Feeds:
Articoli
Commenti

Archive for gennaio 2016

I fatti sono chiari e agghiaccianti: gravissima aggressione di Casa Pound, studenti presi a martellate! Ci si Immaginepuò girare attorno, perché le parole sono sassi, ma si è sfiorato  l’omicidio. L’episodio, che va inserito in un contesto preciso, rivela un intento chiaro: trasformare Napoli in un inferno da qui alle elezioni.
Al liceo “Elio Vittorini”, era l’orario d’ingresso scolastico. Una squadraccia di neofascisti di Casa Pound, giunta da sedi ben note che andrebbero chiuse come prescrive la legge, forte delle coperture politiche e dell’inerzia delle forze dell’ordine, piomba tra gli studenti, picchia all’impazzata e con un colpo violentissimo alla testa  lascia un ragazzo a terra privo di sensi. In un Paese normale, in cinque minuti i responsabili sarebbero stati neutralizzati e invece i fascisti, indisturbati, hanno distribuito volantini e promesso una nuova lezione a chi si azzardava a denunciare. I ragazzi aggrediti, però, non si sono persi d’animo e all’ingresso della scuola è comparso uno striscione: “Vittorini Antifascista”. Tutto finito lì? No. All’uscita, nei pressi della stazione della Metro, al Rione Alto, una pattuglia di camicie nere spunta fuori, armata di manganelli e martelli e, dopo un lancio di bottiglie di vetro, si scaglia contro alcuni studenti, colpendoli ripetutamente al volto e alla testa con mazze e martelli.
“Un atto pianificato di incredibile follia e ferocia” – hanno scritto poi i ragazzi colpiti, “avvenuto in pieno giorno, in una strada affollatissima!”. E non ci sono dubbi: solo per caso non hanno ammazzato.

Ogni volta che una scuola riceve un’offesa e un gesto vile la rende un bersaglio, diventa più chiaro quanto sacra sia la sua funzione e per ogni studente colpito a tradimento, tanti giovani escono dall’indifferenza e maturano una profonda avversione per ogni forma di fascismo. Il solo risultato di queste aggressioni, sarebbe quello di rendere evidente e inconfutabile un dato di fatto: il neofascismo non è diverso dal fascismo “storico”. E’ criminale, stupido e anche autolesionista. C’è però un problema che va affrontato e risolto: dietro gli squadristi c’è la politica in giacca e cravatta, ci sono gli intellettuali venduti e i giornalisti conniventi. E’ questa vergogna che va denunciata con chiarezza e decisione, perché da noi si può diventare presidente di una Regione grazie ai voti degli amici di Cosentino e c’è gente come Salvini che si allea coi neofascisti di Casa Pound.
In quanto al partito di Renzi, da lì sono venute le più esplicite aperture agli squadristi del secolo nuovo. Persino nelle file dei “tecnici immacolati”, radunati da Monti per massacrare le classi subalterne, figurava un personaggio ambiguo: Rossi Doria, sedicente “maestro di strada”, teorico del “dialogo con Casa Pound“, premiato con la nomina a sottosegretario in due dei peggiori governi della nostra storia.
E poiché le amnesie sono all’ordine del giorno e cominciamo a somigliare terribilmente a quel “popolo di senzastoria” che Gaetano Arfè temeva più della peste, non sarà male ricordare che anni fa, dopo le inaccettabili aperture dell’ineffabile Rossi Doria, ci fu chi fece suonare un campanello di allarme, ma si sa: il peggior sordo è quello che non vuole sentire e molto democraticamente lo sponsor dei neofascisti fece orecchie da mercante e si defilò.
In attesa che l’ex rivoluzionario, passato alla corte di un potere becero e feroce, si decida a chiedere scusa, è il caso di riportare le sue indecenti posizioni. Basta cliccare su questo link:

Repubblica Napoli, 2-10-2009
Poiché parevano cose da pazzi, il 7-10-2009 Repubblica Napoli mi consentì la replica. Silenzio di tomba.
Il 15 rincarai la dose sul  Manifesto
http://www.didaweb.net/fuoriregistro/leggi.php?a=13297 12-10-2009
Risposte, però, non ne vennero. Ci ha pensato il tempo a chiarire come stanno le cose, ma non può bastare. Casa Pound dev’essere sciolta e le sue sedi chiuse.

Agoravox, 1 febbraio 2016

Read Full Post »

ocalan_Un amico mi scrive: “Stiamo raccogliendo firme per questo appello di sostegno al riconoscimento della cittadinanza onoraria ad Ocalan, conferita dalla Giunta Comunale su proposta del sindaco De Magistris“, Una iniziativa, mi spiega, che fa di Napoli un avamposto e invita a riflettere sul significato dell’esperienza e della lotta dei curdi. “Oltre a firmare” – conclude – “ci dai una mano a raccogliere firme di docenti, intellettuali, scrittori, artisti ecc?”.
Naturalmente aderisco, pubblico l’appello e mi attendo adesioni. 

APPELLO

La cittadinanza onoraria per Abdullah Ocalan è un importante segnale politico!
In primo luogo per il rispetto dei diritti umani del leader curdo rinchiuso in isolamento da diciassette anni nell’isola prigione di Imrali. Milioni di persone nel mondo hanno firmato per la sua liberazione anche perché Ocalan esprime oggi e forse più che mai la speranza di emancipazione e di libertà di un popolo che vede negati i propri diritti e perfino la propria identità ed è sottoposto ai tragici effetti della guerra in Siria e di una guerra non dichiarata in Turchia da parte del governo di Davutoglu e del presidente Erdogan.
Ponendosi al centro di un complesso dibattito sul tema del “Confederalismo democratico” è stato il primo leader di un movimento di liberazione nazionale a criticare la forma Stato e il suo stesso ruolo nel ventunesimo secolo, rinunciando di fatto al separatismo in nome di un processo democratico e radicale di autonomia dal basso, centrato sul rispetto della natura, sull’emancipazione di genere e sulla giustizia sociale. Si è fatto portavoce in Turchia di un processo di “pace nella giustizia” che al momento è stato respinto drammaticamente dall’attuale leadership dello Stato turco, ma ha trovato interlocutori tra milioni di cittadini curdi e turchi, come dimostra lo straordinario risultato elettorale del partito Hdp alle due recenti elezioni, pur pesantemente condizionate dagli attentati e dalla militarizzazione sociale del kurdistan del nord. In Rojava la resistenza alle bande dell’Isis, sintetizzata agli occhi del mondo dall’esempio eroico della città di Kobane, si accompagna alla sperimentazione di un progetto democratico radicale, plurale e interculturale che costituisce un modello possibile di fuoruscita dal basso dall’inferno della guerra in Siria. Per la città di Napoli il riconoscimento del ruolo di Ocalan e dell’esperienza politica che la sua figura oggi sintetizza è non solo un segnale coerente col ruolo di ponte e di dialogo verso i popoli del Mediterraneo, ma anche attenzione a quei percorsi di democrazia radicale e di riappropriazione sociale dal basso che possono costituire anche una moderna chiave interpretativa per il superamento della condizione di subalternità dei sud d’Italia e d’Europa.

Ps: Per completezza d’informazione, trovo giusto riportare la posizione assunta sulla vicenda da Gianni Lettieri, candidato a sindaco di Napoli e capo dell’opposizione, che ha pubblicato un video su Fb in cui, in dialetto, critica De Magistris: «Ma chist’ nun sta bbuon ca ‘a cap? Con tutti i guai che vive Napoli ogni giorno, de Magistris trova il tempo di partorire una delibera di giunta per dare la cittadinanza onoraria ad Abdullah Ocalan, ma a voi sembra normale? Non ho parole». Napoli di guai ne ha davvero tanti, ma sono certo che saprà evitarsi una nuova disgrazia: un sindaco come Lettieri…

 Agoravox, 29 gennaio 2016

Read Full Post »

ImmagineDi Antonio Bassolino, neocandidato alle primarie del PD per le elezioni a sindaco di Napoli, si parla soprattutto per questioni di spazzatura. Nulla da obiettare:  le immagini della “sua” Napoli sono state allo stesso tempo un inimitabile capolavoro di malapolitica e una incancellabile ferita inferta alla dignità di un popolo.
D’altra parte, che dire? Questo è il PD e va bene così: ognuno raccoglie ciò che ha seminato.
Poiché il pupo rottamatore ha saputo riciclare di tutto e, di nuovo, ci ha regalato solo le belle statuine sedute sul banco del governo, ecco che l’uomo del disastro torna prepotentemente alla ribalta.
Per quanto mi riguarda, non starò qui a ricordare le tappe folgoranti d’una carriera che sembrava conclusa in un oceano d’immondizia. Della biografia del nostro eroe a me interessa un solo dato. Bassolino è nato funzionario di partito e ha vissuto di politica ai massimi livelli: deputato, ministro e Presidente di Regione. Quando s’è trattato di sottoporlo a sequestro cautelativo nel corso di un processo, si è scoperto che non ha nulla intestato a suo nome. Credo che, per un politico, questo sia un esempio di ineguagliabile onestà. Ci ha governati gratis.
Della rivale, mi pare si chiami Valente, non so nulla, ma mi basta il fatto che sia dello stesso partito dell’avversario. Un galantuomo.
Una domanda e chiudo: davvero c’è gente disposta a riportare Bassolino a Palazzo San Giacomo?

Read Full Post »

E però scriveForse sono un po’ stanco ma, se tutto ricominciasse, farei la stessa strada. Pochi libri, qualche certezza, moltissimi dubbi, un campo, quello degli sfruttati, che non cambierei nemmeno per tutto l’oro del mondo e una stella polare che non tramonta mai. Finché potrò, seguirò la sua rotta:

Amico, se ti compri,
pagati quanto vali.
Non un quattrino in più.
Credimi, non sentirti prezioso,
tanto nemmeno serve e poi si muore.
Ma se ti vendono un giorno per caso
e magari all’incanto,
tu non avere prezzo.
Stattene duro e il banditore invano
attenda di picchiare il martelletto.

Read Full Post »

«Parlare di un amico e di un compagno è anche ricordarsi delle cose fatte insieme. Dicembre 2010: un grosso movimento di protesta universitario scuote il paese. anche a Napoli ci muovemmo con grande determinazione… pazzi lo eravamo già all’epoca! 😉
Al teatro San Carlo c’era da giorni una protesta degli artisti e delle maestranze che non avevano avuto gli stipendi per colpa dei tagli alla cultura. pensammo di andargli a portare solidarietà. Mondo della formazione, mondo della cultura, studenti, lavoratori si univano per dire insieme no al Governo Berlusconi!
Entrammo dentro al San Carlo, gli artisti uscirono con tutti i costumi addosso, volevano offrire le prove generali a tutti gli studenti. la polizia e l’Ordine Costituito non potevano tollerare che si rompessero gli steccati che usualmente ci dividono. intervennero quindi come sempre fanno: per spaventare, per inventare divisioni fra buoni e cattivi, per reprimere.
L’operazione non gli riuscì, e arrivammo a Roma 9 giorni dopo, più determinati ancora…
Giuseppe Aragno era lì con noi, senza paura, davanti a quei manganelli. Un professore, se è bravo, non si tira indietro, quando la forza bruta si accanisce sui suoi studenti
Napoli 20 dicembre Manifesto per la manifestazione del 22 dicembre 2010
Di mio ci aggiungo che subito dopo mettemmo penna in carta e ne venne fuori una pubblica denuncia dei metodi fascisti usati dalla polizia. Raccogliemmo firme di tutto rispetto e il il 10 dicembre il Manifesto pubblicò. Nove giorni dopo, a Roma, in testa allo spezzone di corteo partito di Napoli, c’era uno striscione bellissimo con una frase più attuale che mai: “La gioventù vi assedia”, c’era scritto. Per quanto mi riguarda, lo scrissi e non ho cambiato idea: noi siamo ancora tutti lì, a Roma, davanti al Senato ridotto a un penoso simulacro di se stesso. Non è vero che ci hanno cacciati a manganellate e lacrimogeni: oggi sono più assediati che mai.
Non sono impazzito, no. State tranquilli. Per una volta mi occupo di me e lo faccio con un invito scanzonato: per i miei settanta anni, mi fanno festa… Sono contento e va bene così.

La Napoli rivoluzionaria, l’antifascismo popolare, le lotte dei lavoratori… e i 70 anni di Giuseppe Aragno!

Così l’hanno chiamata l’inattesa iniziativa quelli dell’ex OPG Je so pazzo, che matti forse lo sono davvero, come me, che lo riconosco: quando mi hanno chiamato per dirmelo, non m’è nemmeno passato per la testa di fare i salamelecchi del caso  e recitare l’ipocrita parte del vecchio saggio e modesto, che si mostra stupito e finge di rifiutare, per farsi pregare. Un po’ mi sono commosso, poi ci ho pensato un attimo, mi sono sentito giovane e contento. L’appuntamento è per sabato 23 gennaio, alla 17 e l’invito rivolto a chi mi conosce e mi stima.

«Interverranno, oltre allo storico Giuseppe Aragno:
Luigi Parente – storico, Istituto Universitario Orientale
Francesco Soverina – Istituto Campano per la storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea.
Allievi e compagni di Aragno».
Non ci venite? Ve ne state a casa? Peggio per voi. Settant’anni non li festeggio due volte….

***

Je so’ pazzo è un ex-opg (ospedale psichiatrico giudiziario) occupato nel marzo 2015 da un gruppo di studenti, lavoratori, disoccupati, per sottrarlo all’abbandono e per restituirlo alla città, per ricostruire la memoria di questo luogo terribile di esclusione e tortura, e lanciare percorsi di mobilitazione a partire dalle nostre concrete esigenze: dal lavoro al territorio, dalle scuole alle università, dalla casa alla sanità.

Come arrivarci?

– Metro Linea 1: Fermata Materdei (5 minuti a piedi verso Salita San Raffaele)
– Dal centro storico (15 minuti a piedi): arrivare al museo nazionale e salire via Salvator Rosa, all’incrocio con via Imbriani ci trovate sulla destra.
***
Ex Opg Occupato – Je so’ pazzo
pagina facebook: https://www.facebook.com/exopgjesopazzo
sito web: http://jesopazzo.org/
twitter: https://twitter.com/ExOpgJesopazzo

Read Full Post »

napoletani di merdaNon c’è dubbio De Magistris e Napoli danno ormai terribilmente fastidio.
Stanotte un eroico integralista di casa nostra ha tentato di dare alle fiamme il portone di Palazzo San Giacomo, sede del Comune. Se l’attentato sia di marca araba, turca o italiana, probabilmente non sapremo mai. E’ certo, però, che, per spiegare il colpo, il misterioso attentatore ha pensato bene di lasciare un messaggio ch’è un vero poema. Intanto quel “Caro napoletano di Merda” che, scritto com’è, con la merda maiuscola, o è figlio di analfabeti, o un effetto-specchio o, peggio ancora, è segno di un freudiano e inconfessato rispetto. Scompiscia, poi, il successivo “vigliacchi”, scritto nell’ombra, con una paura fottuta e l’eroica firma che non c’è, come accade ogni volta che un Capitan Fracassa se la fa addosso.
In vista delle elezioni, comunque, il segnale conforta: tra le eroiche fila avversarie – ma forse sarebbe meglio dire nemiche – il panico cresce a vista d’occhio e i nervi sono già saltati. Come spiegare, sennò, il nervosismo crescente che ha contagiato persino il Questore? Fosse stato sereno, l’altro ieri sera, poche ore prima dell’attentato, non avrebbe impegnato in una carica a dir poco dissennata un intero esercito di carabinieri e poliziotti, solo per fermare una pacifica manifestazione di cittadini inermi, che intendevano consegnare un ironico e innocuo messaggio a un amico di Renzi e degli amici di Renzi. Forse la Questura ha troppi poliziotti in servizio e non sa come usarli? O s’è irritata per il significato del messaggio, debitamente firmato e limpido come acqua sorgente: la città decide da sola?
Caro Questore, e carissimo integralista attentatore, mettetevelo in testa e fatevene una ragione. E’ proprio così: Napoli decide del suo destino e, aggiungo io, non si lascia intimidire né da questurini che lasciano circolare gli attentatori e manganellano i cittadini, né da attentatori e piromani che agiscono indisturbati al soldo di inconfessabili interessi.

Read Full Post »

Metto le mani avanti e lo dico subito: non sogno un rinnovamento “a tutti i costi”, ma non mi rassegno all’idea che nulla possa cambiare perché alla fine “sono tutti eguali” e se gli metti un cappello da caporale, gli uomini diventano tutti generali”. Più semplicemente, senza immaginare proclami rivoluzionari, prendo atto di quello che accade e non sto a guardare.
parlamento_illegittimoC’è chi crede che una nullità come Renzi e la sua banda di voltagabbana e oche giulive siano i “grandi” ostacoli che stanno di traverso sulla via del cambiamento possibile e delle speranze di chi paga i costi di una crisi di valori ben più devastante di quella economica. Io non credo che il problema siano Renzi e il pattume pittoresco che lo accompagna; lascio a Grillo e ai suoi soci questa concezione moralistica della tragedia che viviamo. A me, che di storia un po’ mi intendo, non sfugge che Croce, proprio come i parlamentari pentastellati, dopo il golpe regio del luglio 1943, si disgustava molto per la sopravvivenza del “lurido” Senato regio, ch’era un covo di fascisti, ma fingeva di non ricordare che per il capo di quel marciume aveva chiesto e votato la fiducia nel 1925, dopo l’assassinio di Matteotti. Né, poi, dal regio Senato s’era dimesso.
Sono ormai due anni che la vita politica italiana è paralizzata da un impasse che ricorda anni di grandi speranze e atroci delusioni. il Parlamento, di fatto, è fuorilegge, quanto e forse più del “lurido” Senato di Croce nell’estate del 1943. Lo sanno tutti: è stata la Consulta a sancirlo senza appello e con inconsueta baldanza. Subito dopo, però – ed ecco l’impasse –impaurita dal suo coraggio, la Corte Costituzionale è rientrata nei ranghi e, fedele a una storia in cui trova posto persino Azzariti, il capo del fascistissimo Tribunale della razza, ha spiegato che sì, c’è stata una inaccettabile violazione della sovranità popolare, ma non ci si può far nulla, perché  più della colpa gravissima, conta il principio inviolabile della “continuità dello Stato”.
Senza scomodare Toqueville, sarebbe facile dimostrare che storicamente, quando un sistema di potere, per garantire se stesso e gli interessi che rappresenta, ha usato violenza alle regole che si era dato, la continuità non si è potuta imporre in forza di un ragionamento teorico tra giuristi, ma ha dovuto fare i conti con la forza della risposta di chi rappresentava gli interessi colpiti e i diritti negati.
In casi come questi molti parlano enfaticamente di “crisi rivoluzionaria”, ma non è detto che la rivoluzione sia lo sbocco obbligato. La sola certezza è che l’esito del conflitto tra interessi contrapposti non può nascere dal Parlamento e sarà determinata soprattutto dalla necessità degli elementi di discontinuità, dalla volontà effettiva di rottura e dalla capacità di aggregare consensi fuori dalle Istituzioni violate che dimostreranno le forze del cambiamento.
La storia non è un processo rettilineo verso il “progresso” e non a torto Vico ne leggeva il cammino, individuando avanzate verso la crescita civile e ritorni al passato più oscuro. Sbagliava, però, quando affidava alla Provvidenza la regia dei “corsi” e dei “ricorsi”. La Provvidenza siamo noi, donne e uomini colpiti barbaramente da una reazione di classe che ha tutti i caratteri della regressione, di una operazione di “repressione preventiva” e di “eversione dall’alto”. In questo contesto, Renzi è solo un uomo di paglia sostituibile. I nemici veri sono il passato che Renzi incarna, la reazione che torna, gli sta dietro e lo sostiene. Per continuare a massacrare i diritti, potranno tenerlo in piedi, sostituirlo e, in ultima analisi, imporci gli effetti della “continuità dello Stato”, solo se lo slancio necessario alla lotta non troverà dalla sua l’impeto delle immense forze che possono esprimere gli sfruttati. La vittoria sul passato è in mano nostra.
In questo senso, la lezione della guerra di Liberazione e la nascita di una repubblica zoppa, figlia dell’antifascismo, ma più fascista che mai, può essere preziosa. Fare i conti col passato per liquidarlo non significa solo batterlo militarmente. Sui monti la partita era vinta, ma non bastò. Dove andò a finire, allora, il sogno di un mondo migliore, cosa spense quella sensazione  di libertà, quella visione del futuro a cui fece da presidio una visione del mondo, che Calvino descrisse con parole immortali? Il “senso della vita come qualcosa che può ricominciare da capo” fu spento da un errore che non va ripetuto: credere che si possa costruire il futuro, riconoscendo dignità di interlocutori agli uomini che rappresentano il passato.
Qui non si tratta di fare il processo alla “continuità” in quanto tale, che è caratteristica naturale della vita politica, finché non si giunge a un disastro. Il fatto è che la catastrofe c’è e i ceti dominanti lo sanno così bene, che ancora una volta intendono dare alla continuità i connotati dell’eversione dall’alto, ancora una volta trasformano in reazione ciò che per decenni è stata “conservazione”. Quando questo accade, la rottura è nei fatti. Nel dopoguerra mancò il coraggio di andare a uno scontro che non doveva essere a tutti i costi rivoluzione e il fascismo cambiò semplicemente camicia.
L’Italia vera, quella che non vota più per delusione, che non lotta perché non vede uomini nuovi e onesti e non ascolta più parole d’ordine mobilitanti, questa Italia non sogna l’impossibile, ma non intende patire nuove delusioni. Nessuno resterebbe a casa tra gli sfruttati e tutti sentirebbero il bisogno di scendere in piazza e lottare fino alla fine, se finalmente qualcuno chiamasse alla lotta, affermando un principio sacrosanto: questo Parlamento peggiore di quello fascista, questo governo di passacarte per conto d’altri, questo Presidente della Repubblica che non scioglie le Camere illegali che lo hanno eletto, non hanno più alcuna legittimità politica e morale. Noi non daremo più, perciò, né soldi, né rispetto, né obbedienza a gente che occupa abusivamente ruoli a cui nessuno li ha designati, finché elezioni politiche legali non ci restituiranno una vita politica costituzionalmente corretta.
Di qui occorre partire per ricominciare e su questo preambolo va costruito un programma di totale autonomia. Ciò che accadrà dopo dipenderà dai padroni di Renzi, ma non può impedire la rottura. Perciò, cominciamo.

Read Full Post »

IMG_201512337_091408Nel maggio del 1927, quando iniziano i lavori di ristrutturazione dell’Ospedale “San Gennaro dei poveri”, nel popolare rione della Sanità, a Napoli, come ovunque nel Paese, le “leggi fascistissime” hanno messo in ginocchio l’antifascismo e Amedeo Coraggio, muratore socialista di ventiquattro anni, non può non saperlo: chi si azzarda a manifestare un qualche dissenso rischia di averne la vita spezzata. Sulla parete dell’ospedale, però, le prove sono schiaccianti e non c’è nemmeno bisogno di star lì a indagare: sotto “una testa disegnata con un lungo naso” ci sono, infatti, una dedica e una firma: “A Sica Luigi, ricordo di Amedeo Coraggio”. Nulla di compromettente, se poco più in là, accanto al ritratto, non si leggessero parole inequivocabili:

Se noi fummo nella guerra
tra i più saldi difensori,
se strappammo gloria e onori
al nemico combattendo,
se tranquilli ci esponemmo
contro il fascio senza cuore,
dei vigliacchi e traditori
con le bombe e col pugnale
ne farem giustizia e onore.
Sul tuo nome, socialismo,
ora alziamo la bandiera.
Sopra il corpo del fascismo
la faremo sventolare”.

Prontamente identificato, Luigi Sica, “manovale muratore addetto ai lavori dell’ospizio”, non ha dubbi: poiché “il suo compagno Coraggio Amedeo, lo chiama col nomignolo di nasone, […] ritiene che, come le altre scritte, anche il disegno sia opera sua”. D’altra parte, basta davvero poco per accorgersi che l’improvvisato artista non ha un passato politicamente convincente. “Allievo del Corpo della Regia Guardia”, infatti, “si è congedato all’atto della sua trasformazione”, quando Mussolini ne ha voluto “lo scioglimento e l’assorbimento nell’Arma dei Carabinieri o nella nascente Milizia”.
Arrestato e interrogato, il muratore “ammette il disegno, ma nega le frasi offensive”. Un tentativo di difesa vano, dal momento che un perito calligrafo ritiene che la mano colpevole sia solo la sua. Perché l’uomo abbia voluto manifestare così apertamente il suo dissenso, non è facile dire. Sta di fatto che a  marzo del 1928 il tribunale chiude la vicenda, condannando il muratore a sette mesi e mezzo di reclusione e 500 lire di multa.
Scontata la pena, l’uomo torna libero, ma è solo, inerme e in balia del regime. Invano, per evitare le periodiche perquisizioni domiciliari, passa da un’abitazione all’altra e prova a rifarsi una vita. Quando non gli manca, il lavoro è precario e tutto diventa perennemente difficile e incerto, tutto è segnato dalla miseria e da una sorveglianza ostinata e soffocante. Alla fine del 1940, dopo anni di persecuzioni e una “vita ritirata”, che “non ha dato luogo a rilievi”, la Questura consente che sia assunto per lavori alla metropolitana. Quando, però, il Commissario della Sezione Stella aderisce alla proposta della Questura di “radiare il muratore dal novero dei sovversivi”, l’onnipotente polizia politica oppone il suo parere contrario: per gli uomini della Squadra Politica, Coraggio è un “elemento infido”, che continua a “nutrire sentimenti sfavorevoli al Regime Nazionale Fascista e si mantiene estraneo a tutte le cerimonie e manifestazioni di carattere nazionale”.
La polizia ha in mano tutti gli elementi necessari a valutare il caso. Sa che l’uomo si è sposato, ma “è disoccupato da due anni e vive col lavoro della moglie che fa la cameriera”. E’ vero, non è iscritto al partito fascista, non ha la tessera del sindacato corporativo e in cuor suo è ancora socialista; altrettanto vero, però, è che non ha contatti, non cospira ed è ormai così malridotto, che molto probabilmente là dove ha fallito la repressione, riuscirebbe un gesto di umanità. Il “regime inclusivo”, di cui cianciano gli storici di questo nostro tempo buio, non ha, però, né gli uomini, né la duttilità per intuire che la crisi si avvicina rapidissima, che il fronte interno si sgretolerà ai primi colpi e la repressione non garantisce il fascismo, ma lo indebolisce.
L’ultima notizia che la polizia ci lascia sul muratore risale all’aprile del 1941. Richiamato alle armi, Coraggio è stato assegnato al distaccamento di artiglieria di via Emanuele Gianturco e da lì trasferito a Nicotera. I conti con il regime che gli ha avvelenato la vita li salderà a fine settembre del 1943, quando, tornato in città dopo l’armistizio e lo sbandamento dell’esercito, diverrà partigiano nelle Quattro Giornate e combatterà sulle barricate durante l’insurrezione. Come aveva promesso in quel fatale maggio del 1927, ha visto la bandiera del suo socialismo sventolare sul corpo del fascismo. Con lui si sono levati in armi più di duecento perseguitati politici e il loro messaggio incute ancora timore a pennivendoli e servi sciocchi: nessun diritto si conquista per sempre, ma nessuna tirannia dura in eterno.

Fuoriregistro, 1 febbraio 2016

Read Full Post »

Copia di immagine1Niente. Comincia un anno senza te. Il primo. Non facciamo tragedie, piccola. Questione di tempo, poi ci si ritrova. Piuttosto, se un dio dei cani esiste e l’hai incontrato, ti sei fatta un’idea? Vedi un po’ se qualcosa puoi fare, che ci tengo. Quando sarà, mi ci troverei bene dalle tue parti e starei da padreterno in un mondo di cani. Con gli uomini è sempre più difficile trattare e poi lo sai: non sono di quelli invadenti e so adattami. Mi credi? Dopo quest’esperienza umana, una vita da cani sarebbe veramente un paradiso.

Read Full Post »