Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘Stefania Giannini’

Come ormai fanno tutti, anche Paolo Giordano ha sparato a zero sulla scuola, che gli pare «rigida e alienante»; egli ha aperto così la pista a Stefania Giannini che, per suo conto, ha accusato la scuola di non garantire più uguali possibilità a tutti e di non essere più presidio di potenziale uguaglianza tra le classi sociali. Quali competenze vanti lo scrittore per inserirsi autorevolmente nel dibattito sulla scuola non è chiaro, ma non c’è dubbio: il giovane e premiatissimo autore della “Solitudine dei numeri primi” deve molto al nostro sistema formativo. Figlio di una docente d’inglese, ha studiato nella scuola e nell’università italiana. Diplomato nel 2001 in un liceo statale, nel 2006 si è laureato con lode all’Università di Torino, dov’è diventato dottore di ricerca; attualmente si occupa delle proprietà del quark bottom, particella fondamentale scoperta tempo fa al Fermilab. Un gioiello made in Italy, insomma, di quelli che scuola e università ci regalano ancora, nonostante il disastro prodotto dalla politica.
Come Giordano, anche Giannini è figlia della nostra scuola ma, diversamente dallo scrittore, in qualità di ex rettore di Università e attuale ministro del MIUR, è parte in causa nel processo degenerativo del sistema formativo. Se le cose stanno come sostiene il ministro, infatti, il problema è anzitutto politico e riguarda le classi dirigenti, di cui la Giannini è esponente di rilievo. Proprio per sottrarsi a tale responsabilità, il ministro mette probabilmente “le mani avanti” e dice di credere “che quella scolastica non sia un’emergenza politica ma educativa”, perché, spiega, “la scuola non riesce fino in fondo ad assolvere a quel compito” e – va a capire per quale glorioso mistero – ha d’un tratto smarrito “una visione generale e un obiettivo educativo fondante”. Il ministro non ha dubbi: non è questione di tagli lineari, politiche culturali miopi e fallimentari, privatizzazione strisciante, risorse insufficienti e precariato diffuso. No. Il problema della scuola, confusamente denunciato dal giovane Giordano, sono – serve dirlo? – i docenti, che, sciagurati, hanno “perso la percezione di fare un mestiere importante” e si mostrano incapaci “di concepire la scuola nel tempo e nello spazio”.
Nel dibattito, lo scrittore, benché, figlio di una docente, non ha nemmeno provato a domandare al ministro quanto pesino sulla questione i bassi salari e la scarsa considerazione sociale, né ha ricordato alla Giannini che significhi giungere alla soglia dei quarant’anni, dopo la laurea, la Scuola di specializzazione e i concorsi vinti invano, senza alcuna certezza d’una cattedra, E’ vero, Giannini potrebbe farcela da sola a valutare quali effetti devastanti abbiano sui tanti insegnati precari la pratica umiliante delle assunzioni di ottobre, cui fanno seguito i sistematici licenziamenti di giugno e la probabile disoccupazione. Ma il ministro sforzi non ne fa.
La verità è che la scuola si regge ormai sulla passione di buona parte dei docenti e non si può chiedere di più a chi sa bene che, se mai entrerà nei ruoli, sarà vecchio e stanco. Ciò, senza contare i colpi derivati dalle campagne di stampa e dal qualunquismo di ministri che suggeriscono all’immaginario collettivo l’idea che i docenti siano solo un’armata di mangiapane a tradimento. Ignorando lo stato dell’arte, Giannini sceglie la retorica, tira in ballo i “valori” di cui il docente dovrebbe farsi portatore e dimostra così di non conoscere la scuola che governa: i docenti, infatti, trasmettono valori ogni giorno. Il guaio è che quei valori, dalla solidarietà al ripudio della guerra, dall’amore per la democrazia alla coerenza, all’onestà personale e alla centralità della giustizia sociale, sono quotidianamente smentiti dai messaggi televisivi, dal contegno delle classi dirigenti, dalla corruttela che dilaga e dal Parlamento annichilito.
Giannini e Giordano dovrebbero saperlo. La scuola è figlia di un tempo storico e si inserisce in un contesto sociale ed economico che da sola non può modificare. Checché ne pensi il ministro, perciò, il problema è politico e non riguarda i docenti, ma la società nel suo insieme. Una società che, più tempo passa, più soffre purtroppo di un grave analfabetismo di valori.
Con le formule magiche si incantano i polli, non si risolvono i problemi. Quella della trasmissione di valori potrà anche sembrare agli ingenui la panacea di tutti i mali; nell’aria, tuttavia, sospesa e inquietante, una domanda c’è che non trova risposta: quali valori? Quelli del neoliberismo nella versione aggiornata e corretta che qualcuno chiama renzismo?

Uscito su Fuoriregistro il 17 giugno 2014

Read Full Post »

machiavelliA proposito del Principe di Machiavelli, Gramsci osservò che «le masse popolari dimenticano i mezzi impiegati per raggiungere un fine, se questo è storicamente progressivo e risolve i problemi essenziali dell’epoca». Per giudicare della «virtù» del Principe, quindi, occorre tempo per capire se abbia saputo parare i colpi della «fortuna». Si metta l’animo in pace, perciò, chi si scandalizza per il colpo vibrato da Renzi all’amico Letta. Paladino del merito, intanto, un merito Renzi ce l’ha: ha usato per bussola Machiavelli. Sarà stata un’impresa da Giuda, la sua, ma ai moralisti risponderà che i tempi – e quindi gli uomini – sono così «tristi», che ha dovuto decidersi a «intrare nel male». Il punto, perciò, non è se abbia colpito a tradimento. Conta che la condizione delle cose lo richiedesse e abbia inferto il colpo con una «crudeltà bene intesa». Conta, per esser chiari, che i fatti dimostrino, poi, che s’è trattato di ferocia «necessitata», capace di volgersi a una «bontà» delle scelte, che spieghi il «male» e lo riscatti in nome del «bene comune» che ne è venuto.
In questo senso, la formazione del governo, in particolare Stefania Giannini al Miur, fortilizio su cui si leva la bandiera del merito come grido di crociati – «Dio lo vuole!» – è la prima, vera cartina di tornasole per capire se il Principe ha voluto «intrare nel male» per quella «virtù» che produce «vantaggi collettivi», o per istinto da Giuda che il «suo» Machiavelli direbbe «azione egemonica», mirata alla «gloria», non alla necessità di un «bene» che susciti consenso popolare. Un consenso, si sa, che non è «caritatevole» e disinteressato, ma risponde al criterio del «do ut des»: il tuo potere, in cambio di un minimo di benessere e giustizia sociale.
Chi provi a cercarlo, un segnale che dica sin da ora dove s’indirizzi Renzi, lo troverà nella scelta che ha seguito il colpo; una scelta che presto chiarirà se, dato il peggio di sé in ragione della «durezza dei tempi» e dei «venti della fortuna», è ora pronto a cancellare l’impressione sgradevole d’una natura opaca, sensibile all’interesse «particulare» e incapace di ricavare dal male compiuto il cambiamento che conduce al «bene». E’ vero, Stefania Giannini non si valuta su dati «qualitativi» – il Miur, di cui è titolare, gioca le sue carte su un’idea «quantitativa» della valutazione – Invalsi e test, Anvur e «mediane» – e non bastano i valori di riferimento, che, non c’è dubbio, conducono alla famigerata «Agenda Monti», a criteri di «revisione della spesa pubblica» che diventano «tagli», alla detassazione delle sovvenzioni private a università e scuole che non hanno più accesso a fondi pubblici, al «prestito d’onore» come forma di finanziamento privato degli studi, che nei paesi anglosassoni consegna troppi giovani all’indebitamento a vita e al ricatto del «debito si studio» e, infine, alla dottrina Aprea sulla privatizzazione del sistema. Stefania Giannini, docente universitaria di glottologia, si valuta anzitutto coi parametri bibliometrici adottati dal Miur per i docenti.
Il Corsera e Wikipedia – che in tema di politici è più realista del re – ci dicono che la Giannini, glottologa e linguista, è diventata docente Associata all’Università di Perugia dal 1991, quando contava solo su una monografia scritta con una collega. Per carità, nessun giudizio di valore (il Miur non chiede alle Commissioni per l’abilitazione alla docenza di leggere i libri) solo un rilievo oggettivo: con le regole imposte oggi dall’Anvur – bibbia del Ministero – il suo lavoro, che sarà certamente un modello di scienza e innovazione, non le avrebbe dato la cattedra e la carriera, che l’ha poi vista rettrice dell’università di Perugia, ne sarebbe stata segnata, tanto più che, in seguito, assieme ad alcune «curatele», la ministra ha scritto una sola nuova monografia. Non c’è dubbio e va detto: sarebbe davvero stupido discutere del valore di Stefania Giannini in base a questi dati. Sarà studiosa di indiscutibile talento. Sta di fatto, però, che proprio in questo modo stupido l’università valuta oggi gli studiosi. E la ministra lo sa.
Per un governo che leva il vessillo della «cultura del merito», il tema della valutazione diventa a questo punto contraddizione grave e problema grande come una casa. O ha scelto Stefania Giannini in ragione di questa esperienza diretta, con l’intento di correggere le distorsioni di un sistema di valutazione dannoso e inefficiente, o Renzi e Giannini vendono fumo e l’ultima preoccupazione del governo è il sistema formativo. Fosse così, Letta politicamente ucciso e Giannini al Ministero di Carrozza, per dirla col maestro di Renzi, sarebbero «crudeltà male usate», offese che non evitano mali maggiori, non superano la dimensione dell’egoismo e non creano condizioni di miglioramento. Fosse così, stia certo Matteo Renzi, «appena si presenterà l’occasione del proprio profitto», la gente, ingannata, romperà l’impegno di fedeltà con «colui che inganna» e invano il Principe starà sul chi vive, sempre necessitato a tenere il coltello in mano». Il duca Valentino, privo di«virtù», perirà, travolto da quella«fortuna» che ha in odio i vili e non perdona i Giuda, tutte le volte che il tradimento si dimostra inutile. Con lui, purtroppo, cadrà però il Paese senza colpo ferire e all’Europa, che egli afferma di voler cambiare, sarà «licito pigliare la Italia col gesso», come fece Carlo VIII.  Non è un’esagerazione e nemmeno polemica politica. E’ la «realtà effettuale», direbbe Machiavelli: il PD del Principe rischia di portarci molti secoli indietro.

Uscito su Liberazione.it il 25 febbraio 2014 e su Fuoriregistro 1i 26 febbraio 2014

Read Full Post »