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Archive for aprile 2018

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Devo essere grato all’amico che mi ha donato i documenti legati alla storia di militanza di un suo ormai lontano parente, l’avvocato Luigi De Filippis, antifascista e perseguitato politico dall’avvento del fascismo fino alle Quattro Giornate di Napoli, delle quali fu un combattente.
Coraggioso direttore responsabile della “Rivista del Mezzogiorno” – che ebbe tra i collaboratori uomini come Giovanni Amendola, Errico De Nicola e Roberto Bracco – il De Filippis, fu giurista di valore e uomo di forte tempra morale. Con le “leggi fascistissime” e la stretta repressiva più feroce, finì come tanti nel mirino del regime, ma non volle piegarsi. Sul numero del luglio-agosto 1926, pur riportando, come imposto dalla legge, l’ordine di sequestro della rivista, che per i fascisti mirava “nel suo complesso a turbare l’ordine pubblico”, reagì al sequestro, ospitando un articolo in memoria di Amendola, morto in quei giorni per una feroce aggressione fascista, e un trafiletto prezioso riportato dall’Avanti, “sul caso interessantissimo […] della professoressa Lina Merlin, insegnante nelle scuole elementari di Padova” alla quale erano stati notificati “la delibera di dichiarazione di decadenza dal posto di insegnamento nelle scuole elementari di Padova, per essersi rifiutata di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo”, e l’invito “a lasciare il servizio il giorno successivo a quello della notifica”. La prof., scrive il giornale, “si è rifiutata di prestare il giuramento richiesto ed ha inviato alla Commissione una lettera” di risposta. Sono parole, quelle della Merlin, che bisognerebbe far leggere a figli  e nipoti, perché restituiscono alla parola “politica”, oggi così discreditata, la sua immensa nobiltà morale.
Io, sottoscritta insegnante nelle scuole elementari di Padova”, scriveva la Merlin, “fui assente dalla cerimonia del giuramento celebrata in Municipio. La ragione è semplice e chiara.
Ho l’onore di appartenere al Partito Socialista Italiano  ed ho la volontà di rimanervi, convinta della nobiltà del mio ideale. Non vedo nessuna ragione che renda incompatibile la professione del mio pensiero e delle mie idee politiche coll’alto valore del ministerio di educatrice”. Di fronte alla richiesta di giurare «che non appartengo né apparterrò a Partiti la cui attività non si concili con i doveri del mio ufficio»”, proseguiva la maestra, pur consapevole “delle sanzioni disciplinari che il prefetto può adottare a carico degli impiegati che svolgono atti incompatibili con le generali direttive politiche del Governo, obbedisco all’imperativo categorico della mia coscienza che mi impedisce di nascondermi nella indeterminata formula del giuramento. Per tutto questo mi pregio di avvertirla che non mi presenterò a giurare.
Con ossequi
Padova 11 marzo
Merlin Angelina”.
La coraggiosa maestra – che prima del licenziamento era stata già arrestata più volte e fu poi confinata – diventò poi partigiana, rischiò più volte la vita e il 27 aprile del 1945,  assieme ai compagni della Brigata Rosselli occupò il Provveditorato agli Studi di Milano, costringendo i fascisti alla resa. Nel 1946 fu eletta all’Assemblea Costituente, diede un notevole contributo alla garanzia dei diritti delle donne, sanciti dalla Costituzione. Eletta al Senato nel 1948, condusse una vittoriosa battaglia per l’abolizione della prostituzione legalizzata, che si concluse il 20 febbraio 1958, dopo un lavoro durato dieci anni, con la legge che porta il suo nome. Chiudendo la sua carriera parlamentare in un discorso degno di essere ricordato affermò un principio: che le idee sono importanti, ma alla fine camminano purtroppo sulle gambe degli uomini e lei, che era stata una vera combattente, era stanca di «fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinismo».
In quanto a Luigi De Filippis, partigiano delle Quattro Giornate, durante il ventennio fu perseguitato per i rapporti con gli antifascisti Gino Doria, Floriano Del Secolo ed Emilio Scaglione. Liberata la città, De Filippis, fu chiamato dal Comitato di Liberazione Nazionale a far parte delle Deputazione provinciale, di cui fu vice presidente. Morì nel 1951 ma, come scrisse Mario Palermo, ispirò quella sua esperienza politica “ai principi della lotta di resistenza per un rinnovamento del nostro Paese e della Provincia di Napoli”.
Figure apparentemente lontane tra loro, e certamente diverse per formazione, la veneta Lina Merlin e il campano Luigi De Filippis, entrambi partigiani, si trovarono uniti nella lunga e spesso dolorosa battaglia per la democrazia. Una lotta di profilo così nobile che oggi, nel crescente degrado della vita politica, rappresentano modelli preziosi per giovani generazioni alle quali non mancano solo il lavoro e la certezza del futuro, ma quei valori che danno un senso alla vita.

Repubblica, Napoli, 23 aprile 2018.

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«Fuori si dice che in carcere non ci finisce nessuno. Noi in quest’anno di visite abbiamo dovuto registrare che il sovraffollamento è tornato, ed anzi in alcuni istituti non è mai andato via. Gli istituti più sovraffollati che abbiamo visto sono stati probabilmente Como, nel profondo nord, che oggi ha un tasso di affollamento del 200%, e Taranto al sud, con un affollamento del 190,5%. In entrambi la situazione è preoccupante. Como in taluni casi non è adempiente alle recenti disposizioni in materia di spazi, con l’utilizzo di celle da 9mq scarsi per 3 detenuti. Anche le verifiche delle condizioni igienico-sanitarie hanno rivelato gravi carenze, come la consegna del vitto senza carrelli riscaldati, l’utilizzo di locali barberia con presenza a terra di capelli tagliati e il contemporaneo smistamento di generi alimentari di sopravvitto; le cucine con intonaci scrostati e piastrelle rotte; l’impianto lavastoviglie guasto da anni. Numerose docce sono prive di diffusori ed alcune sono inutilizzabili a causa degli scarichi intasati. […] Ma chi sono le persone detenute in questi spazi? Anzitutto, non tutte sono persone che stanno scontando una pena. Il 34% dei detenuti è in custodia cautelare e dunque in attesa di una sentenza definitiva, un dato in leggero calo rispetto all’anno scorso, ma tra gli stranieri la percentuale è più alta, addirittura del 39%.
[…] Il 4,9% dei detenuti è in carcere per condanne fino ad un anno, e la percentuale sale al 7,1% se si considerano i soli stranieri. Si tratta di un dato piuttosto elevato se si pensa alle molte alternative alla detenzione possibili per chi ha subito una condanna così lieve…
»

Di che parliamo? Delle condizioni di detenzione. Una risposta ai luoghi comuni per i quali in carcere non ci va mai nessuno e chi ci va, in fondo sta bene e vive come fosse in albergo. Per chi ha voglia di sapere e non si contenta di frasi fatte e “certezze”, Antigone pubblica il suo rapporto annuale. Vale la pena leggere:

http://www.antigone.it/quattordicesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/

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Orta di Atella presentazione libro

Venerdì 27 Aprile alle ore 18:00 presso la Caffetteria Mozzillo in P.zza Virgilio a Casapozzano la coalizione #CostruireAlternative  presenterà il libro ”Le Quattro Giornate di Napoli” del prof. Aragno.

Interverranno:
Giuseppe Aragno  – autore del libro
Peppe Comune – Città Visibile – Orta di Atella
Salvatore Di Vilio – maestro fotografo

L’accesso è libero e gratuito. Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare. Vi aspettiamo!

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downloadVoi mi perdonerete se talora, nei giorni difficili in cui più forte e doloroso si fa sentire il morso dell’ansia, ormai compagna di vita, io mi rifugio nella fortezza delle mie vecchie carte ingiallite dal tempo e sperimento le vie della scrittura terapeutica.
Devo essere grato all’amico Luigi De Filippis, che mi ha donato i documenti legati alla storia di militanza del suo omonimo e ormai lontano parente, l’avvocato Luigi Fe Filippis, antifascista e perseguitato politico dagli anni difficili dell’avvento del fascismo fino alle Quattro Giornate di Napoli, che visse da combattente nelle vie della città.
Coraggioso direttore responsabile della “Rivista del Mezzogiorno” – che ebbe tra i suoi collaboratori uomini come Giovanni Amendola, Errico De Nicola e Roberto Bracco – l’avv. Luigi De Filippis, fu uomo di notevole spessore culturale e morale. Mentre si approssimavano le “leggi fascistissime” e la stretta repressiva più feroce, sul numero 7-8 del luglio-agosto 1926, pur riportando, come imposto dalla legge, l’ordine di sequestro della rivista “atta nel suo complesso a turbare l’ordine pubblico”, non esitava a reagire al sequestro, ospitando un articolo in memoria di Amendola e un trafiletto prezioso “sul caso interessantissimo e… raro della professoressa Lina Merlin, insegnante nelle scuole elementari di Padova”, riportato dall’Avanti.
Non benedirò l’ansia, ma in qualche modo devo ringraziarla per avermi condotto a questo articolo che occorrerebbe imparare a memoria per ricordarlo bene e insegnare ai nostri figli  e nipoti quale alto valore ha la parola “politica”, oggi così discreditata e quanta nobiltà d’animo ebbero i nostri nonni, dei  quali putroppo rapidamente e superficialmente  abbiamo dimenticato la storia.
Ecco l’articolo:

Lina Merlin

“In data 10 marzo il commissario regio notificava alla compagna professoressa Merlin la delibera di dichiarazione di decadenza dal posto di insegnamento nelle scuole elementari di Padova per essersi rifiutata di prestare il giuramento prescritto dal Regio Decreto 23 ottobre 1925 n. 2115. Delibera approvata e resa esecutiva dal prefetto con ‘visto’ del 3 marzo 1926, e la invitava a lasciare il servizio il giorno successivo a quello della notifica.
La prof. Lina Merlin si è rifiutata di prestare il giuramento richiesto ed ha inviato alla Commissione la seguente lettera:
Io, sottoscritta insegnate nelle scuole elementari di Padova, fui assente dalla cerimonia del giuramento celebrata in Municipio: La ragione è semplice e chiara.
Ho l’onore di appartenere al Partito Socialista Italiano  ed ho la volontà di rimanervi, convinta della nobiltà del mio ideale. Non vedo nessuna ragione che renda incompatibile la professione del mio pensiero e delle mie idee politiche coll’alto valore del ministerio di educatrice; ma io, ponendo in comparazione alcune affermazioni della formula del giuramento  – tra le quali la seguente: «giuro che non appartengo né apparterrò a Partiti la cui attività non si concilii con i doveri del mio ufficio» – con il disposto del R.D. 23 ottobre 1925 n. 2115 relativamente alle sanzioni disciplinari che il prefetto può adottare a carico degli impiegati che svolgono atti incompatibili con le generali direttive politiche del Governo, obbedisco all’imperativo categorico della mia coscienza che mi impedisce di nascondermi nella indeterminata formula del giuramento. Per tutto questo mi pregio di avvertirle che non mi presenterò a giurare.
Con ossequi
Padova 11 marzo
Merlin Angelina  

La coraggiosa maestra fu poi partigiana, rischiò più volte la vita e il 27 aprile del 1945, assieme ai compagni della Brigata Rosselli occupò il Provveditorato agli Studi di Milano, costringendo i fascisti alla resa. Nel 1946 fu eletta all’Assemblea Costituente, diede un notevole contributo alla garanzia dei diritti delle donne, garantiti dalla Costituzione. Eletta al Senato nel 1948, condusse una vittoriosa battaglia per l’abolizione della prostituzione legalizzata, che si concluse il 20 febbraio 1958, dopo un lavoro durato dieci anni, con la legge che porta il suo nome.Chiudendo la sua carriera parlamentare in un discorso degno di essere ricordato affermò un principio: che le idee sono importanti, ma alla fine camminano sulle gambe degli uomini e lei, che era stata una vera combattente, era stanca di «fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinismo».

Onore all’antifascismo, onore a Luigi De Filippis, onore alle donne, onore eterno a Lina Merlin

 

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14 aprileI NAPOLETANI NON INTENDONO PAGARE UN DEBITO CHE NON HANNO MAI FATTO!
E’ questo il messaggio coraggioso e fortissimo che la città partenopea lancia al Paese e all’Unione Europea, schierandosi in prima linea nella lotta alla barbarie neoliberista.
A Piazza Municipio, davanti al Municipio tra due ore i napoletani scriveranno una nuova, splendida pagina dello loro millenaria storia e risponderanno così, con la mobilitazione al PD e ai suoi camerati fascioleghisti che intendono condannarli alla fame.
Io sarò in piazza ad urlare la mia indignazione e lo dico prima che la manifestazione abbia inizio: NAPOLI NON SI PIEGA E NON CALA LA TESTA!

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Sandro-Pertini-810x380La rete di tubi Innocenti che da giovani ci soffocò, i muri puntellati che accecavano l’imbocco dei vicoli bui, i palazzi traballanti faticosamente rinsaldati, furono davvero pagati dalla solidarietà del Paese o ci siamo illusi e tutto si fece a spese della città ferita? Di fronte al debito che vogliono imporci, il dubbio è legittimo e tornano in mente le domande accorate di Sandro Pertini: «Chi è che ha speculato su questa disgrazia? E se vi è qualcuno che ha speculato, […] costui è in carcere, come dovrebbe essere?».
Cosa sia e a chi appartenga il CR8, il Consorzio Ricostruzione 8, spuntato Dio sa come dal secolo scorso, non è chiaro a nessuno. Pretende soldi a palate per imprecisati lavori di ricostruzione che avrebbe eseguito per conto dei napoletani, ma noi sappiamo solo che è un’impresa di costruzioni edili inserita nel Registro delle Imprese dal 19 febbraio 1996. Sembrerà strano ma è vero: il CR8 vanta un credito che minaccia di annegarci in un mare di guai, ma noi non conosciamo il suo Statuto, i suoi amministratori, i suoi titolari, la sua storia, le sue attività, i suoi soci e i suoi dati fiscali, amministrativi e patrimoniali.
Chi prova a saperne di più trova solo brandelli di notizie. Scopre, per esempio, che il 31 luglio 1991, quasi undici anni dopo il terremoto, il socialista Nello Polese, nei panni di Commissario Straordinario di Governo, affidò in concessione al Consorzio lavori di edilizia residenziale. A noi piacerebbe sapere perché si fecero lavori tanto tempo dopo il sisma, se c’erano fondi destinati a coprire le spese e a quali costi pattuiti si chiuse l’accordo. Purtroppo, però, nessuno ci dice nulla. La stampa, va a capire perché, è tutta concentrata sulle ipotetiche responsabilità della Giunta chiamata a pagare il debito misterioso e pare quasi che il passato non interessi l’informazione. Eppure questa triste faccenda viene da lontano. Da qualche parte c’è scritto che nove anni dopo l’assegnazione di Polese, il 22 febbraio del 2000, il CR8 avviò nei confronti del Comune di Napoli un procedimento arbitrale. A Palazzo San Giacomo stavolta c’era Bassolino, il debito aveva assunto dimensioni serie e per giunta c’era un ulteriore credito per interessi in via di determinazione.
Chi tenta di capire si accorge che Bassolino contestò il diritto vantato dai creditori e ricusò un lodo arbitrale, ma non può capire se il Comune rifiutò perché qualcosa non era andato come previsto. Sarebbe interessante e utile saperlo, ma non te lo dice nessuno. Di certo c’è che iniziò così, diciotto anni fa, la battaglia legale sul pagamento di spese maturate fuori bilancio, che oggi gravano sui napoletani e silurano un’Amministrazione che con i fatti del 1981, le scelte del 1991 e lo scontro del 2000 non ha nulla da spartire.
Scavando ostinatamente si accerta che il 22 ottobre 2004 si giunse a un lodo e si registra un altro dato certo: a Palazzo San Giacomo c’era Rosa Russo Iervolino, ex democristiana passata poi alla Margherita e infine al PD, e se ne ricava una spiacevole sensazione: per decenni, mentre il sisma dell’80 diventava un evento lontano, consegnato alla storia di Napoli, un altro terremoto acquistava giorno dopo giorno una forza distruttiva. Il disastro covava silenzioso, come tutti i movimenti tellurici e sembrava muoversi su due binari. Da un lato un Consorzio di ignoti creditori, deciso a riscuotere crediti che oggi, possono essere soddisfatti solo cancellando diritti costituzionalmente garantiti, dall’altro Enti Pubblici più o meno assenti.
Oggi, mentre il nuovo terremoto li assale, la mancanza di notizie precise insospettisce i napoletani c’è chi si chiede se non ci sia un qualche nesso tra gli interessi dei creditori e le forsennate campagne di organi di stampa che – sarà un caso? – appartengono a chi, costruendo e ricostruendo, ha accumulato una montagna di quattrini. Una risposta a queste domande non c’è, ma chi ha vissuto gli eventi successivi al terremoto, sa bene quale fiume di soldi sia passato per vie traverse dal pubblico al privato, finendo molto spesso in mano alla malavita organizzata e non manca nemmeno chi ricorda l’inspiegabile inerzia degli Enti Pubblici, spesso lontani dalle gare di appalto. Certezze ovviamente i napoletani non possono averne, ma quasi quarant’anni dopo la sensazione è che il debito sia un groviglio di buchi neri, in cui sono finiti milioni e milioni di euro che qualcuno – ma chi? – ha acquistato il diritto di riscuotere. A quale titolo? In conseguenza di quali scelte? Questo non si sa, ma chi avrebbe dovuto pagare – ecco una certezza – non l’ha mai fatto: né il Commissario, né le giunte comunali nate dopo la fine del commissariamento, avvenuto nell’aprile 1996.
Dagli Atti della Camera dei Deputati e dai testi allegati all’ordine del giorno della seduta dell’1 febbraio 2017, apprendiamo che le somme richieste al Comune di Napoli sono debiti maturati negli anni in cui il concedente era lo Stato e che l’odierna Amministrazione ha ripetutamente posto l’accento sulla necessità che il Governo si accollasse il debito per la quota di sua competenza, pari a qualcosa come il 90 per cento del totale. Il Governo però non l’ha fatto e non si capisce perché le somme richieste non siano state stanziate negli anni del disastro. Di certo c’è che, in questo dopo terremoto che non ha mai fine, a Luigi De Magistris si giunge solo dopo che 14 tra sindaci e commissari, da Maurizio Valenzi a Rosa Russo Iervolino, sono stati alla guida della città.
In questo guazzabuglio che avrebbe spinto una stampa più indipendente a tentare l’inchiesta, c’è un dato che colpisce: seguendo il percorso dei sindaci e delle parti politiche di cui sono stati espressione, si scopre che la senatrice Valeria Valente, che oggi guida la crociata per la «sana amministrazione», iniziò la sua carriera politica nel 1997, quando fu eletta consigliera comunale nelle liste dei DS e l’ha proseguita poi nel 2001 allorché, rieletta, divenne assessore. Erano i tempi di Rosa Russo Iervolino e dell’emergenza rifiuti, che «fa debito» come il terremoto. Come possa la senatrice Valente ignorare di aver approvato bilanci destinati ad aggravare la situazione debitoria del Comune è un mistero glorioso.
Davanti a questa oscura vicenda, a lei, però, alla parlamentare del PD, come a tutti i protagonisti di questa oscura vicenda, sarebbe il caso che qualcuno – una Commissione parlamentare d’inchiesta? – ponesse le domande che i napoletani onesti si fanno invano da tempo. Quali percorsi ha compiuto il debito in quasi quarant’anni di storia della città e del Paese? Chi sono i creditori? Come hanno ottenuto gli appalti? E’ giusto che per pagare oscure spettanze vantate da ignoti creditori, si cancellino diritti costituzionalmente garantiti, si neghi la refezione scolastica ai bambini, si svendano aziende e beni comuni e si riduca Napoli in condizioni di miseria più gravi di quelle in cui già vive? Si sono resi conto i dirigenti del PD napoletano, avanti a tutti Valeria Valente, che la loro «guerra santa» è guerra alla città e alla gente che li ha votati e – come tutte le guerre – si combatte soprattutto a danno dei ceti più poveri ed emarginati?
Si ha un bel dire, infatti, che pagherà la città; la verità è che il costo già iniquo di un debito misterioso non ricadrà in misura ugualmente grave su tutta la popolazione. A qualcuno – le minoranze agiate – costerà poco o nulla – ad altri – quella parte della popolazione che già soffre le pene dell’inferno, toglierà l’aria per respirare.

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alternanza-scuola-lavoro-675Riporto, senza nulla aggiungere…

Uno studente di una quarta dell’Itis Da Vinci di Carpi ha criticato sul suo profilo Facebook l’esperienza di «alternanza scuola-lavoro» in un’azienda metalmeccanica a cui sono obbligati tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori e ha ricevuto un «sei» in condotta dal consiglio di classe. Il provvedimento è stato così giustificato dal preside dell’Istituto Paolo Pergreffi: «Lamentava – ha detto alla «Gazzetta di Modena» – di non essere pagato per mansioni che considerava ripetitive. Questo proprio il primo giorno in azienda, quando le imprese, tra le prime caratteristiche che chiedono c’è la buona educazione, al di là delle competenze tecniche. Evidentemente la presa di posizione è dovuta a convinzioni ideologiche sull’alternanza scuola lavoro, probabilmente antecedenti rispetto all’inizio del periodo in azienda».

IL PRESIDE ha parlato di un «segnale» inviato allo studente che ha criticato l’alternanza scuola-lavoro: «La decisione presa dal consiglio di classe del 6 in condotta è stata un segnale che si è voluto dare al giovane, che peraltro va bene a scuola, nell’ambito di una valutazione non definitiva». Il carattere «esemplare» del provvedimento non dovrebbe ostacolare il percorso scolastico dello studente che, è stato sottolineato, non ha problemi a scuola. Gli scrutini sono stati fatti a gennaio, il periodo di alternanza scuola lavoro contestato a febbraio. Il 6 in condotta è stato comminato a marzo. «Si tratta di un giudizio intermedio – sottolinea Pergreffi – Non pregiudicherà la promozione del ragazzo, ma abbiamo voluto dare un segnale per un’inversione di rotta nel comportamento. Le affermazioni riportate in quel post sono state inappropriate sia verso l’azienda, sia verso gli insegnanti che si prodigano per portare avanti l’alternanza scuola-lavoro, che richiede molto impegno e coinvolge 500 ragazzi, fra quarte e quinte. Mentre per le terze è previsto l’affiancamento, a scuola, di un tutor aziendale».

LA NEGAZIONE della libertà di critica e il carattere ideologico della censura sono state stigmatizzate dal comitato Sisma.12, un’associazione nata dopo il terremoto del 2012 in Emilia, attiva anche nella scuola: « È un atteggiamento repressivo e antidemocratico» ha detto Aureliano Mascioli. Di «vergognosa» e «intimidazione gravissima» parla il movimento giovanile della sinistra. «Di ideologico qui c’è solo chi vuole una scuola fatta di tanti soldatini obbedienti, sottomessi e silenziosi»,

NELLA STORIA dell’alternanza scuola-lavoro, istituita nel 2015 dal governo Renzi, questo è un nuovo caso dopo quello della nota e del sette in condotta a fine anno richiesti da una tutor del Fai per gli studenti del liceo napoletano Vittorio Emanuele che avevano protestato contro il lavoro gratuito in un museo nella domenica delle palme (Il Fai ha chiesto «scusa»). Il caso di Carpi evidenzia un’altra caratteristica del «patto formativo» sottoscritto con le scuole e le aziende con il quale i ragazzi si impegnano a rispettare una disciplina simile a quella degli apprendisti, stagisti o tirocinanti, pur non essendo considerati «lavoratori» che hanno diritto a compensi o indennizzi – particolari chiariti nel «patto».

FORZA LAVORO da sfruttare gratuitamente o soggetti in formazione a cui è negata la qualifica di «lavoratori», gli studenti si trovano in una zona di sospensione del diritto in cui non possono criticare l’istituzione, né l’azienda alla quale sono destinati. La «buona educazione» evocata nelle motivazioni della sanzione disciplinare è il segno che lo studente deve conformarsi a una disciplina morale in cui è vietata l’autonomia e l’indipendenza.

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IlFa_SiamotuttiNon è facile stare appresso a tutte le notizie e spesso, poi, ti rifiuti di leggere le dichiarazioni scandalose di esponenti di partiti che il problema l’hanno creato. Può darsi perciò che mi sbagli e la presa di posizione mi sia sfuggita, ma sulla questione del debito e sull’indecente attacco alla città di Napoli, non mi pare che il M5S abbia fatto finora sentire la sua voce. E’ come se nel suo assieme il Movimento di Grillo non avesse capito o – peggio ancora – fingesse di non capire che in discussione oggi non sono un sindaco o un’Amministrazione, ma la sorte di una popolazione alla quale, in nome dell’austerity – insaziabile divoratore di diritti costituzionali – si chiede di pagare i costi di una tragedia: il terribile terremoto del 1981.
Napoli si va mobilitando e il 14 aprile sarà in piazza per difendere la sua dignità. Il Movimento 5 Stelle, che tantissimi cittadini napoletani il 4 marzo hanno votato, pieni di speranze e fiducia, sarà in piazza? Sarebbe veramente amaro – e forse rivelatore – se di qui a pochi giorni la gente fosse costretta a prendere atto: i problemi della città e il grande tema del cambiamento sono stati solo  propaganda elettorale e come i vecchi, vituperati partiti, il Movimento di Grillo sta facendo i suoi conti e aspetta gli eventi.
Spero che non sia così, ma soprattutto spero che la gente che ha votato Fico e compagni si prepari a fare la sua parte.
Checché ne pensi Di Maio.

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