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Posts Tagged ‘“Commissione Trilaterale”’

Pare che Monti abbia fatto il castigamatti con Microsoft. Pare anche, però, che il rettorato del neoministro Profumo sia stato caratterizzato, a Torino, dalla forte spinta alla collaborazione con diverse aziende internazionali, prima fra tutte Microsoft. A parole, l’opposizione guidata da Bersani ha sempre sostenuto che la riforma Gelmini fosse un vero disastro. Nei fatti, oggi Bersani appoggia il governo guidato da Monti, che ha sempre sostenuto la Gelmini, e un ministro come Profumo che, sul tema spinoso del rapporto  tra pubblico e privato, si limita a dichiarare “Io credo che la scuola sia la scuola”. Una scoperta che vale l’uovo di Colombo.     

Il teatro comico ha mille volti e si può esser d’accordo: ci sono buffoni seri e tragiche buffonate. Così, se il Parlamento di Pontida è una “comparsata” per comici scalcagnati e le barzellette di Berlusconi danno la misura della miseria morale del Paese che l’ha votato, la commedia a Palazzo Madama ha avuto ieri i toni dell’avanspettacolo. Monti fa offesa alla sua intelligenza, quando ci rassicura sul “complotto” dei poteri forti. Ma chi parla di complotto? Per carità, qui tutto accade alla luce del sole e sono fatti chiari: un Parlamento di nominati vota la fiducia a un governo che nessuno ha votato. Questo è un fatto grave e Monti lascia il tempo che trova con le sue smentite. Se il fatto poi sia di per sé complotto, il problema è di Monti e, con tutto il doveroso rispetto, di Napolitano che l’ha incaricato.

E’ un dato reale: per il ruolo che ha svolto, Monti è tra i responsabili della crescita malata di un organismo politico pensato per i popoli e diventato nemico dei popoli. Che l’Unione Europea sia sull’orlo della catastrofe non è invenzione di fantasie morbose o di un risorto estremismo che se la prende senza ragion veduta con una rinnovata congiura demo-pluto-giudaico-massonica. Questi purtroppo sono fatti concreti, come i percorsi e le carriere di uomini che stanno decidendo del futuro dell’Italia e della Grecia, per limitarsi agli ultimi avvenimenti. Non è colpa dei cittadini e non è una congiura, è un dato di fatto: Mario Monti al governo qui da noi, Luca Papademos in Grecia e Mario Draghi alla Banca Centrale Europea a Buxelles sono giunti tutti, passando prima per la Goldman Sachs, la Commissione Trilaterale di Rochefeller e il Gruppo Bilderberg.

In questo contesto si pone la chiave di lettura di eventi che sarà la storia a ricostruire, ma è un fatto, non un complotto, che solo pochi giorni fa il Passera banchiere, oggi ministro, dichiarava a nome di Banca Intesa: “Come banca […] siamo […] direttamente e indirettamente uno dei più grandi sottoscrittori di debito pubblico italiano”. A noi oggi tocca credere per fede che il Passera ministro, fino e ieri leader di una della più grandi banche italiane, si occuperà degli operai e non farà mai gli interessi del gruppo che ha guidato per dieci anni. Tocca credere, e la fede dovrà essere grande, che il banchiere Passera, che s’è occupato a lungo di trasporti, ha acquistato per la sua banca il 10 % della nuova Alitalia e c’entra molto coi treni privati di Montezemolo e Della Valle, da ministro delle attività produttive e delle infrastrutture, tutelerà dalla concorrenza le Ferrovie dello Stato sui binari dell’alta velocità.  

In quanto all’istruzione, non è certo un complotto: Monti ha sostenuto la Gelmini e il neoministro Profumo è uomo molto vicino al cardinal Bagnasco. Tutto ci tranquillizza, tutto. In tempi di conflitto sociale, un prefetto al Ministero dell’interno era tra i nostri sogni e, mentre si decide chi paga la crisi, un ammiraglio alla Difesa ci rassicura. E s’è visto subito, d’altra parte: Monti parla dell’Ici sulla prima casa. Le spese militari non si toccano. Non fanno debito, no, quelle sono risparmi. 

Uscito sul “Manifesto” del 20 novembre 2011 col titolo Monti & Co, Neoliberismo alla luce del sole

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Tragicommedia. Non poteva che finir così. C’è davvero l’Italia di oggi nei cori sprezzanti dei tifosi contrapposti, nei cortei che si schierano davanti ai palazzi d’un potere sempre più estraneo, come fedeli davanti agli altari, in attesa dell’immancabile “miracolo”. Nell’incredibile confusione tra “liberazione” e “rito liberatorio“, c’è la comica tragedia d’un Paese che non s’è mai veramente “liberato“. Che il fascismo sia stato, come scrisse lucido Gobetti, l’autobiografia degli italiani, ora sì, ora si vede chiaro in questo surrogato di “liberazione“, che ci fa più servi in un inevitabile crepuscolo della democrazia. E’ vero, Berlusconi cade – e questo fa certamente bene – ma a chi torna ai ritmi del poeta latino – “nunc est bibendum” – il vino va alla testa e tutto si confonde nel gioco delle parti. Cade, sì, ma per mano di lanzichenecchi della finanza e di squallidi capitani di ventura, suoi pari, come Sarkozy e la Merkel, che l’hanno detto chiari e minacciosi a Papandreu: se si rompe il giocattolo, si torna all’Europa dei conflitti. Cade e l’Italia fa festa o protesta; in piazza c’è chi l’ha combattuto per anni, impotente, inascoltato e tradito da opposizioni complici che non l’hanno mai inchiodato al conflitto d’interesse, e chi l’ha liberamente eletto, esaltato e spesso idolatrato; strati sociali così vasti e così variamente connotati, che parlare ancora di “società civile” pare non abbia più senso. Brinda, fa festa o protesta, l’Italia, ma è un’Italia avvilita che non trova rappresentanza politica e cerca invano una classe dirìgente capace di arrossire, che mostri senso del pudore e quella capacità critica che distingue gli uomini liberi dai servi sciocchi. Canti, cori, dirette televisive e l’eterno salotto buono, con Di Pietro, folgorato sulla via di Damasco, che non parla più di “macelleria sociale“, Concita De Gregorio, pronta a sostener la tesi insostenibile che è stato il governo a scatenare la crisi economica nata negli Usa, Casini berlusconiano per due e più lustri, Fini capobanda fino all’anno scorso e il solito Floris con una batteria di servizi terroristici sui bancomat in tilt e i soldi sequestrati in banca per effetto del fallimento. Un polverone sollevato ad arte per coprire la miseria morale di una “uscita” dalla crisi di governo che, da qualunque parte la si guardi, non va d’accordo coi principi della democrazia e, quand’anche fosse l’unica, amara e necessaria medicina, non meriterebbe certo una festosa accoglienza.
Morto il re, viva il re, ma operai e docenti stiano allerta. Il “nuovo che avanza” ha già detto basta alla nefasta influenza marxista e al suo “arcaico stile di rivendicazione che è un grosso ostacolo alle riforme” e “finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati“. La ricetta è il solito veleno – il “vincolo della competitività” – e quanto sia efficace s’è “visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili“.
In fabbrica, quindi, flessibilità e mano libera al signor padrone e, in quanto alla formazione, basta col valore legale del titolo di studio e via con l’incubo americano: il figlio del ricco borghese che studia a Milano vale il doppio del cocciuto figlio di poveracci che va a scuola a Canicattì. Che ci va a fare? Lo studente non conta niente, vale il “nome” dell’istituto. Ci sono lauree e pezzi di carta in un mondo in cui chi ha i quattrini per farlo si costruisce la scuola e l’università. Chi decide è il mercato…
Così, Mario Monti, sul Corriere della Sera del 2 gennaio scorso. Altro che nuovo! Monti al governo – un “governo tecnico“, s’intende, di colpo di Stato non si parla più – è una fucilata sparata a bruciapelo sulla democrazia! Lo sanno tutti, Napolitano, gli “scamiciati” del Governo di Unità Nazionale, il rosso Vendola con la formula diplomatica del “Governo di scopo“, Bersani e i suoi, stretti attorno alla bandiera tricolore di un “Governo di transizione” che ci porta difilato al patibolo della Bicciè. Lo sanno tutti, ma fingono di non sapere: dopo un lungo scontro, c’è una resa incondizionata e tutto avviene nello stesso campo: la trincea è quella del peggior capitalismo. Nulla a che vedere coi diritti e la fatica della povera gente, costretta con un colpo di mano a pagare il prezzo d’una crisi per cui Monti è responsabile più o meno quanto Berlusconi. Monti, sì, che, guarda caso, è stato International Advisor della “Goldman Sachs“, ha libero acceso al chiuso “Gruppo Bildeberg, è membro stimato della “Commissione Trilaterale” creata da Zbigniew Brzezinski e Rockefeller e ha partecipato in prima linea, come Commissario europeo per l’economia, alla creazione del mostriciattolo che ci si ostina a chiamare “Unione Europea”.

Uscito su “Fuoriregistro” il 14 novemente 2011 e sul “Manifesto” del 15 novembre 2011 col titolo “Il nuovo avanza ma il capitalismo è sempre lo stesso”.

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