Draghi, l’uomo che camminava sulle acque, è affondato. Il sacerdote della bibbia neoliberista prima ha governato contro la povera gente, poi, terrorizzato dalle conseguenze delle sue scelte americane, ha provocato la crisi ed è scappato. Siamo tornati un Paese normale e votiamo? No. Pare che Mattarella resusciti Amato. E noi? Noi non paghiamo più le bollette. Se non ora, quando?
Solidarietà a Marta Collot, portavoce di «Potere al Popolo», condannata a 4 mesi di carcere per aver manifestato in piazza il dolore e l’indignazione per la continua strage di lavoratori che il pessimo governo Draghi sostanzialmente ignora. Capisco le compagne e i compagni che, sconcertati, si chiedono come sia possibile giungere a un simile verdetto, mentre i colpevoli della strage continuano ad ammazzare; io ritengo invece che la condanna sia del tutto “normale”. In ogni finta democrazia, infatti, le figure rappresentative di organizzazioni politiche che difendono diritti negati e lottano per un mondo migliore sono colpite duramente. Per vent’anni Terracini e Pertini furono trattati come criminali. Il primo firmò poi la nostra Costituzione antifascista e il secondo divenne il miglior presidente della Repubblica. Quella che Draghi e i suoi camerati stanno distruggendo. Come tante altre ormai, questa condanna vergognosa è un segnale di paura e di pochezza politica. Si avvicina il tempo in cui gli imputati diventeranno giudici. Teniamo bene in mente i nomi e le colpe di questi sgherri di un potere marcio, così non commetteremo l’errore di concedere amnistie. Avanti compagne e compagni. Nel buio di questa lunga notte, all’orizzonte si coglie una lama di luce: sta nascendo un tempo nuovo, il nuovo sole dell’avvenire e il nuovo secolo dei lavoratori!
E’ un classico. Qualcosa si muove, nasce l’«Unione Popolare»? Ecco che, sollecitato da un vento nuovo, chi stava fermo e indifferente si mette in moto per inerzia. Rinascono così i supercritici e i profeti di sventura, pronti a ricordarti esperienze con cui non hai nulla da spartire. In realtà si tratta di un primo segnale positivo: non solo ci sei, ma scuoti gli immobili e agiti gli indifferenti. Sono Fino, per esempio, che d’un tratto non può fare a meno di muovere le dita sulla tastiera, mi parla di «Sinistra Arcobaleno» e «Rivoluzione Civile» che, sottolinea ironicamente, «ne hanno fatta di strada». Si muove tanto ed è così agitato, da avventurarsi in un’analisi che ritiene politica e si chiede che «Unione Popolare» siamo «senza almeno 6/7 partiti a sinistra del PD?». Sparata la bordata, Sono Fino si tura le orecchie, come l’artigliere che tira col pezzo da novanta, poi, visto che il colpo non è stato devastante come sperava, decide di sputare la sentenza: «spero tanto di sbagliarmi ma mi pare che «Unione Popolare» sia la solita accozzaglia preelettorale che non porta nulla di nuovo ed è destinata miseramente a fallire». Potrei intonare l’antico ed efficace scongiuro – «aglie, fravaglie, fattura ca nu un quaglie, corna, bicorna cape ‘e alice e capa d’aglio» – ma non lo faccio. Che tutti possano avere un’opinione rende in fondo la vita più bella. Sono Fino, che scambia l’alba col tramonto e ci definisce un’accozzaglia, è un fenomeno interessante, perché s’impappina e afferma che con altri sette partiti a sinistra del PD (quali?) non saremmo un calderone. Che avrebbe fatto, Fino, se non ci fossimo mossi noi? Sarebbe stato fermo e indifferente. Non lo ammetterà mai, ma l’indifferenza, quella almeno, gliel’abbiamo fatta vacillare. Lo so, non è detto che accada – potrebbero inventarsi una nuova emergenza e rimandare tutto a data da destinare – facciamo conto però che l’anno prossimo si debba votare. Che farà Fino, filosofo della rassegnazione? Voterà per i banditi accampati in un Parlamento ridotto a bivacco di squallidi manipoli? Può darsi. In fondo non avrebbe che l’imbarazzo della scelta: uno vale più o meno l’altro, e lavorano per tutto, per se stessi, per gli Usa, per la Nato, per il comico ucraino, tranne che per la maggioranza degli italiani che hanno ridotto in miseria. Non a caso rappresentano poco più di se stessi. E’ vero, sì, Sono Fino avrebbe altre due scelte: non votare (che significherebbe fare il gioco di Draghi, Letta, Salvini e compagnia cantante) o votare i fascistelli di Meloni (niente aborto, niente divorzio, immigrati a fondo nel Mediterraneo e la bandiera con il motto dei padroni: tu fatichi e io mangio. La crisi però lavora contro gli indifferenti e contro i filosofi della rassegnazione. Stavolta, piaccia o no, esiste una vera alternativa, antifascista, fuori dai giochi del palazzo, formata da chi fatica e non mangia: «Unione Popolare». La gente ormai non è più disposta a farsi divorare dai pescecani del capitalismo. Nessuno può dire se Fino, che è stanco e depresso, ma scemo non è, resterà a guardare o deciderà di mettersi dalla parte giusta: la nostra e la sua.
Si definiscono “grandi” e va bene. C’è solo un piccolo problema: non terminano mai la definizione, che, nel suo insieme, è quasi perfetta: “Grandi stronzi”. Poi magari, per eliminare il quasi e fare davvero chiarezza, potrebbero tenere presenti le dimensioni e metterla così: “GRANDISSIMI STRONZI“. Ora sì, ora davvero tutto diventa chiaro.