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Archive for ottobre 2022


Presto la dimensione della sconfitta politica e culturale renderà più chiaro il valore e il costo del «voto utile»: il PD sopravvive a se stesso, ma potrà tornare ancora «utile» quando distruggeranno la Costituzione nata dalla Resistenza. In compagnia di Calenda, infatti, consentirà alla Meloni di garantirsi un risultato tale da evitare il referendum su cui inciampò Renzi.

Sarà tutto legale.

Da Bertinotti e Diliberto, giù fino a Letta, il suicidio della sedicente sinistra giunge al momento estremo. Si tratta solo di sapere se cremare o tumulare il corpo del suicida.

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Con il consueto semplicismo, che non intende spiegare ma deformare e confondere, i “grandi” opinionisti ci hanno riferito le riflessioni di Berlusconi, registrate durante una riunione privata di partito e consegnate alla stampa. Ne è venuta fuori l’immagine volutamente tragicomica di un vecchio rimbambito che non è in grado di controllarsi e si fa condizionare dall’amicizia “pericolosa” con Putin. La storia di due leader che vivono ormai fuori dalla realtà.
Berlusconi era e resta per me un uomo pericoloso, ma stavolta le cose non stanno come si tenta di presentarle. Certo, il vecchio leader ha detto quel che pensa davvero della guerra ucraina e di Putin. Un pensiero che ha scandalizzato gli ammiratori di sua santità Zelensky e di un principio acritico, per il quale i torti stanno tutti da una parte e le ragioni dall’altra, sicché, di fronte a un attacco militare, i fatti che conducono alla guerra non contano più: patti sottoscritti e stracciati, principio di autonomia dei popoli, ragioni dei ribelli, anni di massacri e bombardamenti.
Chi la memoria non l’ha venduta al mercato capisce, però, che c’è dell’altro. Ricorda, per cominciare, il monito dell’ambasciatore americano David H. Thorne: gli USA si aspettano dall’Italia scelte diverse verso Libia e Russia. Non ha dimenticato la vergognosa lettera di Draghi e Trichet, l’attacco scatenato contro un progetto alternativo che sganciava l’Italia dall’egemonia delle Sette Sorelle, assicurandole il petrolio libico e il gas russo; ricorda l’ostilità manifesta di fronte all’idea, condivisa da Berlusconi con Angela Merkell, di una Unione Europea aperta economicamente, ma soprattutto politicamente, alla Russia di Putin. Una UE autonoma dagli USA.
La domanda a questo punto non è se Berlusconi faccia capricci per le poltrone o sia impazzito. La domanda è se la farsa costruita dai media, non serva a far scomparire il dissenso di un politico che, pur avendo lavorato sempre per se stesso, aveva inaugurato una politica estera controcorrente, distrutta brutalmente da sedicenti europeisti, che fecero a pezzi la Libia, alleata dell’Italia, e seguirono gli Usa nella via che ci ha condotti dove siamo.
Ridicolizzare Berlusconi o criminalizzarlo, può essere utile ai servi della Nato, a una stampa mediocre e a una classe dirigente europea rozza e povera culturalmente, che ha ridotto il sogno di Spinelli al Regno della Finanza, al possibile e probabile campo di battaglia di una tragedia nucleare. Questa operazione da tre soldi non può impedire, però, né che la gente sia contro la guerra, né che Berlusconi ne colga gli umori. Gente, si badi bene, sola nella tempesta della miseria e nel timore fondato di un macello nucleare.

FreeSkipper Italia e Zazoom Social News, 21 ottobre 2022

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È vero, sì, la gente non è andata a votare. Si può dire, però, che la legge elettorale era vergognosa, ma chiara: o si faceva una coalizione o la gente di sinistra non avrebbe votato? La coalizione l’ha fatta il PD e buonanotte al secchio.
Ora sì, ora è la situazione è veramente grave. Non lo è però perché torna il fascismo. Ci metto la firma: chi si aspetta di vedere manganelli e olio di ricino può aspettare in eterno. Questa gentaglia imporrà una torsione autoritaria al Paese con il consenso di Renzi, Calenda e pezzi di PD. Tutto regolare e tutto secondo la legge. Come fece Minniti con la Libia e i migranti e con i fascisti di Casa Pound ammessa alle elezioni.
Il disastro vero è questo: prima della Meloni, politiche di estrema destra le ha fatte una destra vestita di un rosa pallido scambiato per rosso fuoco. Ora la gente s’è abituata. I lavoratori non sanno più distinguere tra un diritto e un grazioso regalo dei padroni. La scuola e l’università sono state distrutte dalla sedicente sinistra; la stessa che ha bombardato Belgrado, approvato il federalismo fiscale, il Jobs Act, l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e chi più ne ha più ne metta.
È stata questa sinistra a fare il “lavoro sporco”. Alla Meloni basta completare l’opera. Questo è il disastro: immaginare che la destra resuscitasse il fascismo e non capire che le politiche padronali le stavano facendo i “sinistri” all’acqua di rosa. Nessuno ha voluto ricordare che il Benito, padre di Ignazio Benito La Russa, veniva dalle file del socialismo!

Agoravox, 17 ottobre 2022

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Amici e amiche, compagne sconcertate e compagni avviliti,
consentitemi il breve racconto di un sogno o, se volete, una proposta folle e ricordate: sogni e follia sono spesso il motore della storia.
Tutto intorno rovina? E se ci mettessimo in viaggio senza annunciarlo, alla spicciolata? Immaginate per un attimo , dopo una notte nera, un’alba che prenda a fare luce attorno a Montecitorio e a Palazzo Madama. Come ombre sbucate dall’inferno nel quale ormai viviamo, ecco materializzarsi prima dieci, poi cento, poi mille, diecimila e cento volte diecimila persone di ogni razza e colore, immigrati, immigrate, studenti e studentesse costrette a imparare poco e lavorare molto, precari e precarie, sfruttate e sfruttati, giovani e non più giovani e i tanti discriminati per la ricchezza e la varietà di sentimenti d’amore, un fiume in piena di dissenzienti repressi, di donne maltrattate, di poveri e povere che passano per parassiti. Immaginate il sole levarsi e i due palazzi scricchiolare e tremare, contagiando col lore tremore le Borse, chiese dei sacerdoti del neoliberismo.
Eccoci protagonisti attivi della vicenda umana! Nessun bisogno di violenza, ma una presenza massiccia e terrificante per i rappresentanti di negrieri e di sfruttatrici. Immaginate il verminaio del potere strisciare verso le fogne in cerca di salvezza.
Che giorno, amici e amiche, compagne sconcertate e compagni avviliti! Che abbracci liberatori e che sole splendente sull’avvenire!
Una rivoluzione, ormai, solo una rivoluzione può restituirci la dignità che ci stanno togliendo.
Da qualche tempo, le mie notti inquiete sono popolate da queste immagini di speranza. Un’ombra purtroppo le sciupa: come renderemo innocui, dove confineremo i tanti e le tante sedicenti compagni e compagne, che, colpevolmente aggrappati e aggrappate ai loro piccoli orti, vivono di sterili distinguo, di colte citazioni e sono nei fatti la principale difesa dei palazzi del potere?

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Dalla ricostruzione dei grandi eventi alla narrazione della vita quotidiana per dar voce ai suoi sconosciuti protagonisti. È “Parole d’uomini e sassi” il nuovo libro dello storico che si è molto occupato del movimento antifascista popolare

Giuseppe Aragno è uno storico che concepisce il suo mestiere come una continuazione più alta e scientificamente fondata della politica. Politica, beninteso, quale forma di impegno civile, lettura radicale del mondo presente e volontà di cambiarlo. Perciò i suoi temi sono storie dell’antifascismo (Antifascismo e potere. Storia di storie, Bastogi, 2012) o la biografia di storici politicamente impegnati (la cura di Scritti di storia e politica di Gaetano Arfé, Istituto Italiano di Studi Filosofici, 2005) o la riscrittura di pagine controverse della nostra storia novecentesca (Le quattro giornate di Napoli. Storia di antifascisti, Intra Moenia, 2017.) che smonta la vulgata di una rivolta plebea di quella grande pagina del riscatto meridionale, svelando, con circostanziata documentazione, la progettualità e l’organizzazione politica che stava dietro all’insurrezione armata dei napoletani. Ma, come spesso accade a tanti studiosi, di recente ha pubblicato un singolare libretto, Parole d’uomini e sassi, Valtrendeditore, s.l. 2021, che costituisce a mio avviso una continuazione letteraria della sua vocazione e progettualità politica.

Si tratta di una raccolta di racconti brevi in cui si mescolano evidenti testimonianze autobiografiche, condotte sul filo della memoria, come nel primo che apre la serie, La guerra dei sei giorni. Il resoconto scabro di una esperienza di vita militare reso vibrante da uno stile asciutto, fatto di notazioni rapide, nel quale – qui come altrove – Aragno privilegia i personaggi-contro, coloro che disubbidiscono all’ordine del potere per costituzione fisica, diciamo così, prima ancora che per consapevolezza politica. Eccone uno in pochi tratti «Comunista di Pontedera – come usava presentarsi beffardo – era giunto alla scuola d’artiglieria di Sabaudia dopo aver opposto all’esercito tutto ciò che di lecito e di illecito si poteva tentare».

E nello stesso ambito si colloca il racconto, Disarmato, in cui l’autore parla in prima persona di una vicenda drammatica da cui egli stesso viene sfiorato, durante i cosiddetti Anni di piombo. Al centro c’è la vicenda di Luigi Capone, un giovane militante che egli aveva frequentato come compagno di lotta e di cui aveva perso le tracce, ucciso dai carabinieri in uno scontro a fuoco mentre viaggiava in auto. La tragedia di questa morte oscura è vissuta e ricostruita dall’interno delle mura domestiche come una notizia sconvolgente che si mescola a un’altra tragedia familiare: quella che riguarda la vecchia madre, precipitata nella follia. Lei sembra partecipare con lucidità alla vicenda dolorosa che coinvolge il figlio, in realtà teme per la sua vita a causa dei fantasmi inquietanti che affollano la sua mente. L’autore ne disegna un quadro rapido e tagliente, dopo che la notizia dell’uccisione di Capone entra in casa: «Dritta, per quanto potesse drizzarsi quella sua figurina smilza e nervosa, ferma, senza quel tremito feroce che da mesi non le dava più requie, mi si parò davanti e tutto ciò che aveva di vivo si concentrò negli occhi azzurri che erano stati di una bellezza struggente. Era uno sguardo tagliente, che faceva paura».

Giuseppe Aragno

In Parole d’uomini e sassi, che è anche il titolo di un raccontino, si ritrovano poi altre storie che hanno al centro il lavoro, la solidarietà, come nel toccante Ahmed, il marocchino, storia di emigrazione e di lavoro in miniera, nelle miniere di carbone del Belgio, segnata dalla morte del giovane Ahmed, che paga con la vita un suo gesto di solidarietà. Ma si trovano anche pagine che non raccontano vicende, e piuttosto intrecciano riflessioni all’apparenza esterne al nucleo ispiratore che orienta tutte le storie del libro. È il caso di Dillo tu, che sai tutto, Tiresia, nel quale il protagonista è Narciso, il personaggio del mito. Costui comprende, ammirandosi nello specchio, una verità dolorosa: oltre sé stesso e il limite dello specchio, c’è l’amore e quindi anche il disordine della vera vita.«Narciso non è un vanitoso, come spesso crediamo: qualcuno l’ha ferito quando è venuto al mondo ed ha smesso di volare. Il mondo di Narciso è Narciso: forma e sostanza di sé stesso, territorio e confine d’una realtà contenuta in uno specchio. Tiresia lo ha predetto: se l’amore prenderà per mano Narciso e lo condurrà nel mondo dal quale è fuggito, quello sarà l’ultimo suo viaggio».

Dunque la vita, l’ambito tumultuoso dove nasce il miracolo dell’amore, l’energia della passione e della lotta, è anche il luogo della sofferenza, dello sfruttamento e dell’ingiustizia. Anche nel mito Aragno fa rivivere i temi che percorrono i suoi racconti, i quali sembrano nati dall’urgenza di dare riscatto e requie a una sofferenza interiore: quella di un combattente coperto di ferite, che reca sulle spalle un grande peso di memorie e di struggimenti e avverte il bisogno di comunicarli agli altri, di affidarli alla parola scritta, perché non vadano dispersi e ne rimanga traccia.

Piero Bevilacqua, Left, 6 Ottobre 2022

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