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Posts Tagged ‘Sindacato Nazionale Tabacchine’


Adele Bei Nasce a Cantiano, paesino nei monti delle Marche, il 4 maggio 1904 dal boscaiolo Davide e da Angela Broccoli. Terza di undici figli in un famiglia in cui la politica è di casa, si forma presto una coscienza di classe che la indice e vivere attivamente l’esperienza del PCdI, dell’antifascismo clandestino, della Resistenza e con la nascita della Repubblica, quella dei partiti e del sindacato.
Nel 1920 Domenico Ciufoli, uno dei fondatori del PCdI, l’avvicina ai comunisti. I due condividono  un ideale di libertà e giustizia sociale che li spinge a lottare contro il fascismo per costruire un Paese giusto e democratico e nel 1922 si sposano. Alla fine del 1923, costretti a lasciare l’Italia, i due si rifugiano in Belgio, poi nel Lussemburgo e infine in Francia, a Parigi, dove nascono i figli Ferrero e Angela. Per mantenere i contatti con i compagni rimasti nel Paese, Adele compie numerosi viaggi clandestini, finché nel 1933 è arrestata a Roma. Processata dal Tribunale Speciale, ai giudici che pensano di far leva sui suoi sentimenti di madre, promettendo di farle rivedere i figli lasciati a Parigi in cambio della denuncia dei compagni, risponde con un rifiuto che le costa una condanna a 18 anni di carcere come antifascista socialmente pericolosa: “Non pensate alla mia famiglia, – afferma – […] pensate invece ai milioni di bambini che, per colpa vostra, stanno soffrendo la fame in Italia”. Dopo otto anni di prigione, è condotta a Ventotene, dove condivide con Di Vittorio, Scoccimarro,  Terracini e Secchia riflessioni e progetti per il futuro del Paese.
Nel 1943, con la caduta del fascismo torna libera, si stabilisce a Roma, sfugge a un nuovo arresto e partecipa alla resistenza. L’esperienza la rende una guida ricca di umanità, che organizza i “Gruppi della difesa delle donne” e assalti ai forni delle donne romane, che a volte terminano con la morte di numerose manifestanti. Adele riesce così a coinvolgere giovani donne che, tra rischi e miserie della vita quotidiana, diventano padrone di loro stesse.
Dal 1944 il Partito la manda in territori del Sud e lei non delude. Partecipa all’occupazione delle terre in Lucania e Calabria e a Catanzaro, nonostante l’incomprensione per il lavoro femminile, riesce a convincere i compagni ad appoggiarla, portando le iscritte da 15 a 60. Le qualità umane emergono anche dalle motivazioni per cui riceve il grado di capitano e la croce di guerra al valor militare: “Nel suo compito di dirigente delle formazioni femminili fu valido ausilio ai combattenti, fiancheggiandoli efficacemente nella lotta contro l’oppressione ed accorrendo personalmente là ove fosse necessaria la sua presenza incitatrice senza badare a rischi e pericoli”.
Subito dopo la guerra, Adele diventa prima responsabile della Commissione femminile nazionale della CGIL e poi componente della Consulta nazionale, un’assemblea provvisoria che definisce le regole di elezione della Costituente. Il 2 giugno 1946 è eletta all’Assemblea Costituente, assieme ad altre 20 donne che contribuiscono alla scrittura di una Costituzione, che fa dell’uguaglianza e del rispetto della diversità tra donne e uomini uno valori fondativi della Repubblica. In particolare lavora nella Terza commissione per l’esame dei disegni di legge e si batte per la pari dignità delle donne nella responsabilità politica e nella crescita sociale del Paese.
Nel primo congresso della CGIL, tenuto a Firenze nel giugno 1947, rifiuta la proposta dal sindacato, che fissa per le donne un salario pari al 70% di quello degli uomini – i fascisti l’avevano fissato al 50% – e presenta la Carta della lavoratrice che a parità di lavoro chiede la stessa paga degli uomini.
Senatrice del PCI nel 1948 e deputata nel 1953 e nel 1958, Adele Bei si occupa anzitutto della condizione dei lavoratori, della loro vita in fabbrica, della loro tutela per la vecchiaia.
Dal 1952 al 1960 è Segretaria del sindacato delle tabacchine e riesce a dare a quella carica il valore di una reale rappresentanza. Quando riceve quell’incarico, il contratto nazionale delle lavoratrici spesso non è applicato, i salari sono molto bassi e il sindacato è ancora assente in molti territori. Adele Bei affronta la situazione con coraggio e determinazione, ponendosi obiettivi molto chiari: entrare nelle fabbriche dov’è possibile e dove non è possibile creare i presupposti per entrarci. Si tratta di individuare anzitutto le vecchie dirigenti sindacali iscritte ai partiti di sinistra, avvicinarle fuori dai luoghi di lavoro, prepararle e creare con loro le strutture sindacali. Occorre cambiare il nome stesso del Sindacato. Il vecchio “Sindacato Nazionale dei Lavoratori delle foglie di tabacco” non corrisponde infatti alla realtà lavorativa. Nelle manifatture dei tabacchi lavorano soprattutto donne. Nasce così il “Sindacato nazionale tabacchine” che, in termini di sesso e valorizzazione del lavoro femminile, risponde alla realtà che il sindacato intende rappresentare.
Per la Bei questo lavoro è necessario, ma non sufficiente. Per creare un sindacato forte è necessario che quando pensa alle sigarette, la gente non ricordi solo il buon gusto del tabacco, ma anzitutto le difficoltà che le operaie affrontano, le loro condizioni di vita e di lavoro. Adele si crea così dei nemici tra i quadri sindacali, ma conquista la stima e l’affetto delle tabacchine che si sentono considerate e valorizzate non solo come lavoratrici, ma come persone e donne nei luoghi di lavoro. Nel 1957 ottiene aumenti di salario e misure previdenziali simili a quelli dei maschi.
Di lì a qualche anno, al congresso del 1960, non è rieletta e non rientra negli organismi dirigenti. Paga così la sua scelta di assumere decisioni in autonomia, senza dipendere da gerarchie interne e interessi di partito. Una scelta che coglie precocemente le contraddizioni del rapporto tra sindacato e partito, tra organizzazione centralizzata e istanze di partecipazione e autonomia della base. Non è un caso se la sua mancata rielezione corrisponda alla progressiva perdita di autonomia del sindacato delle tabacchine, che prima confluisce nella federazione dei lavoratori dell’industria alimentare, aderente alla CGIL, poi nella federazione dei lavoratori alimentaristi, del tabacco e dello zucchero.
Con la fine dell’esperienza sindacale parlamentare Adele Bei non si allontana dalle lavoratrici e si batte per il miglioramento della condizione carceraria femminile. Nel 1972 chiude la sua carriera politica diventando consigliera nazionale dell’associazione dei perseguitati politici antifascisti. Muore a Roma il 15 ottobre 1976. E’ stata un esempio e non a caso molte delle donne che l’hanno conosciuta entreranno nel sindacato come militanti e come dirigenti. Oggi, nel pieno di una terribile crisi di valori, la sua storia può insegnare molto a chi ha un ruolo politico e ai giovani, alle ragazze e ai ragazzi, che della crisi pagano il prezzo.

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