Devo essere grato all’amico che mi ha donato i documenti legati alla storia di militanza di un suo ormai lontano parente, l’avvocato Luigi De Filippis, antifascista e perseguitato politico dall’avvento del fascismo fino alle Quattro Giornate di Napoli, delle quali fu un combattente.
Coraggioso direttore responsabile della “Rivista del Mezzogiorno” – che ebbe tra i collaboratori uomini come Giovanni Amendola, Errico De Nicola e Roberto Bracco – il De Filippis, fu giurista di valore e uomo di forte tempra morale. Con le “leggi fascistissime” e la stretta repressiva più feroce, finì come tanti nel mirino del regime, ma non volle piegarsi. Sul numero del luglio-agosto 1926, pur riportando, come imposto dalla legge, l’ordine di sequestro della rivista, che per i fascisti mirava “nel suo complesso a turbare l’ordine pubblico”, reagì al sequestro, ospitando un articolo in memoria di Amendola, morto in quei giorni per una feroce aggressione fascista, e un trafiletto prezioso riportato dall’Avanti, “sul caso interessantissimo […] della professoressa Lina Merlin, insegnante nelle scuole elementari di Padova” alla quale erano stati notificati “la delibera di dichiarazione di decadenza dal posto di insegnamento nelle scuole elementari di Padova, per essersi rifiutata di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo”, e l’invito “a lasciare il servizio il giorno successivo a quello della notifica”. La prof., scrive il giornale, “si è rifiutata di prestare il giuramento richiesto ed ha inviato alla Commissione una lettera” di risposta. Sono parole, quelle della Merlin, che bisognerebbe far leggere a figli e nipoti, perché restituiscono alla parola “politica”, oggi così discreditata, la sua immensa nobiltà morale.
“Io, sottoscritta insegnante nelle scuole elementari di Padova”, scriveva la Merlin, “fui assente dalla cerimonia del giuramento celebrata in Municipio. La ragione è semplice e chiara.
Ho l’onore di appartenere al Partito Socialista Italiano ed ho la volontà di rimanervi, convinta della nobiltà del mio ideale. Non vedo nessuna ragione che renda incompatibile la professione del mio pensiero e delle mie idee politiche coll’alto valore del ministerio di educatrice”. Di fronte alla richiesta di giurare «che non appartengo né apparterrò a Partiti la cui attività non si concili con i doveri del mio ufficio»”, proseguiva la maestra, pur consapevole “delle sanzioni disciplinari che il prefetto può adottare a carico degli impiegati che svolgono atti incompatibili con le generali direttive politiche del Governo, obbedisco all’imperativo categorico della mia coscienza che mi impedisce di nascondermi nella indeterminata formula del giuramento. Per tutto questo mi pregio di avvertirla che non mi presenterò a giurare.
Con ossequi
Padova 11 marzo
Merlin Angelina”.
La coraggiosa maestra – che prima del licenziamento era stata già arrestata più volte e fu poi confinata – diventò poi partigiana, rischiò più volte la vita e il 27 aprile del 1945, assieme ai compagni della Brigata Rosselli occupò il Provveditorato agli Studi di Milano, costringendo i fascisti alla resa. Nel 1946 fu eletta all’Assemblea Costituente, diede un notevole contributo alla garanzia dei diritti delle donne, sanciti dalla Costituzione. Eletta al Senato nel 1948, condusse una vittoriosa battaglia per l’abolizione della prostituzione legalizzata, che si concluse il 20 febbraio 1958, dopo un lavoro durato dieci anni, con la legge che porta il suo nome. Chiudendo la sua carriera parlamentare in un discorso degno di essere ricordato affermò un principio: che le idee sono importanti, ma alla fine camminano purtroppo sulle gambe degli uomini e lei, che era stata una vera combattente, era stanca di «fascisti rilegittimati, analfabeti politici e servitorelli dello stalinismo».
In quanto a Luigi De Filippis, partigiano delle Quattro Giornate, durante il ventennio fu perseguitato per i rapporti con gli antifascisti Gino Doria, Floriano Del Secolo ed Emilio Scaglione. Liberata la città, De Filippis, fu chiamato dal Comitato di Liberazione Nazionale a far parte delle Deputazione provinciale, di cui fu vice presidente. Morì nel 1951 ma, come scrisse Mario Palermo, ispirò quella sua esperienza politica “ai principi della lotta di resistenza per un rinnovamento del nostro Paese e della Provincia di Napoli”.
Figure apparentemente lontane tra loro, e certamente diverse per formazione, la veneta Lina Merlin e il campano Luigi De Filippis, entrambi partigiani, si trovarono uniti nella lunga e spesso dolorosa battaglia per la democrazia. Una lotta di profilo così nobile che oggi, nel crescente degrado della vita politica, rappresentano modelli preziosi per giovani generazioni alle quali non mancano solo il lavoro e la certezza del futuro, ma quei valori che danno un senso alla vita.
Repubblica, Napoli, 23 aprile 2018.