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Archive for giugno 2018

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3639857_2125_migranti.jpg.pagespeed.ce.OBBf-5WxGkSiamo insegnanti, docenti universitari, scrittori, artisti, attori, registi, economisti, membri della società civile. Denunciamo come incostituzionale, moralmente inaccettabile e contraria ai più elementari diritti umani la politica sull’immigrazione del governo Salvini-Di Maio. Nel futuro non assisteremo senza opporci con tutti i possibili mezzi legali al respingimento di navi umanitarie, alla minaccia di “censimenti” di tipo etnico-razzista o ad altri fatti di questa gravità.

Denunciamo come ugualmente pericoloso, anti-costituzionale e inaccettabile l’intero asse politico europeo di orientamento razzista e nazionalista cui questo governo guarda ideologicamente. Da sempre i flussi migratori sono naturali ed essenziali per le civiltà umane; il rispetto della diversità culturale, del diritto d’asilo e del diritto all’integrazione, principi duramente conquistati dall’Europa con la sconfitta del nazifascismo, sono l’unica strada che è necessario regolare e percorrere, naturalmente a livello europeo.

Chiediamo al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di ostacolare in quanto incostituzionale ogni provvedimento ispirato a discriminazione etnico-razzista o lesivo del diritto d’asilo.

Tra i firmatari:

Renata Allio (Prof. Emerito Univ. Torino); Giancarlo Consonni (Prof. Emerito, Politecnico Milano); Marta Fattori (Prof. Emerita, Univ. Roma La Sapienza); Lia Formigari (Prof. Emerita, Univ. Roma La Sapienza); Sergio Givone (Prof. Emerito, Univ. Firenze); Maria Grossmann (Prof. Emerita, Univ. dell’Aquila); Guido Martinelli (già Dir. SISSA, Univ. Roma La Sapienza); Giorgio Nebbia (Prof. Emerito, Univ. Bari); Fabrizio Nicastro (Istituto Nazionale di Astrofisica – Osservatorio Astronomico di Roma); Giorgio Patrizi (Univ. Campobasso, Premio Flaiano per la letteratura 2015); Francesco Remotti (Prof. Emerito, Univ. Torino);

FIRMATARI

Velio Abati (insegnante – GR); Michele Abrusci (Univ. Roma Tre); Francesca Acquistapace (Univ. Pisa); Ilaria Agostini (Univ. Bologna); Vittorio Agnoletto (Univ. Milano La Statale); Enzo Alaimo (regista e insegnante); Nadia Alba Agustoni (scrittrice); Luca Alberti (impiegato comunale); Umberto Albarella (Univ. Sheffield – UK); Claudio Albertazzi (imprenditore, Monghidoro); Myriam Alcalay (Univ. Milano La Statale); Roberto Alicandri (Patronato Encal-Inpal Anzio); Renata Allio (Prof. Emerito Univ. Torino); Carla Maria Amici (Univ. Salento); Nadia Andrea Andreani ( of Lincoln); Antonella Anedda (scrittrice); Lucia Angiolini (Univ. Milano La Statale); Davide Antonioli (Univ. Cheti-Pescara); Livia Apa (CESAC, Univ. Napoli l’Orientale); Bruno Apolloni (già Univ. Milano La Statale); Giuseppe Aragno (storico); Luca Archibugi (scrittore); Sandro Ardizzone (Univ. Milano La Statale); Giovanni Asmundo (Univ. IUAV Venezia); Gennaro Avallone (Univ. Salento); Gualtiero Badin (Univ. Hamburg); Damiano Baldassarre (Univ. Milano La Statale); Anna Baldinetti (Univ. Perugia); Alberto Baracco (Univ. Torino); Ivan Bargna (Univ. Milano-Bicocca); Simona Barzaghi (artista e insegnante, BG); Riccardo Bassani (storico); Rosaria Bassi (Univ. Milano La Statale); Vincenzo Bavaro (Univ. Bari); Maria Patrizia Belloni (Univ. Milano La Statale – PTAB/C7); Luca Bernardini (Univ. Milano La Statale); Riccardo Bersezio; (Univ. Milano La Statale); Marco Bertilorenzi (Univ. di Padova PhD); Paolo Bertozzini (Thammasat University –Thailand); Maria Grazia Betti (Univ. Roma La Sapienza); Dario Bevilacqua, funzionario amministrativo del Min. Politiche agricole; Piero Bevilacqua (Univ. Roma La Sapienza); Paolo Biagi (Univ. Venezia Ca’ Foscari); Francesca Biancani ( Bologna e Cedej/IFAO, Cairo); Alessandro Bianchi (Univ. Bari); Pietro Biasiol (già dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale del Friuli Venezia Giulia); Patrizio Blandina (Univ. Firenze); Laura Boella (Univ. Milano La Statale); Niccolò Bolli (Univ. Milano La Statale); Olivia Bonardi (Univ. Milano La Statale); Luca Bonardi (Univ. Milano La Statale); Alessandra Bonazzi (Univ. Bologna); Luca Boniardi (Univ. Milano La Statale – PhD); Rossella Bonito Oliva (Univ. Napoli l’Orientale); Sara Borrillo (Univ. Napoli l’Orientale); Sergio Botta (Univ. Roma La Sapienza); Caterina Botti (Univ. Roma La Sapienza); Valeria Braccini (CNR – SPIN Genova); Angela Bragaglia (INAF-OAS Bologna); Giuseppina Brunetti (Univ. Bologna); Maura Brunetti (Univ. Ginevra); Roberto Budini Gattai (Firenze); Marina Caffiero (Univ. Roma La Sapienza); Silvia Caianello (CNR, Univ. Napoli); Chiara Calabrese (École Des Hautes Études En Sciences Sociales Parigi); Anna Linda Callow (Univ. Milano La Statale); Irene Calvano (insegnante, Napoli); Roberto Cammarata (Univ. Milano La Statale); Gigliola Canepa (Univ. Milano La Statale e Univ. Insubria); Andrea Cannas (Univ. Cagliari); Lucio Capoccia (Pontificia Universitas Urbaniana, Roma); Mauro Capocci (Univ. Roma La Sapienza); Paolo Caporali (Associazione Centro Orientamento Educativo); Ulisse Cardini (Stazione Zoologica Anton Dohrn); Sergio Cardone (artista); Claudia Carlino (Sindacalista SPI CGIL Calabria); Giovanni Carrosio (Univ. Trieste); Enrico Casati (Univ. Milano La Statale); Lorenzo Casini (Univ. Messina); Marco Castellari (Univ. Milano La Statale); Francesca Cau (insegnante); Paola Causin (Univ. Milano La Statale); Stefania Cavaliere (Univ. Napoli l’Orientale); Paolo Cavallari (Univ. Milano La Statale); Federica Letizia Cavallo (Univ. Ca’ Foscari Venezia); Mariacristina Cavecchi (Univ. Milano La Statale); Giovanni Cazzetta (Univ. Ferrara); Fabrizio Ceciliani (Univ. Milano La Statale); Marco Celentano (Univ. Cassino); Carlo Cellamare (Univ. Roma La Sapienza); Martina Censi (Univ. Macerata); Claudio Cernesi (già Univ. Modena e Reggio); Annalisa Cervone (Univ. Palermo); Iain Chambers (Univ. Napoli l’Orientale); Piero Chiaradia (già Univ. Roma Tor Vergata); Raffaella Chiaramonte (Univ. Milano La Statale); Paolo Ciafaloni (INFN sezione di Lecce); Claudia Ciancaglini (Univ. Roma La Sapienza); Luca Ciancio (Univ. di Verona); Carla Cioni (Univ. Roma La Sapienza); Silvana Citterio (già dirigente scolastico, Milano); Andrea Clematis (Dir. Ricerca – CNR IMATI Genova); Emanuele Coco (Univ. Catania); Amalia Collisani ( Palermo); Giovanni Colombo (Univ. Padova), Raffaella Colombo (Univ. Milano La Statale), Silvia Colombo (avvocato), Bianca Colonna (Univ. Roma La Sapienza); Federico Condello (Univ. Bologna); Giancarlo Consonni (Prof. Emerito, Politecnico Milano); Teresa Consorti (architetto, Prato); Silvana Conversano (imprenditore, Monghidoro); Valerio Cordiner (Univ. Roma La Sapienza); Roberto Cornelli (Prof. Università di Milano-Bicocca); Francesco Correale (CNRS-Université de Tours); Ivan Cortinovis (Univ. Milano La Statale – PT), Riccardo Corsi (scrittore); Carlo Cosmelli (Univ. Roma La Sapienza); Luca Crescenzi (Univ. Trento); Maurizio Crestani (Univ. Milano La Statale); Federico Cresti (Univ. Catania); Matteo Crovetto (Univ. Milano La Statale); Sebastiano Cuffari (insegnante, VR); Mari D’agostino (Univ. Palermo); Sarah D’Alessandro (Univ. Milano La Statale); Michela D’Angelo (già Univ. Messina); Simone dalla Chiesa (Univ. Milano La Statale); Xheni Dani (Libera professionista – ONG diritti umani); Francesca Davoli (insegnante); Aimara Avia Rodríguez De Cesero (Univ. Economia Smirne); Marina De Chiara; Moira De Iaco (Univ. Bari); Alessandro De Luca (Univ. Roma La Sapienza); Stefano De Marchi (Univ. Padova); Gregorio De Paola (attore); Alessandra De Rossi (Univ. Torino); Sara de Simone (Univ. Trento); Giovanna della Porta (Univ. Milano La Statale); Gilda Della Ragione (già Univ. Genova); Giovanni Destro Bisol (Univ. Roma La Sapienza); Benedetto Di Mambro (Dir. Naz.le U.I.L. e scrittore); Donatella Di Cesare (Univ. Roma La Sapienza); Giovanni Di Domenico (Univ. Salerno); Patrizia Di Paola (insegnante); Clelia Paola Di Pasquale (Univ. Milano La Statale – Collaboratore esperto linguistico); Giovanni Di Stasio (LUISS Guido Carli); Ornella Discacciati (Univ. della Tuscia); Valentina Dorato (Univ. Roma La Sapienza); Piergiorgio Duca (Univ. Milano La Statale); Christiana Elevati (Consulente Terzo Settore e Cooperazione Internazionale – MI); Leonardo Emberti Gialloreti (Univ. Roma Tor Vergata); Maria Cristina Ercolessi (Univ. Napoli L’Orientale); Edoardo Esposito (Univ. Milano La Statale); Giorgio Fagiolo (Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa); Corrado Falcolini (Univ. Roma Tre); Filippo Falcone (Univ. Milano La Statale – PhD); Paolo Falzone (Univ. Roma La Sapienza); Bernardo Fantini (Univ. Ginevra); Stefano Farris (Univ. Milano La Statale); Marta Fattori ( Emerito Univ. Roma, La Sapienza); Aldo Femia (ISTAT); Giulia Ferrami (Univ. Milano la Statale – PTAB); Cristiana Fiamingo (Univ. Milano la Statale); Agata Fiasconaro (Univ. Palermo – PhD); Gentile Francesco Ficetola (Univ. Milano La Statale); Patrizia Filia (Regista e scrittrice, residente nei Paesi Bassi); Sara Forcella (Univ. Roma La Sapienza – PhD); Lia Formigari (Univ. Roma La Sapienza); Francesca Forti (Università degli Studi di Milano – PTS); Micaela Frulli (Univ. Firenze); Brunella Fumis (già insegnante, GO); Elena Gagliasso (Univ. Roma La Sapienza); Gianluca Gaias ( Cagliari – PhD); Elisabeth Galvan (Univ. Napoli l’Orientale); Alfonso Gambardella (già dirigente scolastico – SA); Barbara Garavaglia (educatrice asilo nido); Alice Garbagnati (Univ. Milano La Statale); Elena Gardenghi (Servizio internazionalizzazione, Univ. Bologna); Paolo Garella (Univ. Milano La Statale); Stefano Gensini (Univ. Roma La Sapienza); Gennaro Gervasio ( Roma Tre); Riccardo Ghidoni (Univ. Milano La Statale); Aldo Giannuli (Univ. Milano La Statale); Federica Giardini (Univ. Roma Tre); Loris Giorgini (Univ. Bologna); Sergio Givone (Prof. Emerito, Univ. Firenze); Piero Graglia (Univ. Milano La Statale); Gustavo Granucci (CNR Milano); Pietro Greco (giornalista scientifico); Roberto Sebastiano Greco (Univ. Milano La Statale); Marco Grilli (Univ. Roma La Sapienza); Giorgio Grisetti (Univ. Roma La Sapienza); Gianluca Groppelli (ricercatore CNR e Univ. Milano La Statale); Maria Grossmann (Prof. Emerita, Univ. dell’Aquila); Danilo Guaitoli (New York University); Fausto Gusmeroli (Univ. Milano La Statale); Hykel Hosni (Univ. Milano La Statale); Clelia Iacobone (insegnante, BA); Gerrardina Iannini (dipendente pubblico); Gaetano Iapichino (Univ. Milano La Statale); Teresa Iaria (Accademia di Belle Arti, Brera); Rania Ibrahim (Giornalista/scrittrice – Milano); Francesco Indovina (Univ. Sassari); Giorgio Inglese (Univ. Roma La Sapienza); Ombretta Ingrascì (Univ. Milano La Statale); Addolorata Intini (insegnante); Gianluca Iovine (​Scrittore, Operatore legale Sprar Cinquefrondi RC); Luca Jourdan (Univ. Bologna); Artemij Keidan (Univ. Roma La Sapienza); Andrea La Bella (insegnante, Milano); Cristina Lavinio (già Univ. Cagliari); Antonio Lamarra (CNR-ILIESI, Roma); Luigi Lay (Univ. Milano La Statale); Maria Teresa Lecca (cittadina Cagliari); Flaminia Lenti (insegnante, Caritas di Roma); Maurizio Lenzerini (Univ. Roma La Sapienza); Gaetano Lettieri (Univ. Roma La Sapienza); Domenico Liotta (Univ. Bari); Gianluca Littardi (architetto – Düsseldorf); Giuseppe Lodato (Univ. Milano La Statale); Fiamma Lolli (traduttrice editoriale – Livorno); Egenio Lombardi (Presidente Ecomuseo Urbano del Nord Barese e del Laboratorio Urbano, Bari); Giulia Lombardi (Pontificia Università Urbaniana Roma); Aurora Loprete (Univ. Milano La Statale – PTA); Emanuele Lupo (attivista Cosenza); Gianfrancesco Lusini (Univ. Napoli l’Orientale); Maria Immacolata Macioti (già Univ. Roma La Sapienza); Mauro Maggi (Univ. Roma La Sapienza); Tito Magri (Univ. Roma La Sapienza); Roberto Magnasciutti (insegnante); Noemi Magugliani (National Univ. of Ireland Galway – PhD); Giuseppe Maimone (CoSMICA- Univ. Catania); Massimo Mamoli (Univ. Milano); Franca Mancinelli (scrittrice); Paola Mandelli (Univ. Bologna); Sara Manni (SOAS, University of London – BA student); Susanna Morano (Univ. Roma La Sapienza); Laura Marchetti (Univ. Foggia); Luisa Marchini (segretaria, Salviamo la Costituzione – Bologna); Carlo Mariani (Univ. Roma La Sapienza); Enzo Marinari (Univ. Roma La Sapienza); Guido Martinelli (già Dir. SISSA, Univ. Roma La Sapienza); Lucia Martines (Univ. Genova); Pietro Masina (Univ. Napoli l’Orientale); Aurora Massa (Univ. di Trento); Fulvio Mastrogiovanni (Univ. Genova); Paolo Mataloni (Univ. Roma La Sapienza); Giovanni Matteucci (Univ. Bologna); Federico Mazzini (Univ. Padova); Carla Mazzocchi (Esperto in Amministrazione Controllo e Bilancio Consolidato); Jari Mazzoleni (impiegato); Nicola Melis (Univ. Cagliari); Silvia Melocchi (già dirigente scolastica); Marco Meriggi (Univ. Napoli Federico II); Beatrice Mezzacapa (insegnante); Adriana Erica Miele (Univ. Roma La Sapienza); Silvano Milani (Univ. Milano La Statale); Luigi Moccia (ICAR_CNR); Giuseppe Molteni (Univ. Milano La Statale); Salvatore Monaco (Univ. Roma La Sapienza); Catia Montagna (Univ. Aberdeen); Carmela Morabito (Univ. Roma Tor Vergata); Rosanna Morabito (Univ. Napoli l’Orientale); Vittorio Morandi (CNR-IMM Bologna); Paola Morando (Univ. Milano La Statale); Alessandro Morbidelli (CNRS, Osservatorio della costa Azzurra, Francia); Carlo Morelli (Univ. Milano La Statale); Gianfranco Mormino (Univ. Milano La Statale); Silvia Morgutti (Univ. Milano La Statale); Giuseppe Moricola (Univ. Napoli l’Orientale); Silvio Morigi (Univ. Siena e Milano La Statale); Maurizio Maugeri (Univ. Milano La Statale); Giuseppe Molteni (Univ. Milano La Statale); Pier Daniele Napolitani (Univ. Pisa); Pasquale Nappi (Univ. Ferrara); Giorgio Nebbia (Prof. emerito, Univ. Bari); Noemi Negrini (Univ. Milano La Statale); Annalisa Nesi (Univ. Siena); Fabrizio Nicastro (Ist. Naz.le Astrofisica – Osservatorio Astronomico Roma); Roberto Nicoletti (pensionato); Giuseppe Antonio Nisticò (Univ. della Calabria); Giuseppe Notarbartolo di Sciara (Fondatore e presidente onorario Istituto Tethys); Francesco Novelli (insegnante); Roberto Oberti (Univ. Milano La Statale); Paolo Oddi (Avvocato, socio ASGI); Claudio Olivari (Univ. Milano La Statale); Carlo Olivieri (medico psichiatra, ASL Viterbo); Oreste Ortali (insegnante, RA); Stefano Ossicini (Univ. Modena e Reggio Emilia); Salvatore Pace (insegnante – NA); Daniela Pacilè (Univ. della Calabria); Ambrogina Pagani (Univ. Milano La Statale); Silvana Palma (Univ. Napoli L’Orientale); Alberto Panerai (Univ. Milano La Statale); Enrico Pasini (Univ. Torino); Paola Pastorino (insegnante); Luisa Paternicò (Univ. Napoli l’Orientale); Giorgio Patrizi (Univ. Campobasso, Premio Flaiano per la letteratura 2015); Rossano Pazzagli (Univ. del Molise); Maura Pazzi (Medici senza Frontiere); Cinzia Daniela Pieruccini (Univ. Milano La Statale); Sandra Petrignani (scrittrice); Daniele Petrosino (Univ. Bari); Antonio Pezzano (Univ. Napoli l’Orientale); Fulvio Pezzarossa (Univ. Bologna); Daniela Pezzucchi (Univ. Milano La Statale); Giulia Piccolino (Loughborough Univ. – UK); Niccolò Pieri (DELoS Unitn – Unifi); Maria Antonella Piga (Univ. Milano La Statale); Stefano Pilotto (Univ. Roma La Sapienza); Gian Piero Piretto ( Milano La Statale); Antonio Pirillo (Impiegato Univ. Milano La Statale); Rita Pizzi (Univ. Milano La Statale); Fabiana Polese (redattrice); Stefano Polizzi (Univ. Venezia); Paola Pomoni (cittadina); Patrizio Ponti (Univ. Milano la Statale e Save the Children); Antonio E. Pontiroli già Univ. Milano La Statale); Romeo (Bruno) Portesan (regista e attore – MI); Elisa Postinghel (Loughborough University – UK); Franco Previtali (Univ. Milano-Bicocca); Riccardo Putti (Univ. Siena); Domenico Raimondi (designer – Lucca), Gian Michele Ratto (Ist. Nanoscienze CNR); Ida Regalia (Univ. Milano, già Dir. Dip. Studi del Lavoro e del Welfare); Francesco Remotti (Professore Emerito Univ. Torino); Olga Rickards (Univ. Roma Tor Vergata); Ivo Rigamonti (Univ. Milano La Statale); Sandro Rinauro (Univ. Milano la Statale); Silvia Riva (Univ. Milano la Statale); Giovanni Rizzi (Univ. Milano la Statale); Maria Stella Rognoni (Univ. Firenze); Fabio Ronchetti ( Coordinamento Comasco per la Pace); Gabriella Rossetti (già Univ. Ferrara); Annarita Rossi (Univ. Roma La Sapienza); Marco Rossi (Univ. della Calabria); Marco Rossi ( Roma La Sapienza); Nicola Rotiroti (cittadino); Damiano Rotondo (Technical University of Catalonia, Barcelona); Giancarlo Ruocco (INFN – Univ. Roma La Sapienza); Giovanni Ruocco (Univ. Roma La Sapienza); Domenico Russo (Univ. Chieti-Pescara); Katherine Russo (Univ. Napoli L’Orientale); Gaetano Sabetta (Pontificia Università Urbaniana di Roma); Davide Sala (Univ. Passau); Francesco Salsano (Univ. Milano la Statale); Matteo Salvalaglio (Univ. College London); Francesco Santopolo (botanico); Giuseppe Saponaro (Pontificia Univ. Antonianum); Enzo Scandurra (già Univ. Roma La Sapienza); Gabriele Schino (CNR); Christian Schlitt (International Centre for Pesticides – Az. Osp. Luigi Sacco); Raffaella Schneider (Univ. Roma La Sapienza); Rocco Sciarrone (Univ. Torino); Stefania Scuderi (Univ. Milano La Statale – PTA); Graziano Serrao (Univ. Milano La Statale); Federico Severino (Univ. Svizzera Italiana); Simone Sibilio (Univ. IULM); Angelo Sironi (Univ. Milano La Statale); Isabella Soi (Univ. Cagliari); Luca Solari (Univ. Milano La Statale); Anna Solimini (insegnante – Trani); Edgardo Somigliana (Univ. Milano La Statale); Claudia Spadaro (insegnante); Luigi Spagnolo (Univ. Stranieri Siena); Anna Sparatore (Univ. Milano La Statale); Lucinia Speciale (Univ. Salento); Alessandro Spena (Univ. Palermo); Paolo Spinicci (Univ. Milano La Statale); Paolo Stellari (Univ. Milano La Statale); Alba Rosa Suriano (Univ. Catania); Maria Suriano (Univ. Witwatersrand, Johannesburg – RSA); Cristina Taddei (Imperial College London); Fulvia Tambone (Univ. Milano La Statale); Renata Tardani (Produttrice); Michela Tardella (CNR); Flavien Tchamdjeu (Univ. Bocconi); Salvatore Tedesco (Univ. Palermo); Maria Letizia Terranova (INFN-Univ. Roma Torvergata); Tiziana Terranova (Univ. Napoli l’Orientale); Alessandro Teta (Univ. Roma La Sapienza); Elisa B. P. Tiezzi (Univ. Siena); Duccio Tongiorgi (Univ. Genova); Alberto Toni (scrittore); Graziella Tonon (Politecnico di Milano); Carmelo Maria Torre (Politecnico, Bari); Ida Toscano (architetto – NA); Elena Tragni (Univ. Milano La Statale); Francesco Trane (Centro sociale polivalente Casalpalocco); Silvia Turati (Mediterranean Hope – Federation of Protestant Churches in Italy); Giulia Ugolini (consulente d’azienda); Francesco Saverio Trincia (Prof. onorario Filosofia morale, Univ. Roma La Sapienza); Anna Antonia Trisolino (Univ. Milano La Statale PTA e sudente Univ. Milano-Bicocca); Emanuele Troisi (insegnante); Luigi Trucillo (scrittore); Raffaele Urselli (Univ. Napoli l’Orientale); Luisa Valente (Univ. Roma La Sapienza); Giorgio Valentini (Univ. Milano La Statale); Marisol Valenzuela (Ist. Sup. Conservazione e Restauro, Roma); Paolo Valiati (Univ. Milano La Statale PTA/D5); Luigi Valvalà (insegnante); Mauro Van Aken (Univ. Milano-Bicocca); Stefania Varani (University of Bologna/St.Orsola-Malpighi); Daniele Varsano (CNR, Modena); Michela Venditti (Univ. Napoli l’Orientale); Antonio Venturelli (già dirigente scolastico); Paola Viani (Univ. Milano La Statale); Cinzia Vismara (già Università di Cassino e del Lazio meridionale); Armando Vitale (già dirigente scolastico – CZ); Augusto Vitale (ISS); Claudia Vitali (Univ. Pavia – studente); Sonia Vivona (CNR – Rende CS); Angelo Vulpiani (Univ. Roma La Sapienza); José Pablo Werba (Responsabile Unità Prevenzione Centro Cardiologico Monzino, MI); Raúl Zecca Castel (Univ. Milano-Bicocca – PhD); Stefano Zenni (Conservatorio Bologna); Alberto Ziparo (Univ. Firenze); Stefano Zoia (Univ. Milano La Statale – PTS); Elisa Veronica Zucchi (attrice); Flavia Zucco (già dirigente ricerca CNR);

http://www.repubblica.it/politica/2018/06/27/news/_governo_incostituzionale_sui_migranti_l_appello_degli_intellettuali_contro_salvini_e_di_maio-200170173/

https://dichiarazionepoliticamigranti.wordpress.com/2018/06/28/presa-di-posizione-pubblica-contro-la-politica-in-tema-di-migrazioni-del-governo-salvini-di-maio/

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Pomigliano 2Ricordiamocelo bene, perché non si scherza: Lavinia Flavia Cassaro, l’insegnante che contestò le forze dell’ordine schierate a protezione dei fascisti del terzo millennio, è stata licenziata. Come capitò a tutti i docenti che si azzardarono a contestare la polizia fascista e com’è capitato in questi giorni maledetti a Mimmo Mignano e ai suoi quattro compagni, licenziati perché hanno osato contestare Marchionne, l’amministratore delegato della Fiat.
Ora lo sappiamo: come accadeva negli anni più bui della reazione padronale, un reato d’opinione ti condanna alla fame e niente è più efficace, quando si tratta di imbavagliare il dissenso. Prima di aprire bocca, perciò, teniamolo a mente: criticare i padroni o la polizia, costretta dalla politica a difendere i fascisti dei Casapound, vuol dire rovinare se stessi e la propria famiglia.
Prima di proseguire, però, spegniamo l’entusiasmo dei sostenitori dell’Alleanza per la difesa della “democrazia” minacciata dal Governo Conte. I fatti risalgono agli anni dei ministri del PD, il campione della vicenda Casapound è Minniti e Salvini non c’entra. Il PD, quindi, taccia e si tolga dai piedi.
Ciò che purtroppo colpisce di più in questa brutta faccenda non è l’intento apertamente repressivo. Sono anni che andiamo avanti così e non è vero che Salvini ha aggravato la situazione. Salvini, in realtà, ha molto da imparare da Minniti, che a sua volta potrebbe dare lezioni ad Arturo Bocchini e Guido Leto. Per quanto mi riguarda, ciò che veramente colpisce è la solitudine delle vittime, pari solo all’assordante silenzio della debolissima opposizione politica e sociale a questo governo né più, né meno reazionario degli ultimi governi della Repubblica. Un’opposizione che, tranne Potere al Popolo, è attenta a sfruttare tutte le occasioni possibili per parlare di migranti, ma osserva un religioso silenzio, quando di tratta di lavoro e diritti dei lavoratori. Ieri a Pomigliano i lavoratori che hanno manifestato per l’insegnante e gli operai licenziati- non a caso auto organizzati – inutilmente hanno aspettato gli intellettuali e i politici che ogni giorno parlano di pericolo fascista.
Quando capiremo che la democrazia non si difende con accordi elettorali e comunicati stampa contro i fascioleghisti, ma stando nelle piazze e a fianco delle vittime, nei luoghi materiali della sofferenza e dell’ingiustizia sociale, sarà troppo tardi. Chi aspetta, o finge di aspettare il manganello e l’olio di ricino, stia tranquillo comunque: la reazione governa da tempo e non ha certo bisogno di camicie nere.

Fuoriregistro, 24 giugno 2018; Agoravox 25 giugno 2108

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p16_beard_webDal giorno in cui è nato questo sciagurato governo, quella che si combatte nel nostro Paese non è, come ci vogliono far credere, una battaglia sull’immigrazione contro l’Unione Europea e i cosiddetti “buonisti”, ladri di futuro e sfasciacarrozze. Lo dimostra il fatto che, nel cuore di questo scontro, gli amici di Salvini, i camerati “fascisti del terzo millennio”, hanno voluto attaccare platealmente l’ex ministro Cécile Kienge e Luigi De Magistris per i quali chiedono l’esilio.
Ci sarebbe da ridere, è vero, ma i tempi sono bui ed è meglio capire, spiegare e reagire. Cominciamo a dircelo chiaro: Salvini e Casapound non stanno rovesciando la medaglia del “mal d’Africa” e di “faccetta nera”. Come al duce fascista più che l’impero “tornato sui fatali colli di Roma”, interessava un “posto al sole” tra quelli non ancora occupati, per spedirci straccioni e disperati, così a Salvini non importa nulla se la Libia oggi manda da noi la sua disperazione. L’obiettivo vero è una scommessa ambiziosa e molto pericolosa per la democrazia; in gioco c’è la conquista dell’egemonia leghista su precari, disoccupati e lavoratori stremati.
Teniamolo bene a mente:  gli immigrati non sono il fine, ma solo uno strumento. Salvini utilizza in maniera spregiudicata la disperazione, per fare della gente dimenticata dalla politica, dei lavoratori sfruttati ben oltre il limite della sopravvivenza, i carnefici di altri disperati e allo stesso tempo la larga base di consenso per il suo governo di leghisti bugiardi.
In una realtà di giovani senza futuro e lavoratori umiliati, il simbolico “esilio” della Kyenge – idealmente spedita in Africa – non è solo una scelta rozza e teatrale, ma un gioco che può andare alla grande, perché fa dell’ex ministro una sorta di “simbolo” dell’immigrato  che ci “spossessa”.
Diciamocelo chiaro, però, altrimenti non capiremo ciò che accade. L’obiettivo vero dell’attacco, quello coperto dalla cortina di fumo del caso Kyenge, si chiama Luigi De Magistris. Bianco e meridionale, in un Sud che i 5Stelle hanno venduto al miglior offerente, nell’immaginario collettivo il sindaco di Napoli è ormai il campione di una serie di scelte che con il “buonismo” e l’immigrazione non c’entrano nulla. L’attacco che gli viene portato perciò è tutto politico e molto rivelatore, perché la battaglia vera, inconfessata ma fortemente voluta da Salvini, mira a costruire un’egemonia sul mondo del lavoro annichilito da Renzi e dal PD, sulla sua precarietà e sulla sua disperazione. Non a caso Di Maio, Ministro del Lavoro, parla con gli ultimi e promette diritti.
In questa situazione, De Magistris è l’unico ostacolo serio sulla strada del governo e ha i numeri per diventare scelta alternativa. Il sindaco di Napoli, infatti, ha dimostrato che si può governare contro la bibbia neoliberista, di cui Salvini segue i comandamenti senza fiatare. Se De Magistris e il suo movimento scendono in campo a fianco dei lavoratori e delle loro lotte, possono essere decisivi per l’esito di uno scontro che non si è affatto concluso a marzo. E non chiedete il perché. La risposta è nei fatti. Sia pure tra mille difficoltà, De Magistris ha al suo attivo risultati indiscutibili. Benché da sette anni provino a tagliargli l’ossigeno, non ha ceduto: niente licenziamenti, niente privatizzazioni, acqua pubblica, debito contestato, movimenti di lotta al governo con lui. Da sette anni a Napoli il neoliberismo cozza invano contro un muro e si rompe la testa.
Napoli è ormai un esempio di governo alternativo. Salvini lo sa e ha capito: o toglie di mezzo De Magistris, o se lo troverà di fronte, leader credibile e finora vincente, alla testa di uno schieramento decisamente alternativo. Di qui l’ostracismo e allo stesso tempo la necessità di reagire.
De Magistris è umano, non “buono”. Non è infallibile, ma è il leader che non ha tradito e non si è compromesso. L’unico. Per questo oggi è una speranza. Chiedetevi quanto vale una speranza tra tanta disperazione e vedrete che la risposta è semplice: una speranza oggi non ha prezzo e fa terribilmente paura.
De Magistris la sua parte l’ha fatta e la sta facendo. Ora tocca agli altri. Tocca a tutti quelli che vedono con animo inquieto l’estrema destra dilagare. Non è più tempo di dubbi. Occorre far quadrato attorno a Napoli e all’’uomo che l’ha resa una roccaforte della lotta al neoliberismo. E’ una grande speranza di giustizia sociale.

Agoravox, 20 giugno 2018 a La Sinistra Quotidiana, 21 giugno 2018

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La storia è scienza umana per eccellenza; in quanto tale, il primo insegnamento che impartisce a chi vuole capire è la “mortalità” dei suoi protagonisti, siano uomini o fatti, per lo più figli del nostro agire. Essa non studia dottrine che hanno pretese di “eternità” e con spirito laico mostra come sono caduti imperi che parevano immortali.
mosaico-giustiniano-ravennaQuando il piccolo proprietario agricolo, nerbo delle legioni, sparì, schiacciato dal latifondo, quando il lavoro servile ridusse a zero il valore di quello libero e i costi della burocrazia, l’avidità di padroni e ceti parassitari che vivevano all’ombra della corte, imposero un opprimente sistema fiscale, si sentirono scricchiolare le fondamenta dell’Impero Romano. Come oggi – ma chi ci bada? – nacque un’emigrazione di intelligenze e capacità imprenditoriali e quella ch’era stata conquista orgogliosa, divenne un peso; chi aveva vantato uno stato di superiorità – “civis romanus sum” – varcò il confine con quanto aveva e se ne andò a vivere tra quei “barbari”, parte dei quali, intanto, proprio come oggi, in fuga dalla guerra, cominciava a premere sui confini del traballante impero.
Roma non cade sotto l’urto degli invasori, così come la globalizzazione e gli equilibri nazionali non vanno oggi in crisi per l’immigrazione. L’impero agonizza da tempo, per l’ingiustizia sociale che vi trionfa e perché non c’è un romano disposto a lottare per uno Stato che l’opprime. Per due secoli, i barbari sono una risorsa: l’istituto dell’hospitalitas concede l’ingresso in territorio romano e offre terre in cambio di protezione militare dagli altri barbari. Sono i nuovi piccoli proprietari, ma è tardi e la perizia giuridica non salva dalle contraddizioni interne la “globalizzazione” del Mediterraneo, nata dalla “pace di Augusto”. L’Impero non è immortale. Cade.
Di questa “regola fissa” della storia dell’umanità c’è stata fino a qualche temo fa coscienza chiara e  purtroppo svanita; se ne sarebbero ricavate preziose chiavi di lettura del presente, ma si è voluto fare tabula rasa dell’intelligenza critica e l’opinione pubblica la fanno ormai i servi sciocchi e la loro ignoranza. Sembra incredibile, ma è così: la regola laica della “mortalità” era così nota, che oltre venti secoli fa, prima dell’eruzione fatale, un ignoto pompeiano ne espose il senso in poche parole scritte sul muro d’un vicolo, con una vena di struggente e profetica tristezza: “Nulla v’è al mondo che in eterno duri”.

Due menzogne hanno caratterizzato la stagione dell’attuale globalizzazione, sul cui altare i chierici della sinistra ci hanno sacrificati, giungendo fino alla degenerazione di se stessi e alla morte. La fine del conflitto, anzitutto, dopo la caduta del muro di Berlino e la nascita del mondo governato dal mercato, descritto come un nuovo paradiso terrestre. Fine del conflitto – e quindi fine della storia – per assenza di interessi contrapposti e soddisfazione di tutti i bisogni. Nella narrazione di questo eden, Fukuyama e con lui una banda di mercenari al servizio del potere, hanno inventato un punto di arrivo di un processo storico “unidirezionale”: il grande sviluppo tecnologico come garante della dignità del lavoro. La seconda menzogna – il processo è irreversibile, inutile citare Marx o Keynes, non c’è alternativa – trova in questi giorni la più clamorosa smentita.
A riprova della laicità delle leggi della storia, torna il protezionismo. Dopo decenni di rimozione, lo riportano in vita prima la Brexit, poi il Presidente degli degli USA, cui fa da sponda, significativa per quanto piccola, Conte. E’ una sorta di dottrina di Monroe in tema di economia: non impone altolà a spedizioni militari, ma modifica il principio in una formula più aderente ai tempi; non  “l’America agli americani”, ma “prima gli americani”. Torna il protezionismo ed è subito sinonimo di conflitto e antitesi della religione neoliberista.
Su questa linea si muove da noi – e non è un caso – il governo Conte. Gli si potrà sparare addosso come si vorrà, bisognerà chiedersi se ha intercettato il treno della storia. E’ un governo fascista? E’ di certo pericoloso e per tutto il resto vedremo. Guai però ai democratici che vivono di astrazioni, se non proveranno a capire quanto questo governo risponda a un problema storico reale che chiede una risposta seria. Nel momento in cui il capitale finanziario attraversa come un lampo ogni frontiera e diventa “internazionalista” come non mai, quali sono i rischi che corre la democrazia, se la risposta delle sinistre in termini di difesa dei diritti del lavoro, della produzione reale, del ruolo del conflitto sociale, non è la lotta di  classe, che sarebbe risposta “internazionale”, ma l’adozione del modello neoliberista come l’unico possibile? Una domanda urgente, soprattutto per un Paese che ha la nostra storia.
Non capiremo nulla del governo Conte, se cercheremo i suoi errori senza fare i conti coi nostri; se non sapremo valutare a fondo il ruolo svolto dal PD – quello sì, davvero populista – nella nascita di generazioni alienate e stritolate dalla sterilizzazione del pensiero critico e dalla colonizzazione delle menti, soprattutto quelle giovani. Non sono stati Salvini e Di Maio a creare  quello che Luigi Russo definirebbe un “popolo di iloti”. Forse dovremmo provare a riflettere sui nostri slogan, capire se il problema sia il populismo o la degradazione dei lavoratori in ‘plebe’, in una moltitudine che non è massa, ma conglomerato di consumatori, la cui vita oscilla tra cellulare. telecomando e difesa impaurita di apparenti privilegi, che sono danni. Masse che sono ormai un’immensa e vischiosa sabbia, sulla quale non è possibile costruire e però è terribilmente permeabile ai luridi liquami della propaganda, alle verità di fede del pensiero unico.
Una sabbia su cui, come è giunto il temporale della crisi, la pioggia ha gettato domande primordiali e bisogni al limite della sopravvivenza. A questa plebe simile a sabbia che si fa fango, Conte lancia segnali di discontinuità e pare salvifico. Sembra  un regime? Non lo sapevamo, noi, che il capitale finanziario fa della crisi l’incubatore dell’abbrutimento e la culla dei fascismi? Che l’estrema destra ha un’anima sociale? Ora non serve attaccare a testa bassa. Occorre fare politica, avendo chiari almeno tre principi: a) nulla v’è al mondo che in eterno duri; b) non si vince, stando assieme al principale alleato del nemico; c) non è più tempo di congreghe e gruppi isolati fra loro.

Agoravox, 15 giugno 2018

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downloadDopo anni di propaganda battente, becera e strumentale, la pianta dell’odio razziale, coltivata con feroce incoscienza al solo, bieco scopo di conquistare voti nella competizione elettorale, dà ormai i suoi frutti velenosi. Com’era facile prevedere, infatti, il raid di Macerata non è stato purtroppo – e non poteva esserlo – un caso isolato. Dopo San Calogero e l’assassinio di Sacko Soumali, lo sventurato sindacalista del Mali ucciso a fucilate, dopo Padova e un richiedente asilo trascinato sull’asfalto per le vie della città veneta da un’auto guidata un giovane razzista, la furia razzista si è scatenata a Sarno, in Campania, terra di emigrazione, tradizionalmente ospitale e tollerante. Nelle vie della cittadina, la “punizione” è toccata stavolta a Mvomo Dang, un giovane del Camerun che ha un regolare permesso di soggiorno, lavora ed è perfettamente integrato nella realtà in cui vive, come dimostra la sua esperienza di calciatore nell’Intercampania, squadra di calcio di Prima categoria.
Anche stavolta un agguato di stampo squadrista. L’hanno atteso per strada in due, giovani come lui e accecati da un odio irrazionale; armati con mazze da baseball, moderno sostituto del manganello, l’hanno preso alle spalle, mentre tornava tranquillamente a casa in bicicletta e non gli hanno dato nessuna possibilità di difendersi o scansarsi: colpivano ferocemente ed esultavano, picchiavano con violenza e festeggiavano.
Questa è l’Italia oggi e a garantire la sua sicurezza – quella di quanti ci vivono, immigrati compresi – c’è un uomo che ha costruito sull’odio la sua carriera politica, aizzando la sua gente prima contro i meridionali e poi gli immigrati, diventati responsabili della crisi e nemici da colpire. E’ amaro dirlo, ma bisogna prenderne atto: con Salvini al Viminale, il rischio di un nuovo “razzismo di Stato” è diventato concreto e le conseguenze potrebbero essere devastanti.
In un Paese in cui la crisi economica e le politiche di austerity, colpendo con inaudita violenza la scuola, l’università, il lavoro e il ruolo formativo della famiglia, hanno prodotto ignoranza, rabbia e disoccupazione, Salvini ha creato il brodo di cultura in cui storicamente si sono sviluppati guerre tra i poveri, intolleranza e fascismi. La sua presenza al Viminale perciò non solo preoccupa, ma è minacciosa per la tenuta democratica del Paese e chiama tutti noi alla più attenta e rigorosa vigilanza in difesa della Costituzione nata dall’antifascismo e dalla Resistenza.
Lo stupore addolorato e la solidarietà per le vittime innocenti non bastano più. Tutto va in una direzione inquietante e tutto annuncia tempesta. E’ venuto il momento di puntare il dito su chi ci ha condotti al punto in cui siamo. Il PD e Minniti, anzitutto, i suoi disumani accordi con la Libia e quei provvedimenti sul “decoro urbano”, oscena fotocopia di provvedimenti fascisti. Occorre una reazione collettiva del corpo sociale, una risposta forte e intransigente, di natura etica, culturale e politica. E’ necessario individuare il terreno comune sul quale sfidare il nuovo ministro dell’Interno, che minaccia di essere ministro di polizia. Un terreno che non è difficile individuare; quello della legalità costituzionale e della giustizia sociale. L’unico sul quale si possa costruire da subito un’alternativa di democrazia per dire forte e chiaro a Salvini e alla Lega che il razzismo non passerà.

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34707592_10214236523860141_7005747084670271488_nQuando si attacca in maniera così dura e intollerante la scuola, i docenti e la loro libertà di opinione, non c’è da girarci attorno: si sta costruendo un regime. Di mio voglio aggiungere solo una chiosa di carattere cronologico: l’episodio precede la nascita del governo Conte e dimostra che l’opposizione dei “democratici” in Parlamento è totalmente priva di credibilità. E’ il PD che ha gettato nel nostro Paese le basi di un’avventura autoriataria. Il primo nemico, della democrazia – è molto importante dirselo – è il Partito delle banche e del capitale finanziario, il cui regime prediletto, storia alla mano, non è quello democratico.

APPELLO
Solidarietà ad Antonio Mazzeo, contro la militarizzazione del sapere.
Antonio Mazzeo è un nostro collega e un nostro compagno di lotte, un docente impegnato nella difesa e della valorizzazione della scuola pubblica, del suo carattere democratico e critico.
Antonio è anche un attivista, giornalista e ricercatore punto di riferimento dei movimenti che si battono contro la guerra e la militarizzazione della società, in questi mesi si è particolarmente impegnato nella denuncia della sempre più pervasiva presenza militare nelle scuole: progetti di alternanza scuola/lavoro in basi militari, iniziative propagandistiche, occasioni importanti di riflessione come quelle del centenario della fine della grande guerra appaltate all’ esercito.
E persino i marines in giro per gli istituti.
Antonio ha criticato, coerentemente, anche un’iniziativa del genere programmata nella scuola dove insegna, a Messina.
Per questo è stato avviato un procedimento disciplinare contro di lui dalla dirigente scolastica.
Non solo dichiariamo la nostra totale solidarietà ad Antonio ma crediamo questo episodio deve aprire una riflessione generale che individui nella salvaguardia degli spazi di discussione e nel rifiuto della pervasiva presenza militare nelle scuole due nodi importanti.
Chiediamo alle/ai docenti, alle studentesse e agli studenti, al mondo intellettuale di prendere parola e di avviare una stagione di impegno che leghi ancora più strettamente la lotta alla legge 107 a quella alla militarizzazione del sapere e all’autoritarismo.
Sin d’ora prepariamo un grande appuntamento di riflessione e di iniziativa per l’apertura del prossimo anno scolastico.

Potete aderire mandando una mail a docenticontrolaguerra@gmail.com

Fuoriregistro, 8 giugno 2108, Agoravox, 9 giugno 2018.

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matteo-renzi-3379364_0x410L’ho scritto: un governo pericoloso. E lo ripeto.
Per gli smemorati, però, è meglio precisare.
Salvini dovrà sudare le proverbiali camicie per superare in disumana ferocia Marco Minniti. In quanto al Presidente del Consiglio una certezza c’è: nessuno può valere meno di chi ha definito inutile il Senato, ha fatto di tutto per abolirlo, poi si è fatto eleggere nell’inutile Camera che inutilmente ha tentato di sopprimere. Inutile a tutti, tranne che a se stesso.

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34065902_1619893124786634_150451695061565440_nOggi, martedì 5 giugno a partire dalle ore 18:00, allo Spazio ARTienda presso La Tienda Bottega Equosolidale, Giuseppe Aragno ci parlerà del suo ultimo lavoro, intitolato Le Quattro Giornate di Napoli Storie di Antifascisti.

Il libro ha i toni e l’andamento di un romanzo storico, non rinuncia al rigore della ricerca e dà la parola a chi non l’ha mai avuta. Diventa, così, il canto corale della Napoli Antifascista

Una pagina indelebile della nostra storia, un racconto più che mai forte e vivo in tutti noi.

Spazio ARTienda presso La Tienda Bottega Equosolidale, ti aspettiamo!

Siamo al Forum Scarlatti in Via Scarlatti 198 ed ingresso anche da Via Solimena 143 – Vomero Napoli.

Sarà presente l’autore, Giuseppe Aragno

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Necessariamente lungo, nonostante la volontà di essere sintetico.

xassemblea-720x443.jpg.pagespeed.ic.iLcZlt77H0All’assemblea nazionale di maggio di Potere al Popolo università e ricerca erano inclusi nel vasto tema del welfare e cinque minuti non potevano bastare.  Ci torno ora e spero di dare un utile contributo.
Parlo di università e ricerca perché cerco risposte a domande emerse nell’assemblea di Napoli e cadute nel vuoto: perché nel gruppo c’erano più insegnati che studenti? E perché tra i docenti gli “anziani” prevalevano sui più giovani? Non sono domande banali e la risposta ci chiede forse di “capovolgere” il nostro modo di ragionare: invece di partire da ciò che vogliamo, cominciamo da ciò che è successo. Certo, a noi importa correggere storture, perciò procediamo in questo modo: la scuola così com’è non va per queste ragioni, noi la cambiamo e sarà così. E via con modifiche, leggi d’iniziativa popolare, raccolta di firme eccetera. Avremo così risposto alla domanda sulla presenza degli studenti e la prevalenza dei vecchi docenti sui giovani? Non mi pare e forse al nostro ragionamento manca qualcosa.
Si può pensare che manca una riflessione sugli effetti prodotti dalle misura neoliberiste sul mondo della conoscenza e quindi nella società? Si può supporre che da qui derivi un serio problema di partecipazione? Io penso di sì e credo che dovremmo capire come siamo giunti a questo e quali meccanismi abbiano prodotto questa indifferenza. Individuarli consente di sapere se la formazione c’entra e come si può smontarli. Tra noi vive ormai almeno una generazione di giovani – studenti e docenti – educata nelle agenzie di formazione di un Paese soffocato nei confini che vanno da Bassanini a Renzi. Una generazione, ma forse qualcosa in più, cui sono stati abilmente sottratti gli strumenti che formano il pensiero critico, la capacità di pensare con la propria testa e valutare liberamente, che è anche capacità di opporsi. Una generazione che ormai cede alla rassegnazione, all’egoismo, all’indifferenza e al qualunquismo.
E’ vero, contano i dati materiali, ma l’aria che respiriamo non conta? Ciò che apprendiamo a casa, a scuola e nelle strade un peso non ce l’ha? Giungere a conclusioni frettolose, potrebbe impedirci di capire se la sinistra ha subito un sconfitta culturale prima ancora che politica, come sembrano dirci i milioni di voti ai 5 Stelle, che non sono solo meridionali, e – ciò che più conta – sono voti che per molti versi si incontrano agevolmente con gli altri milioni finiti all’estrema destra leghista. In genere si pensa a un regime anzitutto come repressione, ma è una visone miope. Un regime reprime, ma bada anche a costruire consenso, sterilizzare la conoscenza come potenziale arma di lotta e manipolare il pensiero. Se ignoro i miei diritti, se non li riconosco nemmeno come tali, non rifiuto lo sfruttamento, ringrazio lo sfruttatore e divento persino ostile a chi vuole combatterlo. All’inizio della storia del movimento operaio e socialista, i lavoratori salutavano e ringraziavano i loro carnefici, se elargivano “benefici” e li definivano “padri dei lavoratori”.
Torniamo al punto. E’ vero, università finanziate da adeguati investimenti dello Stato sono decisive per la crescita del tessuto sociale. Esse sono un irrinunciabile bene comune, che dovrebbe rendere possibile ciò che il giovane Gramsci chiese ai suoi coetanei, quando scrisse: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza”. Le cose però non stanno così. Noi vediamo subito – e perciò combattiamo – gli effetti macroscopici delle politiche neoliberiste: livelli di precarietà elevatissimi nell’area docente, sfiducia degli studenti e immatricolazioni che calano. L’Italia è l’ultimo paese europeo per percentuale di laureati, ma impone restrizioni al passaggio scuola superiore-Università; da noi le difficoltà economiche causano la rinunzia all’iscrizione e i numerosi abbandoni, ma la tassazione universitaria pubblica è più alta che altrove e abbiamo creato figure paradossali, quali gli “idonei non beneficiari”, giovani ai quali, cioè, si riconosce il bisogno di un sostegno che però non avranno. Il diritto allo studio è un’astrazione, l’università è indebolita dalla penuria dei finanziamenti, isolata dal contesto sociale, e inaccessibile ai ceti meno abbienti. La sua decadenza è tra le cause principali del decadimento culturale, etico e politico della Repubblica.
Ridotta così, va rifondata ma c’è un problema che in genere ci sfugge. Se diciamo Invalsi, molti di noi sanno che parliamo di assurdi criteri di valutazione e contro l’Invalsi lottiamo. Se diciamo Anvur, si tratta ancora di valutazione, una valutazione che è controllo sulla cultura, ma pochi lo sanno e non è facile difendersi. Eppure, così com’è, la valutazione della ricerca è una galera per i ricercatori. Non è un tema da tre soldi. Se non lo affrontiamo non assicureremo mai una formazione critica di alto livello, sottratta agli interessi delle imprese e alle loro logiche di corto respiro.
La formazione non è un corpo a sé. Il suo principio-guida è nella Costituzione, quando, mettendo ordine e armonia tra uomo, lavoro e società, essa dice che quest’ultima è fondata sul lavoro, ma la sovranità non appartiene al mercato, bensì al popolo. Solo seguendo questa bussola, l’Università, ad esempio, può insegnare che le risorse della natura non costituiscono un patrimonio a disposizione delle ragioni del profitto, ma fanno parte di un ecosistema che ha inviolabili equilibri e che dal loro rispetto dipendono la nostra vita e quella di chi abiterà la terra dopo di noi. Ma l’Università questo non può più farlo, perché, gli equilibri ambientali sono subordinati agli interessi economici.
Se le cose stanno così, si spiega il ruolo centrale svolto dall’Anvur: costruire sacerdoti del pensiero unico e che non hanno capacità di organizzare resistenza. Ecco la risposta alla domanda da cui siamo partiti. L’Anvur è un’agenzia che fa della quantità della produzione scientifica la misura della qualità di testi che le commissioni non leggono. Per l’Anvur, un lavoro vale se l’editore conta molto – meglio se straniero – se c’è chi lo cita –  gli anglosassoni sono i più quotati – se l’autore “produce” molto e partecipa a convegni internazionali. Grazie al criterio della «misurazione quantitativa», una commissione ha regalato una cattedra a una sorta di “speedy gonzales” che dalla laurea al concorso, in tredici anni, ha firmato otto saggi e “curato” nove libri; in quei tredici anni, moltiplicando il valore del tempo, come Cristo i pani e pesci, il giovane ha firmato due voci enciclopediche e trenta tra contributi in volume e articoli in rivista. A conti fatti, rigo più rigo meno, 200 pagine all’anno per tredici anni. Un impegno che non gli ha impedito di organizzare undici convegni, dire la sua in ventinove simposi e festival nazionali, dodici seminari e workshop internazionali, svolgere il ruolo di revisore per valutare «prodotti di ricerca» su riviste italiane ed estere, presentare quattro progetti di rilevanza nazionale e internazionale e, dulcis in fundo, trovare modo di partecipare alle attività di otto comitati scientifici. La commissione che non ha letto alcun libro dell’enfant prodige, non s’è posta la domanda cruciale: quanto tempo il candidato ha potuto dedicare alla ricerca?
A che serve questo meccanismo e quali effetti produce sull’insegnamento? Perché l’Anvur con la sua logica produttivistica impone alla ricerca vincoli temporali, se i progetti di qualità richiedono spesso anni di lavoro e tutti sanno che il valore reale della ricerca è la qualità, che si misura in base alla metodologia, all’originalità, alla capacità innovativa e alla ricchezza creativa. La risposta è semplice: l’Anvur sa che il legame forte tra “grandi editori” e “baroni” che ne dirigono le collane e scelgono i testi da pubblicare, impedisce ai ricercatori di occuparsi di alcuni indirizzi di ricerca. Se studio gli anarchici, non pubblico le mie ricerche e non vinco concorsi. Di conseguenza studierò altro e nessuno insegnerà più il significato e il valore storico dell’anarchia. Se voglio occuparmi di salute mentale e seguire la scuola di Basaglia e Piro, non ho speranze di ottenere cattedre con le mie ricerche perché non trovo editori. O rinuncio o batto la via farmacologica. La conseguenza è una salute mentale che torna a soluzioni repressive, narcotici e letti di  contenzione e una università dai cui insegnamenti sparisce l’esperienza di psichiatria democratica e del disagio come male sociale.
Potremmo continuare, ma è ormai chiaro. Valutare per controllare, significa imporre dall’esterno “obiettivi di valore” che ispirano periodiche verifiche della qualità dell’insegnamento; significa creare docenti che tutelano potere e mercato. Significa decidere cosa dicono i libri di testo. E’ questo meccanismo che rende apatico lo studente, impreparato e subordinato il docente, ormato al pensiero dominante. E’ da qui che occorre partire, per capire e cambiare davvero. Se il pensiero è sotto stretto controllo, se i giovani che si danno alla carriera universitaria devono rinunciare a fare ricerca su argomenti sgraditi al potere, la minaccia non grava sugli studenti è direttamente rivolta contro la libertà della Repubblica.

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labirinto-3-300x165Basta chiacchiere su Di Maio che come lavoro fa il ministro del lavoro. Paoletti che lo ha preceduto non ha mai lavorato. Basta parlare del vanesio curriculum di Conte. La Fedeli da ministro dell’università aveva solo la terza media anche se aveva detto di essere laureata. 
Non dimentichiamoci dei conflitti di Boschi e Renzi. 

Di certo la composizione dei governi precedenti non era migliore e Renzi era un non-eletto proprio come Conte.
Vorrei valutare l’operato del governo appena eletto in base a ciò che effettivamente farà. Non è l’inesperienza e l’approssimatività che mi preoccupa ma è la cultura fascista della Lega, sono i proclami xenofobi e omofobi di alcuni ministri che mi danno il voltastomaco, ma anche su questo aspetterò di valutare i fatti.
C
redo che la gabbia sia stretta e anche i più protervi boriosi non riusciranno a fare molti danni come non riusciranno a fare cose buone.
In ogni caso sono pronto ad oppormi, per quel che posso, ad ogni azione che vada contro gli interessi della collettività…. e so che saremo in tanti a farlo”.

Sono le poche, rare e perciò preziose parole intelligenti e intellettualmente oneste che ho letto in questi giorni. Per quanto mi riguarda, a Boschi e Renzi aggiungo Minniti, che pare svanito nel nulla, come non avesse mai firmato il decreto fascista sul decoro urbano. Tra poco lo troverò tra i santi protettori della democrazia.
Ci sono molte cose terribili e nauseanti che mi preoccupano in questi giorni cupi. Tra queste, non ultima, l’orgia di resistenzialismo messa in campo in due giorni e i rischi che corriamo andando all’assalto di pericolosi fantasmi, senza preparazione e ancora senza ragioni più serie di quelle che avremmo avuto negli ultimi anni, quando non suonava l’allarme rosso. La metà dell’odio che vedo montare dalla “mia” parte e che si contrappone con pari intensità e – temo – irresponsabilità a quello generato dal capo leghista, avrebbe spazzato via il PD in tempo per impedire a Salvini e Di Maio di avere una maggioranza in Parlamento…
Forse la cosa più grave è questa, ma noi non ce lo diciamo: milioni e milioni di persone li hanno votati. E non veniamo da olio di ricino e manganellate. No, veniamo dai morti ammazzati da Minniti e dai lavoratori suicidati da Monti e Fornero.
Ho visto molto più fascismo in quegli anni, che in questi tre giorni, ma pare che la storia si sia fermata e la memoria rattrappita. Ormai alle spalle abbiamo solo tre mesi. Il resto è stato solo un mio incubo notturno.

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