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Archive for dicembre 2017

Auguri

Per quanto riguarda me, un augurio solo: che non vada peggio. Non altro e ne sarei felice.
A quelli che mi stimano e a chi mi vuole bene, auguro che tutto migliori e corrisponda perfettamente ai sogni e alle speranze.
Ai nemici, quelli veri e quelli travestiti da amici auguro tutto il bene possibile, a condizione che sia male per me.
A Minniti, infine, ministro della nostra malconcia repubblica, auguro che paghi con gli interessi tutto il male che ha fatto e non debba sentire per un suo caro la pena che provano parenti e amici delle sue vittime innocenti.

 

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E’ un dato di fatto su cui riflettere attentamente, perché non riguarda solo «Potere al popolo» e nemmeno semplicemente le elezioni politiche di marzo. Molto probabilmente l’accostamento a Corbin e al suo movimento nasce da una lettura della realtà politica italiana che passa attraverso il filtro dell’esperienza britannica e contiene quindi una inconsapevole forzatura, tuttavia non c’è dubbio: quando un giornale inglese del livello dell’«Indipendent»  tenta un’analisi seria del movimento nato a Roma nel novembre scorso, è impossibile ignorare la miseria morale che caratterizza ormai la nostra stampa e, di conseguenza, la condizione di coma profondo in cui versano la democrazia e la vita politica nel nostro Paese.
Alla vigilia di elezioni che giungono dopo l’approvazione di una legge elettorale passata con ripetuti voti di fiducia e ancora una volta inconciliabile con la Costituzione, questa condizione va segnalata, perché se ne prenda coscienza prima di scegliere per chi votare o decidere per l’astensione. Il dato è di per sé clamoroso: non solo in Spagna, Francia e Portogallo, ma ora anche nel Regno Unito la partecipazione alla battaglia politica e alla competizione elettorale di un nuovo e significativo movimento, suscita l’attenzione dei giornali. Non ci sarebbe nulla di eccezionale, se qui la stampa non ignorasse la vicenda o non ne parlasse solo per darne un’immagine deformata. Così stando le cose, l’articolo del giornale inglese diventa di fatto una nuova, indiretta ma significativa conferma dei dati rivelatori emersi dalla classifica sulla libertà di stampa stilata da «Reporter senza frontiere», che vede l’Italia al 52° posto.
E’ difficile dire se questa indecente posizione sia determinata solo dal fatto che i nostri giornalisti sono intimiditi e minacciati, o sia anche – e forse soprattutto – la conseguenza di politiche scellerate che hanno consentito una inaccettabile concentrazione di potere in un settore vitale per la vita di una democrazia. Sta di fatto che – a parte eccezioni sempre più rare – l’informazione nel nostro Paese è in mano a pennivendoli e velinari, sicché, per conoscere ciò che anima la nostra vita politica, bisogna armarsi di pazienza e andare a cercare le notizie fuori dai nostri confini. Chi più chi meno, tutti i partiti che si accingono a chiederci il voto si sono compromessi con governi che hanno epurato giornalisti, ignorato gravissimi conflitti di interesse e agevolato un innaturale ed estremo intreccio tra informazione e gruppi di potere economico e politico. Se oggi si può parlare di «anomalia italiana», è perché chi ci ha governato ha consentito una inaccettabile concentrazione dei media, il conflitto di interesse di cui è figlio il polo mediatico berlusconiano e ha reso ferreo il controllo politico esercitato dal governo in carica sulla televisione pubblica.
Stavolta non solo è importante votare, ma occorre recarsi alle urne ricordandolo bene: è per colpa di chi ci ha governati e chiede di tornare a farlo, se l’Italia per libertà di stampa è situata agli ultimi posti tra i Paesi dell’Unione Europea. Le ragioni sono molteplici e profonde, ma risalgono tutte alle scelte dei partiti che ci chiedono il voto. E poiché siamo convinti che la libertà di espressione sia un diritto di tutti, è necessario lottare contro chi ha deciso che l’informazione sia, com’è stato scritto«una pratica disinformata».
L’articolo dell’«Indipendent» non affronta direttamente il problema, ma per il fatto stesso che è stato scritto è un inconsapevole invito a votare la lista di «Potere al popolo». Un voto necessario, per chi vuole evitare che il nostro Paese conquisti il primo posto nella classifica di quella disinformazione che di fatto aiuterebbe neoliberismo e finanza a imporci il sistema politico più adatto alle esigenze del capitale finanziario: il nuovo e più pericoloso fascismo di cui ci sono mille e sempre più preoccupanti segnali. Bisogna perciò averlo chiaro: nel lungo processo di disfacimento della repubblica nata dall’antifascismo, gli esponenti della sedicente sinistra, raccolta sotto le insegne di «Liberi e Uguali», Grasso, D’Alema, Bersani e a quanto pare persino don Antonio Bassolino, hanno tutti gravissime responsabilità per la lunga agonia della nostra democrazia.

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Lettera 43

Da Lettera 43

Alla “Siberia”, ma un po’ in tutte le scuole dei quartieri a rischio di Napoli, nei primi anni Ottanta era prassi normale: la stampa regalava la prima pagina a una canaglia, infiocchettava gli articoli con la solita retorica deteriore, fatta di “boss” e “capo dei capi”, il delinquente pareva un generale e un eroe sul campo di battaglia  e ci potevi giurare: i ragazzi venivano a scuola col giornale, si passavano l’articolo, si esaltavano e nasceva l’emulazione. Se si trattava di morti ammazzati, capitava anche che si presentassero a scuola senza libri e quaderni; pretendevano così una “giornata di lutto”. Qualcuno, che aveva imparato dai comitati presenti sui territori il linguaggio della politica, diceva convinto: “oggi facimme sciopero”.
Era chiaro sin da allora che, a trattare certi argomenti in modo sbagliato, si faceva un piacere ai delinquenti. In quegli anni, però, le scuole erano spesso presidi e i docenti politicizzati potevano ancora fare un eccezionale lavoro di contrasto. Acqua n’è passata sotto i ponti. La politica è ormai in stato comatoso, la scuola è stata distrutta, la disgregazione sociale e la precarietà hanno fatto il loro feroce lavoro e siamo arrivati a Saviano. Oggi, quella che era solo una pessima abitudine è diventata progetto; non importa se il mediocre scrittore ne sia consapevole – a lui interessano i soldi – sta di fatto che Gomorra lavora per le destre, strettamente collegate alla malavita. Il compito del suo prodotto non è quello di combattere la camorra, come si vuole far credere. E’ il contrario: deve renderla più forte. Con un’aggravante: oggi i quartieri sono tutti più o meno a richio e il contrasto non c’è.

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Napoli-corteo-per-Arturo-768x430Non voglio dare un luogo di nascita e una residenza al giovane Arturo, lo studente accoltellato da un branco di coetanei. Non c’è parte d’Italia in cui la malavita organizzata non faccia causa comune con la corruzione politica e non produca disperazione e barbarie.
Ci sono, questo sì, vittime, esecutori e irraggiungibili mandanti e non c’è dubbio: i responsabili morali di ognuno dei colpi vibrati ad Arturo sono i governi e le maggioranze che da oltre un ventennio hanno preso a distruggere quanto produce civiltà, anzitutto la scuola, ridotta a fabbrica di crumiri e l’università, terreno di caccia per aspiranti vincitori di concorsi puntualmente manipolati.
Cancellato ogni punto fermo, precarizzate le vite dei lavoratori e strappati i genitori ai loro compiti educativi da una concezione del lavoro che produce schiavitù, c’è poco da fare cortei e non serve ripetere la stanca liturgia della protesta.  Cortei e fiaccolate possono tutt’al più pacificare le coscienze dei benpensanti, ma non risolveranno il problema. I Saviano e le anime belle che producono Gomorra, fingono d’ignorare che i giovani deviati godono quando vedono i loro feroci modelli assurgere al ruolo di protagonisti nei giornali, al cinema e in televisione. Per le giovanissime reclute della malavita organizzata lo spazio conquistato dai loro equivoci eroi è un titolo di merito e un motivo in più per imitarli.
Bisogna saperlo: ogni sconto fatto ai responsabili della politica dei tagli voluta dal PD, da Forza Italia e dai loro impresentabili alleati, Lega avanti a tutti, è un regalo fatto alla malavita organizzata. Non ci sono vie di mezzo, è una guerra senza quartiere. O si attaccano e si denunciano incessantemente e con estrema durezza i colpevoli del disatro morale e materiale nel quale siamo finiti, o tutto diventa una tragicomica sceneggiata.
Le vittime hanno certamente bisogno di solidarietà, ma ciò che davvero gli occorre è che mandiamo finalmente a casa gli intoccabili mandanti delle aggressioni. Accordi, toni smorzati e mezze  misure non sono consentiti, perché i mancati assassini di Arturo sono i figli della barbarie di chi ci governa. Da qui bisogna partire per impedire che il pugnale colpisca altri Arturo.

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Era cominciata così, il 18 novembre al Teatro Italia di Roma, dove avevo detto la mia senza girarci attorno:

Ci sono state poi ottanta assemblee in tutta Italia e domenica siamo tornati a Roma, al Teatro “Ambra Iovinelli”, per la seconda assemblea nazionale di “Potere al popolo“. E’ passato solo un mese ma sembra un anno e stavolta con noi ci sono stati delegati di Podemos e della”France Insoumise” di Jean-Luc-Mélenchon:

Le televisioni tacciono, ma un giornale si è accorto che esistiamo, forse perché un un primo significativo obiettivo l’abbiamo indubbiamente centrato: ci vogliono servi, ma dimenticano che uno schiavo non ha consapevolezza della sua condizione e quindi non fa nulla per emanciparsi. Quando però prende coscienza della sua condizione e lotta per ribellarisi non è più schiavo. Ecco, quindi, il primo grande passo avanti che abbiamo compiuto: siamo donne e uomini liberi!
Come che sia, un dato che va registrato: stiamo rompendo l’accerchiamento e non a caso Alessandro Di Rienzo scrive di noi su “Repubblica”:

Interessante e puntuale è poi la cronaca di Alberto Tarozzi presente sulla pagina politica di Alganews:
Se la curiosità vi spinge a saperne di più, animo, armatevi di pazienza e guardate il filmato dell’intera manifestazione all’Ambra Iovinelli; (dal minuto 11:40 c’è il mio intervento , che tra l’altro ha portato i saluti all’assemblea del Sindaco di Napoli Luigi de Magistris). Dove si arriverà? Nessuno può dirlo, così come appena un anno fa nessuno avrebbe previsto l’esito del referendum .
Ecco il link:
https://www.facebook.com/exopgjesop…

Agoravox, 20-12-2017; Fuoriregistro, 21-12-2017

 

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Rompere il silenzio, condividere, far girare, dare un’idea di ciò che si è messo in moto; cogliere la radicalità dell’impresa, riflettere sull’incontro intellettualmente onesto tra le generazioni, sentire che questa “pazzia” è la normalità che abbiamo smarrito; in altre parole, trovare le chiavi, aprire infine le gabbie in cui ci tengono chiusi  e uscire. Quanta paura può fare un popolo che alza testa e fin dove può giungere? Più si muove, più i privilegi cadono, più si fa sentire, più i privilegiati tremano e non a caso i “grandi giornali” stanno zitti: fanno proprio quello per cui li pagano i padroni: disinformano! E però, danno anche la misura dello stupore che si fa strada e diventa timore.
Rompere il silenzio, condividere, far girare, dare un’idea di ciò che si è messo in moto; cogliere la radicalità dell’impresa, riflettere sull’incontro intellettualmente onesto tra le generazioni, sentire che questa “pazzia” è la normalità che abbiamo smarrito; in altre parole, trovare le chiavi, aprire infine le gabbie in cui ci tengono chiusi  e uscire. E’ un impegno un dovere morale, civile e politico che tutti dovrebbero sentire, anche e soprattutto chi non è d’accordo.
Intanto grazie ad Emma Ferulano e Parsifal Reparato che queste interviste hanno realizzato per la “Città Futura:”

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potere-al-popolo-volantinoEra cominciata così, il 18 novembre al Teatro Italia di Roma, dove avevo detto la mia senza giraci attorno.
Ci sono state poi sessanta assemblee in tutta Italia e domenica siamo tornati a Roma, al Teatro “Ambra Iovinelli”, per la seconda assemblea nazionale di “Potere al popolo”. E’ passato solo un mese ma pare un anno e con noi c’erano delegati di Podemos e quelli di Jean-Luc-Mélenchon con la sua “France Insoumise”. Timidamente ora la stampa si accorge che eistiamo, che un un primo notevole obiettivo l’abbiamo indubbiamente centrato: ci vogliono servi, ma dimenticano che uno schiavo non ha consapevolezza della sua condizione e quindi non fa nulla per emanciparsi. Quando invece ha coscienza della sua condizione e lotta per ribellarisi non è più schiavo. Ecco, quindi, il primo grande passo avanti che abbiamo compiuto ieri:  siamo donne e uomini liberi!
Sarà per questo che ora si parla di noi? Probabilmente sì ed è un dato che va registrato: stiamo rompendo l’accerchiamento e così non a caso scrive di noi per “Repubblica” Alessandro Di Rienzo:

Di Rienzo

Interessante anche la cronaca di Alberto Tarozzi uscita per la pagina politica di Alganews:
https://www.alganews.it/2017/12/17/potere-al-popolo-lassemblea-nazionale-roma-lancia-un-soggetto-politico.
Se la curiosità vi ha preso e volete saperne di più, animo, armatevi di pazienza e guardate il filmato dell’intera manifestazione; (dal minuto 11:40 c’è il mio intervento , che tra l’altro ha portato i saluti all’assemblea del Sindaco di Napoli Luigi de Magistris). Dove si arriverà? Nessuno può dirlo, come appena un anno fa nessuno avrebbe previsto l’esito del referendum . Ecco il link:

 

 

 

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potere-al-popolo-volantinoDi corsa in ospedale, al “Cardarelli”, nel cuore della notte, gli abiti sporchi di sangue che cola dal naso inarrestabile e copioso. La dottoressa mi rassicura: è solo un capillare rotto, però – aggiunge imbarazzata – il posto di pronto soccorso dell’otorino di notte è chiuso, riapre domattina.
Ovunque ti giri, entro e fuori il grande e povero ospedale, c’è gente che soffre e non trova aiuto.  Gente che passa la notte in strada tra cartoni e coperte, accattoni, anziani stanchi e malmessi che difendono la vita, sperando di poter aiutare ancora a lungo i nipoti precari e disoccupati. Fuori dalla realtà virtuale creata dalla televisione, chi ha figli non sa come tirali su e chi non li ha rinuncia a farne. Ci sono intere generazioni che non hanno un futuro e più il tempo passa, più la dignità diventa un lusso che tanta, tantissima gente non può permettersi .
Mentre la dottoressa non può fare altro che consigliarmi un medicinale da acquistare in una farmacia notturna, mi dico che ho fatto bene a sostenere la lucidissima pazzia dei miei giovani amici dell’Ex Opg, che regala una speranza a chi finora aveva un’unica alternativa: non andare a votare o scegliere i meno lestofanti tra i politici che li hanno ridotti in miseria.
Fate circolare la notizia, informate chi potete e raccontate alla gente ciò che il silenzio assordante della “libera stampa” tiene religiosamente nascosto: alle prossime elezioni si potrà votare per gente che non ha alcuna responsabilità nello sfascio del Paese. Gente che prende un impegno solo, ma lo manterrà: restituire la dignità a chi l’ha persa.

 

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Presenrazionw 12-12-2017

Aspetto chi ama la storia, la bella scrittura e il canto fuori dal coro. Voi chiedete se vale la pena e io vi rispondo con le parole generose della cara amica Marcella Raiola:
Stavolta le foto dell’incontro dell’ANPI le ho fatte, ma non le pubblico, perché tradirebbero e traviserebbero l’atmosfera incredibile che si è creata in sala, rimandando un’idea di staticità, di normale “conferenza”… Invece, ieri sera, nella piccola Libreria di Torre del Greco che un tempo si chiamava significativamente “Alfa-beta”, per ricordare che i libri devono riportarci alle domande essenziali, al “che cos’è”, siamo stati investiti dall’energico e potente vento della Storia vera, quello che fa chiudere gli occhi per la violenza, ma che tuttavia piace, perché sembra voglia aiutarci a scuotere un’atmosfera plumbea, che opprime; quel vento che solleva polvere e qualche volta spazzatura nascosta, che porta brividi nelle ossa e che, soprattutto, sparge attorno, a distanze inimmaginabili, i semi della verità nella terra fertile di ogni anima pregna di rabbia in cerca di causa e sfogo. 
E’ stata una serata davvero galvanizzante. Uno di quegli incontri da cui gli uomini e le donne più giovani possono uscire cambiati per sempre, con quel peculio metodologico e logico che può bastare a impostare tutto un programma di vita, che non potrà mai più essere impolitico o “apolitico”. 
Il prof. Soverina ha rimarcato la specificità dell’approccio alle fonti dell’autore, lo storico dell’antifascismo e della Resistenza, nonché attivista mai pago e mai stanco Giuseppe Aragno, quelle fonti che non raccontano fatti “oggettivi” e inoppugnabili, da riportare senza interventi personali, né devono essere forzate a dire quel che un’argomentazione pregiudiziale e predeterminata pretende che dicano, magari occultandone o trascurandone una parte, ma che vanno interrogate nel rispetto della loro morfologia e finalità, della loro estrazione e qualità, e composte in un quadro di onesta ricostruzione di eventi e moventi. 
Il prof. Aragno ci ha tenuti inchiodati alle sedie ma ci ha attaccato le ali alle spalle, facendoci protendere verso una Napoli di stenti e di memoria, temuta dai gerarchi non perché c’era Benedetto Croce, innocuo quanto mai per il regime, ma perché c’era una pletora di ribelli, coltissimi, giovanissimi, ignoranti ma riscattati da una folgorazione, da un incontro, dalla consuetudine alla passività intollerabile connessa al loro ruolo sociale, come Salvatore Mauriello, ladruncolo di portafogli educato in galera da un anarchico, delegato a Mosca per gli operai italiani, amico di Mussolini socialista e poi dallo stesso ferocemente perseguitato, fino alla fame dei figli… Gente che scriveva e diffondeva fogli clandestini, che faceva accordi per ridimensionare e contrastare gli squadristi, come il ventenne Adolfo Pansini; gente che veniva da lontano, come il jugoslavo Zvab, a mettere su, tra i malati d’un ospedale, fino a venti unità di partigiani pronti all’azione, a Napoli e, dopo Napoli, fino alla Valsesia; gente che ha dato mente, organizzazione e vita, anche la vita, a chi era solo disperato, affamato o stanco di essere compresso tra tedeschi a terra e aviazione angloamericana che bombardava a tappeto dal cielo. Abbiamo visto una Napoli pullulante di storie mai raccontate, abbiamo visto mostri sacri della Storia “revisionista” marginalizzare le storie dei tanti sacrificati e umiliati, delle tante donne partigiane, come Vincenza Baiano, dimenticate perché donne, e cacciare via storici come Aragno, che hanno scelto di andare a leggere quelle fonti che i “maestri” hanno volutamente tralasciato, per meglio incastonare la realtà nel loro aprioristico schema eziologico e teleologico. 
Abbiamo riso per le trovate malandrine dei disperati, e pianto sui corpi martoriati dei giovani e di quei bambini dilaniati strumentalizzati puerilmente eppure efficacemente dalla Storia grande, che li ha resi protagonisti di una rivolta fatta apparire per calcolo e convenienza come “mossa di viscere” di un popolo incanaglito dalla fame (ma che sistematicamente e con alto rischio andava a rubare le armi ai tedeschi all’Arenaccia, presso cui erano ammassate)… Napoli, allora come ora, dà fastidio al potere. Dà più fastidio un popolo come quello di Napoli in armi che un esercito come il tedesco occupante. Il dopo-liberazione non è stato meno fascista e meno iniquo del ventennio. La Storia è stata epurata dai partigiani scomodi ma non dai fasci: quelli sono rimasti in carica, in onore e al potere. Ieri lo abbiamo capito con una lucidità e un’intensità nuova. Ieri abbiamo capito che vuol dire non trionfare mai, eppure non essere mai vinti. E abbiamo amato una volta di più, tanto di più, le nostre belle e apparenti sconfitte.
Il prossimo incontro sulla straordinaria ricerca condotta dal prof. Aragno, che è uno ktèma es aèi (guadagno eterno) per tutti, il 12 dicembre prossimo, alla Città Metropolitana, Piazza Matteotti!“.

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Libreria Mondadori, Corso Vittorio Emanule 134 , Torre del Greco (NA):

 

presentazione

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