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Archive for febbraio 2020

E’ il caso di ricordarlo: non si comprende il senso profondo della storia moderna se non si ha ben chiaro il concetto di rappresentanza politica. In suo nome si è combattuta infatti la battaglia epocale contro la monarchia assoluta e dalla sua vittoria sono nati il superamento dell’ancien régime, il sistema politico costituzionale in età liberale e le democrazie del Novecento.
Oggi, al di là dell’ideale irrealizzato della democrazia diretta e partecipativa, la realizzazione concreta della rappresentanza politica sono le assemblee parlamentari periodicamente elette e i parlamentari che ne costituiscono il “contenuto”. Questo non significa naturalmente che la vicenda storica sia ferma alla Rivoluzione francese. La fine della rappresentanza per ceti, la nascita dei partiti di massa, il suffragio universale, il voto alle donne, per esempio, hanno modificato e affinato il concetto iniziale di rappresentanza.
Benché il contrasto sul significato e sulla funzione dei rappresentanti sia insuperato  ancora insuperato, è indiscutibile: nel processo storico che ci conduce al mondo contemporaneo, il regime politico rappresentativo costituisce l’antitesi dei regimi che non sono soggetti al controllo politico dei cittadini. Benché non cancelli del tutto la distanza tra governanti e governati, la democrazia rappresentativa garantisce a questi ultimi il controllo sul potere politico. In questo senso, il ruolo della minoranza, il rispetto che a essa deve la maggioranza e la distanza netta che divide l’una dall’altra è il carattere costitutivo della nostra repubblica parlamentare.
Quale che sia il ruolo che si voglia assegnare ai parlamentari – quello di delegato, di fiduciario o di “specchio fedele” in un quadro di rappresentatività sociologica – in una democrazia più il numero dei parlamentari è adeguato a quello dei cittadini, più netto è il confine tra maggioranza e minoranza, più reale è la finzione di rappresentanza del Parlamento e non ci sono dubbi: le strutture della democrazia e l’ethos stesso della rappresentanza perdono ogni valore reale quando la minoranza si confonde con la maggioranza, al punto che un parlamentare può essere eletto con il contemporaneo appoggio delle forze di opposizione e di quelle di maggioranza. Quale controllo reale, quale rapporto fiduciario, quale ruolo di delega può assicurare un parlamentare eletto in questo modo? E come si potrà parlare di “regime politico rappresentativo”?
In questo senso, il caso di Sandro Ruotolo – per forza di cose il senatore meno votato nella storia della Repubblica – sostenuto da demA e dal PD, da chi governa e da chi si oppone, da nemici acerrimi come De Luca e De Magistris, dal PD e da chi, come Renzi, ha rotto col PD, non è solo un esempio doloroso del degrado della politica, ma una grave ferita a quella garanzia del “controllo” da cui trae la sua legittimità la nostra democrazia rappresentativa.

 

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votiapacchettoE’ necessario ripeterlo, perché lo sanno in pochi: domani 23 febbraio 2020 a Napoli, nel Collegio 7 si vota per eleggere un senatore che sostituirà il prof. Ortolani, parlamentare dei 5Stelle purtroppo deceduto.

A rappresentare la sinistra c’è solo il candidato di “Potere al Popolo”, Giuseppe Aragno, che non chiede voti per la sua storia. Non che non ne abbia una che valga qualcosa, ma perché è antica tradizione della Sinistra chiedere i voti a sostegno di scelte politiche e non per l’immagine di questa o quella “vedette”.

Potere al Popolo! non ha alleati. Una scelta arrogante e una posizione “divisiva”, come si dice oggi, con una parola orribile e mistificatoria? No. Più semplicemente perché ritiene inaccettabile un rapporto politico con le destre, con il Movimento di Maio e con i partiti di un Centro sinistra colpevoli di aver voluto e approvato leggi e decreti che hanno colpito in maniera feroce classi popolari e ceti meno abbienti.

Con accordi di palazzo degni della peggiore politica, il centrosinistra ha messo in campo  una coalizione che tiene assieme il diavolo e l’acqua santa: il PD e demA, che al Comune di Napoli sono l’uno contro l’altro armati; il neonato partito di Renzi, nemico giurato di De Magistris, uscito recentemente dal PD per insanabili contrasti e quelli di LEU, che hanno abbandonato il PD perché incompatibili con Renzi! Un’accozzaglia di forze nemiche tra loro che, spinte dall’ambizione di governare la Campania, hanno sepolto per ora l’ascia di guerra e si sono presentate assieme sorridenti, come vuole la triste tradizione del trasformismo.

Vale la pena di ricordare che, quando erano assieme, Renzi e il PD ci imposero tutte le leggi proposte invano dal Berlusconi. E’ per colpa di questi partiti che il lavoro garantito  è praticamente sparito, che i padroni possono licenziare quando e come gli pare, che la precarietà regna sovrana. Avevamo una sistema formativo che il mondo ci invidiava, ma questi partiti l’hanno distrutto; il nostro Servizio Sanitario Nazionale era un modello di giustizia sociale, ma loro l’hanno smantellato. E’ per colpa di questo centrosinistra che i vecchi sono costretti a lavorare fino ad età avanzatissima e i giovani non trovano lavoro. Scavalcando a destra le destre, il PD e Renzi hanno firmato gli accordi disumani con la Libia, creando l’inferno nel quale finiscono gli immigrati.

Consapevoli della indigeribile pietanza proposta agli elettori, Renzi, Zingaretti, De Magistris e Speranza hanno pensato bene di nascondere il piatto dietro il solito “bel nome” dalla “bella storia”. Si è giunti così a Sandro Ruotolo, che, sollecitato da Zingaretti, ha accettato di fare da “foglia di fico”. Un attimo dopo il sì s’è scatenata la propaganda e da bravo giornalista qual era, Ruotolo è diventato il santo protettore di una squalificata accozzaglia di politicanti.

Probabilmente i giochi sono già fatti e in spregio della democrazia chi ha messo insieme il pacchetto di voti più grande, raccattato per le mille vie che il degrado del Paese consente, diventerà senatore della Repubblica.

Alla gente di sinistra cui è giunta notizia del voto, a chi non vota più perché nauseato dalla politica, agli elettori del movimento di Grillo, traditi da coloro nei quali avevano creduto, Potere al Popolo chiede di non stare a casa domani, di non cadere nella trappola del pericolo fascista e del voto utile e di recarsi alle urne per votare il solo partito che può avviare davvero un cambiamento. E’ vero, questa scelta non cambierà il mondo, ma sarà un primo segnale forte e dirà a chi gioca coi pacchetti di voti e ai partiti che vivono d’inganni, che il Paese è stanco e vuole cambiare davvero.

 

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86700508_1048499445549732_2861029508599775232_oIl prof. l’ho incontrato 10 anni fa durante la mobilitazione dell’Onda. Lo conoscevo già come storico dell’antifascismo napoletano, ma vederlo resistere alle cariche insensate (quel giorno più che mai) della polizia davanti al Teatro San Carlo me l’ha fatto conoscere davvero. Perché la determinazione e la coerenza sono valori che non ha solo raccontato nei libri e negli articoli che ha scritto, ma che ha dimostrato sul “campo”. In questi anni il prof. ha instancabilmente parlato in tutte le scuole, le piazze, ovunque lo chiamassero per conservare la memoria di una città, la nostra, dove la resistenza ci scorre nelle vene.
Elisabetta è il medico che ogni donna vorrebbe incontrare: competente, concreta, empatica. Direte voi: che c’entra questo con l’attivismo, con la politica? In un’epoca in cui il corpo delle donne è oggetto di una continua speculazione politica (non c’è bisogno che citi le recenti, schifose, affermazioni di Salvini sull’aborto, vero?), in cui si è trasformato in un vero e proprio campo di battaglia, c’entra moltissimo. Difendere le donne, i loro diritti, i loro corpi, un servizio sanitario efficiente, gratuito e “laico”, è oggi forse una delle sfide più importanti e impegnative alle quali siamo chiamati.
Il prof. Giuseppe Aragno e la dott.ssa Canitano sono i candidati di Potere al popolo! per le suppletive a Roma (si vota il 1 marzo) e Napoli (si vota questa domenica!).
Sono competenti, vogliono bene alla loro città, chi li ha conosciuti lo sa e gli vuole bene. Aiutateci a sostenerli in questi ultimi giorni di campagna: non rassegnamoci alla dittatura del “meno peggio”!
 
Viola Carofalo

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A partire dal minuto 41 del confronto tra gli  esponenti delle forze in campo in lotta per un posto al Senato nel Collegio 7 di Napoli, Giuseppe Aragno, di Potere al Popolo, sostituisce Sandro Ruotolo – il latitante candidato del sindaco – e nei limiti del possibile difende De Magistris dagli attacchi della destra e dei 5Stelle.
A pensarci, l’atteggiamento del giornalista è decisamente strano. Prima dichiara che, se sarà eletto, siederà nel gruppo misto, poi lascia che siano altri a difendere De Magistris. E’ triste pensarlo, ma sembra quasi che Ruotolo si vergogni di chi l’ha candidato…

 

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Ecco la terza intervista, quella a Televomero.
Anche qui ho tentato di restituire tutto il carico che mi porto in questa campagna elettorale: la nostra comunità, la nostra gente, la nostra storia.
Condividetelo e fatelo girare: in queste ultime ore dobbiamo sfruttare al massimo tutte le armi che abbiamo!
Anche oggi è stata una giornata impegnativa, ma carica di novità e nuove conoscenze.
Andiamo avanti!

 

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Cronache di Napoli_page-0001

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84189341_653954322079684_4444624954687750144_nInsistere troppo sul rischio di una sventura non è mai un’idea geniale. A dar retta a chi vive di superstizioni, il male evocato può svegliarsi davvero. Da mesi si insiste su un pressante allarme per una fantomatica, salviniana e fascista “onda nera” e l’onda alla fine si è materializzata. Un’onda fascista? No. E’ un nauseante  fiume di fango puzzolente che si è improvvisamente abbattuto sul Collegio 7 di Napoli, dov’è in corso la campagna elettorale per le elezioni suppletive di un un senatore. I fascisti naturalmente non c’entrano niente. Il protagonista della sconcertante vicenda, che sta rendendo l’aria irrespirabile è – guarda caso – il paladino della democrazia che ha lanciato l’allarme, quel Sandro Ruotolo che la stampa padronale va presentando come “Santo Ruotolo martire”,  pronto a fare miracoli per la sventurata città di San Gennaro.
Le cose stanno così e sono davvero scandalose.
Avevo proposto un #ConfrontoDemocratico tra noi candidati nell’interesse delle napoletane e dei napoletani.
Ho ricevuto il rifiuto inaspettato di #Ruotolo.

Una scelta, a mio avviso, profondamente sbagliata, ma l’accetto.

Quello che invece non posso accettare è che uno dei principali media nazionali decida in maniera assolutamente arbitraria la quantità di spazio di cui ogni candidato ha diritto.
Quattro candidati su cinque avevano accettato di partecipare al confronto di un‘ora proposto da Repubblica Napoli per il prossimo Lunedì sera, con tempi e modalità prefissate.
Perché si è deciso di concedere un monologo di 45 minuti all’unico candidato che si era sfilato dal confronto?
Non credo che se io avessi rinunciato al confronto, sarei stato trattato alla stessa maniera.

Non lo posso accettare perchè questo modo di operare mette a rischio la partecipazione e la giusta informazione dei cittadini e delle cittadine.

Faccio appello a chi crede nella democrazia perché chieda a gran voce uguali spazi per tutti i candidati alle #Suppletive2020.

  

Qui il comunicato stampa congiunto:

 

ARAGNO, GUANGI, GUARINO E NAPOLITANO: “Ruotolo rifiuta confronto. Chiediamo gli stessi spazi per tutti i candidati e un confronto democratico”

“Dopo avere visto in diretta sul sito di Repubblica l’intervista a Sandro Ruotolo, ringraziamo la redazione di Repubblica Napoli Tv per l’invito di una diretta di confronto tra i candidati, ma decliniamo.
Non abbiamo intenzione di partecipare a un confronto politico sui temi delle elezioni suppletive del Senato previste per il 23 febbraio prossimo che non vedrà tutti i candidati presenti, soprattutto quando all’unico candidato che ha declinato il confronto democratico viene concesso uno spazio esclusivo di più di mezz’ora.

Lo declineremo finché non si organizzerà tale confronto tra tutti e cinque i candidati, con regole precise e stesse condizioni, oppure finché non venga concesso lo stesso spazio anche agli altri candidati.
È questione di democrazia.

Resta il nostro disappunto per la scelta di volere ospitare Sandro Ruotolo da solo, cioè senza contraddittorio politico, quando era già previsto il confronto per la prossima settimana.”. Lo affermano i candidati alle elezioni suppletive campane per il Senato della Repubblica previste per il 23 febbraio prossimo Giuseppe Aragno, Salvatore Guangi, Riccardo Guarino e Luigi Napolitano.

Napoli, 14 febbraio 2020

 

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Stamattina intervista a TvLuna. E’ andata in onda alle 13,15, ma per chi non l’avesse vista la riproporremo, perché non è banale e invita a riflettere sul sintomo di un male grave della nostra democrazia: l’inaccettabile silenzio del servizio pubblico.

IMG_20200212_125734_resized_20200212_125849070Questo pomeriggio sarò a Via Orsi 72, per  presentare un libro, scritto da me a da Anna Angelucci, intitolato Le mani sulla scuola. La crisi della libertà di insegnare e di imparare, Introduzione di Piero Bevilacqua, Castelvecchi, Roma, 2020.

La quarta di copertina onestamente avvisa:
Questo breve saggio non è neutro. E’ una riflessione critica sulla storia politica ed economica della scuola italiana, alla luce della progressiva espropriazione della sua funzione e dei suoi fini. La crisi che gli autori descrivono riflette il deterioramento di un’istituzione preposto all’interesse sociale della collettività trasformata in un servizio individuale on demand. In questo passaggio epocale, che ha subito una forte accelerazione nell’ultimo ventennio, nella contemporanea scuola di massa governata dal pensiero unico neoliberista che la vuole “utile” e produttiva”, si incrinano, per docenti e studenti, le condizioni essenziali di libertà nella conoscenza e nell’accesso significativo ai saperi. Forse definitivamente.
«La cultura non viene più concepita come un bene soggettivo e collettivo che può essere perseguito anche in modo disinteressato e non utilitaristico. Ad essa viene negato un intrinseco e personale “valore d’uso” e sostituito un circostanziato “valore di scambio”.

 

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Quando la scuola statale produceva coscienza critica, anche un mediocre studente sapeva che se la cosiddetta “società civile” e i suoi ceti dominanti prevalgono sul sistema politico, nascono classi dirigenti particolarmente deboli e il parlamentarismo entra il crisi. Lo studente, di fatto, sapeva ciò che sedicenti “intellettuali” e opinionisti senza opinione, ignorano oggi bellamente: più si accentua la crisi del parlamentarismo, più una delle costanti della nostra storia, il trasformismo, diventa il dominatore della nostra vita politica.
Basta guardare con un minimo di attenzione l’attuale realtà parlamentare, per rendersi conto che ormai nella Camera dei Deputati si raccoglie una parziale e decisamente fittizia rappresentanza del Paese. Conseguenza diretta di questa crisi delle Istituzioni è l’espulsione dalla direzione politica di cospicue forze attive e vive della società, gruppi e singoli individui pienamente idonei ad aspirare al governo del Paese.
Com’è naturale, questa espulsione riduce gli interessi tutelati in Parlamento, molti dei quali sono interessi privati, la cui somma è decisamente lontana dal formare l’interesse pubblico. Di qui la trasformazione della dialettica parlamentare in un lavoro di camarille, in un costante frazionamento della classe politica, i cui rappresentanti passano indifferentemente da una parte all’altra.
Storicamente, quando questa crisi giunge come oggi al suo culmine, il Paese imbocca due vie. La prima è quella di un parlamentarismo così debole, da impedire la saldatura delle fratture della “società civile” e vivere di un trasformismo che riduce l’attività politica a vuoto verbalismo e produce scelte politiche per lo più antitetiche a quanto occorre a buona parte della popolazione. E’ la soluzione più frequente che si trasforma spesso in impotenza. L’altra, per lo più minacciata e mai condotta alle estreme conseguenze, è la soluzione autoritaria, anch’essa debole di fronte a un apparato dello Stato (burocrazia, esercito, magistratura) che la imbriglia e la tiene a freno. Persino il fascismo, oggi evocato a fini propagandistici, finì col cedere alle contraddizioni della “società civile”.
Nessuna meraviglia, quindi, se nella situazione attuale, un popolo seriamente malato d’ignoranza, combatta accanitamente il fantasma autoritario e si sottometta volontariamente al nostro male politico più antico e pernicioso: il trasformismo. Forte di un’antica tradizione, intanto, chi agita lo spetto del regime, organizza contemporaneamente una squallida operazione di trasformismo e, grazie agli immancabili candidati della “società civile”, mette assieme il diavolo e l’acqua santa.
Uno studente di buona preparazione, sapendo che il cancro della nostra vita politica non è il saltuario momento autoritario, ma il costante gioco del cambiamento, che cambia tutto per non cambiare niente, un tempo avrebbe subito visto dietro Sandro Ruotolo e la “società civile”, quel Migliore passato dal Pci a Rifondazione, poi al PD e infine a Renzi; l’avrebbe visto e se non altro avrebbe ricordato la lezione di De Roberto e Tomasi di Lampedusa. Purtroppo, però, quello studente non c’è più: l’hanno ucciso le riforme scolastiche delle due destre e l’elettore, ridotto al “bestiame votante” acutamente intravisto da Labriola, non ha dubbi, non può averne: deve salvare la “democrazia” e vota convinto per gli assassini dei suoi diritti.

 

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M5stelle_Le-liste-civicheNonostante il polverone levato ad arte per confondere le idee, non mi lascio ingannare. Io capisco perché la scappatoia della cosiddetta «lista civica» fa comodo a chi dice di presentarsi come esponente della cosiddetta «società civile», ma si circonda di personaggi come Migliore, Graziella Pagano, Sarracino, Mancuso e compagnia cantante. Degli esponenti, cioè, di quei partiti cacciati dalla porta e rientrati dalla finestra.
Prendiamo per esempio la Costituzione. La tua «bella storia» ti consente di fare il paladino della Costituzione solo se fai credere alla gente che non hai nulla da spartire con gli uomini e i partiti che della Costituzione hanno fatto carta staccia. Fatto sta che, però, quelli sono i tuoi sponsor: i carnefici della Costituzione.
Per quanto mi riguarda, non difendo la Costituzione così com’è ridotta, perché tra quella approvata dai padri costituenti e il vuoto contenitore di belle e inutili parole che ci hanno consegnato i campioni del «cambiamento», non c’è paragone. I fatti hanno dimostrato che Pietro Grifone aveva ragione: il capitale, soprattutto quello finanziario, è nemico giurato della democrazia e dopo decenni di gravi manomissioni. Io non mi schiero certo con chi genericamente si erge a paladino della legge fondamentale dello Stato. No. Chiedo che si torni alla Costituzione entrata in vigore nel 1948 e trovo a dir poco inaccettabile e sospetta la passione costituzionale di candidati, sostenuti da quelle forze politiche responsabili del massacro della Costituzione.
Diversamente da chi si presenta con le destre e dagli esponenti  del sedicente centrosinistra, io dico che il sistema dominante è incompatibile con la democrazia; se esamino la storia degli ultimi decenni vedo infatti che il trionfo del neoliberismo è contrassegnato da una feroce cancellazione di diritti e servizi originariamente garantiti dalla Costituzione e calpestati dalle forze che si sono alternate al governo da Berlusconi a oggi, per assicurare ai padroni e al capitale locale e straniero privilegi e profitti.
Una difesa astratta della Costituzione non serve a nulla ed è ridicolo pensare che un candidato di destra o uno sostenuto del sedicente centro sinistra chieda la cancellazione delle modifiche istituzionali che col passare degli anni hanno progressivamente stravolto la Costituzione. Chi pensa di eliminare il sistema maggioritario, chi è deciso ad abolire soglie di sbarramento che colpiscono il meccanismo della piena la rappresentanza ed è ostile alle elezioni di secondo livello, non milita nella destra e non si fa candidare dal PD.
Io chiedo che si ponga fine a questo scempio e punto il dito contro chi ha introdotto il pareggio di bilancio e il fiscal compact nella Costituzione, perché sono stati proprio i vincoli di spesa a negare diritti ai cittadini.
Io, che non ho alle spalle partiti neoliberisti, nego le ragioni del mercato, che prevalgono sugli interessi della povera gente e associo a questo sconsiderato attacco alla Costituzione i perniciosi progetti per il futuro. Primi tra tutti il regionalismo differenziato e la diminuzione del numero dei parlamentari. Io so di non sbagliare, quando dico che i processi di restringimento della democratica istituzionale viaggiano sullo stesso binario della restrizione della democrazia reale, come dimostrano, per fare qualche esempio, le privatizzazioni, i colpi assestati al diritto a manifestare dal Decreto Sicurezza del governo Conte-Salvini, quelli feroci come il Jobs Act di Renzi, con cui si è colpito il mondo del lavoro.
Io, che non ho padri e non ho padrini, pretendo di tornare alla Costituzione del 1948 e mi propongo di lavorare per organizzare un’autentica controffensiva democratica, che miri ad anteporre i cittadini e i diritti costituzionali al mercato e alle leggi del profitto. Non ho dubbi: entrare in Parlamento ha senso se ci si va, mentre si lavora per creare nella società una forza alternativa a gruppi parlamentari, che, al di là delle ormai fuorvianti  etichette di destra e di sinistra, sono sempre più chiaramente al servizio del capitalismo e di quella che oggi è la sua più pericolosa espressione: il neoliberismo.
Al di là delle chiacchiere, il gioco delle forze in campo è ben chiaro: su questa via, nessun candidato vuole e può seguirmi.

 

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