La scuola che lotta non è ferma e si discute molto, programmando riunioni persino ad agosto. Non era mai accaduto e non sono gruppi sparuti. Proibito fermarsi. Alla ripresa di settembre, sarebbe necessario che alle riunioni dei comitati partecipassero tutte le realtà di movimento, anche i NO Tav, perché il nemico è uno, la lotta è comune e socialmente trasversale. Il campo di battaglia è il Paese. A settembre dovrà funzionare una rete di riferimenti ampia e differenziata.
Ha ragione chi si preoccupa per la frattura tra gli studenti e quella parte dei docenti che ricorre a pratiche repressive, per impedire le occupazioni. Il problema si riproporrà certamente in termini anche più duri. E’ una situazione da cui uscire, volando alto e trovando un tema unificante per partire dalla scuola e coinvolgere non solo le lotte del lavoro, ma anche e soprattutto i “cittadini”, nel senso più lato possibile della parola.
Inutile negarlo: nelle recenti discussioni sulla scuola c’è qualcosa di non detto. Lasciamo da parte il referendum. Farà la sua lunga via, potrà pure spuntarla, ma difficilmente assicurerà risultati certi, come dimostra la faccenda dell’acqua. Ciò che non si dice perciò va chiarito: a settembre si andrà all’attacco di una legge approvata apparentemente con i crismi della “legalità repubblicana”. Questo vuol dire che – a parte il referendum – sarà facile per la stampa di regime, anche se il movimento si terrà sul terreno delle cose possibili, “scomunicare” le lotte, far passare per “cattivi maestri” i docenti più esposti, disorientare gli incerti e intimidire i “benpensanti”. Il tema di fondo della discussione dovrebbe quindi essere proprio la “legalità”, ma occorrerebbe farlo a parti rovesciate. E’ legale questo governo? E’ legittimo moralmente e politicamente questo Parlamento che cambia la Costituzione, dopo una sentenza della Corte Costituzionale che lo lo ha dichiara eletto con una legge incostituzionale?
Ci fu, nel dibattito sulla Costituente, una proposta di Dossetti – moderatissimo, ma onestissimo e lucido democristiano – che propose di inserire nella Carta il diritto alla ribellione di fronte a leggi incostituzionali. La proposta non passò, ma il tema aveva una sua rilevanza e torna di attualità. E’ su questo problema che va aperto un urgente dibattito, per coprire le spalle a chi lotta. Questo non vuole dire che poi ci si dovrà per forza ribellare; significa solo affermare un principio che da solo fa vacillare le basi del governo. Se ne potrebbe parlare con quelli del Manifesto e, al limite, coi “liberali” del Fatto Quotidiano”; si potrebbe chiedere un incontro con le redazioni, come comitati, spiegare la cosa e vedere se i giornali accettino di fare da cassa di risonanza. Non sarebbe male – avrebbe anzi un valore simbolico altissimo – che si organizzasse una sorta di referendum popolare ufficioso, senza nessuna trafila burocratica, sulla legittimità del governo Renzi; si potrebbe scrivere un “manifesto” delle realtà di lotta – a partire dalla “terra dei fuochi”, per arrivare ai No Mous e no Tav, raccogliere quante più firme possibili e dichiarare Renzi e i suoi decaduti.
Se la raccolta di firme fosse ampia e trasversale, sarebbe una decisione senza valore giuridico, ma di grande impatto politico. Ormai è inutile girarci attorno: è necessario creare un movimento ampio, che al momento la scuola può promuovere e guidare e che potrebbe coinvolgere molta più gente di quanta crediamo, perché la misura è colma e mancano solo parole d’ordine e riferimenti. Anche per i 5 Stelle sarebbe un banco di prova e da qui si potrebbe partire per aprire uno scontro vero.
Cose complicare, certo. Ma complicata e straordinaria è la situazione e non se ne uscirà per le vie ordinarie.
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La lotta per la scuola
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Dossetti, legalità, No Mous, no Tav, Parlamento illegittimo, Renzi, scuola on 24/07/2015| Leave a Comment »
Sfascia…Carrozza
Posted in Carta stampata e giornali on line, tagged Cancellieri, CNPI, Collegio Docenti, compresenze, fuorilegge, Gelmini, legalità, Letta, licei internazionali, Liceo Sannazzaro, Maria Chiara Carrozza, Pd, senzalegge, sezioni internazionali, spending review, Troika, Ungaretti on 12/11/2013| Leave a Comment »
La «scuola breve» – il futuro dell’istruzione, a sentire Carrozza – fa i conti con mille impicci. Gelmini, per dirne una, ha messo al bando la sperimentazione negli istituti «tradizionali», ponendo un vincolo inderogabile: il percorso è quinquennale. Due anni, più due, più uno. Si tratta solo di tagli, ma ora che regna la Troika nelle colonie si dice «spending review». E’ il fascino dell’esotico.
Carrozza ha abrogato la norma Gelmini? Nemmeno per sogno! Avrebbe nociuto alla cagionevole salute delle «larghe intese» e, ciò ch’è peggio, «tagliato i tagli». Insomma, partita persa prima di giocarla, ma la ministra s’è fatta furba e l’osso non l’ha mollato. Poiché Gelmini l’ha lasciata erede di un limbo senza regole – le imprecisate e mai ben individuate «sezioni internazionali» e i cosiddetti “licei classici europei” – di questa terra di nessuno che invano attende norme, non fuorilegge, ma certo «senzalegge», la ministra ha fatto l’ariete per sfondare le mura cadenti della scuola statale.
E’ evidente, Carrozza ignora le norme vigenti per la macchina che governa, ma i funzionari l’avranno avvisata: alle abolite sperimentazioni, anche quelle passate con l’inghippo delle sezioni «senzalegge», occorre il parere favorevole e obbligatorio del CNPI, il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione. E’ legge. Ignorarla sarebbe una pessima lezione di educazione alla legalità. Senza fare una piega, Carrozza è andata avanti: niente parere. E’ vero, Profumo ha sciolto il CNPI, ma non l’ha abolito e il 15 ottobre, anzi, il Tar del Lazio – un vero guastafeste – ha intimato al Ministero di farlo rieleggere entro 60 giorni dalla sentenza. Carrozza, però, presa non si sa da quale fregola decisionista, ha tirato diritto per la sua strada e non s’è curata del vincolante parere scritto del CNPI. Dalle sezioni «senzalegge» alla sperimentazione fuorilegge il passo è stato breve e soprattutto ben coperto dal silenzio complice del baraccone mediatico, in cui ormai persino un mussoliniano come Teresio Interlandi farebbe la figura di un dilettante.
Compiuto lo strappo, si tratta ora di trovare un manipolo di Dirigenti Scolastici, tra quelli più pronti a dare una mano, più servizievoli e più ideologicamente schierati. I bravi e zelanti, insomma, che non mancano mai, pronti a far nascere sezioni di «Liceo classico internazionale» all’interno dei licei «tradizionali» marca Gentile. Anche qui, s’intende, regole, impicci e quell’autentica rogna che si chiama democrazia, ma l’esempio, si sa, viene dall’alto e di educazione alla legalità si parla anzitutto per vendere fumo. Che volete che sia, per un buon Dirigente Scolastico, in tempi come i nostri, con l’Europa in delirio per le palle di Letta che sono d’acciaio, seguire l’esempio, mettere in campo gli attributi e pilotare, se necessario, piegare un Collegio Docenti preventivamente terrorizzato dalla spada di Damocle di ventilati cali delle iscrizioni, conseguente precarizzazione, spostamenti di sede e via crucis dei soprannumerari? Occorrerebbe starci nelle scuole, per cogliere il senso di smarrimento del personale docente, vedere gli anziani, giunti al capolinea stremati, timorosi di una nuova riforma, che ancora una volta gli neghi un diritto, li irrida, gli faccia toccare con mano la loro impotenza, mentre un saputello del sindacato di Stato, disteso e ben pasciuto, tutto chiacchiere e cellulari, gli spiega che sbagliano, confondono: non di diritti si sta parlando, ma che dicono? Si tratta solo di aspettative di vita. Non pensa ad altro, buona parte degli anziani: tagliare la corda una volta e per tutte. In quanto ai «giovani», a loro diresti abbia pensato Ungaretti cantando la disperata rassegnazione: «si sta, come d’autunno sugli alberi le foglie».
Dalle mie parti, al liceo «Sannazzaro», pubblico e privato corrono già gomito a gomito: «sezione internazionale», quattro anni e un successo già scritto. Non c’è voluto un grande sforzo: un Collegio dei Docenti convocato dalla sera alla mattina nell’inerzia della rappresentanza sindacale – anche qui regole sotto i piedi – senza il tempo per capire che si approvasse. Un’urgenza insensata, una fretta così ingiustificata, che alla resa dei conti, nonostante la rassegnazione, è finita sul filo di lana: il liceo breve è passato per un voto e con tanti astenuti, mentre circolavano esempi di un orario nuovo, in cui non mancavano le compresenze; colpiva, tra tutti, il caso di due docenti pagati con due stipendi per fare insieme un’ora di religione e di filosofia. Senza contare l’equilibrismo sul filo del pensiero laico, anche stavolta la Gelmini è stata del tutto ignorata e le compresenze, abolite alle elementari, hanno fatto l’esordio al liceo. Una scelta compatibile con gli attuali ordinamenti della scuola? Il Consiglio d’Istituto non ha eccepito e tutto è filato liscio come l’olio.
Perché scandalizzarsi? La ministra Cancellieri siede tranquillamente al suo posto, il partito della ministra Carrozza va al Congresso con le tessere moltiplicate come pane e pesci e il governo poggia sull’accoppiata diavolo e acqua santa, mentre il polverone quotidiano, levato ad arte sulla sorte di un pregiudicato che coi suoi fedelissimi, fa l’opposizione e governa, non scandalizza il Senato, non crea casi di coscienza a Letta e ai suoi ammennicoli d’acciaio. E’ vero, in Germania si tende ormai a ripudiare la scuola breve, che in Francia non è mai esistita, ma chi si azzardasse a sostenere che la sola qualità del liceo di quattro anni sono i quarantamila posti di lavoro che taglia, diventerebbe subito lo scandalo nazionale, paladino senza vergogna della corporazione più potente d’Italia: gli insegnanti, ridotti ormai peggio dei loro colleghi nell’Italia fascista.
E’ uscito su Fuoriregistro l’11 novembre 2013, col titolo Educazione alla legalità e su Liberazione e Report on Line il 12 novembre 2013.