Il primo ottobre 1943, mentre i tedeschi lasciano in tutta fretta la città che li ha costretti alla resa, Napoli, stremata dalla fame, dai bombardamenti e dalle ferite di tre anni di guerra, ingombra di macerie e morti ancora insepolti, diventa sede naturale del laboratorio in cui si prova a dar vita all’Italia “nuova”. Uniti per forza di cose da un comune nemico, i protagonisti dell’esperimento sono, in realtà, profondamente divisi tra loro. Al centro della vita politica, riemerse dal nulla, ci sono le autorità civili e militari badogliane, rappresentate per lo più da uomini compromessi col fascismo, che, in ogni caso, si sono screditati per la collaborazione con l’occupante nazista e la fuga al momento dell’insurrezione. In perfetta linea con la tradizione trasformista delle nostre classi dirigenti, essi mostrano tutti una passione quantomeno sospetta per la causa di quella democrazia liberale tradita vent’anni prima, per far posto al fascismo e scaricare sulle classi subalterne le spese della guerra imperialista. Anche stavolta in gioco ci sono interessi e privilegi di classe da tutelare, di fronte alla crescita di una sinistra che torna a far paura, ma non è un monolite e anzi, proprio a Napoli, lascia intravedere i sintomi di contraddizioni e fratture destinate a indebolirla…
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