Napoli, gennaio 1893. La disoccupazione, cresciuta oltre il tollerabile, minaccia l’ordine pubblico e la pace sociale. La Società del Risanamento, che lavoro ne dà, si è mangiata tutto ciò che poteva, anche il suo capitale e non riesce a gestire il conflitto con i proprietari che difendono la rendita da significative quote di case popolari e giocano al rialzo con l’indennità di esproprio, ritenuta sempre troppo bassa.
Benché vicino a Giolitti che governa, il Comune cerca d’impedire che il potere centrale intervenga nella gestione della traballante immobiliare, ma il ciclo d’espansione si è esaurito da tempo e occorre ridimensionare i programmi. Sotterraneo, ma duro, lo scontro tra potere locale e centrale prosegue per mesi, finché a luglio, complice la sinistra come sempre divisa, la Giunta cade su un tema apparentemente marginale: il rinnovo della convenzione con la Società dei trams, che prevede l’espansione della rete.
Mentre la crisi morde più feroce che mai, le Destre, dai cattolici ai crispini, ai liberali legati alla camorra hanno tutto l’interesse a creare problemi al Ministero, perché la Giunta è filogiolittiana e non intendono perdere l’occasione per mettere le mani sulla città.
In un clima confuso, in cui i partiti sono incapaci di guardare oltre i propri interessi, la tensione sale, alimentata dalla fame, dalla rabbia e dalla disoccupazione. Sono i giorni in cui lavoratori francesi hanno fatto strage di crumiri italiani ad Aigues Mortes, il Paese è in subbuglio e anche a Napoli ci sono accese reazioni a carattere nazionalista. Da giorni, al suono della marcia reale, cortei patriottici partono dal “Gambrinus”, il caffè della “bella gente”, al grido di “Viva Crispi! Viva l’Esercito! Abbasso Giolitti!” e si scontrano con la polizia.
Il 23 agosto scendono improvvisamente in sciopero i cocchieri, danneggiati dall’estensione della rete tranviaria. Nessuno se l’aspetta, ma l’industria delle carrozzelle è in mano alla “bassa camorra”, quella che raccoglie i voti per i politici, e i cocchieri, evidentemente organizzati, si passano la voce, uno incita l’altro a ritirare la carrozzella e lo scopo è subito chiaro: coinvolgere la popolazione e far nascere disordini.
In breve cominciano gli assalti ai tram e alle carrozzelle che non si ritirano e violentissimi scontri con la polizia. Si va avanti così fino al 24, quando la polizia uccide Nunzio De Matteis, un adolescente, figlio di un operaio dell’Arsenale, che i dimostranti portano in giro per la città incitando alla rivolta. Dai vicoli accorre gente, prende alle spalle la polizia e la circonda. Si lotta, tra cariche di cavalleria e scritte di varia provenienza: “Abbasso la Francia! Vogliamo la guerra!”, “Morte ai poliziotti! Viva Bovio!”.
Dopo tre giorni di violenze e assalti ai negozi con insegne straniere – si devasta ma non si saccheggia – la protesta si spegne. Si sono visti assieme qualche sovversivo, popolani inferociti e individui sospetti. Ha fatto da mediatore il deputato Alberto Agnello Casale, notoriamente legato alla camorra.
Chi ha mosso le acque? E’ la prima domanda in queste circostanze, quella che spesso cancella la domanda più utile e necessaria: quali saranno le conseguenze della rivolta?
Quello che oggi importa ricordare, per rispondere alla domanda che nessuno si pose in quei giorni, è che la rivolta, nata dalla crisi dell’economia del vicolo, aprì la via alle Destre e alla reazione. Di lì a poco la polizia colpirà le organizzazioni operaie e arresterà soprattutto anarchici e socialisti. Pochi mesi dopo, subentrato a Giolitti, Crispi metterà fuorilegge il Partito Socialista.

Estremamente Interessante ed enche attuale. Ma questi episodi storici che talvolta ci racconta sono in qualche suo libro ? Se possibile mi dica quali.
La plitica governativa e De Luca criminalizzano i cittadini e ripropongono il lokdawn, ma non chiudono fabbriche e luoghi di lavoro (come in guerra), ne hanno potenziato i trasporti che i lavoratori useranno o la sanità, si tratta del lockdown capitalista
A Napoli ampi strati bottegai o sottoprolitari sono colpiti di piu (per ora) e manifestano contro il lockdown prendendosi la scena, ma con le loro modalita rischiano di rafforzare De Luca
Sempre a Napoli non mancano proteste di lavoratori della logistica, dello spettacolo ed insegnanti, Whirpool etc, forse c’è l’occasione che tanti settori vadano finalmente tutti uniti oltre le divisioni categoriali che giovano al capitalismo, il lockdawn capitalista è un dato politico e forse può rendere immediatamente politica la protesta ( è un dato tendenzialmente mondiale)
Non è utile dividersi sul covid naturale o fatto in laboratorio, poco piu che influenza o amplificato dal potere, il potere comunque vi costruisce sopra i propri giochi.
Ad es lo smart working, che annulla ad es due ore di coda ln macchina al giorno, ma di queste una buona parte le esigerà il padronato come tempo di lavoro non pagato, stabilendo per il lavoratore un “obiettivo”, per questi difficile da quantificare temporalmente. Tempo libero reale al lavoratore poco o nulla, fumo negli occhi, il capitale ci pensava da almeno 15 anni. (basta leggere la letteratura specialistica), in effetti un ritorno del cottimo, a seguire contratti individuali etc.,
Ma soprattutto una enorme razionalizzazione del processo produttivo, anche fuori dai luoghi di produzione. Una razionalizzazione del processo sociale complessivo, disoccupazione di massa
E pensare che fuori dal loro uso capitalistico le stesse tecnologie che aumentano la produttività, esse consentono di diminuire il tempo di lavoro necessario, rendono realistico il “lavorare tutti lavorare meno”. Ne vedremo delle belle, sotto il nostro naso i fatti stanno superando la nostra immaginazione, il sistema sociale in cui viviamo ormai sembra capace soltanto di moltiplicare le proprie contraddizioni.
Anzitutto grazie per l’attenzione e per il bel commento. Gli episodi storici che a volte racconto sono in buona parte frutto di decenni di ricerche di archivio e si trovano per lo più nei libri che ho scritto. Quello che ha commentato, per esempio, è in un libro che scrissi quando mi occupavo soprattutto del movimento operaio. E’ intitolato Siete piccini perché siete in ginocchio. Il “Fascio dei Lavoratori”, prima sezione napoletana del PSI (1893-1894), Bulzoni Roma, 1989. Non credo sia ancora in commercio. Si trova certamente in alcune biblioteche . Per sapere dov’è può cercarlo consultando on line il sito OPAC Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale. Può effettuare la ricerca sia mediante l’autore (e troverà così più o meno tutti i miei libri), che mediante il titolo. Questo è il link: https://opac.sbn.it/opacsbn/opac/iccu/free.jsp
Grazie dell’attenzione e buona serata.