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Posts Tagged ‘Rodotà’

imagesLegga queste mie parole, direttore, come una lettera aperta a un giornalista indipendente, che d’un tratto mostra i sintomi di un singolare restringimento del campo visivo. Pare ormai che lei osservi il mondo guardandolo dal buco di una serratura e ci racconti la parte per il tutto. Le violenze dei No Tav, per dirne una, che non servono «degnamente una causa democratica». Si direbbe che lei non veda la crisi in cui versa la democrazia nel nostro Paese.
L’incostituzionalità dell’attività di governo è una violenza esercitata su principi fondanti e regole della nostra democrazia; non penso alle occupazioni militari imposte là dove mancano argomenti da opporre alle ragioni incontestabili di chi protesta: dalla Campania del biocidio alla Val di Susa, schieriamo contro i diritti più uomini di quanti combattono guerre sedicenti «umanitarie», talora disumane, spesso in odore di incostituzionalità. Certo, questo sarebbe un tema su cui riflettere, ma io penso piuttosto allo stato comatoso in cui versano le Istituzioni nel Paese. Si fermi solo al 2013. Si va al voto con una legge elettorale incostituzionale, di gran lunga peggiore di quella Acerbo, che consegnò il Paese a Mussolini. Sceglie la destra chi si sente tutelato dall’impegno preso durante la campagna elettorale: mai con la sinistra. Vota il PD chi gli crede: non faremo governi con la destra. Dopo il voto, ecco il ceffone agli elettori: si fa il governo delle «larghe intese»”: destra e sinistra unite con la fiducia accordata da un Parlamento di «nominati», gente che nessuno ha votato, scelta dai segretari di partito secondo criteri che non tutelano l’interesse del Paese. Non basta. La Camera dei Deputati, nata scandalosamente da una legge truffaldina – di fatto illegittima – non si fa scrupolo di contribuire alla rielezione di Napolitano che, a meno di patti col diavolo, diventa così non solo Presidente della Repubblica per la seconda volta – mai accaduto nella storia della Repubblica – ma Presidente a vita.
Ce n’è quanto basta per guardare preoccupati alla salute della democrazia in Italia, tanto più che la violenza esercitata contro il «popolo sovrano» non si ferma qui. Il Parlamento dei «nominati», infatti – un’assemblea autorevole quanto la mussoliniana Camera dei Fasci e delle Corporazioni – decide di cambiare le regole del gioco, modificando l’articolo 138 della Costituzione: proprio quello che ne faceva uno «Statuto rigido». A chiudere il cerchio pensa, infine, Napolitano, che ha già voluto la cancellazione di alcune sue conversazioni con un imputato per reati in cui si vede spuntare la mafia. L’ha fatto, sostiene, per difendere le prerogative del ruolo istituzionale. Una questione di principio, insomma, che non avrebbe minato la sua credibilità, già indebolita dalla vicenda Monti, se, ottenuto lo scopo, avesse avuto la «sensibilità democratica» di divulgare «sua sponte» il contenuto delle telefonate intercettate per caso. Conversazioni di per sé censurabili, dal momento che un Capo dello Stato non dovrebbe intrattenere rapporti con imputati eccellenti, tanto più se indagati per ragioni di mafia. E’ stato proprio lui, Giorgio Napolitano, campione di trasparenza, ad avviare una prassi obliqua, se non incostituzionale, per cambiare la legge fondamentale dello Stato, inventandosi una «Commissione di saggi», qualcuno scelto anche tra i «creduloni» della tragicomica faccenda Ruby-Mubarak. Cambiato l’articolo 138 e affidata la sorte della Costituzione a uomini che nessuno ha eletto, a un Parlamento di «nominati» e a un governo sostenuto da forzitalioti e neocentrisiti di ventennale militanza berlusconiana – è questa la nostra nuova Costituente – il gioco è fatto e la Costituzione rischia l’oltraggio estremo. Non è un’opinione peregrina; lo affermano giuristi di chiara fama come Rodotà e Zagrebelsky, per fare dei nomi.
Un clima di così inaudita violenza verso le Istituzioni del Paese si è registrato solo con l’avvento del fascismo, caro Mentana, ma lei insiste sulla democrazia minacciata dai No Tav. Così, direttore, fa torto alla sua intelligenza e a quella di chi l’ascolta, credendola diverso da pennivendoli e velinari che costituiscono purtroppo il nerbo della sua categoria. La crisi della democrazia esiste, direttore, è gravissima e i No Tav ne sono al più l’inevitabile conseguenza. Le cause, quelle vere e preoccupanti sono da cercare tutte tra partiti e uomini delle Istituzioni. Questo, però, evidentemente non si vede dal buco della sua serratura.

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Non sarà l’ultima spiaggia: il conflitto dura da troppo tempo per terminare in un giorno. Dovesse andar male, non avremo perso la guerra, ma quella che si combatterà il prossimo 26 a Bologna non è certo una battaglia locale e non riguarda le scelte di un Comune: mentre le scuole statali vivono di stenti, decidere se lo Stato e gli Enti Locali possono continuare a finanziare le scuole private, per lo più confessionali, benché la Costituzione lo vieti, farlo, per di più, con un’iniziativa promossa dal basso, nella più assoluta indifferenza della politica, che ormai non ha voce quando si tratta di valori repubblicani, è cosa che riguarda non solo chi fa scuola, ma tutto intero il Paese.
Val la pena ricordarlo, per domandarsi che senso abbia l’insolito silenzio del ciarliero Napolitano: non sa, non vuol sapere, fa Ponzio Pilato e si lava le mani? Val la pena prendere atto: si possono fare tutte le chiacchiere progressiste di questo mondo, quando però di mezzo ci sono gli interessi del Vaticano, le trincee diventano immediatamente contrapposte. Senza tentare improponibili paragoni tra Presidenti eletti e silurati dai sedicenti democratici, bisognerà pur dirlo: mai come in questo caso la distanza tra il laico Rodotà, che sta coi referendari, il silente Napolitano e il clerico-moderato Romano Prodi che si schiera col privato, si è dimostrata così incolmabile; mai l’indigenza culturale del Partito Democratico è apparsa più evidente, mai più disperata la speranza di rinnovamento di chi ha creduto nel governo Letta: la ministra Maria Chiara Carrozza si è pronunciata contro i “referendari“.
S’è fatto un gran parlare del modernissimo papa Francesco, si sono visti i nostri politici far la fila proni davanti al soglio di Pietro e sgomitare nella gara tra francescani più francescani di Francesco, e lui, Francesco, il papa della “rivoluzione delle idee“, il “rinnovatore” venuto dalla fine del mondo, c’è stato servito in tutte le salse e a tutte le ore – radio, carta stampata e telegiornali – con un intento nemmeno dissimulato: farci credere che, contro la storia e grazie alla divina Provvidenza, un “uomo nuovo” possa cambiare la natura conservatrice della Chiesa: Ecco però che, dopo il copione recitato a memoria, un dato culturale insopprimibile e profondo ha inconsciamente dettato un moto istintivo dell’animo: l’esorcismo in Piazza San Pietro. Un gesto, uno solo, ha spezzato l’incanto e rivelato l’inganno. Dietro la rivoluzione francescana c’è la Chiesa di sempre, quella con le sue scuole che continuano ad avere una visione del mondo in cui trovano posto diavoli ribelli coi forconi, il limbo e il paradiso, l’inferno e il purgatorio, la rassegnazione di chi porge l’altra guancia, piega il capo, si dichiara impotente contro il potere e attende un riscatto escatologico, il miracolo, la resurrezione, il benevolo gesto di un “potere altro” che ci “doni” la salvezza: “vade retro, Satana“.
Di questo si tratta, non della comunità del compianto Don Gallo, ma di Santa Romana Chiesa, che costrinse Galilei disperato a ritrattare, della Chiesa che torturò selvaggiamente Giordano Bruno. Di questo, di una dottrina politica che è stata ed è un pilastro della reazione, di quella Chiesa che coi soldi dello Stato, nelle sue scuole, mette al bando Darwin e sottopone la scienza e la filosofia ai principi della teologia.
E’ questo che vogliamo? Questo è scritto nella nostra Costituzione?

Uscito si “Fuoriregistro“, “Report on line” e “Liberazione” (col titolo Referendum: ancora sui finanziamenti alle scuole paritarie) il 23 maggio 2013.

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