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La notizia è stata diffusa da giornali e telegiornali nazionali: una docente “non vaccinata” avrebbe dato origine a un focolaio di Covid in una scuola di Bologna. Sul Fatto quotidiano si legge il seguente titolo: “Docente non vaccinata (ma on green pass): focolaio in una scuola a Bologna, 300 studenti tornano in dad”. Sulle pagine bolognesi del Corriere della sera: “Scuola, prof non vaccinata: focolaio a Bologna. Trecento studenti in Dad. La docente insegna all’istituto comprensivo «Farini» con regolare green pass ottenuto con i tamponi: la vicenda riguarda 12 classi sulle 22 che compongono la scuola”. Sinteticamente e icasticamente (la colpevole è senz’altro la professoressa non vaccinata) la notizia veniva presentata il 24 ottobre anche ai telespettatori del TG3.
Va da sé che la certezza che il focolaio sia partito dalla “docente non vaccinata” si classifica tra le idiozie faziose, che sono, fra le cose sciocche, quelle della peggiore specie, poiché tendono ad identificare – senza alcuna prova (altro che habeas corpus!) un colpevole, un reprobo, un reo su cui rovesciare l’indignazione generale. Sul sito della scuola apprendiamo che la secondaria di I grado “Farini” ha 21 classi (una in meno di quelle segnalate dal Corriere): poniamo una media di 20 alunni per classe ed arriviamo a più di quattrocento minori NON VACCINATI.
Ora, in questa massa di ragazzini potenzialmente tutti contagiosi e/o contagiati, individuare nella docente con regolare green pass l’untrice che diffonde il morbo ci sembra deprecabile. Quali prove si possono portare per avallare questa ipotesi? Dov’è finita la tolleranza verso la scelta di non vaccinarsi (e di sottoporsi quindi ad una media di tre tamponi a settimana)? Sono queste le cose che ci parlano di una società profondamente conformista, in cui il dissenso assai discutibile di minoranze no-vax segnate politicamente trova poi terreno fertile ed appoggio anche da parte di persone comuni, stanche di essere criminalizzate per una loro legittima scelta.
A scuola si è fatto ben poco per garantire la sicurezza sanitaria: con la benedizione del CTS, il distanziamento di un metro si pratica soltanto “se possibile”, l’areazione dei locali viene garantita non da appositi sistemi ma dall’apertura (se possibile) di porte e finestre, le classi sono sempre affollate. In queste condizioni scaricare la “colpa” della diffusione del contagio sul 5% scarso di personale non vaccinato (ma regolarmente sottoposto a tampone) ci sembra un deprecabile atto di intolleranza.

Giovanna Lo Presti – portavoce Cub scuola

Fuoriregistro, 27 ottobre 2121

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SAM_3053In vista della manifestazione napoletana del 14 aprile, Assieme a un articolo sulla scandalosa vicenda del debito che si vuole far pagare alla città di Napoli, generosamente ospitato da Fuoriregistro, riporto le parole scritte poche ore fa da Luigi De Magistris, che rappresenta e amministra la città.
Lo faccio perché deve esser chiaro che la battaglia in corso non riguarda semplicemente l’Amministrazione, ma è la prova concreta delle conseguenze terribili dell’autoritarsimo neoliberista e allo stesso tempo il segnale forte della resistenza tenace e probabilmente inattesa della popolazione.
Ecco l’articolo di fuoriregistro.
Di seguiito, poi, le parole del sindaco:

Sabato alle 22.30, vigilia di Pasqua, abbiamo approvato in Giunta il bilancio di previsione 2018 del Comune. E’ stato un lavoro durissimo, quasi impossibile. Sui conti del nostro Comune, già falcidiati da tagli per oltre un miliardo di euro, bloccati da gabbie normative e vincoli finanziari, hanno scagliato contro come meteoriti istituzionali due debiti dello Stato a gestione commissariale: uno di circa 100 milioni per un debito post-terremoto 1980 vantato dal consorzio CR8 ed uno di circa 50 milioni per il debito UTA derivante dall’emergenza rifiuti. Quest’ultimo beffardo se si pensa che la nostra amministrazione è quella che ha eliminato subito l’emergenza rifiuti distruggendo anche il sistema fondato sui rapporti tra camorra, affari e politica.La Città già paga la tassa sui rifiuti al massimo per gli anni dell’emergenza rifiuti, ora ci fanno pagare anche il debito del commissariamento. Il debito del terremoto è ancora più clamoroso. Lo Stato non paga il debito per i lavori post-terremoto del 1980, il creditore pignora le casse del Comune e non quelle del Governo, le nostre casse vengono bloccate per un anno, siamo costretti a pagare gli interessi per non morire, la Corte dei Conti applica una sanzione, in maniera infondata ed illogica, pari al valore del debito – circa 100 milioni – non allo Stato, ma al Comune ! Le vittime dell’usura di Stato vengono anche condannate, a pagare due volte + interessi. Ma non è finita qui. Ad appena 48 ore dalla scadenza del termine perentorio per approvare il bilancio in Giunta – pena lo scioglimento del Consiglio Comunale, la decadenza del Sindaco e l’arrivo di un altro Commissario – la Corte dei Conti ci notifica le motivazioni della Sentenza. Ancora una volta con un contenuto senza precedenti. Sempre a Napoli. Non entro ora nel tecnico per non appesantire la lettura, ma già fare un bilancio era impresa assai ardua, dopo la notifica delle motivazioni appare impossibile, o quasi. I vertici amministrativi del Comune, unitamente al mio Capo di Gabinetto, il Colonnello Auricchio, vengono nel mio Ufficio e mi prospettano quattro scenari, uno più drammatico dell’altro. il primo: gli effetti della sentenza sono quelli di provocare lo scioglimento del Consiglio Comunale, il bilancio non si riesce a chiudere, o comunque ci proveremo, mi dicono, ma il prezzo sarà altissimo. Il secondo: dichiarare il dissesto. Si congelano le procedure esecutive dei creditori, ma gli effetti sono devastanti: blocco di tutto, arretramento dello sviluppo della Città. Il terzo: per provare a fare il bilancio dobbiamo tagliare spese fondamentali e vendere gioielli della Città. Tra i tagli, nel foglio lacrime e sangue che mi sottopone il bravissimo Ragioniere del Comune, trovo l’eliminazione della refezione scolastica da settembre, il dimezzamento delle spese per il welfare, la contrazione del salario ai lavoratori, altra sequela di macelleria sociale.Oltre la vendita di beni monumentali ed anche lo stadio San Paolo. Il quarto: per evitare la macelleria sociale l’alternativa è la messa in liquidazione dell’azienda del trasporto pubblico ANM in quanto la funzione spetta alla Regione Campania e data la situazione drammatica non possiamo più sostenere il peso economico del nostro enorme contributo. Il quadro è drammatico. Non si deve perdere lucidità, nè lasciarsi andare alla depressione o alla rabbia, mi assumo, quindi, la responsabilità, da comandante della nave in tempesta forza 10, di far predisporre il bilancio in quanto grida vendetta andare in dissesto per un debito del 1981; di non praticare la macelleria sociale in quanto la Città, il popolo napoletano e, soprattutto, i più deboli non possono subire questa ingiustizia per colpa dello Stato. La soluzione che sembra prefigurarsi, nelle prime ore del countdown, è quella di far espletare alla Regione la funzione del trasporto che per legge le compete. Napoli è l’unica Città italiana che paga un contributo sul trasporto pubblico pari a quello della Regione, quando in Lombardia, Piemonte e Lazio – con capoluoghi ben più ricchi – grava il peso economico soprattutto sulle Regioni. Ma non mi voglio rassegnare, fa rabbia rinunciare alla nostra azienda che stiamo provando, tra mille difficoltà, a rilanciare. Siamo tutti al lavoro, senza un attimo di sosta ed alle 3 del mattino – nella notte tra venerdì e sabato – il miracolo laico. Grazie alla grande squadra che si è formata in questi anni al Comune riusciamo a realizzare il miglior bilancio possibile in condizioni proibitive. Un bilancio per l’anno 2018 senza tagli, senza mettere in liquidazione ANM, senza cedere i gioielli della Città, anche se costretti a mettere a garanzia per l’usura di Stato alcuni immobili che faremo di tutto per non vendere se si creeranno determinate condizioni amministrative, giuridiche e normative alle quali dobbiamo lavorare. E’ ormai evidente che la Città in questi anni è stata attaccata più volte da settori della politica e delle Istituzioni. La politica che il voto popolare ha cacciato dal’amministrazione della Città, dandomi l’onore e l’onere di guidare Napoli che amo senza limiti, non ha mai accettato di non poter più mangiare e fare affari. Ci vogliono fare fuori da sette anni. Fanno ancor più male, però, alcuni proiettili istituzionali, taluni dei quali anche perfidi, particolarmente ingiusti ed inaccettabili. Abbiamo superato il limite della sopportazione istituzionale. L’ingiustizia e la cattiveria con cui si sta attaccando la Città, il suo popolo – in quanto sugli abitanti ricadono gli effetti delle ingiustizie – e chi ha il diritto di amministrarla senza essere costantemente bersaglio di armi non convenzionali, devono trovare immediata riparazione. A chi ci vuol far morire con violenza politica e/o istituzionale senza precedenti in Italia – nessun Comune si tenta di far cadere usando un debito di cento milioni dello Stato del 1980 – risponderemo non con la loro violenza istituzionale e con la loro ingiustizia, ma con l’amore per la nostra Città e con la ribellione democratica alle ingiustizie. La legalità formale del potere costituito intriso di ingiustizia è solo un avvelenamento lento, ma mortale, della democrazia. Con gli arnesi delle officine di un potere formale senza Giustizia e contro Costituzione si è arrivati ad un passo da far crollare istituzionalmente, socialmente ed economicamente la terza Città d’Italia, dopo quello che Napoli – senza soldi – sta facendo per il Paese: dalla lotta alla corruzione e alla mafia, dalla cultura al turismo, dai giovani alla sua economia. La lotta si arresterà appena sarà eliminata questa vergogna senza fine del debito storico che non appartiene a questa Città e che non è stato contratto dal suo Popolo o dai suoi rappresentanti, non appena avremo la certezza che la sanzione non sarà applicata oppure che verranno eliminati tutti gli effetti, solo quando Napoli potrà godere di quelle condizioni di giustizia, parità ed imparzialità di cui finora non ha beneficiato. La pazienza è finita, ora metteremo in campo tutte le azioni necessarie – nessuna esclusa – perchè in queste ore ho visto davanti ai miei occhi sfilare le vittime della macelleria sociale ed economica a cui volevano condannarci per colpe di altri e per distruggere una Città che, finalmente, si sta riscattando con onestà, orgoglio, passione, umanità e forza. Con i suoi errori, ma con le mani pulite. Questa battaglia si vincerà soprattutto grazie all’unità del Popolo napoletano. Sono certo che uniti vinceremo. Abbiamo fatto un lavoro immane in queste ore, siamo stremati, ma sono fiero della nostra squadra. Adesso, tutti insieme, nessuno escluso, per combattere la battaglia democratica per conquistare – presso il Parlamento, il Governo e la Regione – i nostri diritti.

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Potere al popoloGentile Redazione,

la televisione di Stato, quella che tutti i cittadini pagano perché sia servizio pubblico e ci informi con imparzialità, ha deciso che nell’ultima settimana di campagna elettorale non darà la parola agli esponenti dell’unica novità presente nel panorama politico italiano in occasione delle elezioni politiche di marzo. Si tratta della lista di “Potere al Popolo“, l’unico nuovo movimento in campo, che gode dell’appoggio di forti formazioni della sinistra europea, quali Podemos in Spagna, la France Insoumise di Melenchon in Francia e i laburisti inglesi guidati di Corbin; una formazione, insomma che può essere un riferimento per i tanti elettori di sinistra che non votano più, perché non si sentono rappresentati. L’unica forza politica che, tra l’altro, ha in programma l’abolizione dell’INVALSI e dell’ANVUR, le famigerate agenzie di valutazione che stanno distruggendo la Scuola pubblica e l’Università.
Siamo al punto che moltissimi elettori non conoscono nemmeno l’esistenza della nuova formazione politica e non hanno mai visto il suo simbolo. Eppure Potere al Popolo, unica fra tutte le liste che partecipano alle elezioni, ha raccolto le firme prescritte da una legge liberticida ed è presente in tutti i collegi del territorio nazionale.
Quale che sia la ragione di questa congiura del silenzio, in nome della libertà d’informazione e della democrazia, vi chiediamo pertanto di far conoscere ai vostri lettori il nostro simbolo e di pubblicare un intervento di Viola Carofalo, nostra portavoce nazionale, andato in onda giorni fa su Rai2, che ci può presentare a quei cittadini che non sono nemmeno a conoscenza della nostra esistenza.
Ecco l’intervento di Viola Carofalo:

https://poterealpopolo.org/viola-carofalo-a-conferenza-stampa-di-rai-2/

Grazie dell’ospitalità e buon lavoro.
Potere al Popolo

 

Fuoriregistro , e Agoravox, 27 febbraio 2018

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Un ormai lontano 27 gennaio nelle parole scritte per Fuoriregistro.  Anche la critica alla “memoria di Stato” è ormai memoria e mi piace poter dire a me stesso che non modificherei di una virgola ciò che scrissi. Avevo e ho di Napolitano una pessima opinione e di ministri come Mastella conservo immutato il disgusto più profondo.

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Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica grazie al voto di deputati che nessuno ha mai eletto – i precedenti di questo Parlamento vanno cercati nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni – s’è nominato paladino ritardatario della Shoa e difensore d’ufficio del sionismo. Va bene così. Ho fondati motivi per temere che non durerà ancora molto, ma per il momento ognuno è libero di esprimere le sue opinioni e ne approfitto per ricordare a Napolitano come, grazie all’amnistia firmata da Palmiro Togliatti, segretario del suo partito politico, la stragrande maggioranza degli italiani responsabili dell’Olocausto l’hanno fatta franca. Non so se ne ha memoria, ma mi creda, persino i firmatari del “Manifesto degli scienziati razzisti“, pubblicato in pompa magna sul “Giornale d’Italia” il 14 luglio 1938, transitarono senza difficoltà dalle cattedre delle università fasciste a quelle repubblicane. Sabato Visco c’era ancora nel 1963, Eduardo Zavattari nel 1958, Nicola Pende nel 1955.
E qui mi fermerei per carità di patria, se il Presidente non ci avesse intimato di dimenticare le responsabilità del sionismo e non fossi preso dal timore di dover imparare ad esaltare o rifiutare “ope legis“, così come per legge si va ormai decidendo quello che occorre ricordare o dimenticare. Le mie opinioni politiche riguardano la mia coscienza e sono vincolate solo dalla legalità costituzionale che tutela la libertà di espressione del pensiero e quella d’insegnamento. La mia generazione non ha atteso il 2006 per esprimere la sua condanna irrevocabile delle aggressioni sovietiche: quando Napolitano e molti altri tacevano io e tanti come me, che oggi ritengono assolutamente inaccettabile il martirio della Palestina, facemmo sentire la nostra voce e uscimmo dal Pci. Oggi come allora, alta e libera deve poter salire la nostra protesta per Beirut massacrata, la Palestina martirizzata, per Guantanamo torturata e per tutto ciò che sarà domani la memoria di oggi. Il male non si combatte calendario alla mano, nei giorni deputati all’uso pubblico della storia. Il ministro Mastella faccia le leggi che vuole – leggi erano pure quelle fasciste – ma chi è abituato a star zitto quando conviene, non ci ridurrà a pecore obbedienti e non otterrà di farci tacere criminalizzandoci e minacciandoci.
Fosse vivo oggi Primo Levi – l’ha ucciso la repellenza per l’ipocrisia – ripeterebbe ciò che disse anni fa, di fronte al Libano massacrato, a un giornalista che chiedeva: “Qual è la lacerazione più profonda che provano oggi gli ebrei davanti a quello che accade in Libano?“. La lacerazione, egli rispose, “è tra l’immagine che ci eravamo costruiti dello Stato d’Israele (e cioè di essere il paese oasi, il paese della ricostruzione della nazione ebraica) e, invece, la nuova evoluzione, in senso militarista, in senso larvatamente fascista. Si trattava di ridare un centro non solo geografico, ma anche culturale, all’ebraismo mondiale. Adesso stiamo assistendo al prevalere delle istanze nazionaliste in senso aggressivo“.[1]. Che farebbe Mastella? Ne chiederebbe l’arresto? E che senso hanno di fronte ad un uomo di tale statura, di fronte alla sua tragica testimonianza, le parole del Presidente della Repubblica?
Lo dico apertamente: non vorrei essere nei panni degli storici che verranno. Cosa potranno dire di noi, a cosa si appiglieranno per giustificare la vergogna in cui sprofondiamo? Quando avranno di fronte le leggi dei nostri Parlamenti, le dichiarazioni dei nostri politici, le cronache dei nostri giornali in questi primi anni del nuovo secolo, si chiederanno invano dove sia finita l’intelligenza critica della nostra gente. Alla fine della guerra libica Salvemini ebbe lucidamente a domandarsi: “Non esistevano, dunque, in Italia studiosi seri e coscienziosi? Che cosa facevano gli insegnanti universitari di geografia, di storia, di letterature classiche, di diritto internazionale, di cose orientali? Credettero anch’essi alle frottole dei giornali? E se non ci credettero, perché lasciarono che il paese fosse ingannato? Oppure considerarono la faccenda come del tutto indifferente per la loro olimpica serenità?“.[2] Non fece a tempo a cercare risposte: seguirono a ruota la “Grande guerra” e il fascismo.

Note

1) Primo Levi, “La Repubblica”, 28 giugno 1982
2) Gaetano Salvemini in AA. VV., Come siamo andati in Libia, La Voce, Firenze 1914, p. X.

Da Fuoriregistro, 27 gennaio 2007

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logopiccoloFuoriregistro deve a Domenico Starnone e al suo fortunatissimo romanzo l’idea del titolo e l’ambizione di raccontare la scuola attraverso la cronaca dei fatti, comici o drammatici, minuti o terribili che ne scandiscono l’agire quotidiano, e la libera espressione dei pensieri o delle emozioni che li accompagnano. Passione, sdegno, rabbia, delusione o entusiasmo, vengono condivisi dentro uno spazio che vuole prima di tutto essere d’ascolto e di comprensione delle reciproche ragioni e delle differenti prospettive, alla ricerca di un autentico dialogo. Non ci sono requisiti particolari per la collaborazione, se non il desiderio di costruire una scuola, pubblica, in grado di accogliere tutti e ciascuno e a tutti e a ciascuno offrire una significativa opportunità di crescita e di sviluppo.

Nel suo duplice aspetto di pagina web e newsletter settimanale, la rivista ha ospitato e ospiterà testimonianze personali, informazioni, notizie, comunicati, appelli, proposte didattico-educative, riflessioni sui modelli pedagogici o sociali, giudizi sui percorsi di riforma o sulle scelte politiche da cui traggono origine, tutto quanto, insomma, dentro la scuola costituisce occasione di dibattito e confronto tra le sue componenti, che cercano consapevolezza critica e perseguibili ipotesi di cambiamento.

Nel tempo, la rivista ha cambiato veste e struttura, curando sempre con particolare attenzione l’aspetto partecipativo.

Nelle sezioni dello Spazio aperto chiunque sia interessato può proporre interventi di vario genere: se si tratta di opinioni sulla scuola verranno inserite nella Galassia dedicata, se si tratta di altro in Grandangolo.

Nelle rubriche, la rassegna Notizie dal fronte offre spunti di riflessione sugli avvenimenti scolastici; la nuova sezione In classe è aperta invece ad esperienze più strettamente didattiche, in un’ottica di scambio professionale tra docenti e/o studenti.

In Bacheca potrete segnalare eventi, iniziative, proposte o siti di particolare interesse, recensioni di libri, film, mostre o spettacoli.

Noi della Redazione ci riteniamo a nostra volta “lettrici e lettori”, “collaboratrici e collaboratori” e, come tali, ci assumiamo individualmente la piena responsabilità di quanto scriviamo o proponiamo. Il nostro lavoro, pur con i limiiti di un impegno volontario, è finalizzato a favorire la libera espressione, lo scambio e la circolazione delle idee, nel rispetto delle normative editoriali e di un comportamento comunicativo corretto.

Tutti i materiali prodotti sono esportabili, purché non apportino modifiche sostanziali, non abbiano scopo di lucro e non dimentichino la citazione della fonte.

I contributi inviati e pubblicati entrano a far parte dello storico della rivista in modo duraturo e incancellabile, proprio per il loro valore di, piccoli o grandi, documenti.

Nell’augurarci che la nuova impaginazione faciliti la navigazione e la scoperta di tutto il sito, vi invitiamo a suggerirci integrazioni o modifiche che ritenete utili a rendere ancor più condivisa questa piccola esperienza di rivoluzione.

Articoli e segnalazioni di ogni genere vanno inviati, preferibilmente, attraverso il modulo on-line.
La redazione risponde al seguente indirizzo: redazione_fuoriregistro@yahoo.it.

Redazione: Giuseppe Aragno, Emanuela Cerutti, Francesco Di Lorenzo, Maurizio Guercio
Direttore responsabile: Luciano Scateni
Registrazione Tribunale di Frosinone n. 324 del 08.07.2005

Newsletter del 13 marzo 2016

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logopiccoloFuoriregistro deve a Domenico Starnone e al suo fortunatissimo romanzo l’idea del titolo e l’ambizione di raccontare la scuola attraverso la cronaca dei fatti, comici o drammatici, minuti o terribili che ne scandiscono l’agire quotidiano, e la libera espressione dei pensieri o delle emozioni che li accompagnano. Passione, sdegno, rabbia, delusione o entusiasmo, vengono condivisi dentro uno spazio che vuole prima di tutto essere d’ascolto e di comprensione delle reciproche ragioni e delle differenti prospettive, alla ricerca di un autentico dialogo. Non ci sono requisiti particolari per la collaborazione, se non il desiderio di costruire una scuola, pubblica, in grado di accogliere tutti e ciascuno e a tutti e a ciascuno offrire una significativa opportunità di crescita e di sviluppo.

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Newsletter 6 marzo 2016

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Un bellissimo commento giunto poco fa da una collega per replicare a un dirigente scolastico che aveva commentato un articolo, cantando le lodi di Renzi su “Fuoriregistro”:
In bocca al lupo a Matteo Renzi che vuol fare una delle cose più difficili in Italia: cambiare la scuola, migliorare l’edilizia scolastica, premiare il merito, in un contesto dove si boicottano le prove Invalsi e come sempre si minaccia di bloccare gli scrutini!
Volere la buona scuola e attuarla sarà il compito di tutti coloro che alla scuola ci credono!
Francesco Semeraro, dirigente scolastico in pensione dal 1/9/2010″.

Potrà insistere quanto vuole il DS Semeraro, la collega lo ha fulminato:

In bocca al lupo ai nostri ragazzi. Per cambiare la scuola occorrono almeno tre qualità: cultura, onestà intellettuale e capacità di governo. Renzi è un analfabeta, sia sul piano delle conoscenze che dei valori; è molto disonesto intellettualmente, come ha dimostrato ampiamente in mille occasioni senza lasciare spazio a dubbi (e cito per tutte la vicenda Letta); in quanto alle capacità di governo, è riuscito a fare peggio di Berlusconi e pareva davvero impossibile.
Credere nella scuola? Anche Gentile ci credeva. Ciò non toglie che ne costruì una fascista, classista e nemica dei lavoratori
”.

Brava Cristina!

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Buona giornata e buona lettura da “Fuoriregistro

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clip_image002E’ difficile far vivere un’idea di scuola libera in un paese sempre meno libero. Tra mille difficoltà Fuoriregistro con le sue ormai classiche tre scimmiette ci prova da anni e un qualche segno di sé, negli anni, lo ha certamente lasciato. Naturalmente questo non vuol dire che tutti conoscano la rivista. E’ il caso perciò di parlarne e di presentarla.

Fuoriregistro deve a Domenico Starnone e al suo  fortunatissimo romanzo l’idea del titolo e l’ambizione di raccontare la scuola attraverso la cronaca dei fatti, comici o drammatici, minuti o terribili che ne scandiscono l’agire quotidiano, e la libera espressione dei pensieri o delle emozioni che li accompagnano. Passione, sdegno, rabbia, delusione o entusiasmo, vengono condivisi dentro uno spazio che vuole prima di tutto essere d’ascolto e di comprensione delle reciproche ragioni e delle differenti prospettive, alla ricerca di un autentico dialogo. Non ci sono requisiti particolari per la collaborazione, se non il desiderio di costruire una scuola, pubblica, in grado di accogliere tutti e ciascuno e a tutti e a ciascuno offrire una significativa opportunità di crescita e di sviluppo.
Nel suo duplice aspetto di pagina web e newsletter settimanale, la rivista ha ospitato e ospiterà testimonianze personali, informazioni, notizie, comunicati, appelli, proposte didattico-educative, riflessioni sui modelli pedagogici o sociali, giudizi sui percorsi di riforma o sulle scelte politiche da cui traggono origine, tutto quanto, insomma, dentro la scuola costituisce occasione di dibattito e confronto tra le sue componenti, che cercano consapevolezza critica e perseguibili ipotesi di cambiamento.
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Nelle sezioni dello Spazio aperto chiunque sia interessato può proporre interventi di vario genere: se si tratta di opinioni sulla scuola verranno inserite nella “Galassia” ad essa dedicata, se si tratta di altro in “Grandangolo“.
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In “Bacheca” potrete segnalare eventi, iniziative, proposte o siti di particolare interesse, recensioni di libri, film, mostre o spettacoli.
Noi della Redazione ci riteniamo a nostra volta “lettrici e lettori”, “collaboratrici e collaboratori” e, come tali, ci assumiamo individualmente la piena responsabilità di quanto scriviamo o proponiamo. Il nostro lavoro, pur con i limiti di un impegno volontario, è finalizzato a favorire la libera espressione, lo scambio e la circolazione delle idee, nel rispetto delle normative editoriali e di un comportamento comunicativo corretto.

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Nell’augurarci che la nuova impaginazione faciliti la navigazione e la scoperta di tutto il sito, vi invitiamo a suggerirci integrazioni o modifiche che ritenete utili a rendere ancor più condivisa questa piccola esperienza di rivoluzione.

Articoli e segnalazioni di ogni genere vanno inviati, preferibilmente, attraverso il “modulo on-line”. Direttore responsabile è Luciano ScateniLa redazione, composta da Giuseppe Aragno, Emanuela Cerutti, Francesco Di Lorenzo e Maurizio Guercio,  risponde all’indirizzo redazione_fuoriregistro@yahoo.it.

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ImmagineIl laboratorio di metodologia della ricerca e sperimentazione di una didattica della storia, di cui sono stato ideatore ed esperto esterno, ha operato presso il Liceo Classico “Adolfo Pansini” di Napoli dal 2002 al 2011, grazie al prezioso lavoro delle colleghe Arianna Anziano, Luciana Blasi, Bianca Giuanquitto, Maria Palumbo ed Evelina Violini. Ne sono nati cinque saggi, scritti dagli studenti che hanno partecipato all’esperienza e pubblicati dagli editori Ferraro e La città del Sole nella collana “I Quaderni del Pansini”. Tutto iniziò con una visita al preside, Salvatore Pace, al quale esposi il progetto. Benché sconcertato, il preside, che non mi conosceva, ne parlò ai docenti. Si formò così il gruppo che realizzò poi il laboratorio. Propongo ai lettori, con una punta di nostalgia, il testo del progetto, ritrovato per caso, mentre riordinavo vecchi documenti. Le difficoltà in cui versa la scuola, nonostante i proclami degli ultimi, pessimi governi, hanno interrotto il’esperienza che si era dimostrata valida e coinvolgente. Il progetto iniziava così:

Presupposto teorico: il fatto e la sua lettura. La pretesa “neutralità dello storico”;
Finalità: lavoro di ricerca su testi e su documenti editi e inediti custoditi negli archivi di Stato di Napoli e Roma, riguardanti il periodo che va dall’Unità alla nascita delle repubblica;
Obiettivi: scoperta del dubbio come fondamento del sapere; consapevolezza delle relatività e, quindi, della parzialità dei risultati di ogni ricerca storica; abitudine a considerare momentanea e legata a un particolare contesto temporale, politico e socio-culturale la lettura dei fatti della storia; sviluppo delle capacità critiche…

Chi ha voglia di leggere l’intero documento può utilizzare il link che conduce a “Fuoriregistro“.

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