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Posts Tagged ‘Gian Antonio Bravin’


E’ vero, la foto di Mussolini e dei gerarchi uccisi ed esposti a Piazzale Loreto suscita orrore e pietà, ma sarebbe un errore gravissimo separarla dal contesto in cui nacque e dalle ragioni di cui era figlia. Certo, tra chi inveisce e oltraggia i cadaveri non mancavano colore che erano stati fascisti. Non meno certo è però che da un punto di vista morale quei morti erano giunti in quella Piazza solo per loro esclusiva volontà.
Da quando scuola e università sono state praticamente distrutte, i giudizi moralistici, i commenti delle immancabili anime pie, e si è andata affermando una ricostruzione storica che ha stravolto la feroce realtà del fascismo e ha processato e condannato una inesistente e colpevole violenza partigiana, quei giudizi e quei commenti si sono moltiplicati. Ricordare perciò cosa avvenne proprio lì, a Piazzale Loreto, alcuni mesi prima, è diventato un dovere morale. Quanti sanno, infatti, che proprio lì in quella piazza, il 10 agosto 1944 quindici partigiani erano stati massacrati dai militi repubblichini, alleati delle SS, le feroci forze di sicurezza naziste?
Le guerre non sono mai balli di gala e sono sempre feroci, Una ferocia, tuttavia, la cui prima responsabilità va messa nel conto da pagare da chi la guerra l’ha voluta. In nome di quella ferocia, pochi giorni prima, l’8 agosto, in viale Abruzzi, due bombe avevano fatto saltare un autocarro tedesco. Incredibilmente, però, i tedeschi non avevano avuto vittime, i passanti sì. E’ noto che i partigiani rivendicavano le loro azioni, ma in quel caso non lo fecero. A Milano alla testa dei Gap c’era il comunista Giovanni Pesce, combattente di Spagna, reduce dal confino politico a Ventotene e medaglia d’oro al valor militare. Un comandante esperto e coraggioso, particolarmente abile nella guerriglia urbana, che non avrebbe fallito il colpo e che l’avrebbe rivendicato se fosse stato opera sua. Non a caso del resto, nel 1999, processando in contumacia Theodor Saevecke, capo dei servizi di sicurezza tedeschi e della Gestapo, il Tribunale Militare di Milano ritenne l’attacco al camion un colpo dei nazisti, che intendeva così mettere in cattiva luce gli uomini della Resisteza agli occhi della popolazione. Saevecke, un criminale che, terminata la guerra risultò uno sterminatore di ebrei e un torturatore e assassino di partigiani, fallito il colpo, nonostante non ci fossero vittime tedesche, organizzò la rappresaglia e fece fucilare quindici partigiani italiani prigionieri.
Screditare i partigiani e dare un esempio terrificante era ancora possibile e il criminale non esitò. Dopo la fucilazione eseguita il 14 agosto, il boia di Piazzale Loreto diede ordine che i moti, definiti «assassini» da un cartello messo lì apposta per ingannare la popolazione, rimanessero nella piazza senza essere ricomposti. Com’ere prevedibile, quei poveri corpi straziati si decomposero subito sotto il sole rovente davanti agli occhi della città atterrita. Rimasero lì per venti interminabili ore, avvolta dall’odore terribile del disfacimento e da nugoli d’insetti. Un disumano oltraggio alla pietà e alla dignità umana. La gente portò dei fiori, ma passata la sorpresa, per venti ore i militi fascisti vietarono a parenti e passanti impietositi di fermarsi a pregare e di porta un fiore.
Mussolini non ebbe il coraggio di intervenire e fece solo pervenire all’ambasciatore tedesco un protesta formale e inutile. Meritatamente, meno di un anno dopo prese il posto di quegli sventurati. A distanza di decenni lo si può ricordare solo per quello che fu: un criminale. Delle vittime, invece, vanno ricordati i nomi. Nomi che conservano l’onore dei partigiani, E ricordando, dal momento che i tempi sono sempre più bui, è giusto gridare con forza:
Ora e sempre, Resistenza!
Si chiamavano Gian Antonio Bravin, Giulio Casiraghi, Renzo del Riccio, Andrea Esposito, Domenico Fiorani, Umberto Fogagnolo, Tullio Galimberti, Vittorio Gasparini, Emidio Mastrodomenico, Angelo Poletti; Salvatore Principato, Andrea Ragni, Eraldo Soncini, Libero Temolo, Vitale Vertemati.
Tre erano meridionali e nessuno di loro sapeva di morire per la libertà di gente come Salvini.

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Mussolini_e_Petacci_a_Piazzale_Loreto,_1945La foto di Mussolini e dei gerarchi esposti a Piazzale Loreto è indiscutibilmente tragica e non ci sono dubbi: qualcuno tra quelli che inveiscono e oltraggiano i cadaveri era stato fascista. Così va la vita e non c’è che fare. Da un po’, tuttavia, i commenti delle anime pie, i giudizi moralistici, il dissenso e l’aperta condanna della violenza partigiana si sono moltiplicati. Non sarà male perciò ricordare che proprio lì, a Piazzale Loreto, alcuni mesi prima, il 10 agosto del 1944, quindici partigiani erano stati trucidati dai militi repubblichini che operavano con le SS, le famigerate forze di sicurezza naziste.
Pochi giorni prima, l’8 agosto, in viale Abruzzi, un autocarro tedesco era saltato in aria in seguito allo scoppio di due bombe.C’erano state vittime tra i passanti ma non era morto nessun tedesco. I partigiani, che in genere non si nascondevano dietro un dito, non si assunsero la responsabilità dell’attacco. A Milano i Gap erano guidati dal comunista Giovanni Pesce, combattente di Spagna, reduce dal confino politico a Ventotene e medaglia d’oro al valor militare. Uno dei più esperti e coraggiosi comandanti partigiani, particolarmente abile nella guerriglia urbana. Tutto lascia credere, perciò, che non aveva torto il Tribunale Militare di Torino allorché, nel 1999, processando in contumacia Theodor Saevecke, capo dei servizi di sicurezza tedeschi e della Gestapo, la Polizia Politica, ritenne l’attacco al camion un colpo premeditato dai nazisti, che miravano evidentemente a rendere i partigiani odiosi alla popolazione, per isolare la Resistenza. A cose fatte, Saevecke, che alla fine della guerra si trovò sulla coscienza quasi molte centinaia di ebrei deportati e numerosi partigiani morti sotto tortura, tirò in ballo il bando di Kesserling, benché non ci fossero stati tedeschi uccisi, e pretese la rappresaglia, con la fucilazione di quindici partigiani italiani prigionieri.
Piazzale_Loreto_10_agosto_1944Non contento, dopo la strage, avvenuta il 14 agosto, il boia di Piazzale Loreto ordinò che i cadaveri, definiti “assassini” da un cartello tirato su per l’occasione, fossero lasciati sul posto senza essere ricomposti, atroce monito per la popolazione. Come i criminali tedeschi e fascisti avevano previsto, le vittime si decomposero rapidamente sotto il caldissimo sole estivo davanti agli occhi della città atterrita. Venti lunghe ore, tra nugoli d’insetti, un’insopportabile puzza e l’oltraggio feroce alla pietà e alla dignità umana. Venti ore, coi fascisti armati che vietarono a tutti, persino ai parenti, di portare un fiore o chinarsi a pregare.
Mussolini, che si limitò a una formale protesta con l’ambasciatore tedesco, di li a poco prese il posto delle sue vittime. Non ci sono giudizi morali da pronunciare. Dopo settant’anni, si possono solo ricordare i nomi onorati dei quindici partigiani, gridando con tutte le forze:
Ora e sempre, Resistenza!

Gian Antonio Bravin, Giulio Casiraghi, Renzo del Riccio, Domenico Fiorani, Umberto Fogagnolo, Tullio Galimberti,Vittorio Gasparini, Angelo Poletti; Andrea Ragni, Eraldo Soncini, Libero Temolo, Vitale Vertemati e i meridionali Andrea Esposito, Salvatore Principato ed Emidio Mastrodomenico.

Non sapevano di morire per la libertà di gente come Salvini.

Fuoriregistro, 24 aprile 2015 e Agoravox 25 aprile 2015

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