L’Italia benpensante e «progressista» crede – o finge di credere? – che Renzi sia il segretario di un partito della sinistra democratica, che l’Unione Europea sia il paradiso della democrazia e la nuova Germania un Paese che non ha più nulla da dividere con quel nazismo, che – non sarà una bestemmia ricordarlo – è parte importante della storia contemporanea tedesca, come da noi il fascismo.
Poiché dopo la guerra l’università s’è tenuto caro il corpo docente che aveva giurato in massa fedeltà al fascismo, provando addirittura a dare «fondamento scientifico» alle leggi sulla razza, il filo della cultura fascista qui da noi non s’è mai spezzato e le tesi di Ernst Nolte, uno dei massimi storici della Germania contemporanea, per il quale sarebbe un errore attribuire carattere di bontà e di giustizia a tutto ciò che si oppone al nazionalsocialismo, non suscitarono particolare allarme. Eppure, per lo studioso tedesco – che mise in ombra lo sterminio dei comunisti e di tutti gli oppositori del nazismo – l’antisemitismo di Hitler si spiega con un presunto appoggio degli ebrei ai bolscevichi e giunge allo «sterminio etnico» come risposta allo «sterminio di classe» attuato dai sovietici. Senza la «barbarie asiatica», insomma, non ci sarebbe stato l’Olocausto e Hitler, in fondo, si sarebbe «limitato» a copiare i gulag, contrapponendo alla «ferocia» della «lotta di classe», la sua atroce «lotta di razza». Può sembrare un delirio, ma il messaggio è chiaro: il nazismo nacque per colpa dei comunisti. Non contento, lo storico tedesco riconobbe onestà intellettuale e rigore scientifico a Carlo Mattogno, maggior esponente della corrente storiografica che, senza negare la persecuzione, i lager e le sofferenze, sostiene che mancano prove dell’Olocausto. Per nulla scandalizzata, all’inizio del nostro secolo, la Germania ha poi assegnato al suo storico il «Premio Konrad Adenauer» per la scienza, la cui tesi della consequenzialità, qui da noi, aveva già trovato in De Felice il suo propagandista nelle università.
E’ difficile immaginare che sarebbe accaduto al mondo, se l’Armata Rossa non fosse giunta a Berlino e la Germania avesse conquistato la Russia, perché la storia non si fa coi se, ma non farà male a nessuno, alla vigilia di un voto sull’Europa a trazione tedesca, ricordare che con questi precedenti l’UE è giunta alla crisi Ucraina e si è prontamente impegnata a sostenere i neonazisti, come micidiale strumento di morte da usare a favore delle ambizioni della Nato e del capitalismo occidentale. E val la pena rammentare anche, agli smemorati elettori del «democratico» Renzi, che il processo di criminalizzazione del comunismo, vero pilastro della lotta al nazifascismo – di fatto, una tacita «rivalutazione» del ruolo di Hitler – è iniziato da tempo ed è perfettamente in linea con le scandalose tesi del premiato storico tedesco. Nel 2003 il vicepresidente del Partito dei Lavoratori ungherese, Attila Vajnai, fu processato per essersi presentato a una conferenza stampa con una stella rossa sul bavero della giacca. All’epoca, presidente della Commissione Europea era Romano Prodi, democratico della più bell’acqua, che col Partito di Renzi ha molto da dividere; interrogato da un europarlamentare comunista greco sul caso Vajnai, Prodi non ebbe esitazioni. Per lui, la messa al bando del Partito Comunista in un paese che entra nell’UE non può generare critiche o particolari dibattiti.
Tutto ciò, nel silenzio dei nostri ex comunisti che, passati intanto al seguito di Prodi e oggi agli ordini di Renzi, non solo non difesero la loro storia e i loro simboli, ma provarono a inventarsi un Gramsci ostile al PCI, perché non sarebbe poi facile mettere al bando un uomo della sua statura morale e la sua eredità politica e culturale. Non a caso, qui da noi, in quegli anni, presero ad impazzare, impuniti, vecchi e nuovi fascisti, si mise mano alla Costituzione e si prese a processare la Resistenza: si volevano creare condizioni adatte a una futura estensione del bando a tutti gli Stati membri dell’Unione. Erano gli anni in cui si parlava di «Costituzione Europea» e si fingeva di ignorare che l’Europa Unita aveva già avuto una sua buona legge fondamentale, approvata dal Parlamento Europeo, ma rifiutata dagli Stati Nazionali.
Alla vigilia delle elezioni europee, non sarà male ricordare gli arrestati di Budapest, colpevoli di aver mostrato un distintivo con la stella rossa alla manifestazione che si tiene ogni anno al Piazzale degli Eroi, e rammentare a Renzi e ai suoi smemorati elettori che la nostra Repubblica e l’Unione Europea non sarebbero mai nate senza il sangue versato dai partigiani comunisti e dai milioni di sovietici caduti combattendo contro i tedeschi di Hitler. Quei tedeschi che oggi riconoscono i nazisti golpisti di Kiev.
E’ vero, sì, dai tempi di Marx ed Engels la stella rossa accompagna il movimento operaio e la lotta di classe, ma proprio per questo è diventata simbolo delle conquiste dei lavoratori e di una grande stagione di lotte per il riscatto delle classi subalterne. Un simbolo di civiltà. Quella civiltà che il capitalismo, ben rappresentato da Nolte, sta cancellando dalla storia dell’Europa a trazione tedesca, facendo appello una volta ancora a svastiche naziste, alla sistematica violazione del diritto internazionale e della sbandierata autodeterminazione dei popoli.
Chi finge di ignorare tutto questo, votando il pupo fiorentino, non s’illuda di punire Stalin: darà solo una mano ai padroni del vapore che sostennero i nazifascisti. Quei nazifascisti ai quali l’Unione Europea, Merkel in testa, copre oggi le spalle a est.
E’ vero, la storia non si ripete, ma le tragedie sì. Le tragedie si ripetono.
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