A cose fatte, inevitabilmente il nostro campo si divide. Cominciano gli inutili battibecchi sulla violenza; qualcuno accusa chi se n’è stato a casa, ma non si chiede il perché e quelli rispondono che non si fanno portare a traino dalla “teppa”.
Il campo avverso invece si compatta, e l’attacco alla “città ribelle”, che mira a distruggere il suo sindaco perché fa paura è violentissimo; lo porta uno schieramento eterogeneo ma largo, che ha dentro anche strati sociali potenzialmente “nostri”: disperati, sfruttati, giovani ai quali si è negato il futuro.
Inevitabilmente ci chiederemo com’è che il popolo televisivo e quello di facebook inneggia ai “rivoluzionari” se si ribellano in casa d’altri e punta il dito sui “violenti”, quando si ribella la povera gente di casa nostra.
Forse bisogna avere il coraggio di dirsi che ci sono nodi stretti che ci soffocano; nodi che vanno sciolti subito. Non si tratta di fare discussioni sulla violenza, legittime quanto si vuole, ma fuorvianti. I partigiani non regalavano confetti. Si tratta – e non è cosa da poco – della “percezione” che ne ha la gente e di un tema decisivo: la democrazia. Se si ribella la donna negli Emirati Arabi, o esplode la popolazione turca, l’emozione e la solidarietà sono immediate. Tutti “sentono” che è dittatura. Cosa si è fatto da noi o meglio, cosa abbiamo fatto noi, perché diventi chiaro che è in atto un massacro di diritti sociali che nemmeno il fascismo realizzò? Cosa s’è fatto per smentire la narrazione ufficiale della “grande democrazia occidentale”, che ogni giorno purtroppo passa con successo nell’immaginario collettivo?
Quando il rischio-regime s’è avvertito, abbiamo affondato la lama nel burro e nessuno ha avuto dubbi. Al referendum erano tutti con noi. Poi? Poi abbiamo lasciato cadere la questione e tutto è tornato com’era, anzi tutto è peggiorato: un governo illegittimo, pieno zeppo di ministri che la gente aveva licenziato, con l’aggravante di uomini come Minniti che ieri abbiamo visto all’opera. Niente elezioni, lavoratori ridotti a servi, un ceffone agli elettori, leggi feroci, un Parlamento illegittimo. E noi? Non era questa la battaglia? Non bisognava denunciare, attaccare, delegittimare, stare tra la gente a spiegare? Ci meravigliamo se ora, delusi, i “nostri” scivolano a destra? Ci meravigliamo se nessuno vuole più ascoltare, se la rivolta per la gente diventa teppismo, perché “in fondo siamo in democrazia”? Sono tutti scemi? Non ragionano più, dopo che hanno ragionato benissimo? Possiamo anche fingere di crederci, ma sarà un suicidio.
Il problema non è la violenza e nemmeno il sindaco De Magistris che l’avrebbe scatenata. Il sindaco non ha scatenato un bel nulla. Il problema sono i “tempi” della protesta. Parliamo al padre avvilito del disoccupato, al giovane che ha la vita precarizzata, diciamo in maniera comprensibile che noi non accettiamo questa Europa, che il pareggio di bilancio è una condanna a morte della politica; costruiamo percorsi di una lotta condivisa, che la gente senta sua, come suo sentì il referendum. Dove, infine, si può, perché si governa un territorio, dimostriamo con i fatti che siamo alternativi; dopo che l’abbiamo detto, facciamolo, sia pure a mo’ di esempio, per sperimentare e proporre un “modello”: non paghiamo il conto, se ci obbliga a cancellare diritti sociali costituzionali. Facciamolo con prudenza, ma facciamolo. Poi vedremo se si parlerà di teppismo o ci si troverà attorno la gente e altre realtà che governano territori. E vedremo anche se a Minniti riesce l’agguato.
O tutto questo diventa il nostro pane quotidiano, o noi non faremo strada. E teniamolo a mente: i partigiani erano strettamente collegati alla gente, sicché nessuno mai pensò che fossero violenti Eppure sparavano. Mi si dirà che non sono tempi di rivoluzione. Dirò che è tempo di dare risposte dure, quanto duri sono gli attacchi che ci vengono dall’alto. Oggi la violenza è di Stato e l’eversione è delle cassi dirigenti, ma durezza per noi non deve voler dire semplicemente e rozzamente violenza. Soprattutto violenza fine a se stessa. Durezza è disobbedienza, è politica, è città ribelle. Abbiamo cominciato. Andiamo avanti.
Ci siamo dati, un compito quasi impossibile. E’ tempo di por mano al percorso. O sapremo parlare alla gente e costruiremo un modello concreto di “governo alternativo” – e questo in parte a Napoli è accaduto, ma non basta – o, spiace dirlo, le prove generali di regime, di cui ieri abbiamo avuto un esempio eloquente – diventeranno realtà quotidiana. Regime per me non significa botte e galera. Non servono. Regime è una gabbia invisibile, costruita attorno allo spirito critico. La galera più terribile, l’evasione più difficile.
Posts Tagged ‘violenza’
A cose fatte. Gli inutili battibecchi
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Emirati Arabi, Napoli, violenza on 12/03/2017| 2 Comments »
Napoli: un governo violento
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Caltagirone, Napoli, Renzi, violenza on 05/04/2016| Leave a Comment »
Domani Renzi giunge a Napoli, che in questi anni ha massacrato e per l’ennesima volta finge di ignorare che la città ha un governo. Lo fa e la stampa dei padroni parla di violenza. Violenza di Renzi? No. Violenza della città. Una violenza che si teme, una violenza che si immagina. Una violenza che soprattutto si vuole.
Domani Renzi giunge in una città che non lo ama e lui disprezza. Ogni strada, ogni vicolo, ogni casa di povera gente piange le vittime del suo malgoverno. E la stampa che fa? La stampa parla di un rischio-violenza.
Il 50 % dei giovani è senza lavoro e buona parte degli altri è sfruttata, spremuta come un limone, umiliata da contratti capestro e la stampa dei padroni che fa? Continua a parlarci di “possibili violenze”.
Si sentono notizie che mettono i brividi: un operaio licenziato per un nonnulla dagli amici di Renzi, rischia la vita in una protesta disperata per la dignità e Renzi che fa? Va in visita al giornale di Caltagirone, uno che su Bagnoli interessi certamente ne ha. E il giornale di Caltagirone, che fa?Continua a parlare di una ipotetica violenza e non vede quella che ogni giorno subisce la città.
Violenza? Mentre circola voce che si stanno negando accrediti ai giornalisti indipendenti e si dice che la Questura abbia tracciato confini e linee rosse per imbavagliare il dissenso e impedire la protesta? Ma chi è che vuole la violenza? Chi è che la cerca?
Violenza. Quale? Quella su chi si ammala e non sa come curarsi? Quella sugli studenti a cui si nega una scuola degna di questo nome? Quella sui lavoratori che non hanno più diritti? Chi parla di violenza? Renzi, che si porta appresso l’ombra della Guidi? Questo governo che passa più tempo a rispondere ai magistrati che a governare? Violenza? Mentre uno scandalo segue l’altro e la corruzione ci uccide?
Violenza? Quando si commissaria illegalmente una città che si tenta di violentare?
Sarà bene dirlo subito: parlare di violenza mentre si preparano le condizioni per scatenarla, è un gioco antico e semplice, ma pericolosissimo e significa solo questo: volerla, la violenza.
C’è da sperare che domani i manifestanti possano sfilare tranquillamente, senza divieti che sanno di provocazione. C’è da sperare che domani tutto sia tranquillo. Se così non dovesse essere, se qualcuno ha deciso di provocare la rabbia per accendere la miccia, è meglio dirlo stasera: i responsabili di eventuali incidenti hanno un nome, un cognome e un indirizzo: Governo, Prefettura e Questura.
Air France: la violenza?
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Air France, ex OPG occupato, licenziamenti, Manager, violenza on 07/10/2015| 1 Comment »
E’ un ritornello: la violenza! Che orrore! esclama il padrone, mentre colloca in Borsa i milioni accumulati sfruttando lavoratori. La violenza! Ma che significa violenza? Mettere le mani addosso? Solo questo è violenza? E guardare dall’alto in basso, provocare, umiliare, disprezzare, cos’è? Decidere con un tratto di penna che tu domani mangerai e chi ti sta di fronte morirà di fame, cos’è? Non è violenza? Sconvolgere l’esistenza di 2000 famiglie, ridurre sul lastrico persone che con il loro lavoro e i loro sacrifici ti hanno reso la vita comoda e ricca di agi, non è forse una violenza che istiga alla violenza?
Non sopporto gli ipocriti e odio i saputelli che parlano per parlare, tanto non gli costa niente e fanno bella figura. Questa è la borghesia benpensante: ci sono le regole, ripetono questi galantuomini, ci sono le regole e bisogna accettarle. Lo dicono perché le regole se le sono fatte su misura e non gli costano nulla. Se poi gli si volgono conto, le regole, se per caso il giocattolo s’inceppa, la regola gli sale sui piedi pesantemente e gli calpesta i calli, ecco che tutto cambia. Prima ti chiedono di essere elastico, ti guardano con l’aria furba, ti fanno l’occhiolino e ti ricordano che sì, le regole ci sono, è vero, ma si sa, ogni regola ha le sue eccezioni, poi voilà, con un gioco di prestigio, cancellano la regola che li frega e se ne fanno un’altra che fotte te.
La violenza! Ma cos’è la violenza, che significa violenza?
I miei amici dell’Ex OPG Je so’ pazze che hanno sempre le antenne drizzate e non perdono l’occasione per fare controinformazione, hanno messo in circolazione un video che è girato pochissimo. Consigliano a tutti di vederlo e io sostengo la loro proposta: “sono i momenti precedenti alla fuga dei manager di Air France”, scrivono, e per essere chiari traducono “le parole dell’hostess, davvero toccanti”, anche se, annotano, “non c’è bisogno di sapere il francese per capire cosa ha fatto tanto incazzare i lavoratori: guardate i manager come se la ridono, come non gli rispondono, come sono freddi mentre stanno per firmare una tragedia per 2.000 famiglie!”. Poi la dedica sacrosanta “a tutte le ‘anime belle’ che sono rimaste ‘sconvolte’ dalla ‘violenza’ dei lavoratori (ricordiamo: nemmeno uno schiaffo a questi signori, solo le camicie scippate di dosso)”…
Ecco che dice l’hostess ai manager: “Ci avete chiesto di fare i sacrifici, e noi li abbiamo fatto i sacrifici, noi. Sono 4 anni che i nostri salari sono bloccati. e vi domandiamo oggi di essere gentili e di capire… abbiamo il diritto di dialogare, di parlare?… Non siamo venuti a cercare il conflitto, vi domandiamo solo un dialogo coerente, è tutto. Voi dite di essere trasparenti con i clienti, ma voi siete trasparenti con noi? Bisogna prendere i clienti in considerazione: e noi? E’ normale che apprendiamo dalla stampa quanti di noi salteranno? Secondo voi è normale? E’ considerazione questa? dopo che vi abbiamo portato in alto con il nostro lavoro è così che ci ringraziate? Non è grazie a voi che Air France va bene… non siamo venuti per essere violenti o per mancarvi di rispetto, solo per avere risposte. Per avere il sentimento, l’impressione, di essere presi in considerazione. solo questo. Ma voi nemmeno questo ci potete dare”.
Altro che violenza. La verità è che da troppo tempo lasciamo che regole costruite apposta per fregarci distruggano le nostre vite. Ecco il video: https://www.facebook.com/video.php?v=721287091311290
Sparite e con voi sparirà finalmente la violenza che ci opprime
Posted in Interventi e riflessioni, tagged don Milani, giovani, soldo al soldato, violenza on 07/05/2013| 1 Comment »
Voi sapete, lo predicava Don Milani, un prete che avete sempre odiato, che “è una pia illusione l’interclassismo. Non vi riuscirà e vi riuscisse, sareste creature disumane e nessuno vi vorrebbe“. Voi sapete, eppure ci ammonite ogni giorno col tono di chi sa: va bene tutto, la violenza no. Avete mai provato a immaginare quale violenza atroce si sente nel vostro monito?
Come fa a parlare di pace chi ogni giorno ci dice che non ci sono più soldi per le pensioni dei nostri vecchi e intanto coi nostri soldi paga il soldo ai soldati che manda in giro per il mondo a sparare? Quanto ci costano le vostre pacifiche sparatorie? Quanti sono i malati che potremmo curare, quanti morti in meno noi piangeremmo, se la vostra pace non fosse così maledettamente ingiusta e violenta?
Voi sapete. “I governi borghesi hanno speso i soldi presi ai poveri con le tasse per costruire armi per mandare i poveri a far guerra ad altri poveri“, ma ci ripetete di continuo, che certo, si capisce, va bene protestare, purché non si giunga alla violenza e fate finta di non sapere quale atroce violenza ci avete fatto in questi giorni, tradendo il risultato delle urne, votando la fiducia a un governo che avevate solennemente giurato di non fare.
Nessuna violenza, ci dite, e sarebbe persino giusto, se il padre di figli disperato non finisse col togliersi la vita, mentre voi coi soldi di tutti noi aiutate i banchieri che lo hanno spinto al suicidio e continuate a raccontarci che soldi proprio non ce ne sono…
Nessuna violenza, ci dite. Ma non vedete quanta violenza c’è nella vostra legalità che ci condanna all’ingiustizia sociale? Non sentite quanta ipocrisia c’è in questa vostra nonviolenza che violenta le coscienze, riempie le galere di dissidenti e di povera gente e premia i criminali di Genova? Non sentite quanta violenza c’è in questo vostro riempirvi la bocche del futuro di quei giovani ai quali avete rubato il futuro, quei giovani che costringete ad accettare che un novantenne torni a guidare il Paese che – voi stessi lo dite – è stato parte integrante di quella classe dirigente che ha occupato il potere politico per oltre sessant’anni e li ha condotti alla tragedia che viviamo?
Sparite, se avete a cuore la pace: con le vostre storie, coi vostri miserabili interessi e le vostre stesse persone, voi incarnate la violenza che pretendete di condannare. Sparite e con voi sparirà finalmente la violenza che ci opprime.