Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘Lega’


E’ ormai rovente la polemica tra Fedez e la Rai. L’accusa in diretta a Ilaria Capitani, vicedirettrice di Rai 3, durante il Concertone del Primo Maggio è gravissima: gli ha chiesto insistentemente di modificare il suo discorso per ragioni di opportunità politica. La Rai ha smentito, ma l’artista ha reagito, rendendo pubblica la concitata telefonata avuta con funzionari della tv di Stato e con la stessa Capitani. Una telefonata da cui l’informazione pubblica esce con le ossa rotte e ciò che più conta con l’abito del censore. Sullo sfondo La Lega – partito di governo- da cui Draghi non prende le distanze.
La telefonata è un prezioso documento dal quale emerge l’Italia di Draghi, sempre più squallida e fascistoide.   
Fedez è chiarissimo: nel suo testo, dice le affermazioni pubbliche di consiglieri leghisti, una delle quali è agghiacciante: «se avessi un figlio gay, lo brucerei nel forno».
Impassibili, i funzionari Rai non si scompongono e insistono: «Le sto chiedendo di adeguarsi a un sistema. Tutte le citazioni che lei fa con nomi e cognomi non possono essere citate. Questo non è il contesto corretto».
L’artista però incalza e domanda: «Chi lo stabilisce? Io dico quello che voglio sul palco. Nel mio testo non c’è turpiloquio, sono imbarazzato per voi».
A quel punto entra in campo la Capitani, che, nel ruolo inedito e preoccupante di capo del Sant’Uffizio, dichiara: «Io ritengo inopportuno il contesto». Secondo la donna, che paghiamo lautamente con i soldi nostri, è lei a decidere cosa si può dire e cosa va taciuto. Fedez le ricorda «che non c’è contesto di censura», e conclude: «Nel vostro futuro i diritti civili sono contemplati sì o no?».
Una risposta Torquemada e soci però non la danno.
In attesa che il salvatore della patria esa dal fango in cui affonda e torni a camminare sulle acque, l’ira della Lega tiene il campo, disonorando il Paese con una nota delirante firmata dai suoi  parlamentari che siedono in commissione di Vigilanza Rai: «Se Fedez userà a fini personali il concerto del 1° maggio per fare politica, calpestando il senso della festa dei lavoratori, la Rai dovrà impugnare il contratto e lasciare che i sindacati si sobbarchino l’intero costo dell’evento».
Nel silenzio di super Draghi, la Rai e la Lega per l’indipendenza della Padania disegnano una «Italia nuova», molto simile a quella che cantava «Giovinezza» e puniva il «vizio abominevole» con provvedimenti di Pubblica Sicurezza.

classifiche


Read Full Post »

00052BCC-fascisti-bruciano-i-libriIl segno caratteristico delle recenti elezioni regionali è stato soprattutto la “paura del fascismo”, simbolicamente rappresentato da Salvini nei panni del duce. Un’invenzione mediatica di forte impatto, ma totalmente priva di fondamento, che ha fatto breccia in un popolo la cui cultura di base è segnata da un forte analfabetismo di ritorno. Sarebbe bastato conoscere la storia a livello anche solo scolastico, per capire che sul piano personale dieci Salvini non valgono un Mussolini; per capire che parlare di fascismo vuol dire anche individuare tra i leghisti uomini della statura culturale e talora politica di Giovanni Gentile, Alfredo Rocco, Giuseppe Bottai, Bruno Barilli, Ugo Spirito e tanti altri, che, nonostante le gravi scelte, avrebbero molto da insegnare a Di Maio, Zingaretti, Salvini  e compagnia cantante.
Tanti, troppi elettori hanno votato per salvare l’Italia dal fascismo, ma nessuno potrebbe dire di aver visto la cavalleria di Caradonna  fare le prove generali della marcia imminente, nessuno ha visto Camere del Lavoro, giornali, case del Popolo, leghe, cooperative agonizzare sotto i colpi degli squadristi. Diciamocelo chiaro: Salvini, un teppista di tendenze reazionarie, si guarderebbe bene dall’accettare un ruolo da dittatore. Razzista per calcolo politico, più che per convinzione, non ha versato il sangue di migliaia di oppositori e non ha fatto uccidere politici e intellettuali quali Amendola, Matteotti, Gobetti e Don Minzoni, massacrati di botte e pugnalate per aver difeso la loro fede democratica. Morti sulla coscienza il leghista certamente ne ha, ma fanno il paio con quelli voluti dal democratico Minniti: giacciono in fondo al mare o sono stati uccisi dai carnefici libici e costituiscono una delle pagine più buie nella storia della repubblica. Una pagina che porta anche la firma del PD.
Confusa da una battente e fuorviante propaganda, la gente, che soffre ma non ha preso coscienza del fatto che, svuotata la Costituzione dei suoi valori fondamentali, non c’è bisogno di dittature, ha votato contro un inesistente pericolo fascista.  Siamo tornati così alla situazione di due anni fa, quando trentadue elettori votanti su cento rifiutarono di affidarsi ai responsabili riconosciuti dello sfascio del Paese: il PD, Berlusconi e la sua corte dei miracoli.
A ben vedere, il dato centrale del voto non è, come si tende a farci credere, l’inesistente vittoria del PD sul “fascismo”, che ha preso montagne di voti in Emilia Romagna e ha tolto la Calabria a Zingaretti e soci; il dato centrale è che siamo tornati a un bipolarismo pernicioso, all’alternativa tra due partiti corrotti, tra uomini che hanno governato spesso assieme il Paese e hanno prodotto la rabbia da cui è nato il partito di Grillo. E’ vero, i 5Stelle si avviano a sparire, ma per quanto tempo la speculazione sulla paura terrà a freno la rabbia che percorre trasversalmente il Paese?
Durante la campagna elettorale non si è mai parlato di autonomia differenziata, sanità, formazione, lavoro, pensioni, precarietà e guerra e non è emerso perciò il dato di fatto che fu alla radice dell’affermazione dei Pentastellati: Salvini e PD non hanno politiche diverse su nessuno dei temi centrali per la povera gente. Entrambi mirano a scaricare la  crisi sulle spalle dei più deboli. Com’era prevedibile, stretto nella morsa di un falso problema, di una polarizzazione feroce quanto artificiosa, Potere al Popolo ha avuto difficoltà a far passare un messaggio che, per la sua natura squisitamente politica, non si rivolge sterilmente contro qualcuno, ma propone scelte alternative su problemi di importanza centrale. Noi non vogliamo l’autonomia differenziata che vogliono Salvini e il sedicente antifascista che ha vinto in Emilia Romagna; siamo per un ritorno al Sistema Sanitario Nazionale pubblico, qual era quando fu varato; crediamo in una scuola che coltivi lo spirito critico e l’indipendenza di pensiero, formi cittadini e sia un autentico ascensore sociale; lottiamo per tornare allo Statuto dei lavoratori, per la cancellazione del fiscal compact e del pareggio di bilancio dalla Costituzione; noi riteniamo che la crisi economica vada affrontata in senso costituzionale secondo il principio per cui ognuno paghi secondo le sue possibilità e se se necessario si giunga a una “patrimoniale”; in senso costituzionale, siamo anche per l’abbattimento delle spese militari, che sono un controsenso per un Paese che “ripudia la guerra”.
Al di là dell’inesistente fascismo e di un antifascismo da operetta, sepolto tra i ferrivecchi e tirato fuori strumentalmente per motivi elettorali, è storicamente provato: le destre classiche e reazionarie e quella costituita dall’ultra liberista e non meno reazionario PD, non intendono mettere in campo politiche che risolvano i problemi della povera gente.
Nel collegio 7 di Napoli, nel quale si voterà il prossimo 23 febbraio, a marzo del 2018 la vittoria toccò ai 5Stelle, che sono stati poi traditi dai loro dirigenti. Io mi chiedo e chiedo a questi elettori, giunti a disprezzare con fondate ragioni il PD, Berlusconi e i suoi soci,  se per loro esistano davvero due sole alternative: disertare le urne o tornare al voto utile per sostenere Sandro Ruotolo e l’odiato PD, o abboccare all’amo dell’antimeridionalista Salvini. Mi chiedo e chiedo a questi elettori, se non sarebbe meglio, invece, riconoscere una terza alternativa, quella che, recuperando le ragioni della “rivolta elettorale” del marzo 2018, consentirebbe di contrastare allo stesso tempo sia chi li aveva disgustati, che chi li ha traditi. Se, per farla breve, non sarebbe meglio votare per Potere al Popolo, un movimento politico che non ha nessuna responsabilità per lo sfascio e la corruttela in cui affondiamo e per molti aspetti e su tanti temi non è lontano dalle loro ragioni tradite.

Agoravox, 30 gennaio 2020

 

Read Full Post »

J u n g e  W e l t

Giovedì 20 dicembre 2018, n. 296

Un anno nero

Revisione annuale 2018. Oggi: Italia. La coalizione Lega razzista e “Movimento a cinque stelle” di destra installano il regime fascista

116551 (1)Il 2018 è stato segnato in Italia dalle elezioni parlamentari del 4 marzo. L’alleanza fascista razzista formata da Forza Italia di Silvio Berlusconi (FI), dalla Lega di Matteo Salvini e da «Fratelli d’Italia» di Giorgia Meloni, erede del mussoliniano MSI e poi di Alleanza Nazionale, è stata la forza più votata con circa il 36 per cento. La Lega, che aveva lasciato cadere il Nord dal suo nome e gareggiato per la prima volta a livello nazionale, ha raccolto il 17,4 per cento, FI è sceso a 14 e il capo della Lega, Salvini, è diventato il leader dell’alleanza. Il «Movimento 5 Stelle» (M5S) si era guadagnato un’ottima reputazione con acuti attacchi contro Berlusconi e ha ottenuto poco meno del 33 per cento.
Il Partito Democratico (PD), nato nel 2007 dalla fusione della Sinistra Democratica e del Partito di centro «Democrazia e Libertà-La Margherita» è crollato dal 40 per cento delle elezioni europee del 2014 al 18,7 per cento. L’ex democristiano Matteo Renzi, Primo Ministro del PD dal 2013 al 2016, aveva già collaborato come capo del partito per un lungo periodo con Berlusconi e non aveva escluso un governo con lui dopo le elezioni. Per protesta, sono stati circa 100.000, per lo più ex democratici di sinistra, quelli che hanno lasciato il PD e dato vita a un’alleanza politica presentatasi come «Libero ed uguale» (Leu) e al movimento di sinistra «Potere al popolo!» (PaP). Un’alleanza di centrosinistra è fallita a causa del rifiuto del Partito Democratico. Solo la LeU è arrivata appena al di sopra della soglia di sbarramento del tre per cento e quindi in parlamento. Il PaP, in cui anche i comunisti sono rappresentati e che esprimeva le sole posizioni anticapitaliste e antifasciste, ha raggiunto solo l’1,1 per cento.
Il leader del M5S, Luigi di Maio, figlio di un attivo fascista MSI / AN, ha formato un governo con la Lega, guidato dal primo ministro Giuseppe Conte, un professore di economia che non proveniva da un partito. Di Maio ha ricevuto il Ministero del lavoro e dell’economia, Salvini è diventato ministro il dipartimento degli interni.
Il governo demagogico chiamato «giallo-verde» sta «copiando spaventosamente il fascismo storico», ha detto a Junge Welt  il professore e giornalista antifascista Giuseppe Aragno.  «Salvini, dice Aragno, lascia che i fascisti di Casa Pound, attivi soprattutto a Roma, facciano il lavoro sporco, formino i gruppi di vigilantes per dare la caccia ai migranti e rappresenti così l’anima squadrista (terrorista) del movimento di Mussolini, mentre utilizza il M5S come l’anima sociale giunta al fascismo dai ranghi dei socialisti».
Salvini, ad esempio, ha annunciato un «censimento» di 120.000-150.000 Sinti e Rom per organizzare possibili spostamenti. Gli immigrati sono accusati della miseria economica e sociale dell’Italia. Da giugno ci sono stati numerosi omicidi razzisti. Secondo il cosiddetto decreto sulla sicurezza approvato in Parlamento a novembre, 490.000 migranti presumibilmente «residenti illegalmente in Italia» devono essere deportati.
«Questo governo non ha risposte da dare ai problemi del paese, alimenta la guerra tra i poveri, crea nuove leggi razziali e con il rifiuto dell’aborto e del divorzio riporta il paese al Medioevo», ha affermato Aragno. La natura esplosiva di questo arretramento è che si svolge all’interno del quadro parlamentare, dandogli una parvenza di «legittimità democratica». Tutto questo porta consenso al fascismo attraverso l’influenza dei media, incarnata dal monopolio televisivo di Berlusconi.
Cresce intanto la delusione nel M5S perché Di Maio finora non ha rispettato nessuna delle promesse elettorali: un reddito minimo, pensioni migliori e agevolazioni fiscali. Il «Decreto sicurezza» è stato respinto da 14 parlamentari e diversi senatori del M5S. Con la minaccia che un rifiuto avrebbe «messo fine al governo congiunto», Salvini ha fatto passare il provvedimento col ricatto. Nel frattempo, come riportato l’11 dicembre dal quotidiano romano «La Repubblica» si è orientato verso le “elezioni anticipate”.
Secondo i sondaggi, la Lega potrebbe raddoppiare i suoi voti e giungere a circa il 34%, mentre il M5S scenderebbe al di sotto del 30%. Ciò potrebbe anche influire sulle elezioni europee, dove Salvini, con il capo francese del fascista Rassemblement National (ex Front National), Marine Le Pen, ha annunciato un’alleanza in ottobre. Essendo il nucleo di un’alleanza con i cosiddetti stati di Visegrad (Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia), questo accordo riunirebbe tutto il potenziale elettorale neofascista in Europa.
Intanto Salvini distrae il Paese da obiettivi più giusti ed intensifica lo scontro con Bruxelles sull’aumento del debito pubblico. L’ultima manovra di Salvini è quella di formare un asse con Berlino per subordinare l’Unione europea a una predominanza tedesco-italiana. Il governo tedesco dovrebbe guidare il carro di un’Unione di Bruxelles di estrema destra e rafforzare i compari di Salvini nell’Alternativa per la Germania (AfD). Nel frattempo, «i principali circoli del Padrone» (cioè del capitale), come riportato da Repubblica, hanno cambiato volto in questo gioco ben organizzato. Se prima stava dalla  parte del governo guidato dal PD, la «Confindustria», la confederazione degli industriali,  è ora per un «governo dominato da Salvini».
Resistono tuttavia a sinistra, nella base antifascista, forze che difendono la costituzione. Ancora e ancora decine di migliaia scendono in piazza e sfidano il razzismo. Tuttavia, l’opposizione rimane profondamente divisa e senza un orientamento comune. «Per fermare e far cadere questo governo», ha detto Aragno, che è un esponente del movimento «Potere al popolo», il paese deve ritrovare una sinistra, che è essenziale per costruire un ampio fronte antifascista e anti-neoliberista”.

Von Gerhard Feldbauer

classifiche

Read Full Post »

L’Italia nuova? Eccola:

Read Full Post »

Napoli-corteo-per-Arturo-768x430Non voglio dare un luogo di nascita e una residenza al giovane Arturo, lo studente accoltellato da un branco di coetanei. Non c’è parte d’Italia in cui la malavita organizzata non faccia causa comune con la corruzione politica e non produca disperazione e barbarie.
Ci sono, questo sì, vittime, esecutori e irraggiungibili mandanti e non c’è dubbio: i responsabili morali di ognuno dei colpi vibrati ad Arturo sono i governi e le maggioranze che da oltre un ventennio hanno preso a distruggere quanto produce civiltà, anzitutto la scuola, ridotta a fabbrica di crumiri e l’università, terreno di caccia per aspiranti vincitori di concorsi puntualmente manipolati.
Cancellato ogni punto fermo, precarizzate le vite dei lavoratori e strappati i genitori ai loro compiti educativi da una concezione del lavoro che produce schiavitù, c’è poco da fare cortei e non serve ripetere la stanca liturgia della protesta.  Cortei e fiaccolate possono tutt’al più pacificare le coscienze dei benpensanti, ma non risolveranno il problema. I Saviano e le anime belle che producono Gomorra, fingono d’ignorare che i giovani deviati godono quando vedono i loro feroci modelli assurgere al ruolo di protagonisti nei giornali, al cinema e in televisione. Per le giovanissime reclute della malavita organizzata lo spazio conquistato dai loro equivoci eroi è un titolo di merito e un motivo in più per imitarli.
Bisogna saperlo: ogni sconto fatto ai responsabili della politica dei tagli voluta dal PD, da Forza Italia e dai loro impresentabili alleati, Lega avanti a tutti, è un regalo fatto alla malavita organizzata. Non ci sono vie di mezzo, è una guerra senza quartiere. O si attaccano e si denunciano incessantemente e con estrema durezza i colpevoli del disatro morale e materiale nel quale siamo finiti, o tutto diventa una tragicomica sceneggiata.
Le vittime hanno certamente bisogno di solidarietà, ma ciò che davvero gli occorre è che mandiamo finalmente a casa gli intoccabili mandanti delle aggressioni. Accordi, toni smorzati e mezze  misure non sono consentiti, perché i mancati assassini di Arturo sono i figli della barbarie di chi ci governa. Da qui bisogna partire per impedire che il pugnale colpisca altri Arturo.

Read Full Post »

Dietro il fumo sollevato da Fini, che a Berlusconi una mano gliel’ha data più d’una volta in vent’anni, lo sfascio si vede chiaro. La scuola, per cominciare. C’è un mistero truccato da ministro – “il mio nome è nessuno”, diceva l’omerico Odisseo – che generosamente regala gemme di sapienza. Giorni fa, con l’aria di chi legge la bibbia, ha dichiarato: “Le riforme sono più importanti delle risorse”. Un esempio classico della celebrata “politica dei fatti”: per smantellare un Paese non occorrono capitali. Basta cambiar le regole, insistere sui luoghi comuni del merito e della responsabilità, cancellare il tempo pieno, ridurre il tempo scuola, ignorare le regole sulla sicurezza, imbavagliare gli insegnanti di ruolo, licenziare i cosiddetti “precari”, fucilare la sperimentazione dopo processi sommari al Sessantotto, et voilà, il gioco è fatto. Gioco al massacro, non ci sono dubbi, ma chi c’è nel Paese che stia sulle barricate coi precari? Che fanno i docenti di ruolo in attesa che venga il loro turno? Chi salda le lotte? Chi chiama la gente a raccolta? Feltri, Belpietro, Minzolini? “Repubblica”, che per anni ha sostenuto l’aziendalismo di Berlinguer e Fioroni e ha sparato a zero sulla storia e l’identità della sinistra e oggi è tentata dall’avventura col “compagno Fini”?    

La sola rivoluzione possibile pensa di farla la Lega e la minaccia Bossi, quando s’accorge che la storia boccia il suo “federalismo degli egoismi”. “Ci sono 10 milioni di persone pronte ad andare a Roma“, ripete a Pontida il tragicomico Alberto da Giussano, nell’inerzia complice del ministro dell’interno, Roberto Maroni cui – è incredibile – nessuno ha ancora chiesto di informare il Parlamento sulle iniziative prese dal suo dicastero: quali e quante  sono le perquisizioni effettuate nelle sedi leghiste? quali le indagini svolte, i provvedimenti presi, i fascicoli aperti, le ipotesi di reato inviate alla magistratura? Nulla. Maroni insegue emigranti nel Mediterraneo, costruisce campi di concentramento per incensurati e, mentre gli imprenditori sfidano impunemente le sentenze dei magistrati e i sindaci onesti cadono, ammazzati come cani, per strada, dal crimine organizzato, rilascia interviste deliranti sui suoi personali successi. Su Bossi e sulle minacce dei suoi camerati leghisti, mancia competente a chi scovi uno straccio di provvedimento adottato per difendere la Repubblica.

Gelmini, per tornare a Odisseo e all’omerico signor nessuno, dopo aver massacrato centinaia di migliaia di precari, dichiara serafica che sì, “È difficile fare previsioni”, ma nell’arco di 6-7 anni “c’è la ragionevole certezza che gli attuali 220mila precari saranno assorbiti dal sistema d’istruzione. Che resterà del sistema formativo nel nostro Paese di qui a sette anni, è difficile dire. Viene in mente Cartagine dopo il trionfo del catoniano “delenda est”: terra bruciata e cosparsa di sale. In attesa di sistemarsi nel deserto “assorbente” che Odisseo va costruendo, preziose intelligenze, risorse irrinunciabili di esperienza e professionalità saranno andate intanto smarrite per sempre.

Gelmini e soci hanno il vento il poppa. Un sistema di valori s’è sciolto come neve al sole e c’è una ripresa impetuosa dell’estremismo padronale. Storicamente questo fenomeno è stato sempre il preludio di inenarrabili tragedie. E’ certo, tuttavia. Anche nel buio della notte più profonda, il sole dell’alba sale all’orizzonte. Sorge, con questo sole ancor freddo e invisibile, una risposta coraggiosa che non sarà possibile piegare; si aguzzano ingegni, si vincono paure, ci si unisce, la saggezza dei vecchi rasserena il cuore dei giovani, che prestano braccia all’esperienza. Nasce la resistenza. E’ legge della storia. Vorrei esserci, quando le ragioni del diritto avranno la meglio sulla notte della ragione, ma lo scrivo a futura memoria: quando la vittoria verrà, dio ci  scampi dalla clemenza.

Read Full Post »

Non sono pugnalate, Fini, non è Bruto né Cassio e, nei panni di Cesare, Berlusconi fa cilecca persino come caricatura, ma trentatre sono i colpi contati, trentatre le astensioni, una raffica, e dopo la standing ovation dei fedelissimi e il patetico saluto romano, il piccolo re s’è ritrovato nudo. Nulla v’è al mondo che in eterno duri e ora sì, ora saremmo davvero alle comiche finali, se in fondo al tunnel non apparisse lo spettro del naufragio.

Mentre lo sfruttamento cresce, il razzismo dilaga, la scuola affonda, l’università agonizza e i giovani non trovano lavoro, la successione dei fatti è oscena, cupa e raggelante. Ammutoliti Bondi e Bonaiuti, Capezzone tartaglia, come un guitto che non ricorda la parte, e la Brambilla, l’equivalente meneghino del “signor nessuno“, turista della politica e ministra del turismo, persa la testa, si scatena contro il palio di Siena, consegnando la città al nemico. La barca fa acqua da ogni parte e il motore s’inceppa. Se il livore non accecasse il signor “ghe pensi mi!”, Feltri e Belpietro, che non brillano per acume, ma sono furbi scherani, terrebbero in prima pagina le previsioni del tempo, ma l’ordine è tassativo: “trattamento Boffo”. Il conto però non torna, risulta sbagliato, e il fango misteriosamente cresce nell’impatto e poi rimbalza: uno schizzo colpisce Chiara Moroni e diventa valanga, sommergendo Berlusconi; un altro s’avventura su Fini, ma si fa diluvio e affonda nella melma i colonnelli disertori Gasparri e Larussa.

Come cozza allo scoglio, Berlusconi s’attacca al “porcello”, la legge elettorale sulla quale pesa come un macigno il giudizio dell’autore, Calderoli, fascioleghista d’origine controllata, che il 18 marzo del 2006, con imprudenza pari all’arroganza, confessò scioccamente alla “Stampa”: è una porcata, “io la chiamavo affettuosamente Porcellum. La Lega merita fiducia: trasformista per vocazione, nel 1994 piantò in asso l’amico Berlusconi e lo mandò gambe all’aria. Presto finì pezzente, rischiò di sparire e, cenere in testa, si presentò a Canossa. Gente d’onore, insomma, che sputa su Roma ladrona e sui meridionali, ma prende i soldi dello stipendio dalle tasse che pagano i “terroni” e s’è specializzata in suinate. L’ultima, in ordine di tempo, la Lega di Calderoli l’ha realizzata sostenendo i furbastri delle quote latte e costringendo la gente onesta a pagare miliardi di multe di elettori leghisti.

In che spera la cozza? Anzitutto in un meccanismo elettorale misto, in una manomissione della rappresentanza politica, caratteristica dei sistemi maggioritarî, che non rispecchiano nelle Assemblee elettive i rapporti di forza reali tra i partiti e ignorano le voci e i temi delle relazioni tra le classi sociali, e poi, in quell’imbroglio chiamato premio di maggioranza, che si giustifica con la foglia  di fico d’una promessa: stabilità politica e “governabilità”. Un inganno che non ha mai evitato la frammentazione, ha regalato il Paese a minoranze raffazzonate e pronte alla rissa. Per questo si sono creati i due sedicenti “grandi partiti” – il PD e il PDL – enormi recipienti vuoti in cui si raccolgono, a seconda degli interessi di questo o quel leader e gruppo di potere, aggregazioni disomogenee, che hanno diversa radice storica e culturale e formano articolazioni non solo molto diversificate, ma pronte alla contesa. E’ andata così con Prodi, così va col sedicente “leader maximo”.

La cozza, sostenuta da uno statista come Bossi, suscitando omeriche risate tra chi sa leggere, scrivere e far di conto, sostiene che il premier l’ha scelto il popolo, ma il “legame” tra partiti e preteso leader di una pretesa coalizione è solo virtuale: nessuno può impedire a nessuno di cambiare casacca e, in ogni caso, la repubblica presidenziale esiste solo nella testa malata di sparute pattuglie di illustri sconosciuti che, a titolo puramente personale e da nessuno mai eletti, si occupano di riforme nella spappolata maggioranza. Piaccia o meno agli storici alla Quagliarello, la Costituzione disegna il quadro di una repubblica parlamentare. E, d’altra parte, come parlare di voto, se è impossibile esprimere preferenze, se Calderoli e il porcellum hanno vergognosamente silurato la Costituzione e il parlamentare non sarà eletto dal “popolo sovrano”, come  rappresentante di sensibilità e interessi di pezzi di società, ma solo per giochi di potere e scelte del “palazzo”?

Il porcellum è un crimine. Ad esso, ridotti alla disperazione, la cozza e i suoi accoliti si aggrappano per imporre ancora una volta uno stravolgimento delle regole fondanti, per poter ancora distorcere l’articolo 49 della Costituzione, per il quale i cittadini sono i soggetti imprescindibili della vita politica e i partiti semplici strumenti di una partecipazione organizzata. Votare con questa legge criminale vorrebbe dire violare ancora una vota gli articoli 56  e 57 della Carta costituzionale, per i quali l’elezione delle Camere – deputati e senatori – è conseguenza di un voto espresso dai cittadini “a suffragio universale e diretto”. Testuale.

L’analfabetismo di ritorno, che è la principale caratteristica dell’attuale classe dirigente, impedisce alle cozze e agli scogli che hanno sconvolto le aule parlamentari che qualcuno ne faccia cenno, ma alla pagina 441 degli Atti della Costituente è riportato l’ordine del giorno Ruini, approvato dall’Assemblea Costituente, che suona oggi come un severo monito della storia: “L’Assemblea Costituente ritiene che l’elezione dei membri della Camera dei deputati debba avvenire secondo il sistema proporzionale”.

Nemmeno nel peggiore degli incubi Ruini avrebbe immaginato che a poco più di settant’anni, una legge “porcata” avrebbe espropriato i cittadini dell’espressione diretta del suffragio, per consentire la sopravvivenza d’una cozza avvinghiata allo scoglio del potere. Tocca a noi dire no a questo sconcio e se Bossi dovesse provare a suonare le trombe, faremo in modo che diventi sordo al suono delle nostre campane.

Read Full Post »