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Archive for dicembre 2021


Per sfuggire alla trappola del «draghismo», deciso a creare confusione, seminare panico e odio e impedire così una riflessione seria e doverosa su quanto accade nel Paese, occorre evitare sterili discussioni su una presunta «dittatura sanitaria», sui No Vax e il Green pass. Molto meglio fermarsi sulle responsabilità di un Governo, servo sciocco ed esecutore feroce e dei precetti della Bibbia neoliberista, delle criminali disposizioni e degli interessi della Finanza. Più i giorni passano, infatti, più appare evidente che il dilemma all’ordine del giorno è quello che molti, impauriti, evitano di affrontare pubblicamente: questo governo è formato da incapaci, o si sta macchiando di alto tradimento?  
Venuta meno la consapevolezza che la memoria è cultura, un popolo di senza storia non ricorda Dossetti e non ha più memoria di ciò che avvenne nell’Assemblea Costituente. Chi ricorda più, ormai, che Giuseppe Dossetti, membro della prima sottocommissione della Commissione per la Costituzione, propose sul tema dello Stato e dei suoi ordinamenti un progetto costituito da 11 articoli? Chi ricorda più – soprattutto – che uno di quegli articoli, trasformava in «diritto di resistenza» quel «diritto di insurrezione», presente nello Statuto della Francia rivoluzionaria nel 1793? Purtroppo, nonostante la sua attualità e aderenza alla realtà italiana dell’immediato dopoguerra, il 21 novembre 1946 Dossetti si vide respingere un emendamento volto a introdurre nella nostra Costituzione il principio per il quale i cittadini hanno il diritto e il dovere di resistere individualmente e collettivamente a quel potere pubblico che violi le libertà fondamentali. Una proposta che nella bozza di Costituzione sottoposta alla vaglio dell’Assemblea Costituente nell’articolo 50 (oggi articolo 54), al secondo comma era così formulata:
«Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino».
Nessuno a quei tempi poteva immaginare che saremmo giunti a Draghi, De Luca, Manfredi e compagnia cantante. I tedeschi, con i loro mille difetti, hanno avuto il coraggio di inserire nella loro Costituzione il diritto alla ribellione. In Italia, purtroppo, chi vede lontano non ha fortuna. Eppure, inserito nell’articolo 21 della Costituzione francese del 19 aprile 1946, quel principio era sembrato ai francesi «sotto ogni forma […] il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri”».
Il tradimento c’è ed è evidente: dopo due anni di pandemia, Draghi e i suoi compari hanno regalato miliardi alla NATO e speso una montagna di quattrini per bombe, missili e aerei. Intanto la medicina di base è abbandonata al suo destino, gli ospedali sono nelle condizioni di due anni fa, i trasporti sono peggiorati, non si è costruita una scuola e si sono fatti ponti d’oro al virus e alle sue varianti. Intanto la gente, tradita, muore e continuerà a morire.
Una legge che consenta di trascinare davanti ai giudici i criminali che ci governano non c’è. Vive nella memoria, però, quel diritto alla resistenza che diventa dovere di ogni cittadino e si pone come prima e gravissima questione sociale. Discutiamo di questo, proviamo a unire un popolo che il governo dei traditori divide e poi individuiamo i modi e le forme della inevitabile resistenza.

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Condivido il Comunicato di Potere al Popolo sullo sciopero generale indetto dai Confederali e immediatamente attaccato da tutti i partiti, tranne LEU. Lo condivido anzitutto perché è un notevole contributo alla costruzione di una piattaforma contro il governo Draghi che coinvolga i più ampi strati di lavoratori.
Sabotare lo sciopero significherebbe colpire i lavoratori, primi fra tutti quelli che guardano con interesse a Potere al Popolo. Un sindacato non è un partito e non si identifica con i dirigenti che lo rappresentano. Un sindacato è fatto di lavoratori, che non devono pagare le scelte sbagliate di un gruppo dirigente. Al PD puoi dire “con te non parlo”. Ai lavoratori che hai sostenuto nelle loro lotte, non puoi dire che li abbandoni al loro destino perché sono scritti alla CGIL.
A chi più o meno velatamente critica la posizione espressa nel Comunicato, ricordo che si tratta di un documento al quale si è giunti dopo discussioni e riflessioni in cui si sono confrontate posizioni diverse. In sede di elaborazione ogni critica è giusta. Quando però si giunge a un documento che viene reso pubblico, chi fa parte di Potere al Popolo non dovrebbe lo criticarlo pubblicamente. Le battaglie si fanno negli organismi di Pap poi, quando si giunge a un accordo reso pubblico, la posizione che ne viene fuori è ufficialmente quella di tutti gli iscritti.

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Come fotografo valgo ben poco e il ritocco è un disastro. L’articolo però è bello. Condivido e non mi nascondo dietro un dito: spero che procuri lettori al mio libro….

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