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Dopo 5 anni, “Radio Libertà” e la “Carrozza d’oro” tornano a Barcellona. Alla “Sala Fenix” il lavoro e la compagnia sono in cartellone dall’8 al 12 gennaio.
Scritta in italiano da Alfredo Giraldi in collaborazione con Giuseppe Aragno, “Radio Libertà” racconta la vicenda appassionante e la grande lezione civile di cinque napoletani poi dimenticati. Ringraziare la città catalana per l’ospitalità e l’amore che mostra per questo lavoro non è semplicemente un segno di cortesia; è riconoscenza, ringraziamento sentito e moto del cuore. Quel cuore nel quale vive da anni senza risposta una naturale domanda: perché in Spagna “Radio Libertà” si recita con successo e in Italia, a Napoli, in particolare, è volutamente ignorata?  Eppure Napoli è la città dei Grossi, in cinque protagonisti della storia…

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Radio Libertà es la historia de un programa radio en italiano de la Barcelona de la Segunda República. Una transmisión antifascista que hablaba de la Guerra Civil a los antifeixistres en Italia, que fue puesta en pie por un abogado napolitano, Carmine Cesare Grossi (1887-1975).

Radio Libertà es también la historia de la familia Grossi que elige de lliutar con coherencia contra el fascismo en una óptica internacionalista y llega a Barcelona a comienzos de la guerra civil, después de un itinerario muy largo, que pasa por la Argentina (donde la familia vivió 10 años), Bélgica y Francia.

Radio Libertà es, además, la historia de Ada, una chica de 19 años que da voz a una radio que hablaba en Italia de la España en guerra y pedía la ayuda de los antifascistas de toda Europa a la causa republicana.

El hermano de Ada, Aurelio, es herido en el frente de Teruel, donde lliuta junto con su hermano mayor, Renato Grossi. Este último, héroe olvidado, con veinte años se enfrenta a la fuerza inhumana de la historia, que arrasa los vencidos y no deja escapatorias. Renato verá toda su vida descrita en cinco rayas indiferentes de un informe policial, en el último interrogatorio tras el regreso a Italia.

Radio Libertà es, en fin, la historia de la soprano Maria Olandese, compañera y madre de gran fuerza. Hace 75 años, al finalizar la guerra, María vive con dolor la separación de la familia en diferentes campos de concentración franceses. Volverán a reencontrarse, en Nápoles, sólo después de la Segunda Guerra Mundial.

Radio Libertà es una historia que hay que contar y que la compañía napolitana, La Carrozzeria de Oro, presenta por primera vez en España, en versión original en italiano, con subtítulos en catalán.
https://youtu.be/xU7NB3NYGiE

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downloadDemocrazia vuol dire regole, bofonchiano Mentana e soci, ma si guardano bene dal ricordare che due governi europei di fronte allo stesso problema si sono comportati in modo diametralmente opposto, uno democratico e l’altro fascista. Il Regno Unito, infatti, cambiò le regole, lasciò che la Scozia facesse il suo referendum sull’indipendenza ed evitò interventi armati, arresti e feriti. Democrazia vuol dire regole, ma i pennivendoli di casa nostra fingono di non sapere che la Costituzione di cui è armato Rajoy non condanna esplicitamente il franchismo, lascia al loro posto i franchisti impuniti, consente a falangisti vecchi e nuovi di scorrazzare per il Paese, riconosce una “nazione spagnola” e – rigida com’è – nel 2010 ha potuto rifiutare ogni offerta catalana di mediazioni che erano il frutto di un lavoro quadriennale. La nostra stampa lo sa, ma preferisce ignorarlo: la polizia catalana è stata commissariata e ora la guida un personaggio ambiguo, Diego Pérez del los Cobos, fratello di Francisco, l’ex Presidente della Corte Costituzionale che ha pervicacemente impedito una soluzione “inglese” della questione. Sarà un caso, ma i due fratelli provengono entrambi dall’ultradestra. Non bastasse – anche questo si sa ma nessuno lo dice – i poliziotti spagnoli protagonisti della repressione sono attualmente ospiti di alcune navi passeggeri affittate a compagnie italiane – grandi navi veloci e Moby/Tirrenia – cancellate dalle corse di Sardegna. Ce n’è quanto basta per una interrogazione parlamentare, ma chi dovrebbe farla? I “nominati” accampati nella Camera dei Fasci delle Corporazioni?
Qualcuno a questo punto si meraviglia se, per Mentana e soci, la Spagna e l’Unione Europea sono democratiche e pluraliste, mentre gli inglesi, che hanno democraticamente mollato l’Europa, sono invece populisti e nazionalisti di destra?
Sono stato a Parigi nel 2004, ai tempi del referendum sull’Europa. Qui da noi la stampa di regime sputava veleno sul “Grand Debat” e sul “nazionalismo francese”, però la sera, nelle scuole pubbliche che venivano lasciate aperte e affidate ai cittadini, incontravo tanta gente di sinistra ostile a un’Europa massacratrice di diritti. Testimone oculare, scrissi in questo senso un articolo per il settimanale campano del Manifesto e fui tra i pochi a mettere pubblicamente in discussione l’idea che rifiutare questa Europa fosse una “cosa di destra” e una “scelta antieuropeista”. Fu di destra, invece, di destra estrema, la scelta di ignorare la volontà dei popoli e di definire populismo ogni critica alla ferocia capitalista che decideva e decide contro la volontà dei popoli. Ne venne fuori – oggi è sotto gli occhi di tutti – l’aborto che chiamiamo Europa unita.
Vi chiedete perché metta insieme in maniera frammentaria fatti apparentemente diversi tra loro? Lo faccio perché intendo sgombrare il campo dall’idea generica e superficiale che gli indipendentisti siano sempre e comunque di destra e impedire che una concezione astratta di “Stato Occidentale” ci porti a credere che la Spagna sia una “democrazia pluralista”. I fatti hanno dimostrato che Madrid ha un governo più o meno fascista, guidato da un proconsole della Troika, che tratta gli spagnoli come fossero abitanti di una colonia del Nord Europa. Un proconsole che difende interessi e privilegi delle classi più agiate del Paese a danno di quelle più povere ed emarginate. In linea di principio, quindi, si badi bene, la Catalogna, la più ricca e agiata tra le realtà che formano la Spagna, dovrebbe essere alleata di Rajoy. Se questo non accade, vuol dire che l’indipendentismo non nasce solo da questioni di carattere economico.
Mio figlio ci ha vissuto due anni e la Catalogna un po’ la conosco. Se ti ammali, in ospedale trovi solo giovani medici inesperti che se ne vanno nel settore privato appena si son fatti le ossa. Un attacco di appendicite può diventare peritonite e tu rischi la pelle. Perché non credere che dietro la lotta dei catalani ci sia anche il rifiuto del modello di Europa che rappresenta Rajoy e l’affermazione di un’aspirazione: un’Europa che non nasca dall’integrazione di Stati nazionali, ma poggi sul federalismo tra realtà regionali? In Catalogna sono stato invitato più volte: un convegno, di cui si sono pubblicati gli atti, la presentazione di un mio libro, la messa in scena di un lavoro teatrale di cui sono coautore, voluta dalla Generalitat de Catalunya e dal Memorial Democràtic per ricordare una famiglia di antifascisti napoletani che lottò assieme ai repubblicani. Barcellona antifascista, quindi, ha ricordato quegli antifascisti di cui Napoli non si è mai occupata come avrebbe dovuto. La Catalogna è sinceramente antifascista. Lo è per l’eredità storica della guerra di Spagna. Non posso dire la stessa cosa di Madrid, alla cui università ho tenuto una lezione a due voci con Mirta Nuñez Díaz Balart, ma ho anche incontrato la contestazione franchista.
In Catalogna ho amici. Elisabetta Donatello, Ida Mauro storica e militante, Steven Forti, un italiano, che insegna storia contemporanea a Barcellona e spesso fa da consulente e opinionista per il TG3. Non sono per gli indipendentisti, ma non li criminalizzano e soprattutto puntano il dito sulla balbettante transizione dal franchismo alla democrazia e sulle responsabilità di governi come quello di Rajoy. Dovremmo riflettere sulle “insalate russe” che si definiscono “grandi coalizioni”, ma mettono assieme il diavolo e l’acqua santa per schiacciare i diseredati e i nuovi poveri creati dalla crisi economica. Le “grandi coalizioni” non sono la “democrazia pluralista”, ma il populismo di Stato, il volto formalmente legale di una deriva autoritaria.
In quanto alla violenza di Stato, essa è ormai un modello europeo. Lo utilizza ampiamente Minniti qui da noi ed è una minaccia concreta per la democrazia. Parlare oggi di Catalogna dimenticando tutto questo vuol dire vender fumo. La Catalogna probabilmente è oggi la cartina di tornasole da cui emerge il volto vero dell’Unione Europea, con i problemi immensi che essa produce e ignora. Se penso a ciò che accade a Napoli, al peso che le leggi europee hanno sulla sorte della città, alle armi che l’Unione offre a governi di dubbia legittimità che ci tagliano i viveri e ci soffocano per impedire ogni scelta autonoma, se ci penso, oggi non posso fare a meno di sentirmi catalano.

Agoravox e Fuoriregistro, 4 ottobre 2017

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napoli-24-gennaio-2017-compleanno-di-aurelio-grossiOggi, 24 gennaio 2017, Aurelio Grossi ha compiuto 98 anni. Ida Mauro, la preziosa e carissima Ida, brava nella ricerca storica, come coraggiosa e appassionata nelle scelte di vita, ha voluto dedicare a lui un po’ delle sue rare giornate italiane e se n’è venuta a Napoli, stamattina, dalla penisola sorrentina. Ha portato con sé dalla sua Barcellona una bandiera  della seconda repubblica spagnola con tante firme di antifascisti italiani e spagnoli, raccolte dall’associazione “AltraItalia”. Non ci sarei andato da Aurelio, se lei non mi avesse chiamato. Con noi, Alfredo Giraldi, che ai Grossi ha prestato a teatro la sua voce, il suo volto e la sue immense qualità di attore.
Aurelio è stato felice di avere visite e l’ho trovato più sveglio e presente di qualcheimg-20170125-wa0001settimana fa, quando il sindaco De Magistris gli ha consegnato la medaglia della città. Non l’avrei creduto possibile, ma è andata proprio così: quando Ida ha tirato fuori la bandiera e gliel’ha data, il volto di Aurelio si è illuminato. Il vecchio combattente di Spagna ha preso tra le mani la bandiera, l’ha guardata con evidente emozione, poi se l’è portata alle labbra e l’ha baciata. Ogni parola sarebbe inutile, stonata e probabilmente retorica. L’ha baciata, poi ha preso a seguire una musica che vive nella sua mente. La mano e la testa hanno accompagnato le note che solo lui può ascoltare e mi è sembrato sereno e in pace con se stesso.
Auguri, Aurelio e grazie per l’indimenticabile lezione di vita e di umanità che ancora una volta hai saputo regalarci. Grazie a te e grazie a Ida, che oggi ha saputo portarmi da te con Alfredo.

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Sono orgoglioso dell’invito e fiero di rappresentare, con Jordi Palou-Loverdos, Sylvia Grossi e Oreste Scalzone, il volto migliore di Napoli, la mia stupenda città. Fiero di riportare là, nella Catalogna in cui hanno combattuto la loro battaglia antifascista, Cesare Grossi, Maria Olandese, Ada, Renato e Aurelio Grossi, che tanto hanno dato per un mondo più libero e giusto.

El Memorial Democràtic acull l’homenatge a aquesta família antifeixista italiana

En record de la família Grossi

Ada Grossi

Els Grossi, una família napolitana fugitiva del feixisme, van arribar a Barcelona el 1936. Van muntar una emissora de ràdio, Radio Libertà, que es va convertir, entre el final de 1936 i el maig de 1937, en el mitjà informatiu de referència sobre la guerra a Espanya per a tots els antifeixistes que sobrevivien a la Itàlia de Mussolini o a l’exili.

Arran de la mort d’Ada Grossi, amb 98 anys, el passat mes d’agost, el Memorial Democràtic vol organitzar un homenatge a aquesta família de lluitadors antifeixistes. Tindrà lloc dimecres, 18 de novembre, a la seu del Memorial Democràtic a les 18.30 h.

Hi participaran l’historiador Giuseppe Aragno, amb la ponència “La família Grossi. El seu combat a la Guerra Civil des de Barcelona i el front. L’abans i el després”. A més, el filòsof Oreste Scalzone parlarà de la motivació dels Grossi per participar com a voluntaris en la Guerra Civil i en la lluita antifeixista. Intervindran també la filla d’Ada Grossi, Sylvia Guzmán Grossi, i el director del Memorial Democràtic, Jordi Palou-Loverdos. Durant l’acte també es recordarà el president Companys i la resta de represaliats pel franquisme, i es farà una lectura dramatitzada d’un text de l’obra teatral Radio Libertà, d’Alfredo Giraldi.

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scansione0012Ho contato mille parole retoriche, cento invenzioni di storici improvvisati e qualcuno giura persino che nel 1944 eravate in non so quale Brigata Garibaldi. Ho letto sciocchezze di ogni tipo, non ho trovato una sola parola che ti ricordasse, Aurelio, fratello di Ada, che a diciotto anni hai combattuto nella neve ghiacciata di Teruel e ci hai lasciato un occhio. Tranne i tuoi due parenti stanchi, nessuno ha mosso un dito per te, che a 96 anni vivi – ma meglio sarebbe dire sopravvivi – e sei più solo. Vivi circondato dall’indifferenza. Ciao, Aurelio, uomo solo e compagno che avrebbe meritato ben altra sorte. Di aiutarti da vivo, non ne parla nessuno, ma sta certo: gli antifascisti da operetta domani ti piangeranno e si mostreranno tutti molto addolorati.

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Ada Grossi la voce antifascista che parlava a “Radio Libertà”

Ada Grossi, storica figura dell’antifascismo, s’è spenta a Napoli l’8 agosto. Nata nel 1917, si trovò subito nella bufera: Mussolini, l’omicidio Matteotti e le minacce squadriste al padre, l’avvocato Cesare, amico di Bracco e De Nicola. A nove anni, nel 1926, la fuga a Buenos Aires con la madre, Maria Olandese, che in Russia aveva cantato per lo zar, col padre e con i fratelli, Renato e Aurelio.
Più umana dell’Europa unita, l’Argentina accolse gli immigrati e diede lavoro all’ex avvocato. Una vita dura, che non impedì a Cesare e Maria di fare da riferimento per gli esuli italiani.
Ada divenne donna così, tra comizi e “sovversivi” e nel 1936, a soli 19 anni, quando scoppiò la guerra civile spagnola, accorse in aiuto dei repubblicani. A Barcellona fu la “speaker” di “Radio Libertà”, creata dal padre per il governo Caballero.
Voce della Spagna libera, Ada superò la censura fascista, svelò agli italiani i crimini del regime e consegnò alla storia le ragioni della democrazia.
Tornata in Italia negli anni Settanta, invecchiò in un Paese in cui la crisi economica apriva la via a forze politiche decise a colpire i valori su cui fonda la Repubblica: pace, libertà, giustizia sociale e solidarietà. I valori che il fascismo negò.
Benché anziana e stanca, ha suscitato emozioni fino alla fine, offrendo ai giovani un esempio di quella “dimensione etica” dell’agire politico, svanita nella crisi di valori di un mondo malato di consumismo. Aveva ricordi belli e dolenti: il padre a Napoli, sorvegliato a vista dai fascisti, che non tolse mai dallo studio una foto di Matteotti e la madre, che intimidì gli squadristi con la dignità dello sguardo. Ricordava la Spagna, la guerra civile, i fratelli al fronte coi repubblicani, i concerti della madre per i soldati negli ospedali, Aurelio ferito a un occhio, la sconfitta, la fuga sui Pirenei sotto il tiro dei caccia e i combattenti internati in Francia.
Era orgogliosa delle parole del questore di Napoli che attribuì a “Radio Libertà” il risveglio dell’antifascismo e per zittirla impiantò una stazione radio “disturbatrice”, ma il passato poteva pesarle più della solitudine. Non dimenticò mai il dolore per la famiglia dispersa nei campi francesi d’internamento, le baracche di lamiera roventi d’estate e gelide d´inverno, l’attacco dell’Italia fascista alla Francia e le ritorsioni. Nel 1940, sposato nel campo di Argelés-sur-Mere Enrique Guzman de Soto, ufficiale repubblicano e noto oppositore dei falangisti, tornò in Spagna col marito, che presto però fu arrestato. Dei familiari, Cesare, Maria e Aurelio finirono al confino politico e Renato, chiuso in manicomio sui Pirenei per un esaurimento nervoso, pagò il prezzo più caro. Quando l’Italia assalì la Francia, fu sottoposto a un’atroce terapia d’insulina e poi consegnato ai fascisti, che l’annientarono con gli elettrochoc. La Spagna di Ada, però, non fu mai odio. Nelle sue parole c’erano il sapore della libertà che aveva respirato a Barcellona e l’orgoglio di chi ha lottato fino in fondo per la libertà.
Caduto il regime e tornati liberi a Napoli, i Grossi si scontrarono con un’amara realtà: i fascisti erano tutti ai loro posti e Cesare, radiato dall’albo degli avvocati, dovette ricorrere in Tribunale. Privi di tutto, non chiesero nulla. Fino alla fine Ada ha ritenuto di aver fatto solo il suo dovere, proponendo così un’idea della politica incompatibile con la sua immagine attuale e un modello alternativo di classe dirigente: quella che non cerca compensi e non fa patti con la coscienza. Un esempio prezioso per i giovani e una speranza che non muore con lei.

La Repubblica (Napoli) 19 agosto 2015

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10383667_558846140881831_5447857145697321312_nNon smetterò mai di esser grato agli amici della comunità italiana di Barcellona, che mi hanno invitato.

Venerdì 14 novembre ore 20.30
Libreria italiana Le Nuvole

Carrer de Sant Lluis, 11, 08012 Barcellona (Metro Fontana o Joanic)
Incontro con lo storico Giuseppe Aragno e presentazione del suo libro
Antifascismo e potere: Storia di storie” (Bastogi edizioni)
Giuseppe Aragno dà voce a otto antifascisti italiani che lottarono contro i sistemi repressivi del regime; tra loro, Renato Grossi difese con la sua famiglia la Repubblica nella Guerra Civile.

L’incontro apre le iniziative della Setmana d’Altramemoria (14-21 novembre), organizzata dall’Associació AltraItalia – Barcelona.

A cura di Ida Mauro e Steven Forti

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“Il giorno dopo” – scrive l’ottimo Alfredo Giraldi – “ci sarà lo spettacolo Radio Libertà, che ha preso vita grazie all’incontro con lui, Giuseppe Aragno, un uomo perbene, intellettuale vero e intransigente, una persona straordinaria. Dalle sue pagine ho attinto la storia che racconteremo nel pomeriggio di sabato a Barcellona.Sabato 15 novembre il nostro spettacolo Radio Libertà varcherà i confini e giungerà in Spagna, a Barcellona, dove andrà in scena alle ore 18.00 nel teatro del centro civico Cotxeres Borrell, per la Setmana d’Altramemòria“…

Alfredo è molto generoso con me, io invece mi limito a dire solo la verità: lui e Luana Martucci toccano corde alte e sanno incantare. Quando infine si inchineranno per salutare il pubblico alla maniera degli eterni scavalcamontange, sarà come ascoltare l’invito degli antichi teatranti: “la commedia è finita. se vi è piaciuta applaudite“… e il gli applausi convinti romperanno il silenzio commosso.

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madridL’Associazione “A Madrid si muove un’altra Italia – en Madrid otra Italia” mi segnala la notizia e la riporto volentieri, per quanto sconcertato :

Apología del fascismo. ¡Hay que denunciarlo
(Apología del fascismo. ¡Dobbiamo denunciarlo!)

Un’esposizione di Movistar loda Hitler e lo presenta come un eroe, ignorando i suoi crimini.

Per leggere il testo originale della fotografia cliccare qui, sul Panello “Hitler biogràfic / @TeresaRenedo“.

Questa la traduzione dal catalano, un po’ avventurosa, ma tutto sommato fedele.

Dopo l’avvento al potere nel 1933 e grazie alle sue riforme democratiche profonde, la Germania ha migliorato la sua posizione e ha cominciato a riguadagnare ex territori“.

La frase, riferita al dittatore nazista Adolf Hitler, appare sul pannello che spiega la storia dei profumiere mostra Los, organizzata congiuntamente da Movistar TV e History Channel, che è stato possibile vedere fino a Sabato scorso, al Mobile World Area Central Movistar, situato in Plaza de Catalogna a Barcellona. Il testo, intitolato “L’uomo a Leyenda”, può essere definito come revisionista; ignora ogni riferimento agli innumerevoli crimini del dittatore tedesco e non menziona i milioni di persone che sono morte a causa delle loro azioni.
La mostra è stata patrocinata sia dal sito web della società telefonica, che dal portale del Centro Mondiale mobile, nonostante il suo contenuto polemico. Oltre a Hitler, sono state anche preparate iniziative simili per il dittatore italiano Benito Mussolini italiano, Hideki Tojo, il primo ministro giapponese durante la seconda guerra mondiale, e il sovietico Josif Stalin,il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt e il primo ministro britannico Winston Churchill. Il contenuto è interamente agiografico con il protagonista. Il profumiere Monica Cipiglio era responsabile della produzione profumi in collaborazione con il responsabile per la parte storica della mostra, Filippo Botaya, UAB professore e ricercatore di storia e UPC con le teorie, almeno, peculiari.
Lo spettacolo è il complemento alla serie nella prima guerra mondiale, prodotto da History Channel e può essere visto Movistar TV dal 15 settembre. La mostra è stata mostrata gratuitamente a Barcellona dal 26 Settembre al 4 ottobre e in precedenza al flagship store di Telefónica a Madrid dall’11 al 21 settembre. Il dipartimento di comunicazione della società ha detto che sarà esposto a DIRECT altrove.

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Da un po’ tutto s’è fatto così buio, che se accendiamo un lumicino è necessario riparare gli occhi con la mano, perché la luce ti ferisce. Lavori, militi, rifletti, scrivi, ti accampi negli archivi in cui sei entrato giovane e lo sai bene: ormai ci sei stato tanto, che occorre ti prepari a uscirne. Sei vecchio quanto basta perché sempre più spesso ti capiti di chiederti a che sia servito e a che serva interrogare il passato, quando il presente minaccia il futuro e di mille battaglie, non una alla fine ne hai vinto. 
Da un po’ c’è tanto buio attorno a te, che se un lumicino s’accende, tutto riacquista un senso  e ti accorgi che, tornassi mille volte indietro, mille volte rifaresti quello che hai fatto e non hai rimpianti. A qualcosa è servito, certo che è servito, mi dice un messaggio venuto dalla Spagna a cancellare i dubbi. Una buona notizia e val la pena di raccontarla.

Cari partecipanti al congresso di Barcellona del novembre 2011,
in attesa dell’imminente uscita del volume degli atti vi comunico con un certo orgoglio che la nostra denuncia dei bombardamenti di Barcellona da parte dell’aviazione legionaria ha aperto una prima breccia nel muro di impunità che “tutelava” i crimini della guerra civile.
È un risultato storico.
Qui l’articolo de El País
Allego il nostro un comunicato e vi invito a diffondere la notizia!
Un caro saluto,
Ida
Associació Altraitalia – Barcellona“.

 

SENTENZA – COMUNICATO STAMPA

La sentenza pronunciata oggi dalla sala X dell’Audiencia Provincial di Barcellona rappresenta un avvenimento di portata storica.
Finalmente si è infranto quel muro del silenzio che per anni ha impedito, sul fronte pubblico, la conoscenza di importanti avvenimenti del nostro recente passato, mentre su quello giudiziario ha bloccato qualsiasi tentativo di individuare i responsabili dei crimini contro l’umanità commessi durante la Guerra civile spagnola.
Questa sentenza determina l’apertura di una fase istruttoria volta a individuare i responsabili dei bombardamenti a tappeto, condotti dall’aviazione italiana, che tra il gennaio 1937 e gli ultimi mesi del 1938 colpirono la popolazione civile della città di Barcellona.
Paradossalmente, i promotori di questa azione di denuncia contro uno degli episodi più drammatici della violenza fascista in territorio spagnolo sono proprio i membri di un’associazione di italiani, l’Associació Altraitalia – Barcelona, che costituendosi parte civile ha accompagnato nel percorso giudiziario due delle vittime ancora in vita dei bombardamenti del quartiere della Barceloneta.
Con la precisa volontà di rendere noti e divulgare importanti fatti storici volutamente dimenticati e occultati dalle rispettive autorità istituzionali.
Dal 2009 la commissione memoria di questa associazione antifascista non legata ad alcun partito, ha testardamente portato avanti il suo progetto, nonostante le reazioni di sarcasmo e incomprensione
ricevuti da gran parte dei suoi interlocutori, ed è riuscita a raccogliere tutto il materiale storico necessario per esporre la sua denuncia per i bombardamenti effettuati dall’aviazione e dalla marina fascista nel 1937-38 ai danni della popolazione civile inerme, che costò oltre 6 500 morti al popolo catalano. L’ indifferenza e l’ostracismo che questa iniziativa ha incontrato nelle istituizioni catalane e italiane durante questi anni è stata sottolineata dalla sentenza stessa in riferimento al comportamento negligente tenuto dalla Generalitat e dai comuni delle zone bombardate che dal punto di vista giuridico non hanno promosso o appoggiato iniziative per sanare questa ferita umana e per restituire dignità storica alle vittime.
L’intervento delle truppe e le armi inviate da Mussolini sono stati decisivi per il trionfo del colpo di stato militare di Franco contro un governo democraticamente eletto e legale. Legalità che i bombardamenti violarono sistematicamente: l’Italia non aveva mai dichiarato guerra alla Repubblica spagnola, gli aerei e le imbarcazioni che effettuavano le azioni erano “pirata”, perchè avevano accortamente mascherato i loro segni di riconoscimento e operavano prevalentemente di notte, inoltre con la modalità dei bombardamenti a tappeto, utilizzata per la prima volta contro una grande città europea, si infrangevano i patti internazionali che lo stesso stato italiano -in quanto firmatario- si era impegnato a far rispettare.
Per come è stato dimostrato dai documenti d’archivio italiani i bombardamenti avevano l’obiettivo di attaccare e terrorizzare la popolazione civile catalana con il fine di provocare la demoralizzazione della retroguardia repubblicana.
I membri di AltraItalia hanno anche promosso una ricerca d’archivio (pubblicata nella rivista Sapiens num. 114 del 2012) in cui si dimostra come fino alla fine degli anni Cinquanta lo stato democratico italiano continuò vergognosamente a ricevere dal regime franchista il risarcimento delle spese di guerra sostenute. Con l’intenzione di promuovere il dibattito sulle implicazioni dle fascismo italiano con il colpo di stato di Franco, la guerra civile e la successiva dittatura, l’associazione ha organizzato inoltre delle giornate internazionali di studio dal titolo: “Catalunya-Itàlia: memòries creuades, experiències comuns Feixisme i antifeixisme des de la Guerra Civil fins a la Transició (1936 -1977)”, che si realizzarono con il supporto del Memorial Democràtic della Generalitat de Catalunya il 25 e 26 novembre 2011.
Eppure lo stato italiano non solo non ha mai riconosciuto le responsabilità di queste azioni militari, anzi ha permesso la creazione di monumenti e lapidi agli eroi della “Guerra di Spagna” che dagli aerei dell’esercito italiano uccisero donne e bambini a sostegno della sollevazione franquista. In varie città italiane, come Arezzo e Trieste, si mantengono e addirittura si inaugurano spazi dedicati a membri delle truppe fasciste caduti nella guerra di Spagna. Una guerra che rappresenta una pagina volutamente rimossa dalla memoria storica e civile italiana.
Per costruire una nuova Europa dei popoli su valori condivisi bisogna ristabilire la verità storica. Così l’hanno inteso i figli e i nipoti delle vittime dei massacri nazisti perpetrati tra il 1944 e il 1945 in diversi centri italiani che, con l’appoggio delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, hanno portato a processo, 60 anni dopo, i responsabili di quei crimini, ottenendo condanne e riconoscimento di risarcimenti.
Le vittime dei bombardamenti del quartiere della Barceloneta, contattate e sostenute da AltraItalia, attraverso gli avvocati Newton Bozzi (membro dell’associazione), Jaume Asens (membro della Commissione di difesa dei diritti umani del Collegio d’avvocati di Barcellona) e con il supporto di Josep Cruanyes (presidente della Commissione per la dignità) hanno presentato il 2 giugno 2011, una prima denuncia all’Audiencia Nacional, che dopo essere stata respinta dal tribunale, che si è dichiarato “non competente per il territorio”, è stata ripresentata l’1 giugno 2012 al tribunale di Barcellona.
Oggi, finalmente, è stata accolta la richiesta di apertura della causa.

Si spera che questa prima breccia aperta nel muro del silenzio e dell’impunità che ha protetto finora i crimini di una delle più lunghe dittature europee possa facilitare la comparsa di più iniziative di denuncia da parte della società civile di tutte le comunità spagnole che sono state colpite dai bombardamenti e dagli atti di violenza indiscriminata della guerra del 1936-1939.
Sono numerosi i familiari delle vittime dei bombardamenti che ci hanno contattato nel corso di questo percorso. Ci siamo limitati a raccogliere nella denuncia le dichiarazioni di due sole vittime per non dilatare i tempi e i costi dell’azione legale, ma speriamo che a partire da adesso le legittime richieste di queste persone siano sostenute da istituzioni e amministrazioni pubbliche.
Come italiani e catalani di Barcellona siamo orgogliosi di questa iniziativa e speriamo che la società civile antiautoritaria e antifascista catalana e spagnola nel suo insieme – con il supporto inderogabile di istituzioni e amministrazioni pubbliche – accetti e dia continuità al nostro contributo al riconoscimento di una giustizia universale che, oltre a dovunque e sempre i crimini contro l’umanità, permetta legare i valori che hanno ispirato le lotte di ieri per la libertà, la giustizia sociale e la dignità con quelle di oggi.

Testimoni – Vittime dei bombardamenti
1) Alfons Cánovas Lapuente
El 19 de Enero de 1938 alrededor de las 12, mi padre, que trabajaba como estibador para los Almacenes Generales del Comercio en el puerto de Barcelona, salió de su lugar de trabajo que se encontraba cerca de donde hoy está el Museo de Historia de Catalunya – Palau del Mar, es decir en la zona del puerto entre Plaza de Pau Vila y Paseo Joan de Borbón, y se fue, como hacía siempre, a cuidar de su huerto ubicado en un pequeño espacio de tierra en frente de los mismos depósitos, entre las vías del ferrocarril. Mientras trabajaba, unos aviones de la Aviación Italiana bombardearon los almacenes, las cercanías y le mataron. Este día yo me encontraba en el frente de Aragón combatiendo. Supe de lo ocurrido algunos días más tarde, cuando recibí una carta de mi tío. Cuando volví a Barcelona, mi hermana, que fue testigo presencial de los bombardeos, me repitió la misma narración del hecho delictivo.
2) Anna Raya
El día 1 de Octubre del 1937, tenía la edad de ochos años; me encontraba en el colegio de la calle Baluard del barrio de la Barceloneta en Barcelona. Una bomba lanzada por los aviones de la Aviación Italiana cayó directamente sobre el colegio. Hubo una nube, caían piedras, los niños corrían por todos lados y los aviones nos ametrallaron. Yo fui herida a la cabeza por un trozo de metal. Un soldado me llevó a un dispensario, ya que en la Barceloneta no había hospital y el más cercano estaba colapsado por la cantidad de muertos y heridos que provocaron los bombardeos. En el dispensario, un doctor me puso unas grapas para suturar la herida en la cabeza.

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Ada Grossi è napoletana e testimone della guerra di Spagna. C´è un fascicolo personale conservato a suo nome tra carte di polizia, ma il silenzio della storia non è riuscito a chiuderla nella polvere del passato. Ada parla al cuore, prendendoti per mano, e racconta un´infanzia sconvolta da eventi più grandi di lei: Mussolini, la dittatura, l´omicidio Matteotti, le minacce al padre, Carmine Cesare Grossi. «Era socialista, ricorda, amico di Croce e noto avvocato nello studio di De Nicola». A nove anni, nel 1926, il salto nel buio: «scuola, parenti, amici, tutto alle spalle, rammenta con rinnovata emozione, e tutto perso per sempre». Umana, ma estranea, Buenos Aires, l´accoglie col padre, i fratelli, e la madre, Maria Olandese, soprano che ha cantato alla corte dello zar, ma la ragazza diventa donna tra gli stenti e la solidarietà dei fuorusciti, la propaganda antifascista e il calore d´una famiglia diventata un riferimento per i “sovversivi“. Ada è un personaggio straordinario. Se racconta la sua vita a studenti che in genere non amano la storia, i ragazzi si incantano, rapiti da una loro lontana coetanea che, nel ‘36, quando s´apre lo scontro mortale col nazifascismo, a soli 19 anni, attraversa l´Oceano e accorre con la famiglia in Spagna al fianco dei repubblicani. L´ascoltano ammirati come se ancora leggesse i comunicati di “Radio Spagna Libera”, la famosa emittente di Barcellona creata dal padre per il governo Negrin: Ada è la voce della Spagna aggredita che giunge nelle case degli italiani e scatena l´ira impotente di Mussolini. «Non vinceremo subito, ha ammonito Rosselli, ma vinceremo», e lei ripete la sfida, sorprende il regime e, sotto le bombe sganciate dai Fiat Br20 su città inermi, denuncia la furia omicida degli aggressori e affida alla storia le ragioni della democrazia. Un racconto che ha per gli studenti il fascino dell´epopea e il valore inestimabile d´una testimonianza sulla dimensione etica dell´agire politico, smarrita nell´opulenza malata del consumismo.

Evasa dal “secolo breve“, Ada Grossi vive qui tra noi la sua ultima stagione, in una città senza memoria, in un paese in cui il degrado della vita pubblica apre spazi a una equiparazione tra fascismo e antifascismo che può realizzarsi solo colpendo al cuore l´ethos politico di cui vive la repubblica: libertà, pace, giustizia, i valori che il fascismo negò. Se la incontri, non è più la ragazza “castagna di capelli o quasi bionda, occhi celesti chiari, carnagione colorita e una ben timbrata voce di soprano lirico” che il padre descrive in una lettera bloccata dalla polizia. A novant´anni, è una vecchia signora dagli occhi celesti e profondi che si emoziona se si trova davanti le carte conservate nel suo fascicolo dalla polizia fascista, di cui non conosceva nemmeno l´esistenza. «E´ incredibile, ci sorvegliavano proprio attentamente, passo dopo passo!», esclama meravigliata, mentre si trova tra le mani momenti di vita che il regime le rubò: lettere mai lette e un giornale argentino in lingua italiana che narra “l´odissea di Carmine Cesare Grossi e della sua famiglia finiti nei campi di concentramento”. «Gours, Argelés-sur-Mer – ricorda Ada – . Non è facile descrivere la tragedia dei combattenti internati in Francia dopo la fuga disperata verso i Pirenei. Camminammo a piedi per giorni, braccati dai caccia che ci mitragliavano». Un velo di tristezza, poi la donna sorride per l´involontario elogio di un questore che, nell´aprile del ‘37, scrivendo da Napoli a Mussolini, ammette che «a causa della velenosa propaganda comunista di Barcellona, s´è avuto un certo risveglio di elementi locali noti per i loro precedenti politici e subito arrestati». Per metterla a tacere, si impiantò persino “una stazione disturbatrice presso la Prefettura“. «Filo da torcere gliene abbiamo dato», sottolinea Ada compiaciuta, mentre “corregge” il questore: «La radio, però, non era comunista. Eravamo socialisti. Mio padre scriveva i testi, io leggevo e la gente ci seguiva. Quando giunsero a Barcellona, gli stalinisti italiani ci estromisero proprio perché eravamo socialisti». Il verbale di un interrogatorio subìto dalla madre in Questura, a Napoli, nel ‘41 la commuove e si abbandona ai ricordi: la famiglia dispersa in veri e propri lager, la fame, la sete, le baracche di lamiera gelide d´inverno e roventi d´estate, il matrimonio con un repubblicano spagnolo celebrato «nel campo di Argelés con un permesso speciale», la guerra, l´armistizio con la Francia e un nuovo calvario: «io tornai in Spagna con mio marito, racconta Ada, e coi falangisti fu dura. Papà fu confinato a Ventotene, mamma e mio fratello Aurelio a Melfi. Renato, l´altro mio fratello, depresso per la sconfitta e gli stenti, finì in manicomio, distrutto dagli elettrochoc».

E´ un mondo che emerge. I fratelli al fronte con le truppe repubblicane, lei che cura con la madre i malati nell´infermeria del campo – «mancavano le medicine, ricorda, e si moriva per nulla» – , la madre, «compagna inseparabile, che condivise gli ideali del marito e affrontò ogni avversità con animo sereno», il padre che «privato dei clienti, malmenati dai fascisti, e sorvegliato a vista, tenne nello studio fino all´ultimo, in bella mostra, un ritratto di Matteotti e sfuggì agli squadristi solo perché un cocchiere lo prese al volo sulla sua carrozzella». Se parla della Spagna, il primo pensiero di Ada è per Garcia Lorca, «barbaramente torturato e ucciso perché omosessuale». E torna in mente Machado: «Cadde morto Federico/sangue alla fronte e piombo alle viscere / Sappiate che fu a Granada il delitto / Povera Granada!». La “sua” Spagna però non è solo ferocia. Rivivono, nelle sue parole, lampi della libertà che ha respirato e difeso, l´entusiasmo dei volontari, la fuga da Barcellona mentre i falangisti entrano in città dal Montjuic. «Perdemmo tutto, anche i libri ai quali mio padre teneva moltissimo». Il bilancio è pesante: Aurelio ferito a un occhio, Renato morto in manicomio e case, terre, tutto perso per sempre. Caduto il fascismo e tornati liberi a Napoli, dove non c´è chi non accampi meriti, i Grossi si fanno da parte. «Il regime aveva radiato mio padre dall´albo e lui, ricorda la figlia, per tornare avvocato, dovette ricorrere in tribunale. Mancavamo di tutto, ma non c´era nulla da chiedere: avevamo fatto solo quello che era giusto». E ripete orgogliosa: «Noi eravamo socialisti. Al governo però ci andarono i democristiani, i fascisti rimasero ai loro posti e oggi – conclude amara – ci sono Fini e Berlusconi. Noi, però, abbiamo vissuto secondo i nostri ideali». Ada vive a Napoli con Aurelio in una casa popolare e paga l´affitto grazie a una modesta pensione spagnola. L´Italia non sa che esiste, lei non chiede che sappia e mi perdonerà se lo scrivo: ha fatto più di quel che doveva. Marx non ha torto, non si può giudicare un´epoca in base alla coscienza che essa ha di se stessa e non sbaglia Vilar: il racconto è la forma naturale con cui l´uomo prende coscienza del tempo. Bene. Ada ha raccontato il suo “passato contemporaneo”. La repubblica che ha contribuito a far nascere, e che medita di cambiare se stessa, non sbagli due volte, non la consegni all´archivio senza averla ascoltata. La storia prima o poi presenta il conto.

Uscito su “La Repubblica” ediz. Napoli, 04 febbraio 2008 e su “Fuoriregistro” il 5 febbraio 2008.

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