Sarà capitato per caso, sarà che certa stampa disinforma informando e più che dare notizie accoglie umori, alimenta fermenti e “orienta” le opinioni verso “bisogni privati” a scapito di una visione collettiva dei problemi, la coincidenza colpisce. Giorni fa una lettera scelta da Beppe Severgnini per il suo “Italians“, blog storico del “Corriere della Sera“, se l’è presa con la scuola, con gli alunni e coi docenti. “Vil Maramaldo…” avrebbe accusato Francesco Ferrucci, ma Severgnini tace e dà spazio all’attacco: ogni anno, quand’è tempo di iscrizioni, inizia una guerra sorda tra genitori, decisi ad assicurare ai figli la sezione d’élite con i docenti “migliori” o quantomeno a evitare quella “peggiore“. Per il silenzioso Severgnini e la sua agguerrita ospite, la faccenda naturalmente non riguarda chi ha “optato per istituti privati” e non è chiaro se questo dipenda dal fatto che gli insegnanti delle scuole private sono tutti allo stesso modo bravi per definizione, se la bravura si leghi anche alla selezione degli iscritti o se, infine, la faccenda si risolva “democraticamente” in relazione alle rette, sicché chi più paga più facilmente ottiene ciò che di meglio sembra offrire il mercato. Sempre che, s’intende, l’apparenza coincida con la realtà e il presunto “migliore” non sia solo il più condiscendente alle pressioni di conformità di una “società chiusa” e ai modelli sociali che vanno per la maggiore. Sia come sia, per il muto padrone di casa e per la sua ospite, la scuola dello Stato ogni anno offre lo scandaloso spettacolo di dirigenti che s’inventano lotterie per far fronte alle pressioni – non meno scandalose, verrebbe da dire – di genitori che hanno in mente le più discutibili graduatorie di docenti. Tutto questo, inutile dirlo, per colpa degli insegnanti che non intendono farsi “valutare“. E’ difficile capire quanti genitori docenti ci siano tra le fila dei “clienti” che scelgono il miglior prodotto dell’azienda, ma non ci sono dubbi sul fatto che la stragrande maggioranza dei docenti sia in possesso del titolo di genitore per cui, a voler essere rigorosi, la lettera ospitata dal notissimo giornalista scrittore omette quantomeno un dato significativo: a volerla dire tutta, infatti, la guerra che si svolgerebbe ogni anno per la formazioni di classi d’élite – e di conseguenza per la formazione di classi ghetto – sarebbe, a rigor di logica, una sorta di guerra civile e anzi peggio, una guerra tra paranoici con tanto di sdoppiamento della personalità tra docenti decisi a non farsi valutare, genitori che hanno già valutato, e docenti-genitori che ragionano di valutazione a seconda degli abiti che si trovano ad indossare.
In un tempo che non è poi così lontano, dopo che la scuola aveva stroncato l’analfabetismo e la lotta di classe si faceva dal basso, genitori e docenti si contrapponevano, ma governavano assieme la scuola in nome del sistema di valori contenuto, nonostante i suoi limiti, nella Costituzione. Oggi non è più possibile perché la lotta di classe l’ha scatenato dall’alto la classe dirigente e l’analfabetismo riguarda i valori della Costituzione. Non sono le indagini Ocse a “bocciare” la nostra scuola. L’hanno “bocciata” tagli e scelte politiche omicide di gruppi di potere che hanno calpestato lettera e spirito della Costituzione. In questo clima, l’uscita di “Italians” trova la sua più naturale e probabilmente non casuale risposta in un articolo scialbo e apparentemente marginale con cui il 31 gennaio “La Stampa” annunciava la rivoluzione copernicana della futura formazione: “Nasce la scuola del domani“, titolava il giornale, e subito dopo, con sconcertante noncuranza, il tragicomico sottotitolo annunciava il Vangelo: “Gli insegnanti li scelgono i bambini“. E non si trattava di una “trovata” per incuriosire. Questo è il livello culturale del dibattito sulla scuola in piena campagna elettorale. Di qui purtroppo non si esce. Ecco la scuola del futuro, il perno attorno a cui ruotano i punti di forza della scuola di domani: l’immancabile “qualità“, un non meglio definito rigore e una rivoluzionaria ma improbabile capacità di stimolare il senso critico dei suoi scolari. Essi, infatti, prima di apprendere i rudimenti dell’ormai antidiluviano leggere, scrivere e far di conto, impareranno a scegliersi gli insegnanti. Il mercato chiede consumatori.
Uscito su “Fuoriregistro” il 2 febbraio 2013