A Roma il governo ha “fatto fuori” Marino, bombardando la Costituzione ben prima che Holland bombardasse i civili siriani per ritorsione; a Milano si decidono candidati sulla pelle degli elettori e a Napoli si candidano incandidabili, mentre si tagliano sistematicamente i fondi a De Magistris, che governa legittimamente. E’ una violenza istituzionale inaudita, ma in primavera a tenere banco non saranno i diritti massacrati dal governo. Le prossime elezioni amministrative si svolgeranno nel segno di Parigi. Sulle urne i kalašnikov peseranno come macigni e nelle grandi città le elezioni amministrative diverranno autentici laboratori politici, condizionati soprattutto dal contesto nazionale e internazionale.
Prima ancora di fare programmi, quindi, sarà bene capire in quale clima si voterà. Anzitutto quello della “sicurezza”, che, tuttavia, non catalizzerà l’attenzione sulla violenza delle città, vittime del rapporto tra partiti e criminalità organizzata. Significherà “ordine pubblico”, con il corollario di “terroristi”, che il circo mediatico descrive come “fondamentalisti islamici” e sembrano, invece, cretini feroci con una singolare vocazione per il suicidio. Gente che uccide e si fa ammazzare, imbottigliandosi nelle nostre munite metropoli, pur avendo a disposizione “obiettivi facili”. Nel mondo occidentale, la “sicurezza” è ormai scienza occulta, lavoro per rabdomanti e medium, in cui un Alfano mago Merlino, vende fumo ai check-in degli aeroporti e affida al benvolere dei numi i porti di mare, di cui l’integralismo maomettano sembra ignorare non solo l’evidente vulnerabilità, ma addirittura l’esistenza. Eppure, negli affollati e indifesi traghetti che uniscono le isole alla terraferma, si imbarcano ogni giorno innumerevoli, potenziali autobombe che nessuno controlla.
A questo mistero glorioso – io non sorveglio, tu non colpisci e ti fai saltare solo dove poi ti uccido – vanno aggiunti i dati sconvolgenti della realtà nazionale, caratterizzata da un’incalzante “eversione dall’alto”, condotta con sistematica ferocia. Sullo sfondo, classi dirigenti di cui l’esempio migliore sono deputati e senatori che non formano semplicemente la “casta” contro cui lottano i “Cinque Stelle”, ma una banda di clandestini, eletti con una legge incostituzionale e fuorilegge. Clandestini che, a loro volta, hanno eletto un presidente della Repubblica capace di tradire se stesso, accettando il voto di quelle Camere che, da giudice costituzionale, aveva ritenuto moralmente e politicamente illegittime. Un’eversione condotta da un presidente del Consiglio dei Ministri nominato con proceduta illegale, che ha messo la scuola pubblica al servizio della Fondazione Agnelli, ha venduto i lavoratori a Confindustria e utilizza il suo ruolo di governo per far guerra agli avversari politici del partito di cui è segretario. E’ così che a Roma, in barba agli elettori, Renzi ha “tagliato il sindaco” e nominato una giunta comunale composta di commissari governativi, a Napoli chiude il rubinetto dei fondi e commissaria Bagnoli e ovunque impone scelte che fanno a pugni con la legalità repubblicana e con i principi della Costituzione.
Inutile girarci attorno. Per vincere, in primavera, ci vorrà il coraggio di accettare la sfida di una battaglia sull’ultima spiaggia; il coraggio di chiedere un voto anche e soprattutto politico, di mettere in programma la rottura del patto di stabilità e la disobbedienza civile, come risposta al golpe realizzato da Giorgio Napolitano. Insomma, scelte di consapevole e piena autonomia da un quadro politico nazionale apertamente illegittimo e nemico del popolo, unico titolare di quella sovranità che Renzi e i suoi non riconoscono e da cui non hanno mai ricevuto alcuna delega.
Solo così, giocando una partita anzitutto politica, si potrà chiedere il voto alla gente di sinistra, che esiste, è numerosa, ma non vota più, perché non si sente rappresentata. Un voto giustificato da un programma consapevole dei suoi limiti, ma anche della sua forza dirompente: quella di poter essere realizzato solo assieme alla gente, rifiutando il modello economico e politico dominante. Perché ciò accada, programma e campagna elettorale non possono limitarsi a puntare solo alla conquista di un Comune, ma devono avere l’ambizione di voltare pagina, costruire un modello alternativo e avviare finalmente la rottamazione del pupo rottamatore.
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Amministrative? Lo scontro è politico e si chiama Costituzione
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Costituzione, De Magistris, elezioni amministrative, Holland, Marino, Milano, Napoli, Napolitano, Renzi, Roma, rottamatore on 09/12/2015| 4 Comments »
Giletti e il nuovo squadrismo
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Consulta, Giletti, Luigi De Magistris, Marino, Napoli, Sandro Fucito, Sud. Gandhi on 03/11/2015| 6 Comments »
Ho dovuto ascoltare l’indecorosa farsa di Giletti, scatenato contro Napoli, come impone il copione scritto apposta per gli Interlandi del nostro tempo. Ci sono stato quasi costretto dalla polemica che monta, ma confesso il peccato: ero partito dal minuto 32 del filmato, come consigliavano gli amici, però non ce l’ho fatta e ho chiuso quasi subito.
D’accordo, è un agguato. Mi stupisce, però, lo stupore. Lo leggo come un segnale pericoloso, molto più pericoloso dell’attacco, tutto sommato banale e così apertamente avventuroso, che non può aver fatto danni seri a nessuno, tranne a chi e stato cacciato a tradimento nel tritacarne, a cominciare dall’ottimo assessore Sandro Fucito.
Siamo così ingenui, quindi? Dopo Letta, dopo Marino, dopo la Costituzione stracciata, mentre il Parlamento ci accoltella il Senato per mano dei senatori, mentre le navi da guerra puntano i cannoni sulla Libia e i marinai mostrano i muscoli, ci si può ancora stupire? E si può ancora sperare nelle querele, nei giudici, nella Consulta? No. Io non ci spero e lo dico col più grande rispetto: mettiamo i piedi a terra e ragioniamo. Sperare in chi o in che cosa? Ma ce ne siamo accorti o no, che la Corte Costituzionale ha messo fuorilegge la legge elettorale e quelli sono tutti lì, pentastellati compresi? L’abbiamo sentita la Consulta spiegare a chiare lettere che il trattamento riservato ai pensionati è una rapina? E che cosa è successo dopo? Nulla. I rapinatori hanno fatto finta di non sentire e non hanno nemmeno restituito il bottino!
Spero di sbagliare, ma viviamo una crisi istituzionale peggiore di quella scoppiata nel primo dopoguerra. Una crisi tremenda, che non viene dopo un conflitto, ma lo scatena anche se nel mirino il bersaglio non cambia: guerra ai diritti, guerra ai lavoratori, guerra ai più deboli, guerra al Sud, la più debole delle tre aree del Paese. Il Sud, di cui Napoli era ed è la capitale. Anche l’Europa è in guerra. Una guerra feroce, le cui prime vittime sono state Montesquieu, l’ideologo della democrazia borghese e la divisione dei poteri. E diciamocelo, non ci farà male: i padroni non sanno più che farsene dei Parlamenti eletti. Basterebbe guardare attentamente la Grecia, per capire quale guerra si è scatenata. Non ci hanno lasciato scegliere nemmeno il terreno su cui dare battaglia.
La battaglia per la democrazia si combatte ormai sull’ultima spiaggia, secondo i modi che derivano dalla nostra storia. Sia pure in una forma “moderata”, adatta ai tempi, ma forte di strumenti che il fascismo storico non poteva nemmeno sognare di avere, abbiamo di fronte un’ondata reazionaria che fa tremare i polsi. Certo, non si vede scorrere il sangue, non ci hanno ucciso Matteotti e Amendola, ma il manganello l’abbiamo visto in azione. Cos’è quella che ha subito Marino, se non una “bastonatura” in pena regola? Chi sono i Giletti di turno, se non i moderni squadristi? Intimidatori, violenti, ma senza che si veda. Se non cominciamo ad aprire gli occhi, rischiamo di andare allo sbaraglio e ci faranno bere litri e litri di olio di ricino. Marino docet.
De Magistris è nel mirino. Certo. Lui nel mirino ci sta da tempo, ma stavolta gliel’hanno giurata perché non è solo e lo sanno. Stavolta c’è una città che si muove, riflette e si accinge a costituire il primo nucleo di quell’armata che darà la battaglia decisiva. Non uso le parole a caso. Guerra. Anche lui, De Magistris, lo dice spesso, ed è vero: è solo un sindaco, ma rappresenta il classico granello di sabbia che può inceppare meccanismi studiati per stritolare. E i meccanismi li abbiamo davanti, sono sotto i nostri occhi. Terribili, sperimentati, lustri e bene oleati. Li manovra gente feroce.
Che penso? Non faccio fatica a dirlo: non sono mai stato così nemico della violenza, da negare persino la legittima difesa. E non sto dicendo che bisogna mettere mano alle armi. Dico solo che persino Gandhi sapeva che la disobbedienza è una forma di combattimento. Non ne usciremo, senza praticarla e senza farlo in maniera da lasciare il segno. A chi ci spara addosso, dovremo rispondere almeno chiudendo le vie dei rifornimenti. Rompere il patto di stabilità, dichiarare formalmente illegittimo questo governo, sostenuto da una maggioranza di nominati e organizzare la disobbedienza fiscale, finché la ferita non sarà risanata. Di qui si parte, di qui potrebbe partire il Sud, non solo Napoli, e forse il Paese. Prima però occorre vincere la battaglia preliminare di questa guerra: quella elettorale, necessaria soprattutto per opporre istituzioni legittime a due Istituzioni illegittime, due giganteschi imbrogli collegati tra loro: l’Europa e i suoi governi di proconsoli. Renzi, per cominciare, la mano armata del nuovo fascismo europeo, figlio naturale del capitale finanziario.
Qualcuno dirà che questa è la “rivoluzione dei Masaniello”. Lasciate che parlino. Già una volta i nazisti hanno creduto che a Napoli ci potesse essere al massimo una rissa tra papponi e prostitute. Stanno ancora scappando. In attesa di maggio, non diamo più occasioni per assestare colpi. Degli squadristi come Giletti Napoli può fare tranquillamente a meno. Sono i suoi padroni invece a non poter fare a meno di Napoli e del Sud.