Diciamolo francamente: un movimento politico nuovo, che due anni dopo la nascita vive, definisce sempre meglio la sua identità, cresce, si rafforza e allarga costantemente il suo orizzonte è per sua natura una realtà destabilizzante. Venendo al mondo, ha rotto equilibri che, pericolanti o stabili che fossero, avevano sin lì tenuto il campo. Senza dichiararlo, insomma, un movimento politico nuovo è di per sé una critica all’esistente. Sparisce in breve, se non risponde a una necessità della storia, si afferma, se ne coglie l’inarrestabile corso, unisce alla forza impetuosa del presente la lezione che viene dal passato e getta le basi del futuro.
Un movimento così fatto non consente mezze misure: lo ami perché dentro ti suscita speranze, lo prendi in odio, se ti pare una minaccia. Dal 2018 a oggi, chi ha sentito «Potere al Popolo!» come una minaccia, per un bisogno di difesa che si può riconoscere legittima, ha costruito una narrazione tossica, nella quale probabilmente ha finito col credere. Una narrazione fondata su una formula sperimentata, che – fatte le debite differenze – ricorda da vicino il comportamento del PCI nei confronti di tutto quanto nascesse alla sua sinistra: «Potere al Popolo!» è settario, autoreferenziale, ostile alle alleanze, non si apre agli altri e in ultima analisi divide.
Come accade nella vita e nella storia, ciò che è nuovo fa la sua strada, al di là dei nemici dichiarati e dei falsi amici. Se corre col treno della storia nella direzione del futuro, non sente il bisogno di smentire e correggere narrazioni false. E’ un compito che spetta ai fatti e alle loro leggi ferree e immutabili.
In questi caldi giorni di prima estate, circola con meritato successo un intelligente video sulle regionali in Campania, che presenta due livelli di lettura: il primo ha una funzione «comunicativa»: annuncia la candidatura di Clementina Sasso e Marco Manna, attivisti storici del «Movimento 5Stelle» nella lista di «Potere al Popolo!» accanto a Giuliano Granato, Arianna Organo e altri noti militanti; il secondo, sfumato ma di grande impatto, smantella alla radice la narrazione tossica e fuorviante sul settarismo isolazionista di Pap.
Da quelle candidature e dalle parole con cui i due militanti spiegano una scelta che avrà di certo una ricaduta notevole sul futuro dei «5Stelle» delusi e di «Potere al Popolo!», emergono i caratteri reali del nuovo movimento: quel suo essere «comunità» che sa parlare alla gente di sinistra delusa da promesse mancate e pratiche ormai superate. Certo, siamo agli inizi, ma il risultato potrebbe essere sorprendente. «Potere al popolo!» comunque una vittoria l’ha già registrata, rivelando la sua evidente attitudine a proporsi come riferimento per classi subalterne che condividono i valori della sinistra, ma non li trovano più praticati. Classi subalterne e popolari, che non sono sparite solo perché non votano più o votano scegliendo il meno peggio.
C’è chi ha scritto che «Potere al Popolo!» è la casa di chi non si arrende. Ed è vero. C’è da aggiungere che in quella casa trova porte sempre aperte chi per troppo tempo si è sentito battuto e tradito, chi ritrova il senso della lotta. Con l’efficacia dei primi propagandisti socialisti, Pap dimostra ogni giorno che i padroni non sono invincibili e chi soffre non è debole e non è destinato a perdere.
Clementina Sasso e Marco Manna l’hanno capito subito e non ci hanno pensato due volte: in quella casa non c’è rassegnazione. Dietro i nuovi candidati c’è un mondo, ci sono i sogni suscitati e delusi dai leader di Grillo, ci sono lotte reali, storie di militanza e tanti, tantissimi militanti. In ultima analisi, ci sono sorrisi e speranze ritrovate. Questo è il significato profondo della candidatura dei militanti storici dei 5Stelle, e questo davvero è oggi Pap: la casa di chi, ridotto in ginocchio, ritrova la sua dignità e si leva in piedi. Quando questo accade, quando si alza in piedi chi lotta perché è stanco di subire, un miracolo si ripete puntuale: di fronte ti trovi un gigante.
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