Il voto delle europee segnerà il futuro del Sud e di Napoli in particolare. Da quel risultato dipende infatti la forza con cui Meloni potrà attaccare la Costituzione, a partire dall’Autonomia Differenziata, possibile punto di non ritorno per la nostra città. Mai come a giugno perciò la scelta di astenersi sarebbe suicida: non è vero infatti che le forze in campo sono uguali fra loro e che il voto non cambia nulla. E’ il contrario: la forza dell’assalto alla Costituzione dipende dalla nostra partecipazione. Se ci asterremo, per il Sud, per Napoli anzitutto, sarà una tragedia. Prima di decidere, quindi, ricordiamo che la Costituzione è un autentico scudo per i più deboli.
Quando il 25 giugno 1944 il decreto legge 151 parla di «un’Assemblea Costituente» che scriva «la nuova Costituzione dello Stato», il Paese è diviso, ma nei territori liberi dai nazifascisti governa Ivanoe Bonomi, un socialista che nel 1925, rifiutato il fascismo, si è ritirato a vita privata. Dei 20 ministri, 12 sono perseguitati politici: i cattolici Gronchi, Ruini e De Gasperi; i comunisti Togliatti e Gullo; gli azionisti Cianca e De Ruggiero, il socialdemocratico Saragat; il socialista Mancini e i liberali Croce e Sforza. Certo, c’è la guerra partigiana, ma la patria non muore, come pensano Galli Della Loggia e la destra che non si riconosce nella Resistenza. Sono i giorni in cui, ricorda Arfè, l’antifascismo offre al Paese ideali di libertà, eguaglianza sociale, solidarietà e pace tra i popoli; valori vivi nelle coscienze che consentono ai Costituenti di disegnare una società incompatibile con quella fascista, che oggi riemerge col mito del capo, la violenza motore della storia e la gerarchia tra generi, classi, razze e religioni.
Donne e uomini della Costituente traducono dati storici in scienza giuridica e la Costituzione nasce così com’è, perché è parte di un processo giunto a compimento, che ha radici nella società. Oggi si vuole cambiarla, ma una Costituzione non nasce «a freddo»: conclude la conquista di un futuro e fa sì che un Paese volti pagina. Per Vico la Storia è un succedersi di cicli: dopo l’età «civile», torna quella «primitiva». Ed è vero: nata da atroci esperienze collettive, la Costituzione apre la nostra età «civile»; alterandone l’equilibrio, come vuole la destra, torneremo all’età «primitiva».
Prima di essere fucilato, Giacomo Ulivi, partigiano diciannovenne, scrive parole che parlano alle coscienze e invitano al voto chi si astiene: «No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere». E’ per “volerne sapere” che nel 1945 nascono la Consulta Nazionale e il Ministero della Costituzione: per consentire a elettori e partiti di prepararsi all’evento. Quella preparazione oggi non c’è e manca la coscienza di un popolo che ha pagato a caro prezzo i loschi interessi dei guerrafondai, delle donne anzitutto, che votano per la prima volta e sentono nascere una speranza.
L’omicidio Matteotti, l’incendio del Parlamento tedesco, la guerra di Spagna, la battaglia feroce nei cieli di Londra, la tragedia di Stalingrado, Auschwitz, Hiroshima, la guerra in casa, l’occupazione, la Resistenza, hanno scosso anche chi non è attrezzato culturalmente e la vita vissuta dà senso a parole cancellate dal regime: libertà, solidarietà, pace, democrazia, giustizia sociale. Come scrive Arfé, la resistenza è il crogiuolo che crea «una trama unitaria, intessuta col filo dell’antifascismo e dell’antinazismo». Dov’è oggi questo crogiuolo?
Nella Costituente tutti cercano risposta a una domanda: come si dà vita a un Paese senza guerra e dittatori, in cui ognuno è un «sovrano»? L’Assemblea trova la risposta perché possiede scienza giuridica e coscienza storica: occorre un Paese fondato sulla dignità dei cittadini. E poiché il solo possibile sovrano di un tale Paese è il popolo, si parte da qui: «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo…».
Piero Calamandrei, augurandole lunga vita, affida la Costituzione ai posteri, certo che «sentiranno più di noi, tra un secolo, che […] è nata veramente una nuova storia». Ai posteri, i quali, scrive, crederanno che «seduti su questi banchi […] sia stato tutto un popolo di morti, di quei morti che noi conosciamo ad uno ad uno, caduti nelle nostre file, nelle prigioni e sui patiboli, […], da Matteotti a Rosselli, da Amendola a Gramsci, fino ai giovinetti partigiani, fino al sacrificio da Anna Maria Enriques e di Tina Lorenzoni nelle quali l’eroismo è giunto alle soglie della santità. […] Morti […] con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il lavoro che occorreva per restituire all’Italia la libertà e la dignità».
Dopo appena 76 anni l’estrema destra intende stravolgere quel lavoro. Glielo consentiremo?
la Repubblica, Napoli, 26 marzo 2024
L’astensionismo favorisce la Destra e porterà il Sud alla rovina
27/03/2024 di giuseppearagno
Egregio professore,
non capisco cosa abbia a che fare il parlamento europeo con l’Autonomia differenziata.
Anche perché il parlamento europeo serve solo a dare una parvenza di democrazia alla UE:
Gazie per la riposta.
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Caro amico, il parlamento Europeo non c’entra nulla, infatti. I voti che alle lezioni europee andranno alle destre, però, potranno rafforzare o indebolire il governo. Più forte sarà, più gli riuscirà facile far approvare riforme che scardineranno la Costituzione. Tutto qui.
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