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Archive for Maggio 2020

200519_ddlabs_12_coronaunddemokratie_itVolete sapere perché vale la pena di spendere un’ora e leggere l’istant book appena scritto da Serena Romano e scaricabile gratis? Perché è una giornalista d’inchiesta che sa fare davvero bene il suo mestiere. Il suo Se errare è umano, perseverare è contagioso. Anzi sospetto, scritto in collaborazione con Francesco Iannone, segretario delle Assise di Palazzo Marigliano, è un racconto preoccupante e rivelatore di ciò che sono stati davvero questi terribili mesi di pandemia. Una ricostruzione che pone inquietanti interrogativi per il futuro.    
Non so voi. Io non sapevo nulla di un documento firmato da Burioni e altri undici scienziati, che suggerisce al Governo come affrontare la Fase 2. Un documento passato quasi sotto silenzio in Italia, che all’estero ha suscitato però il forte allarme di chi ama la libertà, a cominciare da quella di stampa. “Una proposta indecente”, lo ha definito Wolfgang Achter, dopo avervi trovato l’auspicio “che la copertura delle notizie riguardanti la pandemia venga coordinata e decisa dalle principali testate italiane, insieme all’Ordine dei Giornalisti e ad una super struttura governativa di controllo delle epidemie che, in futuro, dovrebbe gestire il monitoraggio e la risposta ad altre eventuali pandemie”.
Il documento chiede di concedere mandato legale a questa sorta di maxi-centrale, per proporre in modo rapido e se possibile vincolante gli eventuali provvedimenti in caso di ritorno del virus. Che è come dire nuove forme di isolamento sociale, nuove sospensioni di attività, eventi sportivi, scuole; dulcis in fundo la gestione di eventuali infetti e loro contatti e una strategia comunicativa, condivisa comunicativa con l’Ordine dei Giornalisti, i maggiori quotidiani a tiratura nazionale, le principali testate radio-televisive pubbliche e private per evitare i danni potenziali sia dell’allarmismo esagerato che della sottovalutazione facilona o addirittura negazionista. Non bastasse, suggerisce ai giornalisti di lavorare non più indipendentemente, ma con le autorità, di chiederne l’autorizzazione prima di pubblicare i loro pezzi e di non pubblicare notizie sgradite per non allarmare i cittadini!
E non si tratta solo di libertà di stampa. Ci sono conflitti di interesse, affari miliardari, un rapporto malato tra scienza e politica, con Andrea Marcucci, il capogruppo del PD al Senato al centro del business del plasma. Ecco l’istant book. Leggetelo. Non sarà tempo perso:
Se errare è umano 

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I numeri sono incerti. Secondo i dati ufficiali, la pandemia avrebbe ucciso finora 33.000 persone e in quanto ai disoccupati, senza il blocco dei licenziamenti, sarebbero già più di 4 milioni. Quanti precari e lavoratori al nero siano finiti o finiranno sul lastrico è impossibile dire, ma anche in questo caso il conto va fatto in milioni.
Nella penosa incertezza che regna sovrana, l’esperienza maturata in questi terribili mesi un punto fermo sembra offrirlo: il virus non si limita a uccidere le persone, ma uccide il lavoro e ciò che esso significa in termini di qualità della vita. Se le cose stessero così, si potrebbe pensare – e questa pare purtroppo la linea prevalente – che, superata la pandemia e avviate efficaci politiche economiche, pur tra lacrime e sangue, lentamente comincerebbe il recupero. Si tratta purtroppo di una visione delle cose che un punto debole ce l’ha ed è decisivo: parte dall’aggressione del virus e non considera che, in realtà, prima di aggredire l’uomo, il virus è stato probabilmente aggredito.
Prendiamo per esempio le foreste, che costituisco l’habitat specifico per l’80% della biodiversità terrestre: milioni di specie, molte delle quali non conosciamo, virus compresi. Poiché tra ambiente e specie esiste un equilibrio prezioso, che funge da autentico antivirus, la deforestazione non solo priva l’uomo di una naturale protezione per la sua salute, sempre più indebolita dall’inquinamento, ma costringe le specie coinvolte a cercare un nuovo habitat, favorendo così fatalmente la diffusione dei virus e le pandemie. Quando apriamo strade nella foresta, entriamo incontriamo animali selvatici di cui spesso raccogliamo la carne, costruiamo villaggi in territori selvaggi, entriamo in stretto contatto con nuovi virus, che mutano e si adattano rapidamente alle nuove condizioni e ai nuovi ospiti. E’ andata così con l’Ebola e con l’’AIDS, che ha fatto finora molti milioni di morti.
Questi dati sono certi. Privi di risposte sono ancora numerose domande finora trascurate dalla Scienza. Quello che è accaduto nella Pianura Padana e soprattutto in Lombardia – i territori più inquinati d’Europa – ha avuto una forza e un’evidenza tali, che la comunità scientifica ha dovuto interrogarsi. Al momento, uno studio pubblicato da “Science Direct” e una ricerca dell’università di Harvard, hanno riconosciuto all’elevato livello di inquinamento del Nord Italia, in particolare alle polveri sottili, un ruolo nell’alto tasso di mortalità di questa zona. Entrambi gli studi sono sottoposti a verifiche, ma una smentita appare a dir poco improbabile.
Alla luce di tutto questo, discutere i sette punti chiave del piano per la ripresa dopo l’emergenza coronavirus, presentato da Conte in una lettera al “Fatto Quotidiano” e al “Corriere della Sera”, esclusivamente in termini di europeismo, populismo, e altre questioni del genere sarebbe perdere tempo. Certo, i termini reali della proposta che l’Unione Europea avanzerà con Recovery Plan, hanno un interesse decisivo per il nostro Paese. Tuttavia, quali che essi siano, si trattasse anche di soldi da non restituire – ma non sarà così – pensare di utilizzarli senza porre al primo posto il risanamento dell’ambiente e la transizione verso un’economia sostenibile, seguiti a ruota dal massimo sostegno alla scuola e alla ricerca, vorrebbe dire non aver capito qual è il problema all’ordine del giorno. Qui non si tratta di uscire dalla tragedia per tornare al vecchio modo di produzione e all’ormai inaccettabile incuria per l’ambiente malato. Il problema vero  chiede soluzioni opposte: costruire un modello alternativo a quello che ci ha condotti alla tragedia che viviamo e che, ripristinato, ci ricondurrebbe in breve alla situazione da cui vogliamo uscire.

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Potosi_miniera_copertina-802x499I cinquantaquattro chilometri che separano Lecce da Racale Vittorio Corvaglia li aveva fatti molto raramente nella sua vita. Della città pugliese non conosceva molto, ma ricordava bene la prima volta che c’era stato, una sera di febbraio del 1959, quand’era partito soldato con una valigia sgangherata, le scarpe grossolane della campagna, due giacche di rigatino blu tinto e stinto indossate l’una sull’altra e un cono di lana floscio calcato sui capelli neri, folti e ricciuti per proteggersi dal freddo. La “cartolina rosa” lo spediva al Car dell’84° Reggimento di fanteria “Venezia”, di stanza a Pistoia nella “Caserma Marini”, e il pianto inatteso e quasi isterico della sorella Ida aveva reso fatalmente cupo lo spiazzo davanti alla stazione, col vento che fischiava tra il tufo dei palazzi, la pioggia battente e i coni di luce dei fanali che disegnavano mulinelli sullo stradone che conduceva al centro.
lecceE proprio alla stazione, tornando a casa col congedo in tasca, aveva trovato il manifesto della Federazione Carbonifera belga che gli aveva cambiato la vita. Non poteva sfuggirgli, era un pugno negli occhi: fondo lilla, caratteri neri e marcati e lo slogan pensato apposta per invitare alla lettura: “L’operaio italiano è uno dei migliori”. Come s’aspettavano i belgi impegnati nella “battaglia del carbone”, Vittorio aveva letto fino in fondo dapprima incuriosito, poi attento e interessato: “Operai Italiani, approfittate dei vantaggi particolari che il Belgio assicura ai suoi minatori.. Il viaggio dall’Italia è del tutto gratuito per i lavoratori italiani firmatari di un contratto annuale di lavoro per le miniere. Il viaggio dall’Italia al Belgio si fa in ferrovia e dura solo 18 ore. Poche semplici formalità d’uso, e anche la vostra famiglia potrà poi raggiungervi in Belgio”.
A Racale Vittorio aveva amici e una ragazza ma, partendo soldato, l’aveva capito: fidanzata e amici sono cose serie e un uomo senza lavoro è solo un sbandato. Il manifesto era preciso e dettagliato. C’era tutto ciò che poteva servire: le condizioni di vita che sembrarono buone, il salario, che in Puglia un “caporale” non ti avrebbe mai pagato, la promessa di un alloggio dignitoso, e di un lavoro duro, ma fisso e tutelato.
Ida stavolta l’aveva salutato senza piangere. Il distacco da Vittorio soldato era stato lezione di vita. E senza piangere l’avevano lasciato alla stazione persino i genitori: meglio belga che schiavo di caporali

Se non vi siete annoiati e volete proseguire, ecco il link che vi porta a “Canto Libre”:
https://www.cantolibre.it/ahmed-il-marocchino/

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polveri sottiliE’ terribile, atroce, però non ce ne siamo accorti. Stampa e Televisioni sguazzano nel letamaio della politica nazionale ed estera, tengono il campo le stupidaggini di Trump e l’avanspettacolo dei guitti nostrani, guidati da Renzi e Salvini e la notizia è nata e morta in un giorno: l’inverno del Covid è stato il più caldo mai registrato in Europa. Quasi tre gradi e mezzo «in più rispetto alla media del periodo di riferimento, il trentennio 1981-2010». Un valore che atterrisce e risulta peggiore anche se paragonato con l’anomalia  a livello globale, di 0,8  gradi.
Invano gli studiosi lanciano l’allarme: il rapporto tra pandemia e degrado ambientale è strettissimo e non a caso il «Crea», il «Center for research on energy and clean air», ha dimostrato che è bastato fermare per un solo mese il nostro infernale meccanismo produttivo, per ridurre del 40% il biossido di azoto presente nell’aria ed evitare 1.500 decessi in Italia e 11mila in tutta Europa.
Si è detto solo di sfuggita, ma le Università di Bologna e Bari e la SIMA, la «Società Italiana di Medicina Ambientale», studiando il rapporto tra diffusione del coronavirus  e polveri sottili, sono giunte alla conclusione, confermata dai fatti, che più queste sono presenti nell’aria, più aumenta il contagio.
Non si tratta di dichiarazioni avventate, perché, sottolineano i ricercatori, esiste «una solida letteratura scientifica che correla l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico (PM10 e PM2,5). È noto del resto che le polveri sottili funzionano da “carrier”, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus». In Lombardia, per esempio, dove non a caso il contagio ha raggiunto picchi micidiali, l’inquinamento atmosferico crea condizioni ideali di umidità per cui i virus, dopo un processo di coagulazione, si «attaccano», a particelle solide o liquide, il «particolato», che rimangono sospese nell’aria per ore, giorni e persino settimane, e viaggiano in condizioni vitali anche per lunghe distanze. Ecco  spiegato l’elevato tasso di diffusione.
Sono condizioni già note, che hanno avuto un loro peso durate l’influenza aviaria nel 2010, nella diffusione del morbillo in numerose città cinesi nel 2013-14 e si sono ripetute durante la pandemia in corso come dimostra ampiamente il caso della Lombardia e più in generale della Pianura Padana, dove si è registrata la concentrazione dei maggiori focolai. Inutile girarci attorno. Gli studiosi ci dicono che la Pianura Padana soffoca, che il virus è più forte là dove più forti sono le ferite dell’uomo sull’ambiente, ma la politica, serva dei velenosi interessi di un branco di miliardari criminali, è ferma a guardare.
In Italia, ma il fenomeno è di portata mondiale, opposizioni e maggioranze, europeisti e sedicenti populisti si attaccano reciprocamente su questioni politiche marginali che – comunque affrontate – non serviranno a far fronte alla terribile minaccia che incombe sull’umanità. Nessuno dice che siamo a un bivio e non abbiamo scelte, e questo nei fatti è il nodo che stringe al collo il futuro del genere umano: o modifichiamo rapidamente il nostro modo di produzione, torniamo a programmare e investiamo la maggior parte delle nostre risorse per la salute e l’ambiente o non usciremo da questa pericolosa situazione.
Finora, divise su questioni, che non riguardano il futuro dei popoli, le rozze classi dirigenti che governano il mondo, viaggiano allegramente unite verso una condizione di non ritorno che potrebbe segnare la fine del genere umano.
Così stando le cose, più i giorni passano, più diventa evidente: stupirsi non serve, occorre ribellarsi.

Agoravox, 22 maggio 2020

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3007506Nel quotidiano trionfo dell’ipocrisia, nessuno si meraviglia più se la morte riabilita emeriti cialtroni. Ogni giorno sui manifesti di lutto pessimi padri e disastrosi mariti diventano esempi da seguire. Poiché poi al peggio non c’è davvero mai fine, da un po’ si moltiplicano i casi di uomini d’affari a dir poco discutibili, che la morte conduce difilato alla santità. Siamo al punto che persino un uomo simbolo dello sfruttamento capitalista, uno che non ci ha pensato due volte a spostare la sede legale e fiscale della maggiore azienda italiana nei Paesi Bassi, resa l’anima a Dio, s’è immediatamente aggiunto alla lunga storia dei santi e ora è venerato come Sua Santità Marchionne.
D’altra parte, i confini dell’inferno non sono più un ostacolo nella santificazione dei cialtroni. Diamo tempo al tempo e alla gloria degli altari giungeranno di certo gli uomini simbolo di Amazon, ADP, Alibaba, Alphabet, Booking, Expedia, Facebook, Microsoft, Oracle, Otto, Qurate Retail, Salesforce, SAP, Uber Technologies, Vipshop e Apple. I loro titoli di merito sono miracoli già oggi; accampati dalle nostre parti, infatti, dopo aver fatturato due miliardi e mezzo di euro e ridotto in schiavitù 10 mila lavoratori italiani, hanno lasciato nelle casse del nostro Stato 64 milioni di euro. Una miseria peggiore d’una bestemmia, che in futuro però li aiuterà certamente a formare una serie di nuovi santi.
Poiché si dice ed è vero che qua “nisciuno è fesso”, sull’esempio di Marchionne e della FCA – Fiat Chrysler Automobiles – anche Cementir, Illy, Ferrero, Luxottica, Saipem, Telecom Italia e le grandi partecipate statali come Eni ed Enel – hanno spostato sede legale (e fiscale) in Olanda e in Irlanda, “paradisi fiscali” collocati nel cuore della rigorosissima Unione Europea, che come tutti sanno, “un po’ vede e un po’ ceca”. Una vita da beati, con possibilità di carriera in Paradiso, attende certamente tutta la brava gente che guida queste aziende avendo a cuore l’amor patrio e la sorte dei lavoratori.
Storicamente all’avanguardia nelle cialtronerie del mercato, l’ex Fiat, profittando della tragedia che attraversiamo, si è fatta bene i conti e ci ha provato. L’Italia che ci deve tanto – si è detto l’erede di Agnelli – può mollare quattrini a destra e a manca senza riempire le tasche pure a me?
Detto fatto, juventino già beato e santo di certo alla chiusura dei conti, Jhon Elkann ha chiesto il massimo consentito dal “Dl Liquidità”: il 25% del fatturato registrato dalla società lo scorso anno. Quanto? Sei miliardi e trecento milioni di euro! Allo Stato – quindi a noi – tocca garantire per l’80% del prestito. Vi chiedete che accadrebbe se – Dio non voglia – il beato Agnelli, futuro santo non potesse o non volesse far fede all’impegno? Nella storia dei santi c’è scritto che ci dovrebbero pensare le casse dello Stato. In altri termini, pagheremmo noi.
Il futuro, che abbiamo sperato migliore dopo la pandemia, comincia così e somiglia maledettamente all’imbroglio di sempre; diciamocelo chiaro, perché la verità il libro dei santi non ce la dirà mai: il futuro cambia solo quando i dannati all’inferno danno d’assalto al paradiso e riescono a trascinare nella Giudecca la mala genìa dei santi e dei beati.

Agoravox, 18 maggio 2020

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padroni potere

Confesso di avere sbagliato. La pandemia non è stata, come avevo creduto, il campanello di allarme che avrebbe risvegliato le coscienze intorpidite. Né la lunga reclusione, né il massacro della mia generazione, né lo spettro di un futuro agghiacciante sono bastati a produrre quella incontenibile insofferenza destinata a diventare sdegno, protesta, e ribellione.
Tutto ciò che aspettava la gente reclusa o mandata a morire inerme nei posti di lavoro era un fischio del padrone che restituisse la libera uscita. I giovani senza scuola, i precari ridotti alla fame, le famiglie segnate dal lutto, sciamano per le vie felici d’una libertà condizionata da guanti e mascherine e miseria. Nessun moto di orgoglio, nessun rifiuto spontaneo, nessun serio segnale di rivolta.
Le barche velenose tornano a mare, senza dar conto della ricchezza che hanno dietro, pronte ad ammazzare i rinati delfini che presto spariranno. Al loro posto vedremo un oceano di mascherine e guanti e lì ci tufferemo felici. Tutto tornerà com’era e sarà anche peggio. Come se il mondo non stesse andando a rotoli, noi ci perdiamo dietro chi chiede il linciaggio di una giovane donna rapita e liberata.
Confesso di avere sbagliato, perché se in questi giorni avessimo veramente pensato al futuro, le scimmie antropomorfe che esibiscono la loro miseria morale persino in Parlamento avrebbero pagato a caro prezzo le loro terribili colpe. Invece non accade nulla ed è ormai evidente: l’immunità di gregge l’abbiamo raggiunta da tempo. Non ci colpisce più nulla e tutto è consentito. Solo così si spiegano il voto dei meridionali per la Lega, la sicurezza ben pasciuta e sazia esibita da Salvini in mezzo agli affamati, la viperina e impunita malignità della Meloni, che a pancia piena mette l’uno contro l’altro chi non ha di che mangiare.
Bisogna cancellare l’idea che l’uomo d’oggi sia il prodotto di un processo evolutivo. Come si fa a crederlo, se ogni giorno si vedono all’opera Trump, Merkell e compagnia cantante?
Confesso di avere sbagliato e riconosco le ragioni di chi detiene il potere: non si può avere pietà dello schiavo che non si ribella.

Agoravox, 14 maggio 2020

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– Tutto in fondo ci è ignoto.

Questa fu la prima risposta del primo cattivo maestro alla prima domanda del suo primo allievo.
– Tutto in fondo ci è ignoto – proseguì – ma tutto ha una spiegazione ed è sempre possibile trovarla.
Non aveva paura, il maestro.

Si vedeva dal viso,  disteso nonostante le rughe, dagli occhi lucenti che nel buio non tremavano, dalla noncuranza con cui s’avvolgeva nel rosso mantello mentre l’aria si faceva pungente. Di fulmini e tuoni ne aveva visti tanti nella sua lunga vita e sapeva bene che quella furia del cielo solo di rado fa del male a un uomo. Tanto bastava perché il vecchio se ne stesse sereno nel buio della notte. La successione repentina, inattesa e accecante dei segmenti di luce nell’universo nero come pece, il fragore terrificante del tuono, la totale ignoranza di quello che realmente accadeva rendevano folle di paura il pastore. Il giovane che un attimo prima appariva forte e sicuro di sé, col fiato corto, i capelli neri scompigliati dal vento sul viso pallido e ansioso, solo dal vecchio sperava ormai salvezza.

– E quale spiegazione posso dare a me stesso, stanotte, perché le mie gambe forti, veloci e ferme non tornino a tremare?

La notte, intanto, tornava serena. Il vento portava lontano il temporale e presto, spazzate via le nuvole, la luce della luna piena avrebbe restituito cuore e voce agli uccelli della notte. La tempesta se ne stava andando via così com’era venuta.

-Guardati dentro e cerca. Troverai da solo la ragione per cui gli dei sono in collera conte. Apri il tuo cuore alla verità e vedrai svanire la loro giusta ira. Fingendo di non rispondere, il vecchio, in verità, una risposta l’aveva data: il male era da cercare nel cuore del giovane terrorizzato. La reazione del pastore gli avrebbe consentito di misurare quale fosse la forza della sua parola, ma il vecchio ne era perfettamente consapevole: l’ignoranza del suo allievo era la sua unica e vera conoscenza e, quando il giovane, impaurito, cadde in ginocchio e alzò le mani al cielo, sorrise compiaciuto.

– Oggi ho disobbedito al mio padrone – gridò il pastore, strappandosi i capelli e confessando quella che ormai era per lui la causa scatenante dei fulmini – l’ho ingannato, ho tenuto per me un po’ del suo formaggio e non gli ho detto nulla. Non lo farò mai più, dovessi morir di fame.

Nessuno può dire con certezza dove sia il confine che corre tra inganno e potere e mente chi ci racconta che Ercole ha liberato Prometeo. La verità è che in ogni ignorante superstizioso vive nascosto un Ulisse. Talvolta parte, non ha un poeta che ne canti l’epico viaggio, ma parte il nostro Ulisse e varca le sue colonne d’Ercole.

Se non vi siete annoiati e volete proseguire, ecco il link che vi porta a “Canto Libre”:

Il vecchio e il ladro

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96465884_656536291576022_3905418044335194112_oIl coronavirus, quello vero, quello per cui nessuno ci chiude in casa, nessuno chiama l’esercito, mette in moto i droni e dichiara la pandemia, non è nato nei segreti laboratori cinesi. Il coronavirus è figlio nostro e ce lo meritiamo. E’ la creatura mostruosa che, nonostante l’ecatombe, Confindustria ha difeso e difende a spada tratta, perché di fronte al profitto non c’è vita o salute che tenga. Chiedete una prova? Bene. Sono bastate poche ore di “fase 2” ed ecco il massacro ricominciato: dove il mare era tornato verde e cristallino, tra Mondragone e Pescopagano, ecco il condensato di veleni che ci svela qual è il vero, mortale laboratorio dei virus che ci stanno uccidendo. Ed è inutile girarci attorno, invocare interventi di Autorità inesistenti. E’ ora di chiudere la questione. Se vogliamo liberarci davvero degli assassini che ci stanno massacrando, dobbiamo rendere inoffensivi i padroni come Carlo Bonomi, la sua Confindustria e i suoi laboratori pestilenziali.

Agoravox, 8 maggio 2020

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Non conosco Mauro Rango, non ho le competenze per valutare il valore scientifico di ciò che afferma a proposito della plasmaferesi come cura efficace contro i danni che l’uomo subisce dal coronavirus, ma conosco abbastanza l’ambiente accademico, la sua sostanziale ignoranza e corruzione, per non valutare con rispetto ciò che mi scrive e mi chiede di divulgare.
Inizialmente ho pensato di cestinarlo. Sono stanco di maghi e magie, perciò, prima di decidermi a relegare il suo messaggio nel mondo delle “bufale, ho cercato di verificare le sue affermazioni e ho scoperto che a Mauritius, dove egli attualmente vive e lavora, la pandemia ha colpito solo 332 persone e ha fatto solo 10 vittime. E’ vero, ci vivono solo 1.299.172 persone, ma c’è un dato che non mi pare banale: dal 29 aprile a Mauritius non ci sono più né contagi né vittime. Mentre incerto provavo a capire come regolarmi, mi sono imbattuto nella serie di attacchi, talora infantili, che il Rango sta subendo, guarda caso, da chi sostiene Burioni e soci. Uno più di tutti mi ha colpito: quello di Bufale.net, che si propone dichiaratamente di smascherare i bugiardi e le loro false notizie. Apertamente schierato dalla parte di Burioni, invece di scoprire “bufale”, il giornale mette in circolazione la voce che il Mauro Rango non esiste.
Poiché la prima cosa che ho fatto, quando ho provato a verificare l’attendibilità di ciò che il Rango scrive, è stata quella di capire se esiste, ho trovato a dir poco sconcertante la bufala dell’antibufala: “in rete non c’è alcun riferimento su questa figura”. Purtroppo per il cacciatore di fak, Mauro Rango esiste e non ha difficoltà a dire di non essere un medico.
In quanto a me, non mi nascondo dietro un dito: in un primo momento l’ho scambiato per il dott. Mario Rango e ne ho riportato un sintetico curricolo. Ho poi scoperto che non si tratta di un medico, ma di un laureato in Diritti Umani alla Facoltà di Scienze Politiche di Padova; un uomo che fa parte di una rete di personalità, tra cui medici, che si occupano di corsi di formazione e trasferimenti di pazienti leucemici infantili. Un professionista che non ha nulla da spartire con le teorie contrarie al vaccino, di cui anzi si  dichiara un aperto sostenitore. Non ci voleva molto a scoprirlo e l’accanimento con cui è stato subito assalito e smentito, è a dir poco sospetto. D’altra parte, la sua pozione è molto chiara: in attesa del vaccino contro COVID19 ritiene utile la terapia con plasma iperimmune, e si è infastidito per alcuni giudizi di Burioni.  
D’altra parte, come testimone di me stesso, non posso fare a meno di constatare che è vero: quando gli scienziati televisivi parlano di sperimentazione col plasma alla ricerca di risultati che attestino l’efficacia della Plasmaferesi come contrasto al coronavirus, sono inspiegabilmente imprecisi. La sperimentazione esiste e basta cercare per scoprire che la plasmaferesi non la stiamo scoprendo oggi. Nata nel 1913 coi lontani studi di John Abel e Leonard Rowntree, è stata sviluppata da Grifols nei primi anni Cinquanta, quando divenne chiaro che si trattava di una tecnica innocua, fu utilizzata, per la prima volta a scopo terapeutico da Michael Rubinstein nel 1959 e dal 1969 non solo è utilizzata nella cura di numerosi malanni, ma ha dimostrato di essere utile quando si tratta di rimuovere dal circolo ematico tossine introdotte nel corpo. Falso è poi, quanto si è detto fino a pochi giorni fa a proposito delle quantità. Non è vero che occorrono due soggetti guariti per curarne uno. E’ vero il contrario: un guarito basta per due malati. Senza contare i casi di infetti sintomatici in continua diminuzione.
Un dubbio a questo punto mi è sorto: vuoi vedere che Mario Rango esiste, ma non deve esistere? E non può essere vero – non sarebbe la prima volta – che se abbiamo un farmaco che costa poco, facciamo un grandissimo favore all’umanità, ma un danno agli sciacalli che fanno soldi sulla nostra salute?
Poiché mi fanno ancora un male da morire il massacro di anziani che si poteva evitare, come la fine feroce di medici e infermieri mandati a morire perché sulla Sanità si sono costruite carriere e fortune, da profano diffidente di sedicenti scienziati e pennivendoli al soldo del potere, adotto un antico e sacrosanto principio ci civiltà: in dubio, pro reo – mi dico – e riporto ciò che Mauro Rango dice in un suo messaggio pubblico e quello che mi scrive pregandomi di pubblicare.

«Vi scrivo i miei riferimenti perché mi assumo la piena responsabilità di quello che sto dicendo e vi chiedo, dopo aver letto il mio messaggio, di valutare se aiutare me e alcuni amici medici nella nostra battaglia, diffondendolo (1). Non mi trovo in Italia ma vengo a sapere da un amico che ieri sera nella trasmissione di Fazio il Prof. Burioni (che da quel che mi dicono gli viene dato molto ascolto in questa vicenda epidemica) asserisce alcune cose *che devo necessariamente correggere.*

  1. Burioni: Parla di SPERIMENTAZIONE COL PLASMA x evidenze scientifiche che attestino l’efficacia su contrasto a coronavirus
  2. Rango: Il CONCETTO DI SPERIMENTAZIONE E’ FUORVIANTE. *La tecnica della Plasmaferesi è in uso da molte decine di anni.* I due responsabili della plasmaferesi a Mantova e a Pavia l’hanno appresa quasi 30 anni fa a Padova, in quella che allora si chiamava Clinica Pneumologica. (Privatamente, a chi sarà interessato, via email posso fornire tutta la storia e i dettagli.)

*Qui in Africa,* dove vivo attualmente, hanno iniziato a fare LA PLASMAFERESI DOPO I PRIMI DECESSI. Da quando hanno iniziato a trattare i pazienti con la plasmaferesi, in un mese si è registrato UN SOLO DECESSO – parlo della Repubblica di Mauritius (controllate i dati nel sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità).

Burioni afferma che tra i fattori di criticità c’è il fatto che non tutti i guariti producono plasma efficace.
Rango. È vero. Circa la metà dei guariti ha nel proprio plasma la quantità di anticorpi necessaria a curare un altro soggetto ammalato.
*È per questo che esiste un protocollo di selezione del plasma che va seguito.* *Lo sappiamo fare qui in Africa.* *Lo abbiamo appreso da voi in Italia. Se lo avete scordato inviateci un medico che gli ricordiamo come si fa.

Mi riferisce l’amico italiano che nella trasmissione di Fazio si è detto che la plasmaferesi è efficace SOLTANTO nei soggetti che non siano in stadio avanzato.
Rango : NON È VERO. Nei soggetti in stadio avanzato la plasmaferesi è NECESSARIA ma va ACCOMPAGNATA con antinfiammatori e anticoagulanti (qui mi esprimo per gli addetti ai lavori: necessari per bloccare l’attivazione dei mediatori flogogeni e l’alterazione della scala coagulatoria, bloccando il quadro di CID locale responsabile del decesso).

Mi riferisce sempre il mio amico che si è poi parlato della produzione di plasma sintetico perchè il sangue dei guariti non sarebbe sufficiente.
NON È VERO. Fate il calcolo voi stessi. Controllate il numero di persone guarite (che stanno continuando ad aumentare, con il numero di persone infette SINTOMATICHE che continua a diminuire e verificherete che non c’è bisogno di plasma sintetico. È sufficiente mobilitare tutte le associazioni di donazione del sangue.
Plasma sintetico significa: FARMACO. Che è uguale a PROFITTO. Ma  soprattutto, ed è questo che ci interessa, significa ATTENDERE ANCORA LA MORTE DI QUALCHE MIGLIAIO DI PERSONE.
Sono mesi che il sottoscritto e parecchi medici in Italia cercano inutilmente di fare arrivare ai vertici dell’informazione queste informazioni. La terribile realtà, difficilissima da accettare, è che migliaia di vite si sarebbero potute salvare *con farmaci e strumenti già in possesso e in uso in Italia.*
Farmaci e strumenti che hanno il GRAVE DIFETTO di COSTARE POCHISSIMO.
FINALMENTE, dopo migliaia e migliaia di morti si inizia a parlare di uno di questi strumenti: Plasmaferesi.
*Ma da solo non basta. Non è sufficiente per salvare tutti (o quasi).*
ATTENZIONE: Nei casi gravi a questo va accompagnato un potente antinfiammatorio, un anticoagulante e l’azitromicina.
Il comportamento del virus nel corpo umano presenta due aspetti:
a) Il primo è SIMILE alla polmonite interstiziale da Micoplasma
b) Il secondo (ancora da definire completamente) SIMILE ad una vasculite. (Dico ‘ancora da definire’ perché alcuni medici, in Italia, dopo alcune autopsie eseguite affermano che è  l’affezione ai vasi sanguigni a determinare i trombi e dunque l’esito fatale. Mentre altri specialisti in pneumologia affermano che sia l’infiammazione polmonare a determinare, nella fase finale, la formazione di trombi e il decesso.)

*MA POCO IMPORTA AI FINI DEL SALVATAGGIO DELLA VITA DELLE PERSONE!*

L’atteggiamento da tenere, in attesa di chiarire l’aspetto di cui sopra, è quello di *usare i farmaci GIÀ ESISTENTI* come se si dovesse affrontare, nel contempo, una polmonite interstiziale da micoplasma e una vasculite con esiti trombotici.
I FARMACI E STRUMENTI ESISTONO GIÀ. E sono quelli che ho già indicato:
Plasmaferesi
Antinfiammatori
Anticoagulante
Azitromicina x 6 giorni.

*A Mauritius li stiamo utilizzando dall’inizio dell’epidemia.*
Dall’inizio epidemia abbiamo avuto 10 decessi. I primi 9 perché non era ancora consolidata la plasmaferesi. Il decimo, ritengo, (ma non ho ancora la certezza a riguardo e mi sto informando) che sia stato dovuto al fatto che non gli sia stato somministrato l’anticoagulante.
L’Italia possiede tutti gli strumenti e farmaci, fin dall’inizio dell’epidemia, che avrebbero potuto evitare più del 90% dei decessi (di certo non si sarebbe potuto evitare il decesso di un malato terminale di cancro aggredito dal virus a cui restava soltanto, a causa del cancro, qualche giorno o qualche settimana di vita).
*Purtroppo gli scienziati che hanno occupato e che ancora continuano ad occupare l’informazione in Europa e negli Stati Uniti hanno impedito che le informazioni scritte qui sopra arrivassero all’opinione pubblica.* MA HANNO IMPEDITO CHE ARRIVASSERO ANCHE AI MEDICI IN PRIMA LINEA CHE STANNO DURAMENTE LOTTANDO E MORENDO A CAUSA DI QUESTE CARENZE INFORMATIVE.
* Anche le molte nostre lettere scritte ai giornali italiani sono state censurate.
Io non credo ci sia un complotto come spesso si legge in rete (qualche scienziato che occupa l’informazione probabilmente tace perchè le case farmaceutiche spingono per il business degli antivirali ma non è un complotto, non c’è un disegno) credo piuttosto all’ignoranza, alla supponenza e dell’incapacità nel nostro sistema politico, medico e informativo a far fronte ad una epidemia che, ripeto, se affidata a qualche vecchio pneumologo, della vecchia scuola italiana oppure ad un medico generalista mauriziano (che a quella scuola ha attinto il suo sapere) *sarebbe già stata completamente debellata.*
PER FAVORE, VE LO CHIEDO A NOME DI CHI STA SOFFRENDO IN QUESTO MOMENTO,
se condividete, fate girare questo messaggio. Il più rapidamente possibile. Con tutti i mezzi che avete. A quante più persone possibile. Ora che si comincia a parlare di Plasmaferesi in Italia è il momento per dare la spallata finale, per spingere l’opinione pubblica e il sistema informativo e, alla fine, quello medico a *misurarsi sull’evidenza dei fatti* e non sulle parole di illustri scienziati più interessati a dibattiti accademici e più preoccupati del loro prestigio, che di interrogarsi su come salvare qualche vita umana».

(1) Ho tolto il numero di telefono e la mail che sono però in mio possesso, per evitare che Mauro Rango sia subissato da mail e telefonate.

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imagesSul valore di campanello d’allarme della pandemia, sul fatto che essa sia soprattutto l’esito prevedibile di un’idea deformata del  “costruire futuro”, in questi terribili mesi, televisioni e giornali hanno detto pochissimo e in fondo non se n’è discusso. E’ assurdo, ma vero: come se fosse legge di natura, si continua a intendere la costruzione del futuro come sinonimo di una “crescita”, fondata su una feroce e continua distruzione.  Benché il nodo da sciogliere sia tutto lì, pur di evitare una discussione seria sul rapporto tra l’ambiente che sconvolgiamo e la capacità di nuovi virus di aggredire gli esseri umani, c’è chi, come Stefano Boeri, sceglie di rifugiarsi in un mitico ritorno al Medio Evo: “Via dalle città. Nei borghi c’è il nostro futuro”, ha scritto infatti l’illustre architetto, come se i borghi non avessero conosciuto la pandemia o, peggio ancora, come se colpevoli del disastro fossero le nostre grandi e belle città.
Alla distruzione del mondo naturale, che è ragione di vita per la religione del mercato e per i suoi sacerdoti, si è fatto sì e no qualche cenno timoroso, subito lasciato cadere e di fatto quella che oggi passa per “seconda fase”, altro non è, se non la scelta primordiale, degna di una umanità primitiva, che non si rifugia nei borghi ma vive ancora nelle caverne. Uscire dalla tragedia, ci dice il neoliberismo, nascondendosi dietro la crisi sociale che ha prodotto, oggi significa “riaprire”. E quando lo dice, non pensa di aprire in modo diverso. Vuole semplicemente tornare al modello che ci ha condotti alla catastrofe: ricominciare a deforestare – se mai per un momento non lo si è fatto – cementificare, aggredire ecosistemi inviolati, alterare o cancellare la complessità della vita sulla terra, avvelenando l’aria, la terra e l’acqua, indebolendo il genere umano ed esponendolo inerme all’attacco di virus contro i quali non abbiamo difesa. Chi decide di riaprire in questa maniera folle, mette naturalmente in conto una ripresa dei contagi, chissà quanti morti e un sanguinoso scontro sociale per il quale di prepara da tempo.
A leggerla senza pregiudizi ideologici, la pandemia non è un’occasione propizia per il capitalismo, che anzi sembra non capire che in crisi è anzitutto la sua capacità di sopravvivere. Ignorando la portata della crisi – che è soprattutto crisi del capitalismo – il potere economico, che ha causato in pochi decenni tante pandemie quante non se ne sono storicamente avute nel corso di molti secoli, non riesce a leggere l’inequivocabile messaggio del virus e non capisce che la vita sulla terra può fare tranquillamente a meno dell’uomo. Accecato dalla sua innata arroganza, ispirato da un pensiero unico diventato una bibbia, il padronato neoliberista chiede a quello politico di creare i presupposti per sfruttare a proprio favore l’emergenza; questo per un verso dà l’impressione di un piano in qualche misura preordinato, mentre si naviga invece nel buio, per un altro spinge a tentare ogni azzardo.

Una sfida a dir poco rischiosa è la scelta di lasciare la scuola in condizioni disastrose, per farne un mercato di prodotti informatici e risparmiare sui docenti, mortificati in un ruolo di trasmettitori del pensiero unico dominante. Essa non mette in conto la saldatura di interessi tra la stragrande maggioranza degli studenti, dei docenti e dei genitori e la loro ribellione, dopo che la pandemia ha consentito la riscoperta dell’anima sociale dell’essere umano, la nausea dell’ “elettronico”, incapace di farsi carne, sangue e vita in comune, che è l’essenza della scuola in presenza nell’aula come nei corridoi.
Nessun computer e a nessun livello, dalla scuola primaria all’università, soddisferà mai il bisogno di confronto, il desiderio di vita in comune, il bisogno di libertà, di studenti e studentesse che sono anzitutto animali sociali. La nausea dello “strumento elettronico” sarà l’embrione attorno a cui si formerà una prima, fondamentale coscienza critica, il primo inarrestabile rifiuto di una imposizione. Di là nasceranno le naturali risposte di un pensiero sempre più autonomo, rinforzato da quel suo essere istintivamente condiviso da una vastissima collettività. In quanto ai docenti, là dove si voleva rinchiuderli, essi  troveranno porte aperte. una volontà di stare ad ascoltarli e capire che da sola sarà  rivoluzionaria.

Chi priva di diritti e non mette nel conto la sofferenza di chi subisce è destinato a tremare per la ribellione. Ognuna della privazioni che oggi alletta il potere e si presenta come occasione di controllo, susciterà un bisogno, un desiderio, una fame insaziabile. La chiusura di spazi pubblici, l’applicazione informatica sui telefonini come bracciale di localizzazione di detenuti, il lavoro negato a milioni di cittadini, il voto svuotato di significato, diventeranno miscela esplosiva. La pandemia, colpevolmente non prevista e stupidamente utilizzata come acceleratore di provvedimenti presi assieme, tutti in una volta, diventerà  il detonatore che avvierà l’implosione.
In questa situazione, abbiamo un solo grande problema: riconoscerci come compagni, parlare una sola lingua chiara e comprensibile e organizzare assieme la risposta.
Fino a che l’abbiamo letto sulla carta, quel terrificante “socialismo o barbarie” poteva sembrare un bruttissimo sogno. Oggi, che è un incubo incombente, non fa tremare i polsi. Chiama alla lotta.

Agoravox, 4 maggio 2020; IlMonews, 5 maggio 2020.

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