
Aspetto chi ama la storia, la bella scrittura e il canto fuori dal coro. Voi chiedete se vale la pena e io vi rispondo con le parole generose della cara amica Marcella Raiola:
“Stavolta le foto dell’incontro dell’ANPI le ho fatte, ma non le pubblico, perché tradirebbero e traviserebbero l’atmosfera incredibile che si è creata in sala, rimandando un’idea di staticità, di normale “conferenza”… Invece, ieri sera, nella piccola Libreria di Torre del Greco che un tempo si chiamava significativamente “Alfa-beta”, per ricordare che i libri devono riportarci alle domande essenziali, al “che cos’è”, siamo stati investiti dall’energico e potente vento della Storia vera, quello che fa chiudere gli occhi per la violenza, ma che tuttavia piace, perché sembra voglia aiutarci a scuotere un’atmosfera plumbea, che opprime; quel vento che solleva polvere e qualche volta spazzatura nascosta, che porta brividi nelle ossa e che, soprattutto, sparge attorno, a distanze inimmaginabili, i semi della verità nella terra fertile di ogni anima pregna di rabbia in cerca di causa e sfogo.
E’ stata una serata davvero galvanizzante. Uno di quegli incontri da cui gli uomini e le donne più giovani possono uscire cambiati per sempre, con quel peculio metodologico e logico che può bastare a impostare tutto un programma di vita, che non potrà mai più essere impolitico o “apolitico”.
Il prof. Soverina ha rimarcato la specificità dell’approccio alle fonti dell’autore, lo storico dell’antifascismo e della Resistenza, nonché attivista mai pago e mai stanco Giuseppe Aragno, quelle fonti che non raccontano fatti “oggettivi” e inoppugnabili, da riportare senza interventi personali, né devono essere forzate a dire quel che un’argomentazione pregiudiziale e predeterminata pretende che dicano, magari occultandone o trascurandone una parte, ma che vanno interrogate nel rispetto della loro morfologia e finalità, della loro estrazione e qualità, e composte in un quadro di onesta ricostruzione di eventi e moventi.
Il prof. Aragno ci ha tenuti inchiodati alle sedie ma ci ha attaccato le ali alle spalle, facendoci protendere verso una Napoli di stenti e di memoria, temuta dai gerarchi non perché c’era Benedetto Croce, innocuo quanto mai per il regime, ma perché c’era una pletora di ribelli, coltissimi, giovanissimi, ignoranti ma riscattati da una folgorazione, da un incontro, dalla consuetudine alla passività intollerabile connessa al loro ruolo sociale, come Salvatore Mauriello, ladruncolo di portafogli educato in galera da un anarchico, delegato a Mosca per gli operai italiani, amico di Mussolini socialista e poi dallo stesso ferocemente perseguitato, fino alla fame dei figli… Gente che scriveva e diffondeva fogli clandestini, che faceva accordi per ridimensionare e contrastare gli squadristi, come il ventenne Adolfo Pansini; gente che veniva da lontano, come il jugoslavo Zvab, a mettere su, tra i malati d’un ospedale, fino a venti unità di partigiani pronti all’azione, a Napoli e, dopo Napoli, fino alla Valsesia; gente che ha dato mente, organizzazione e vita, anche la vita, a chi era solo disperato, affamato o stanco di essere compresso tra tedeschi a terra e aviazione angloamericana che bombardava a tappeto dal cielo. Abbiamo visto una Napoli pullulante di storie mai raccontate, abbiamo visto mostri sacri della Storia “revisionista” marginalizzare le storie dei tanti sacrificati e umiliati, delle tante donne partigiane, come Vincenza Baiano, dimenticate perché donne, e cacciare via storici come Aragno, che hanno scelto di andare a leggere quelle fonti che i “maestri” hanno volutamente tralasciato, per meglio incastonare la realtà nel loro aprioristico schema eziologico e teleologico.
Abbiamo riso per le trovate malandrine dei disperati, e pianto sui corpi martoriati dei giovani e di quei bambini dilaniati strumentalizzati puerilmente eppure efficacemente dalla Storia grande, che li ha resi protagonisti di una rivolta fatta apparire per calcolo e convenienza come “mossa di viscere” di un popolo incanaglito dalla fame (ma che sistematicamente e con alto rischio andava a rubare le armi ai tedeschi all’Arenaccia, presso cui erano ammassate)… Napoli, allora come ora, dà fastidio al potere. Dà più fastidio un popolo come quello di Napoli in armi che un esercito come il tedesco occupante. Il dopo-liberazione non è stato meno fascista e meno iniquo del ventennio. La Storia è stata epurata dai partigiani scomodi ma non dai fasci: quelli sono rimasti in carica, in onore e al potere. Ieri lo abbiamo capito con una lucidità e un’intensità nuova. Ieri abbiamo capito che vuol dire non trionfare mai, eppure non essere mai vinti. E abbiamo amato una volta di più, tanto di più, le nostre belle e apparenti sconfitte.
Il prossimo incontro sulla straordinaria ricerca condotta dal prof. Aragno, che è uno ktèma es aèi (guadagno eterno) per tutti, il 12 dicembre prossimo, alla Città Metropolitana, Piazza Matteotti!“.
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