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Posts Tagged ‘bolscevichi’

2014_11_07_bagnoliLeggo un articolo dei miei giovani amici del Collettivo Autorganizzato Universitario e lo trovo ineccepibile. Ci accusano di essere conservatori e pensano così di intimidirci, metterci in difficoltà, confonderci e chiuderci in un angolo. E’ gente che vale poco, come poco o nulla vale Renzi, che gli fa da battistrada. Oggi mi sento sinceramente conservatore e non faccio fatica a dirlo: io sono fermamente deciso a conservare quel tanto di diritti che ancora sopravvivono, deciso a conservare il mio odio di classe, deciso a conservare intatta la mia onestà intellettuale contro la disonestà culturale e morale del progressismo che è la quintessenza dell’astrazione.
Progredire di per sé non significa andare verso scelte positive. Quello che conta non è la direzione di marcia, ma il sistema di valori di riferimento. Se la civiltà arretra di fronte alla barbarie, si progredisce solo arretrando. Chi assume i valori liberali e liberisti, va nella stessa direzione dei massacratori della Comune, degli spettri del ’98, dei modernizzatori alla Mussolini e dei cialtroni che lasciarono crescere il nazismo, per scagliarlo contro i bolscevichi. Per Mussolini e i suoi squadristi, Gramsci era un conservatore. Lo scrissero e Io sostennero in mille articoli e, a dar retta ai benpensanti borghesi, il progresso riposava nelle Corporazioni e la conservazione era rappresentata – proprio come oggi – dal sindacato di classe conflittuale. Io sono apertamente sovversivo, come lo erano Gramsci e gli antifascisti. In un regime che rinnega addirittura i valori borghesi affermati nella Costituzione e cancella dal suo panorama culturale persino Montesquieu, io sono bandito come i partigiani. Il progressismo di Marchionne lo lascio agli analfabeti travestiti da storici, ai ladri di cattedre, ai mercanti di carriere, a chi ha moltiplicato i posti del ruolo ordinario nelle università come fossero pani e pesci. Ladri travestiti da intellettuali, miserabili, che ci fanno la morale con la destra, mentre con la sinistra riscuotono la paga dai padroni sfruttatori. 
Io sono sovversivo perché non c’è altro modo che la violenza dichiarata e di massa per mettere al muro i responsabili della tragedia di un’intera generazione. A me le parole non fanno paura: se il progressismo è quello di Cesare, io sono Bruto; se il progressismo è quello delle brioches di Maria Antonietta, io ricorro alla ghigliottina; se il progressismo si nutre dei valori della Belle Epoque, prepara una guerra feroce e si ritiene al sicuro, arroccato com’è nel Palazzo d’Inverno, io sono così conservatore, che mi schiero con i giacobini e i bolscevichi e sono deciso a diroccare la Bastiglia e a portare il ferro e il fuoco negli stucchi e negli ori di Pietroburgo. Io odio la violenza, ma non accetto di subirla inerte. Perciò oggi sono orgogliosamente conservatore. Conservo il mio diritto alla legittima difesa.

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La logica, se di logica si può parlare senza coprirsi di ridicolo, è quella dello Stato autoritario o, se preferite, di una repubblica delle banane. Gli estremi spesso si toccano e Fabio Garagnani, con la sua criminale proposta, conferma la regola: “Professori politicizzati sospesi per 3 mesi“.
Ognuno la prenda come vuole. Chi spera in un miracolo che non verrà, chi si trincera dietro il “delirio” di una minoranza di estremisti che forza le regole del gioco, per affidarsi ai lamenti generosi e impotenti del Capo dello Stato, si accomodi. Meglio sarebbe però dirsi le cose per quelle che sono e regolarsi di conseguenza. E’ ora di piantarla. Siamo stanchi di subire e non abbiamo paura.

La proposta di Fabio Garagnani è una sfida aperta a ogni idea democratica della politica, così come la concepirono non i bolscevichi di Zinoviev, ma i borghesi di Montesquieu. In quanto tale, è una sfida persa in partenza, che un politico vero non si sarebbe azzardato a lanciare. Un politico, anche il più mediocre, sa bene che l’uso e la scelta delle parole sono di per sé, ad un tempo, uno strumento ineludibile di formazione e una questione profondamente politica. Per spiegare ai suoi studenti cosa sia una moderna dittatura, un buon professore non farà certo il nome di Berlusconi; parlerà a lungo e in maniera ineccepibile di storia e diritto romano. Zola col suo “j’accuse” sarà più che sufficiente, perché una classe intenda cosa sia il razzismo. Garagnani dovrebbe saperlo e se non lo sa lo impari: lo Spilberg non poté impedire che Pellico costasse all’Austria più di una guerra perduta; i famosi, mussoliniani vent’anni in cui il cervello di Gramsci non avrebbe dovuto pensare, videro nascere le pagine di quei “quaderni” che ancora oggi inchiodano il fascismo alla colonna infame dei suoi crimini, fanno argine contro ogni tentativo autoritario e spiegano a chi voglia capirlo cosa sia stato nel nostro paese quel comunismo di cui Berlusconi ciarla e straparla.

Il pensiero non s’ingabbia. C’è, nella libertà d’insegnamento, la forza pacifica e incoercibile che invano gli ateniesi provarono a spegnere con la cicuta imposta alla suprema dignità di Socrate. Ci sono Foscolo, che umiliò col rifiuto l’arroganza asburgica, pronta comprarne l’animo libero, e morì nella miseria londinese lasciando incancellabile il suo testamento: “io professo letteratura“. Non basterebbe all’illusa prepotenza di Garagnani eliminare Dante dalla scuola. Messo a tacere quel suo invito alla rivolta del pensiero – “nati non fummo a viver come bruti” – si troverebbe dinnanzi l’ironico e tagliente Catullo: Nil nimium studeo, Caesar, tibi velle placere, / nec scire utrum sis albus an ater homo. Non m’interessa nulla di poterti piacere, Cesare, né di sapere se tu sia un uomo bianco o nero.

Il sapere è libero e la libertà è politica. Se il partito di Garagnani è autoritario e illiberale, torni a scuola e ricominci a studiare.

Uscito su “Fuoriregistro” il 12 maggio 2011 e su “il Manifesto” il 17 maggio 2011

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