Un tempo un soldato caduto in mano al nemico era stato catturato e quindi si definiva “prigioniero”. Oggi chissà perché, si dice invece che è stato “rapito”.
Un tempo chi lottava per la liberazione della sua terra occupata militarmente era un partigiano e aveva la solidarietà dei popoli liberi. Oggi, nessuno sa perché, i partigiani sono diventati terroristi e gli aggressori sono eroi che compiono il loro “doloroso” dovere.
Un tempo i generali che bombardavano scuole dell’Onu piene di rifugiati e ospedali zeppi di feriti erano criminali di guerra. Oggi no. Oggi, a dar retta ai rappresentanti della comunità ebraica italiana, quei generali meritano il Nobel per la pace, perché – incredibile a dirsi – evitano altri morti.
Un tempo, quando si verificavano crimini di guerra, i criminali erano puniti dalla comunità internazionale e incappavano quantomeno in sanzioni economiche. Oggi non è più così. Oggi gli occidentali lasciano che Israele compia un genocidio sotto gli occhi del mondo e le sanzioni le applicano alla Russia, che gli Usa accusano di fantomatici crimini. Gli Usa, sì, quelli che portarono all’ONU vergognose prove false per dimostrare che l’Irak possedeva armi di distruzione di massa e, ingannando il mondo, uccisero mezzo milione di iracheni.
In tutti i tempi, quale che sia il linguaggio della propaganda, se esiste un Dio, come credono il governo israeliano e quello statunitense, maledice i popoli che fanno a pezzi bambini indifesi e i complici che li aiutano a compiere il genocidio. Maledetti dal loro Dio, se esiste, sono oggi perciò Israele, gli Usa e tutti i popoli occidentali che li sostengono o sono “equidistanti” dai bambini uccisi e dai loro carnefici. Maledetto dal suo Dio, se esiste, a rigor di logica, è anche il benedetto papa Francesco, che sta a guardare, non lancia anatemi e non si trasferisce a Gaza martoriata. Maledetto, come i suoi predecessori, Pio XI, che non scomunicò Mussolini quando varò le leggi razziali e si alleò con i nazisti, e Pio XII, oggi santo, che non colpì i nazifascisti, ma scomunicò i comunisti.
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Gaza : il trionfo della neolingua.
Posted in Interventi e riflessioni, tagged comunisti, comunità ebraica italiana, Dio, Gaza, Israele, Mussolini, nazifascisti, ONU, ospedali, Papa Francesco, partigiani, Pio XI, Pio XII, prigioniero, scomunica, scuole ONU, terroristi, USA on 03/08/2014| 4 Comments »
Stampa: “fondi neri” dalla Aventis Pharma? Il Plasil va a ruba
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Cancellieri, comunisti, fondi neri, Napolitano, Plasil, segreto di Stato, servitori dello Stato, strage di Bologna on 02/08/2012| Leave a Comment »
Si scrive ormai sotto dettato. Ieri sera, per le prime pagine di stamattina, velina perentoria e limiti precisi: a Bologna, in occasione del trentaduesimo anniversario della strage, per ricordare, arrivano Cancellieri e Napolitano.
Ricordare cosa? Ci vuole davvero una gran faccia tosta, ma è inutile meravigliarsi. Ormai è evidente: non c’è limite alla vergogna e il fondo non s’è ancora toccato! Se questi signori volessero ricordare veramente ciò che invece intendono occultare, sarebbe facilissimo: la pianterebbero di coprire col segreto di Stato tutte le carte che scottano e direbbero finalmente agli storici: “Avanti, e raccontate tutto!”.
Invece no, invece i politici fanno parate, commemorazioni e pagliacciate, mentre ciarlatani, saltimbanchi, giullari, fantocci, marionette e parolai travestiti da storici scrivono i loro libri dal titolo altisonante: Storia dell’Italia del Novecento. Ma quale storia? Il libro delle favole, con i buoni che sono sempre “onesti servitori dello Stato” e i cattivi che sono naturalmente tutti rossi e tutti comunisti!
Per favore, smettiamola di farli certi nomi: Cancellieri, Napolitano… Così si fanno solo gli interessi di chi produce Plasil e il sospetto è lecito: la stampa riceve “fondi neri” dalla Aventis Pharma? Mancano le prove, ma c’è un dato certo: il Plasil va a ruba…
L’Italia c’è, ma non porta coccarde
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Africa, antifascisti, assicurazione sul lavoro, Bava Beccaris, Bixio, Borbone, Bronte, Cadorna, Cialdini, comunisti, Confindustria, contadini, Fuoriregistro, Giolitti, Italia, italiani, Lamarmora, Marchionne, Milano, Mussolini, operai, otto ore, Ottocento, pensioni, Piave, proletari, Rino Gaetano, Scelba, sottosviluppo, Sud, sviluppo, trincee on 17/03/2011| Leave a Comment »
L’Italia c’è, non è un nome sulle carte. E ci sono gli italiani. Non portano retoriche coccarde all’occhiello, cravatte verdi o gigli del Borbone in un leghismo di rimbalzo che vorrebbe scendere al Sud.
Gli italiani ci sono, non chiudono gli occhi per non vedere, non fanno ipocrite feste, hanno buona memoria e coltivano la speranza.
L’Italia c’è e ci sono gli italiani. Si sono “fatti” nelle tragedie vissute assieme e nelle lotte che li hanno uniti, ben più che mille proclami, referendum e chiacchiere vuote della politica. Si portano dentro il tratto incancellabile d’una vicenda che li accomuna. Non è nazionalismo, è storia comune e forse Dna. Settentrionali venuti a morire di solidarietà nel colera del Sud, nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, dissidenti perseguitati ovunque nel paese, operai presi a sciabolate in tutte le piazze dei nostri cento campanili, quando si lottava per i diritti: le otto ore, l’assicurazione obbligatoria sul lavoro contro gli infortuni, la pensione. I contadini senza terra, in lotta ovunque per più equi patti agrari e condizioni di lavoro degne di esseri umani; il popolo lacero e affamato, intisichito da uno sviluppo che pretendeva sottosviluppo in nome del saggio di profitto e della necessità di mercati di consumo; i milioni di veneti e campani, genovesi e calabresi, che, come i nordafricani d’oggi, scendevano in piazza a mani nude contro i cannoni caricati a mitraglia o emigravano in cerca di lavoro e dignità.
Gli italiani si son “fatti” nelle trincee sul Piave, sardi, siciliani, piemontesi, che non sapevano cosa temere di più, nella guerra del capitale, se gli sventurati austriaci delle trincee “nemiche” o gli scherani dei padroni che sparavano nella schiena di chi cedeva alla paura; si sono “fatti” nei campi di prigionia. Uomini d’ogni regione, condannati a morir di fame da padroni e nazionalisti imboscati che li ritennero traditori, come Bixio aveva massacrato i contadini di Bronte, Cialdini, Lamarmora e Cadorma i meridionali ribelli, Bava Beccaris gli operai a Milano, Giolitti i proletari di tutt’Italia, Mussolini gli antifascisti e Scelba i “comunisti”.
Gli italiani ci sono, sono nati nei deserti d’Africa e nel gelo siberiano, dove li mandò a morire il capitale, si sono riconosciuti uguali, sui monti della guerra partigiana, uomini e donne “che volontari si adunarono per dignità non per odio”, figli d’ogni monte e campanile del paese delle cento città.
L’Italia c’è, nelle sue fabbriche attaccate da Marchionne e Confindustria, c’è coi suoi giovani scesi in piazza a Roma contro un potere sempre uguale a se stesso e sempre pronto a cambiare perché nulla cambi. C’è, lotta ancora nelle piazze e nei luoghi di lavoro, nei collegi docenti di quelle scuole che invano si prova a piegare.
L’Italia c’è. E ci sono gli italiani. Non fanno festa. Lottano. E non dimenticano il colore del cielo .
Uscito su “Fuoriregistro” il 17 marzo 2003