Vorrei sbagliare, ma il branco di cialtroni che da alcuni decenni ha distrutto il Paese, sentendo puzza di bruciato, sta provando a indicare capri espiatori. Lo scopo è chiaro: creare confusione e tirarsi fuori dalla tempesta, alzando cortine fumogene e puntando il dito su chi per troppo tempo e con troppa pazienza ha avuto il torto di subire.
Sento dire – e c’è chi abbocca all’amo – che il problema della scuola in questo delicato momento è rappresentato dagli insegnanti che – guarda un po’ – non vorrebbero finire come gli anziani lombardi e concludere la carriera in un contenitore trasportato verso cimiteri ignoti dai camion di un costoso e inutile esercito.
E’ venuto il momento di dirlo chiaro: il problema di questo Paese, o, per dir meglio, tutti i problemi di un Paese ridotto allo stremo, non c’entrano nulla col senso di responsabilità dei docenti, dei pompieri ,degli infermieri e dei lavoratori in genere.
Il senso di responsabilità è certamente mancato e manca. Ma chi non l’ha avuto e non l’ha è una classe dirigente che da almeno dieci anni avrebbe dovuto prepararsi a far fronte a un tragedia annunciata e non l’ha fatto. Questo, per non parlare dei tagli dissennati e delle criminali spese militari in eterna crescita.
In quanto a noi cittadini, se avessimo davvero e fino in fondo il senso di responsabilità necessario a far fronte al dramma in cui siamo stati cacciati, dovremmo limitarci ad assicurare i servizi essenziali e nello stesso tempo mandare via con ogni mezzo i mariuoli corrotti e irresponsabili che hanno il coraggio di chiederci di essere responsabili. Dovremmo, per esser chiari, scendere in piazza, ribellarci e insediare un governo di salute pubblica e tribunali del popolo.
A scusante dei criminali che occupano le Istituzioni, c’è solo un nostro gravissimo errore: poiché abbiamo accettato la distruzione della scuola e dell’università e abbiamo consentito che il popolo fosse trasformato in bestiame votante, oggi esistiamo contro la valanga di ingiustizie che subiamo e ci lasciamo condurre al macello.
E’ necessario però che sia chiaro: il limite è stato superato e la pazienza è finita. Invece di accusare gli insegnanti, questa classe dirigente faccia spontaneamente le valigie e tolga il disturbo. Se non l’ha capito, lo sappia: la gente è stanca e quando la rabbia esploderà, nessuno potrà sentirsi al sicuro.
Posts Tagged ‘bestiame votante’
Un governo di salute pubblica
Posted in Interventi e riflessioni, tagged bestiame votante, governo di salute pubblica, tribunale del popolo on 12/09/2020| Leave a Comment »
Superpampers
Posted in Interventi e riflessioni, tagged bestiame votante, civette, conduttori, corruzione, disoccupazione, ignoranza, Italia, lalavita, Lisbona, manifatturiero, mezzibusti, ministra Cancellieri, Monti, rapaci notturni, vampiri on 17/10/2012| Leave a Comment »
Questa è Lisbona. All’italico “bestiame votante” la nutrita schiera di conduttori, mezzibusti, pennivendoli e velinari, non ne parla e non la fa vedere. Noi la sera ci addormentiamo cullati dalla solita ninna nanna: l’Italia è un’altra cosa: il secondo paese manifatturiero, un forte risparmio delle famiglie, una grande ricchezza privata e dulcis in fundo, versione nobile di “sole, pizza e spaghetti”, l’immancabile “fantasia innovativa” che, manco a dirlo, il mondo intero ci invidia…
Chiacchiere per deficienti. Qui di “grande” abbiamo la disoccupazione, la corruzione, la malavita, la compravendita di voti e l’ignoranza della popolazione. Cosa pensate che accadrebbe se a partire da domani Roma assumesse questo aspetto? Posso azzardare una risposta? La ministra Cancellieri sentirebbe l’impellente bisogno di procurasi una seria scorta di superpampers… Monti? Beh, sparirebbe, come un incubo alle prime luci dell’alba, quando il sole mette in fuga i vampiri, le civette ammutoliscono e i rapaci notturni tornano alle tane buie dalla quali li ha cacciati la fame.
Questa è Lisbona…
Vino Gelmini
Posted in Interventi e riflessioni, tagged Belpietro, bestiame votante, Feltri, Porro, Riforma Gelmini, Sallusti, scuola, università on 22/10/2010| Leave a Comment »
Non è questione di linguaggio, benché qualcosa con la sostanza c’entri anche la forma. La povertà del lessico rivela non di rado la miseria dei contenuti e la loro somma conduce difilato a un desolante analfabetismo dei valori.
Analfabeta, naturalmente non è la Gelmini – che pure i suoi problemi col sistema dei valori costituzionali e con l’alfabeto dei diritti certamente li ha – ma i saggi e incompetenti Soloni che, lavorando nell’ombra, le confezionano il prodotto finito. L’avvocato, in fondo, mette solo l’etichetta: “Vino Gelmini“. E’ vino, non c’è dubbio. Tra l’accademia e la scuola barcollanti, i segni di etilismo sono così evidenti che non occorre essere esperti: vino e per giunta, adulterato. Occorrerà cercare la cantina. D’altra parte, lo stornello ripeturo ad ogni pié sospinto ricorda l’antico cantiniere: Però non annacquiamo. Lo ripetevano un tempo, nelle luride bettole dei sottoproletari abbrutiti dallo sfruttamento, i venditori del “mezzo bicchiere“, è diventato ormai la sintesi perfetta del pensiero politico del ministro dell’istruzione: Non annacquiamo. Se chi ascolta, per caso poi ride, il protocollo è rigido: Feltri, Sallusti, Porro e Belpietro puntano il dito e passano all’attacco: “è il sorriso dell’odio, un reato penale, guardate che questa è istigazione a delinquere“. Il trattamento, è noto, s’applica soprattutto a chi conta qualcosa: un diluvio di notizie vere, probabili, inventate e “sbolognate come verità di fede, col codicillo messo in preventivo: valanghe di fango e agnelli sacrificali.
Questo è l’amore!
Il vino Gelmini ha caratteristiche inconfondibili. Per quanto riguarda la scuola, ecco i dati salienti, valutati per difetto:
1] Più alunni per classe, meno insegnanti e meno tempo scuola;
2] impoverimento delle risorse economiche e mortificazione di quelle umane;
3] autorità invece che autorevolezza;
4] discriminazione razziale;
5] cancellazione dell’idea stessa di continuità didattica;
6] disprezzo della pedagogia e rifiuto della sperimentazione;
7] centralità della morale e della religione cattolica con conseguente educazione alla rassegnazione e cancellazione dell’idea di conflitto;
8] svilimento della democrazia e svuotamento degli organi di governo democratico della scuola in una logica di repressione di classe e di “gerarchizzazione” della società;
9] prevalenza del privato sul pubblico con la sottrazione di fondi alla scuola statale per il finanziamento di quella privata e confessionale.
In poche parole omicidio dell’intelligenza critica della funzione di crescita civile. Il cittadino non si forma più. Occorrono soldatini del capitale e un ottuso “bestiame votante“.
In quanto all’università, l’elenco della spesa è presto fatto:
1] tagli indiscriminati;
2] svilimento del ruolo del ricercatore;
3] impoverimento delle risorse umane con l’assunzione di un docente per ogni cinque pensionamenti e perdita secca di quattro docenti per l’attività formativa degli studenti;
4] aziendalizzazione con logiche di profitto ed esproprio delle funzioni di indirizzo strategico, di programmazione, di vigilanza sulla sostenibilità economica e, quindi, del bilancio, affidati a un Consiglio di amministrazione con forte presenza “esterna” e potere di attivare o sopprimere corsi e sedi e di intervenire sui fondi per la ricerca.
5] istituzione di un fondo speciale per il merito, teoricamente finalizzato a sviluppare l’eccellenza, ma concepito per utilizzare il polverone sulla meritocrazia come lo strumento di una radicale trasformazione dell’università in un’azienda;
6] divisione di classe tra gli studenti e formazione come selezione sociale;
7] privatizzazione delle università, trasformate in fondazioni, con la ricerca indirizzata al soddisfacimento di interessi privati e istituzione di un fondo gestito direttamente dal ministro dell’Economia e delle Finanze, che cancella il diritto allo studio per garantire gli interessi di pochi.
8] in barba alla meritocrezia, i professori ordinari sono più che mai i padroni del campo.
Dopo questa massiccia produzione, l’avvocato Gelmini non è certamente benvisto e pare che ci sia addirittura chi è giunto a minacciare. Può darsi e non è bello, ma va detto: chi vende pessimo vino, prima o poi, un ubriaco rischia d’incontrarlo. Un Governo degno di questo nome inviterebbe il ministro a cambiare mestiere, ma qui cominciano i guai. Un governo: a chi lo trova, mancia competente.
Uscito su “Fuoriregistro” il 22 ottobre 2010
Scuola d’ignoranza
Posted in Interventi e riflessioni, tagged anni di piombo, Antonio Labriola, Berlusconi, Bersani, bestiame votante, Casini, complotto, democrazia autoritaria, Fini, Giovanni Gentile, giustizialismo, grande vecchio, ipergarantismo, Maria Pia Garavaglia, meritocrazia, Riforma Gelmini, riforma Gentile on 06/02/2010| 1 Comment »
Come ogni regime, anche la nascente “democrazia autoritaria” è alle prese con la costruzione del consenso e il tema vitale della gestione dell’informazione. Al confronto, tuttavia, occorre dirlo, il “fascismo classico” ebbe un compito tutto sommato semplice: imbavagliare socialisti, anarchici e comunisti e piegare gli strumenti della comunicazione di massa al ferreo controllo dell’apparato. E’ vero, inizialmente ci fu anche una contrapposizione fra la maschera “legalitaria” del “mussolinismo” e lo squadrismo “rivoluzionario” e “movimentista“, ma la frattura fu presto composta e, in ogni caso, non si trattò di una questione “strutturale”. L’esistenza del regime e il suo volto “ufficiale” non furono mai strettamente legati all’esistenza formale di una vera opposizione istituzionale. Oggi, le cose non stanno così. Su temi marginali il sistema politico ha tutto l’interesse a far passare per “visione alternativa” le periodiche convulsioni dipietriste, le contorsioni autonomistiche di Casini, il “dissenso” sterile su questioni di principio, astratte e senza prospettiva politica, di cui si fa portavoce Gianfranco Fini e, ciò che più conta, le chiusure formali e le sostanziali aperture di Bersani: è il volto “democratico” di un sistema che usa come un volgare “specchietto per le allodole” il polverone levato ad arte nei “salotti televisivi“, per “coprire” così la natura reazionaria di provvedimenti politici che riscrivono nei fatti le regole del gioco, Senza il respiro “democratico” di un’opposizione di facciata, il rovescio autoritario del “sistema” verrebbe allo scoperto e prima o poi un campanello d’allarme agiterebbe le acque della palude qualunquista puntualmente divisa in “colpevolisti” e “innocentisti” sull’immancabile caso di cronaca nera, sulle indecenti vicende personali di questo o quel personaggio politico, sull’insolubile dilemma tra il giustizialismo forcaiolo e l’ipergarantismo, sulla sorte di una magistratura storicamente legata ai giochi di potere, sull’eterno complotto che assolve o condanna Craxi, spiega senza spiegare gli “anni di piombo” e cerca perennemente il “grande vecchio” che tiene i fili della tela segreta che, da Cavour a Berlusconi, fa la storia d’Italia e la fortuna del pennivendolo di turno. E’ un gioco di prestigio: chi ne ha piange tutte le lacrime per il tempo andato e non bada alla tragedia del presente, da cui si sente fuori, tratto ad arte lontano dalla forza schiacciante della disinformazione.
Il caso Scuola/Gelmini – o forse meglio la riduzione in servitù della scuola pubblica in un Paese che mostra sempre più chiari i sintomi dell’asfissia – ha, in questo senso un valore emblematico. Se si fa eccezione per gli “addetti ai lavori“, messi però sistematicamente a tacere ovunque si parli di formazione, i sedicenti leaders politici, gli immancabili esperti, i tuttologi, i velinari e i maestri della disinformazione sono tutti sintonizzati su un’unica lunghezza d’onda: il nodo cruciale della discussione è, di fatto, il filosofo fascista Giovanni Gentile.
Se il paragone stia in piedi, non interessa a nessuno. Se il gelminiano “più matematica, più scienze e più lingue straniere” abbia qualcosa a che vedere col filosofo che riconduce a unità nella coscienza spirito e natura, è problema del tutto secondario. La verità è una, categorica, imperativa e non si discute: la “rivoluzione didattica” del giovane avvocato, che riduce a una questione quantitativa il tema cruciale della “formazione” – “gli studenti italiani sono quelli che passano più tempo in aula con i risultati più scarsi” – basta e avanza perché gli “autoritari” vantino il loro primato – è la prima riforma organica dopo Gentile – e i sedicenti “democratici” insorgano quasi in difesa del teorico del fascismo: “è una riforma Gentile in versione ridotta“, urla scandalizzata Maria Pia Garavaglia, che non contenta aggiunge: “avesse anche solo la quarta parte dell’impianto gentiliano, la riforma Gelmini avrebbe già centrato l’obiettivo“.
Novant’anni dopo – Gentile sorriderebbe – il Parlamento d’una repubblica costruita sul rifiuto della sua dottrina finge d’accapigliarsi sul tema della formazione, ma condivide in ogni suo settore la concezione di una scuola che chiama “meritocrazia” il principio della selezione di classe e impone ai cittadini il possesso di una concezione religiosa. E non serve dirlo: quella cattolica, che è la religione delle classi dominanti.
Garavaglia non se n’è accorta, Gelmini non è in grado di cogliere – parlano per lei i consiglieri papalini e la sinistra neocodina – ma la “democrazia” condivide ora col fascismo un disprezzo profondo per i principi della pedagogia e una sottovalutazione ottusa degli aspetti psicologici dell’insegnamento. Partendo dal ruolo “centrale” del “maestro” tornato non a caso “unico“, si è passati per la “sottomissione” dello studente attraverso il “cinque in condotta” e si approda infine alla religione dei contenuti, al predominio della nozione, alla manomissione e alla confusione tra discipline e materie. Rimane sullo sfondo, non detto, ma più pericoloso dei “tagli” e, se possibile, più insidioso della privatizzazione strisciante, l’attacco alla formazione del cittadino e della sua coscienza critica. Quella che si disegna è una fabbrica di disciplinati soldatini del capitale, la produzione in serie di quel “bestiame votante“, per usare le parole di Antonio Labriola, che è pronto a servire un governo autoritario seguendo stupidamente tutti i precetti della democrazia borghese.
Uscito su “Fuoriregistro” il 6 febbraio 2010