Se qualcuno che stimo annuncia pubblicamente che non voterà, non ho più tempo per chiedergli di cambiare idea. Non ci crede più – dice – non ha più fede nei politici e nello Stato, perciò non vota.
Se avessimo tempo per una discussione serena e onesta, gli direi che abbiamo il diritto di pensare ciò che vogliamo dei politici e dello Stato, però un problema lo avremo comunque: i politici ci sono e c’è lo Stato. E lo Stato può essere migliore o peggiore, a seconda di chi lo incarna esercitando il potere. Non a caso assieme giovani che non sapevano nulla di politica, anarchici, comunisti, socialisti e persino liberali hanno combattuto lo Stato fascista e si sono fatti uccidere per contrastarlo. Tanta povera gente finì in carcere o al confino solo per una parola detta in un momento di disperazione. Gramsci morì di galera, Matteotti fu assassinato, Amendola e Gobetti furono ammazzati di botte Sbardellotto finì fucilato a Forte Bravetta.
Insieme, nella guerra di Liberazione, partigiani di diversa idea politica, si sono fatti uccidere per un mondo migliore. C’erano anarchici e rivoluzionari che combattevano e sapevano che, abbattuto lo Stato fascista, sarebbe nato di nuovo uno Stato. Sapevano anche che gli Stati non sono tutti perfettamente uguali fra loro.
Oggi si tratta di difendere qualcosa di nostro che abbiamo imposto allo Stato: lo sciopero, per esempio, la condizione della donna a partire dall’aborto, il rifiuto della guerra, il diritto alla libertà della ricerca e della formazione, la dignità del lavoro. Questa difesa interessa tutti coloro che soffrono per la feroce ingiustizia sociale di una società segnata dalla violenza fisica e morale, da un sistema malato che produce soprattutto dolore e infelicità.
Lo so. Se riusciremo a entrare in Parlamento, non avremo il mondo che vorremmo. E però non sarà il mondo mille volte peggiore che hanno in mente Letta, Meloni, Renzi, Salvini, Conte e Berlusconi.
Fermiamoci un minuto a riflettere. Perché chi si oppone e lotta con durezza contro questa barbarie, non solo finisce in galera, ma perde il diritto di votare? Perché lo Stato sa che il voto può diventare un’arma in mano a chi vuole un mondo migliore. Il voto quindi serve ed è bene capirlo.
Anche quando riteniamo che per cambiare davvero le cose occorra una fortissima opposizione sociale, il voto è necessario, perché costruire questa opposizione sarà più facile avendo dei compagni in Parlamento. Più ce ne saranno, più difficile sarà per lo Stato organizzare la repressione, meglio potremo lavorare per migliorare concretamente il mondo in cui viviamo.
Per questo IO VOTERÒ UNIONE POPOLARE.
Non mi illudo che basti a segnare la vittoria dei valori in cui credo, ma sono certo che servirà non solo a difendere diritti che ieri abbiamo conquistato con le lotte e col sangue e oggi ci stanno togliendo, ma anche ad agevolare il lavoro necessario alla costruzione di quella opposizione sociale che a giusta ragione riteniamo tutti indispensabile.
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