Una linea sottile sulla fronte larga e stempiata. Null’altro. A guardarla da fuori, la terribile tempesta del dubbio era tutta lì: una ruga che segnava la pelle. Federico aveva un aspetto ancora giovanile, e ti colpiva per gli occhi di un intenso verde acquamarina, il sorriso dolce e senza età sulle labbra sottili, il naso greco e il sereno, armonioso disegno del viso.
– Sicuro, Lina, certo, sicurissimo e non pensare, per favore, che sicurezza e dubbio siano davvero così alternativi, da essere incompatibili. Si può aver certezza di un dubbio. Sai volare più alto tu.
Lina sprofondò le belle mani inquiete nelle larghe tasche del suo camice bianco e sussurrò in un sospiro:
– Nei patti che ci hanno uniti, quando questa impresa disperata è iniziata, c’era anche questo, ricordi? Uno sarà il dubbio dell’altra anche quando la certezza apparirà non solo ragionevole, ma sostenuta dalle prove di laboratorio possibili in queste condizioni.
Era stanchissima. Mentre poggiava la schiena sul muro, se ne rese conto e respirò profondamente. Uno specchio le avrebbe restituito di sé l’immagine dei giorni bui: il viso troppo lungo, il naso lievemente aguzzo, gli occhi, solitamente fulminanti, ora lenti e un po’ spenti, le labbra carnose serrate in una smorfia e in testa – per guardare lì non bastava uno specchio – in testa quell’idea parassita e insistente del sogno: «Sto dormendo, dormo… tra poco mi sveglio di soprassalto e tutto cambia. Sto dormendo, sì, sto solo sognando…».
Federico la conosceva così bene ormai, che seppe leggerle il pensiero dietro l’insolita opacità delle pupille:
– E smettila di pensare che sogni, smettila di fuggire o tentare di evadere…
– Smettila di dubitare, lo interruppe Lina con la voce spezzata dall’ansia. Questo vorresti. Che smettessi di dubitare, per non farti ancora domande alle quali non sai dare risposte. Lascia dormire per una volta la ragione, mi dici, riconosci che sei impotente. Non saremo mai certi, mai, se non metteremo alla prova la nostra scienza. E’ questo che vuoi?
Federico ebbe un moto di stizza e per un attimo sembrò meno giovanile e sereno. Levò lo sguardo dalle carte che aveva continuato a studiare, mentre Lina parlava, e replicò solo apparentemente calmo:
– Sono io che decido, lo sai.
– Giochi d’azzardo – sibilò la donna, guardandolo di sbieco, con gli occhi improvvisamente stretti e taglienti. Nella voce, però, non c’era disprezzo. – Non ti racconto perché siamo ormai a questo. Conosci ogni cosa meglio di me.
– Certo che so, la interruppe Federico scostando la lampada accesa nella penombra del laboratorio. Come tu sai che stavolta la scelta è assolutamente obbligata.
– Un po’ di tempo, Federico, un poco forse ne avremmo ancora…
– Non faremo in due giorni quello che in tanti non hanno potuto o saputo fare in due secoli.
Quando sfiorò con la punta dell’indice il piccolo monitor che aveva davanti, Lina si arrese.
– Non ci hanno lasciato scelta, esclamò disperata.Federico non rispose.
Non c’era più nulla da dire. Il pianeta disseminato di scorie nucleari andava incontro al suo destino. Non c’era più nulla da dire e non c’era più tempo, le scorie stavano distruggendo ogni involucro protettivo. Due secoli prima, la sicurezza mai matematica di una scienza orgogliosa fino all’arroganza, sollecitata da interessi economici e oscure questioni politiche, aveva ritenuto d’avallare la scelta d’una nuova energia nucleare. Studiosi di ogni tendenza – Federico e Lina di quel tempo – s’erano scontrati in un dibattito che aveva fatalmente assunto i caratteri ideologici di contrapposte crociate. Erano tempi in cui la più terribile ideologia consisteva nella negazione delle ideologie e non c’era stato scampo: s’era smarrita la consapevolezza che la terra non è un laboratorio e l’umanità non può essere ridotta a cavia. Ciò che soprattutto s’era persa era la consapevolezza d’un rischio inaccettabile: scaricare sugli ignari pronipoti il peso d’un egoismo miope e miserabile. Due secoli dopo, la storia si ripeteva al contrario. I due scienziati potevano litigare, ma non avevano scelta. Due giorni ancora e sarebbe finita per sempre.
Federico si preparò a dare le ultime disposizioni. Attorno a lui non vide segni di panico. Solo rassegnazione. E fu Lina a rompere un silenzio che le pesava come una lastra di piombo.
– Non so chi abbia ragione, Federico, tu con la tua certezza dubbiosa, io con i miei dubbi timorosi. Lo vedremo tra poco. Prima, però, dimmi cosa pensi: se andrà bene, comincerà davvero una nuova storia?
– Ricordi quello che hai detto poco fa, parlando del patto che ci ha condotto a questa impresa disperata? Uno sarà il dubbio dell’altra anche quando la certezza gli apparirà ragionevole. In tempi di disperazione, questo patto ha funzionato. Se oggi riusciremo, la disperazione svanirà. Verrà il tempo delle certezze…
Una ruga sottile segnò l’ampia fronte di Federico e un’ombra velò per un attimo i suoi occhi più verdi del mare.
