda nel fango. il Corriere della Sera si muove così: spara a palle incatenate per raccontare ai lettori un mondo che non c’è e finge di non vedere che una banda di nominati, eletti con una legge fuorilegge, fa a pezzi la Costituzione.
Lo sentite o no il campanello di allarme che suona, suona e torna a suonare? Lo vedete dove siamo giunti, intuite dove vogliono portarci? Se i noti “giornalisti” del Corriere giungono a questi livelli di pressapochismo etico, pensate davvero che il Paese possa stare tranquillo?
Voglio dirlo e se necessario ripeterlo fino alla nausea: qui non si tratta più di difendere un uomo, come pure sarebbe sacrosanto. E non si tratta nemmeno di un’astratta e tutto sommato banale questione di legalità in un Paese che di legalità formale si riempie da sempre la bocca e poi affonda nell’illegalità. Qui si tratta di difendere la sicurezza nostra e dei nostri figli, da gente e gentaglia che si vende per un piatto di lenticchie. Si tratta di lottare col coltello tra i denti per smentire Gobetti e ribadire che il fascismo non è stata l’autobiografia degli italiani.
La questione De Magistris non è più un problema locale e non riguarda un sindaco. E’ una grande questione nazionale e ha un nome chiarissimo: si chiama  libertà.

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logo1Il binomio arte-rivoluzione a Napoli non chiude la realtà in una gabbia di simboli astratti. Entra piuttosto nel corpo vivo della città e ne svela l’anima. Come quello della rivoluzione, infatti, il linguaggio innovativo dell’arte anticipa o accompagna le trasformazioni e mette in circolazione modelli alternativi di organizzazione sociale e nuove visioni del mondo.
Per Napoli e i napoletani, l’accento purtroppo cade spesso su un’anima creativa, che solo di rado si associa alla tempra dei rivoluzionari. E’ vero, Fernard Braudel, il grande  storico della “École des Annales”, scrive che Napoli è “luogo di creazione” e accenna al “suo abbagliante Settecento”, il secolo in cui la città “donò all’Europa l’archeologia, la musica, l’opera, l’economia” ma nel fiorire di cultura e d’arte il secolo si chiuse con la sfortunata rivoluzione del 1799, che privò Napoli del fior fiore della classe dirigente. In realtà, la storia degli eventi e i suoi orizzonti chiusi dominano una cultura troppo legata al potere e lasciano in ombra la visione della vicenda umana fondata sullo studio dei caratteri della civiltà e delle trasformazioni nei tempi lunghi. Braudel, non salva dalla sua amara sorte l’ex capitale del Sud, ridotta a provincia e costretta ai margini della storia nazionale.
Quanti conoscono la fierezza di un popolo, pronto a levarsi contro l’Inquisizione spagnola, cui negò cittadinanza entro le sue mura? Quanti ricordano che Domenico Cimarosa, ultimo esponente della musica operistica napoletana, forse non riuscì a innovarne il linguaggio, ma nel 1799 colse la carica innovativa della rivoluzione e musicò l’Inno di Luigi Rossi “per lo bruciamento delle immagini dei tiranni”, suonato poi per la festa dell’albero della libertà? Di lui si sa che cercò il compromesso col Borbone, ma è raro si dica che patì il carcere e un esilio da cui non tornò più.
Amara sorte, quella di Napoli, eterna “capitale della camorra”, a cui un uso politico della storia, impedisce di superare il filtro dei pregiudizi. Quando si tratta di Napoli, persino lo scontro più sanguinoso coi padroni di turno passa per la lente deformante dello stereotipo e la “città di plebe”  non conosce rivolta politica. E’ furia plebea, ad esempio, la rivolta del 7 luglio 1647, perché il popolo grida con Tommaso Aniello “Viva il re di Spagna, mora il malgoverno” e non distingue tra sovrano e governo. A ben vedere, però, è difficile capire se il passato sia stato letto con gli occhi di chi lo visse o con il sistema di valori del presente. Se ne sarebbe dovuta ricavare una grande lezione storica, ma si tende invece a tacerla: nacque così la camorra, supplente dello Stato, se lo Stato si disinteressa della gente. Una lezione così attuale e rivelatrice, che ce n’è voluta una più comoda, per deformare il passato e impedire di leggere il presente: l’insurrezione effimera, senz’anima politica o, se si vuole, la “rivolta di Masaniello”, il “rivoluzionario napoletano” per antonomasia.
E sì che per vent’anni l’italiano medio, non il napoletano, distinse tra Duce e fascismo: Mussolini fu il “padre buono”, i gerarchi simbolo di malgoverno. Nessuno però legge la Resistenza come rivolta effimera. L’esplosione di rabbia inconsulta, il fuoco di paglia, la rivolta di lazzari e scugnizzi sono geneticamente napoletani.
Quanto razzismo ci sia in questa secolare deformazione, che va dal disprezzo piemontese per i “briganti” al “pensiero politico” del lombardo Salvini, è difficile dire; tuttavia, nel solco di una storia “manipolata” si collocano “vuoti di memoria”, inspiegabili amnesie e figure cancellate dalla storia politica di un Paese la cui cultura media esprime Rosy Bindi, quando, volendo colpire il laboratorio politico messo su da Luigi De Magistris – guarda caso, il “sindaco Masaniello” – giunge a definire Napoli città “strutturalmente” camorrista. Rosy Bindi, che dovrebbe spiegare a se stessa, prima che ai napoletani, come potrebbe vivere la camorra senza sostegni politici e quali legami politici uniscono Milano da bere, capitale di “Mani pulite”, a Roma di “mafia capitale” e ai crimini veneziani. Spiegarci – e senza giri di parole – il silenzio del potere che lei rappresenta su tante nobili figure di antifascisti napoletani, inconciliabili con la sua costruzione ideologica. Ignoranza o malafede?

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ImmagineE’ un ritornello: la violenza! Che orrore! esclama il padrone, mentre colloca in Borsa i milioni accumulati sfruttando lavoratori. La violenza! Ma che significa violenza? Mettere le mani addosso? Solo questo è violenza? E guardare dall’alto in basso, provocare, umiliare, disprezzare, cos’è? Decidere con un tratto di penna che tu domani mangerai e chi ti sta di fronte morirà di fame, cos’è? Non è violenza? Sconvolgere l’esistenza di 2000 famiglie, ridurre sul lastrico persone che con il loro lavoro e i loro sacrifici ti hanno reso la vita comoda e ricca di agi, non è forse una violenza che istiga alla violenza?
Non sopporto gli ipocriti e odio i saputelli che parlano per parlare, tanto non gli costa niente e fanno bella figura. Questa è la borghesia benpensante: ci sono le regole, ripetono questi galantuomini, ci sono le regole e bisogna accettarle. Lo dicono perché le regole se le sono fatte su misura e non gli costano nulla. Se poi gli si volgono conto, le regole, se per caso il giocattolo s’inceppa, la regola gli sale sui piedi pesantemente e gli calpesta i calli, ecco che tutto cambia. Prima ti chiedono di essere elastico, ti guardano con l’aria furba, ti fanno l’occhiolino e ti ricordano che sì, le regole ci sono, è vero, ma si sa, ogni regola ha le sue eccezioni, poi voilà, con un gioco di prestigio, cancellano la regola che li frega e se ne fanno un’altra che fotte te.
La violenza! Ma cos’è la violenza, che significa violenza?
I miei amici dell’Ex OPG Je so’ pazze che hanno sempre le antenne drizzate e non perdono l’occasione per fare controinformazione, hanno messo in circolazione un video che è girato pochissimo. Consigliano a tutti di vederlo e io sostengo la loro proposta: “sono i momenti precedenti alla fuga dei manager di Air France”, scrivono, e per essere chiari traducono “le parole dell’hostess, davvero toccanti”, anche se, annotano, “non c’è bisogno di sapere il francese per capire cosa ha fatto tanto incazzare i lavoratori: guardate i manager come se la ridono, come non gli rispondono, come sono freddi mentre stanno per firmare una tragedia per 2.000 famiglie!”. Poi la dedica sacrosanta “a tutte le ‘anime belle’ che sono rimaste ‘sconvolte’ dalla ‘violenza’ dei lavoratori (ricordiamo: nemmeno uno schiaffo a questi signori, solo le camicie scippate di dosso)”…
Ecco che dice l’hostess ai manager: “Ci avete chiesto di fare i sacrifici, e noi li abbiamo fatto i sacrifici, noi. Sono 4 anni che i nostri salari sono bloccati. e vi domandiamo oggi di essere gentili e di capire… abbiamo il diritto di dialogare, di parlare?… Non siamo venuti a cercare il conflitto, vi domandiamo solo un dialogo coerente, è tutto. Voi dite di essere trasparenti con i clienti, ma voi siete trasparenti con noi? Bisogna prendere i clienti in considerazione: e noi? E’ normale che apprendiamo dalla stampa quanti di noi salteranno? Secondo voi è normale? E’ considerazione questa? dopo che vi abbiamo portato in alto con il nostro lavoro è così che ci ringraziate? Non è grazie a voi che Air France va bene… non siamo venuti per essere violenti o per mancarvi di rispetto, solo per avere risposte. Per avere il sentimento, l’impressione, di essere presi in considerazione. solo questo. Ma voi nemmeno questo ci potete dare”.
Altro che violenza. La verità è che da troppo tempo lasciamo che regole costruite apposta per fregarci distruggano le nostre vite. Ecco il video: https://www.facebook.com/video.php?v=721287091311290

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Roma 4 ottobre 2015La Scuola non si arrende e cerca alleati.
La stampa tace naturalmente, ma stavolta il “Roma” antico giornale napoletano, rompe il muro del silenzio.
A dare la notizia è stata Francesca Bruciano, giornalista coraggiosa cui vanno i migliori auguri di tutti i lavoratori della Scuola in lotta. Non si stratta solo della Scuola. La mobilitazione del 9 ottobre, infatti, si accompagna a un appello rivolto dagli operatoria della Scuola a quelli della Sanità e ad altri settori aggrediti dalle politiche di questo sedicente “governo”.
Renzi sa bene che il suo governo è illegittimo, che la sua maggioranza è formata da un’accozzaglia di “nominati”, giunta in Parlamento grazie a una legge messa fuorilegge dalla Consulta. Lo sa e perciò diventa ogni giorno più aggressivo.
Nel mirino è la democrazia.
Non a caso ha cancellato lo Statuto dei lavoratori, ha dato mano libera ai padroni per i licenziamenti, ha regalato lo “Sbocca Italia” ai Comitati d’affari, ha distrutto la scuola pubblica e ora mette mano alla Sanità. Presto si potranno curare solo i ricchi.
La violenza esercitata da questo governo sulle Istituzioni e sulle classi subalterne è intollerabile. Stiamo assistendo allo stupro della Costituzione. Non c’è un altro modo per definire quelle che Renzi chiama “riforme istituzionali”. Un Parlamento dichiarato moralmente e politicamente illegittimo dalla Corte Costituzionale, mette mano alla Costituzione e la cambia. E’ come se una banda di ladri, colta in flagranza di reato, cancellasse il furto dal Codice Penale.
Da buon megalomane, analfabeta di valori, Renzi, ha perso il senso delle cose. Protetto dalla Troika, fa il bello e il cattivo tempo e si sente il centro del mondo. Non sa – e nessuno gli spiega – che chi uccide i diritti è condannato alla rovina.
La storia prima o poi presenta il conto.    

Ecco il volantino che invita alla lotta:
Manifesto

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Poiché il PD è impegnato con la storiella degli scugnizzi e gli ordini di Roma sono di stare zitti, sennò si scopre che a Napoli non c’è solo la camorra (dei suoi riferimenti politici Rosy Bindi e i suoi compagni di partito preferiscono tacere)…
Poiché ci pare che sia invece venuta l’ora di parlare…
Poiché pensiamo che sulla memoria storica si combatte una battaglia politica…
Informiamo antifascisti e rivoluzionari che…

col patrocinio del Comune,
La Carrozza d’Oro
ri-presenta

RADIO LIBERTA’
3 ottobre 2015 ore 20:00 Piazzetta Forcella a Napoli
INGRESSO GRATUITO

Per ricordare Ada Grossi e la sua famiglia di antifascisti napoletani, nel 72° anniversario delle Quattro Giornate di Napoli, nella Rassegna di teatro civile (con ingresso gratuito fino ad esaurimento posti
prenotazioni allo 081 239 5666, o 0812395653 dal lunedì al venerdì, ore 97, info info@lenuvole.com)

Per quelli che si sono persi la replica del 15 novembre 2014… …beh, eravamo al centro Cotxeres Borrell di Barcellona…
Per quelli che non sono riusciti a vedere quella del 26 aprile 2015 per il 70° anniversario della liberazione… il Teatro Instabile di Napoli non riusciva a far entrare tutti…
Per quelli che l’hanno già visto, anche più di una volta…
Per quelli che hanno preso un aereo e sono venuti a Barcellona…
Per quelli che non avevano i soldi per il biglietto…
PER QUELLI CHE HANNO FINITO LE SCUSE PER NON ESSERCI…

… il 3 ottobre torna RADIO LIBERTA’ ore 20:00 Piazzetta Forcella
scritto da Alfredo Giraldi con la collaborazione e l’aiuto di Giuseppe Aragno
diretto da Luana Martucci.

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