Lo dico per la Storia: «scripta manent». Ed è una fortuna, perché la memoria è normalmente corta e c’è chi l’accorcia ulteriormente per inconfessabili scopi. Capita però che ad accorciare troppo, non resta nulla e la Storia diventa storiella.
Nella losca faccenda del mancato commissariamento del Comune di Napoli, chiesto da chi, eletto con Tizio è passato poi a Caio, ci sono, a mio avviso, fatti dimenticati che vanno ricordati. Cominciamo da De Luca: non è uscito allo scoperto, ma è stato il suo PD a dirigere il penoso attacco. Chi ha un briciolo di dignità se ne ricordi.
A proposito di memoria, nessuno lo dice, ma Napoli è l’unica Città italiana che paga un contributo sul trasporto pubblico pari a quello della Regione. Appena due anni fa – e teniamolo a mente – dopo che nel 2014 c’era stato un tentativo di far fuori il Sindaco, ricorrendo strumentalmente alla legge Severino, sui conti del nostro Comune, già bloccati da vincoli finanziari e gabbie normative e falcidiati da tagli per oltre 1.500 milioni di euro, precipitarono con effetti distruttivi debiti dello Stato a gestione commissariale. Uno ammontava a circa 100 milioni ed era legato al dopo terremoto del 1980. Ne chiedeva il pagamento un non meglio identificato e molto sospetto «Consorzio CR8». L’altro, di circa 50 milioni, era un debito legato all’emergenza rifiuti.
Il colmo dei colmi, se si pensa che era chiamato a pagarlo un’Amministrazione che quella emergenza ha provato a superarla e in parte ci è riuscita, affrontando coraggiosamente ciò che l’aveva determinata: gli osceni rapporti tra politica, affari e camorra. Un debito ingiusto e vergognoso caduto di fatto sulle spalle di una città che, per gli anni dell’emergenza, già pagava una tassa sui rifiuti altissima.
Oggi nessuno se ne ricorda più, ma Napoli e la sua Amministrazione furono chiamate a pagare i lavori della ricostruzione, un debito che avrebbe dovuto pagare lo Stato, ma non l’aveva fatto. E poiché nel mondo capitalista il privato creditore si risarcisce mettendo le mani sui soldi della collettività, ci andarono per lo mezzo le casse del Comune prontamente pignorate.
Su questi binari e in queste condizioni si è andati avanti sin dall’inizio, ma non si sono viste aziende messe in liquidazione e non si sono ceduti i gioielli della Città. Si poteva far meglio? Si può sempre far meglio, ma non basta dirlo, occorre dimostrarlo, farsi eleggere e mettersi alla prova.
Intanto che questo accada, per chi ha memoria corta, è bene ricordarlo: la vicenda dell’ultimo bilancio è l’ultimo atto di scelte scellerate, che sembrano economiche, ma sono politiche. Per carità, si può essere critici e duri nei confronti di De Magistris, ma non si può far finta d’ignorare che per anni la città e la sua Amministrazione, legalmente eletta per due volte, sono state attaccate strumentalmente da quei settori della politica che non hanno mai digerito le porte di Palazzo San Giacomo sbattute in faccia al malaffare.
De Magistris è un pessimo sindaco? Bene, le opposizioni avevano e hanno gli strumenti per conquistare il consenso degli elettori in una battaglia politica, ma non l’hanno mai fatto. Si sono affidate a mezzucci, armi moralmente proibite, cambi di casacca e veri e propri tradimenti. Sono state battute. C’è da meravigliarsi?
Per ora i fatti sono questi e c’è da temere per il futuro: se i candidati alla successione verranno dalle file di chi voleva il commissariamento, non ci sono dubbi: molti rimpiangeranno il sindaco che oggi criticano.
Barbarie e cecità
11/12/2020 di giuseppearagno
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