Faccio girare. Aggiungo solo che i sindaci di San Didero e Bruzolo sono con la loro gente.
«Compagne/i resistenti, ormai privi di acqua e cibo e nell’impossibilità di riceverne dato l’assedio da parte delle forze di polizia, si sono incatenati sul tetto del presidio di San Didero, nel quale resistono ormai da una settimana. Hanno chiesto la presenza di un medico e di un avvocato. Chiedono di poter ricevere alimenti ed assistenza. Non accetteranno di essere sgomberati con la forza. Fate girare»
Se i militanti di un movimento politico non hanno tutti lo sguardo rivolto nella stessa direzione, non è un male e potrebbe essere un bene. Tuttavia, dopo l’esito del Referendum costituzionale, ogni movimento e partito politico dovrebbe oggi sforzarsi di coglierne fino in fondo il valore di svolta, individuare i cambiamenti che provocherà e trovare necessariamente al suo interno un’intesa sulla prospettiva. In questo senso, decisiva diventa la capacità cogliere la direzione verso cui si muove il momento storico che viviamo. Tre anni fa ero sicuro della funzione storica di «Potere al Popolo», perché potevo credere che la Repubblica nata dall’antifascismo avesse ancora una notevole vitalità, come aveva dimostrato l’esito del Referendum di Renzi. Quella vitalità consentiva di pensare che, nonostante il liberismo dilagante, c’era di certo ancora bisogno di un’autentica sinistra alternativa, perché la Costituzione era stata il prodotto di un compromesso di altissimo valore tra le culture politiche protagoniste della nostra storia: socialista, cattolica e liberale. Quella autenticamente socialista – e quindi antiliberista – non poteva sparire dalle Istituzioni senza che la Costituzione pagasse le conseguenze di quella sparizione. Oggi continuo a credere che «Potere al Popolo» risponda a una necessità della storia, ma non posso fare a meno di registrare un fatto nuovo, che corrisponde a una trasformazione seria della realtà in cui ci muoviamo; il referendum ci ha detto ciò che in fondo appariva ormai chiaro: la Repubblica ha perso la sua forza vitale e tutto purtroppo corre decisamente verso destra. Ce lo dicono, per limitarsi alla repressione, una docente sospesa e una licenziata per motivi politici, la sorveglianza speciale inflitta a Eddi Marcucci, «colpevole» di aver combattuto per la libertà dei Curdi, i casi di persecuzione politica di una figura come quella di Nicoletta Dosio, cui s’è aggiunta Dana Lauriola, arrestate per colpire il movimento NoTav, e da ultimo, la sospensione inflitta alla compagna dottoressa Francesca Perri, che ha denunciato in un’intervista le gravi carenze nella protezione dei lavoratori. In questa situazione, la funzione storica di «Potere al Popolo» non è più quella di colmare un vuoto. Oggi c’è bisogno anzitutto di organizzare una «resistenza». Se è così, ed è difficile negarlo, «Potere al Popolo» deve porsi necessariamente il problema di un «compromesso» di natura «resistenziale», che le consenta di aggregare forze fino a un certo limite «eterogenee». È un processo necessario, che non va lasciato in mano agli «antifascisti alla Minniti» e che Pap deve promuovere e guidare in prima persona. Deve farlo – ecco un altro fatto nuovo – in un tempo quanto più possibile breve. Credo, però, che a questo punto sia bene sgombrare il campo da un facile equivoco: non si tratta di lavorare per alleanze elettorali, anche se molto probabilmente a un certo punto del percorso esse si realizzeranno. Si tratta di promuovere ragionamenti e lotte in comune con partiti, associazioni e collettivi sulle scelte possibili e anzi probabili che si vanno già facendo su temi quali la legge elettorale e lo sbarramento, che ci taglierebbe fuori, l’autonomia regionale separatista, la Sanità semidistrutta, il Sistema formativo trasformato in fucina permanente di pensiero liberista e di individualisti votati alla competizione, e via così su temi questo genere. Su questo terreno – è bene ricordarlo – intese con PD, 5Stelle e Sinistra di governo non sarebbero nemmeno pensabili, perché è soprattutto dal governo che verranno gli attacchi alla democrazia. Non c’è nessun rischio, quindi, di snaturare un movimento o un partito. Si potrebbe e dovrebbe creare, invece, un campo comune, i cui confini sarebbero i principi condivisi e le lotte condotte assieme. Eventuali alleanze, se e quando dovessero venire, non sarebbero cartelli elettorali, ma l’unione di forze unite da ragionamenti comuni e lotte praticate assieme, in un processo che non chiede a nessuno di rinunciare alla propria identità. Solo così, sarà possibile navigare sul filo della corrente che conduce al futuro. Cioè nella direzione in cui volge la storia.
L’anno purtroppo si chiude con una notizia triste, che non fa ben sperare per il futuro. In questo momento i carabinieri stanno eseguendo l’arresto e la traduzione in carcere di Nicoletta Dosio, esponente di primo piano dei NOTAV, dirigente di Potere al Popolo e compagna di lotte ultrasettantenne. Avrebbe potuto chiedere gli arresti domiciliari, ma non ha voluto. Sarebbe stato per lei come riconoscersi colpevole di una colpa che non ha. E in carcere con lei vanno compagni che non ha voluto abbandonare.
E’ una notizia amara e dolorosa, che conferma la sostanziale ferocia di un sistema politico in decomposizione. Mi sento vicinissimo a Nicoletta, ma so che purtroppo siamo lontanissimi.
Non uso mai parole a casaccio e odio la retorica insulsa e di maniera, però stavolta credo di poterlo dire senza esitare: la Repubblica ha scritto stasera una pagina nera della sua storia. La stessa pagina in cui la scelta di Nicoletta diventa senza ombra di dubbio esempio di Resistenza e nel buio profondissimo che ci circonda tiene accesa una luce preziosa: la luce della dignità.
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Nel 2012 (come vi abbiamo raccontato qui e qui)
Davide ha scritto degli articoli per raccontare l’occupazione pacifica di una ditta in Val di Susa, nel quadro delle proteste del movimento NoTav. Per quegli articoli, e per aver voluto testimoniare a favore dei manifestanti, Davide è stato accusato con le stesse imputazioni dei manifestanti.
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