Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘Franco Fortini’


«L’ospite ingrato», la rivista fondata da Franco Fortini, ha appena pubblicato un numero dedicato alla scuola. Lo consiglio a chi riconosce il ruolo centrale della scuola in una democrazia; riporto l’inizio del mio intervento, ma gli autori sono tutti eccellenti. Per chi fosse interessato, c’è il link che conduce alla rivista, da cui si può ricavare il testo il numero in Pdf . Buona lettura.

L’alfabeto pericoloso
Giuseppe Aragno

  1. Il maestro degli anni Settanta

Nell’ottobre del 1971, centodieci anni dopo l’unità d’Italia, giovane e inesperto vincitore di concorso, divenni maestro in una prima elementare rigorosamente maschile dell’80° Circolo Didattico di Napoli. La scuola, un prefabbricato al centro di una spianata cosparsa di rifiuti, era circondata da un campo di Rom, guardati con sospetto dalla gente del posto. Periodicamente – ed era questo l’unico contatto umano – gli oziosi locali assistevano silenziosi a quello che tutti chiamavano «bagno della principessa». Come per antico rito, alcuni Rom formava no una scala con pietre di tufo davanti a un fusto metallico colmo d’ac qua e la giovane compagna del capo del campo, vestita dalla testa a piedi, s’immergeva più volte poi, aiutata dagli accompagnatori, usciva dal fusto grondando acqua, tornava al campo e spariva in una roulotte.
 I “Censi”, il quartiere dov’era la scuola, oggi non esistono più. In quegli anni, addensate tra il cimitero, i palazzi di Corso Italia decorati con fiori di stucco e gli alveari umani di via del Cassano, c’erano le case dei miei alunni. Affacciati sulla via uno dopo l’altro, quei bui tu guri ospitavano in un paio di locali padri, madri, nonni e una numerosa prole, cui si aggiungevano cani, gatti, uccelli in gabbia e non di rado un asino. Com’era naturale, un pullulare di pidocchi causava periodiche disinfestazioni e chiusure dei locali scolastici.
Come nuovo venuto, mi toccò il “fior fiore” degli alunni: ripetenti e figli di famiglie scansate da tutti. Fino a dicembre io e i miei cartelloni parlammo arabo e gli alunni, ancora analfabeti, vegetarono tra zingari e pidocchi, finché un bambino felice non mi portò un foglio miracoloso e rivelatore. Nell’angolo in alto a sinistra aveva disegnato un topo un po’ grande rispetto al foglio; sotto il topo, fitte e ordinate file di «z», di zeta. Quando gli chiesi che cosa avesse scritto, si illuminò e rispose sicuro di sé: «la z di zoccola». Fu come un lampo. Intuii così ciò che  per mesi non avevo capito: per lui il topo era e poteva essere solo un «sorice»; a seconda delle dimensioni, si faceva poi «suricillo», «zocco- la» e «zucculona». Nella sua lingua il gatto era una «iatta», l’oca una «paparella», la botte una «votta» e un frate francescano si chiamava «ze monaco». L’Italiano per quei ragazzi era una sorta di “lingua due”. Con l’alfabetiere nella loro lingua madre presero il volo. Imparai così che quartieri più o meno confinanti parlavano lingue diverse come mondi lontani; capii che un secolo dopo l’unità ai “Censi” non s’erano fatti l’Italia e gli Italiani e mi chiesi che ruolo ha la scuola se non è anzitutto strumento di liberazione di alunni e alunne che vi giungono quando qualcuno lo ha già “adattati” alle sue regole…

Per chi è interessato, ecco il link che conduce alla rivista, dalla quale si può ricavate il testo in Pdf: https://www.ospiteingrato.unisi.it/9gennaio-giugno-2021scuola-la-posta-in-gioco/

classifiche

Read Full Post »