Agli studenti, in questi anni di guerra che non è guerra, non ho mai nascosto di essere di parte. Ho detto a chiare lettere che una cosa sono i fatti, altra la loro interpretazione. E mi sono sforzato di essere estremo. I ragazzi devono sapere che si può esserlo.
Ho messo molta passione parlando delle idee in cui credo, non ce ne ho messa nessuna presentando quelle in cui non credo, ma le ho descritte come avrebbe fatto un insegnante di idee opposte alle mie.
Mi sono ostinato su un concetto: io ho abbracciato ideali che hanno fatto piangere sangue a intere generazioni. Dall’altra parte c’erano ideali diversi e altrettanto sangue. Un sistema di valori, i comportamenti che ne conseguivano, i fatti che essi determinavano, i rapporti economici che ne erano alla base e producevano le leggi, gli statuti, la realtà sociale, la visione del mondo, questo groviglio, per il quale vivere e nel quale perdersi, era il mondo in cui ho vissuto buona parte della mia vita. Sapevo benissimo che un altro groviglio esisteva. Lo disprezzavo, ci potevo far la guerra e sapevo che poteva portarla al mio groviglio. Si contrapponevano sempre almeno due concezioni del mondo – oggi si dice ideologia e ci si scandalizza – e nessuno si spingeva sino al punto di coinvolgere le verità assolute. Lasciavamo da parte volutamente il bene ed il male, affidati alla dimensione dell’etica e della fede, ci scontravamo su ciò che è giusto o ingiusto e avevamo il rispetto necessario a fare una guerra: stimare di avere un nemico per cui valga la pena di farla. Guerra e pace erano agli antipodi, e nessuno faceva confusione tra esercito e polizia.
Oggi non è più così. Oggi che non esistono ideologie, regna l’integralismo. La quarta guerra mondiale, quella che non poteva cominciare, perché il nemico non ci sarebbe stato, è iniziata probabilmente nel 2001 in nome del bene. E’ il conflitto del bene contro il male. Il bene si autodefinisce, fonde in sé, confonde, anzi, senza separazione alcuna, i tre poteri classici della democrazia di Montesquieu e individua il suo contrario, portandogli guerra. Non riesce a fermarlo nemmeno la considerazione elementare per cui senza male non troveresti bene. Non è consentito ragionare: è un delirio lucido che prevede l’assassinio delle libertà individuali e civili, perché il bene universale le trascende e le comprende. Come ogni verità assoluta è solo una menzogna. Falsa soprattutto quando è divinità politica.
Estrema è la mia attuale opinione sui fatti – che sono di per sé estremi -estreme le conseguenze cui giungo, estremo il momento che viviamo: non credo ai fatti, perché sono chiamato a crederci per fede. Sono ormai così profondamente corrotto dall’inveterata pratica ideologica, che giungo a ritenere che i fatti siano virtuali. Di fronte al condizionale assurto al rango di indicativo, nego la presunta verità: se tutto si riduce ai “sarebbero” delle “fonti attendibili”, se le congetture degli analisti sono il prodotto finito della ricerca, non credo alla ricerca. Non ci sono torri cadute, non ci sono terroristi, non c’è un casus belli. C’è un’alterazione tragica della realtà. Quanto basta per invitare i ragazzi a rivoltarsi in armi per difesa legittima.
Quando sulle rovine di antichissimi imperi, donne, vecchi e bambini muoiono perché non è possibile curarli, aiutarli, sollevarli dal dolore, sotto il volume crescente del fuoco omicida del bene che porta la libertà al male, quando tutto questo accade, alzare le mani in segno di pace può essere disertare. Io non sono religioso, ma credo davvero che la scelta finale di campo tocchi a noi. Non c’è dio che tenga. Forse sarebbe il caso di cominciare a disobbedire in massa; l’armata dei mercenari liberatori deve sapere che dopo millenni di storia l’abbiamo imparato: il bene ed il male non esistono. Esistono scelte giuste e scelte sbagliate in relazione a interessi economici, sistemi di valori che ne derivano e disegni politici. Se il potere diventa religione, ai popoli non resta che una via: la rivoluzione.
Uscito su “Fuoriregistro” il 7 aprile del 2003