– Tutto in fondo ci è ignoto.
Questa fu la prima risposta del primo cattivo maestro alla prima domanda del suo primo allievo.
– Tutto in fondo ci è ignoto – proseguì – ma tutto ha una spiegazione ed è sempre possibile trovarla.
Non aveva paura, il maestro.
Si vedeva dal viso, disteso nonostante le rughe, dagli occhi lucenti che nel buio non tremavano, dalla noncuranza con cui s’avvolgeva nel rosso mantello mentre l’aria si faceva pungente. Di fulmini e tuoni ne aveva visti tanti nella sua lunga vita e sapeva bene che quella furia del cielo solo di rado fa del male a un uomo. Tanto bastava perché il vecchio se ne stesse sereno nel buio della notte. La successione repentina, inattesa e accecante dei segmenti di luce nell’universo nero come pece, il fragore terrificante del tuono, la totale ignoranza di quello che realmente accadeva rendevano folle di paura il pastore. Il giovane che un attimo prima appariva forte e sicuro di sé, col fiato corto, i capelli neri scompigliati dal vento sul viso pallido e ansioso, solo dal vecchio sperava ormai salvezza.
– E quale spiegazione posso dare a me stesso, stanotte, perché le mie gambe forti, veloci e ferme non tornino a tremare?
La notte, intanto, tornava serena. Il vento portava lontano il temporale e presto, spazzate via le nuvole, la luce della luna piena avrebbe restituito cuore e voce agli uccelli della notte. La tempesta se ne stava andando via così com’era venuta.
-Guardati dentro e cerca. Troverai da solo la ragione per cui gli dei sono in collera conte. Apri il tuo cuore alla verità e vedrai svanire la loro giusta ira. Fingendo di non rispondere, il vecchio, in verità, una risposta l’aveva data: il male era da cercare nel cuore del giovane terrorizzato. La reazione del pastore gli avrebbe consentito di misurare quale fosse la forza della sua parola, ma il vecchio ne era perfettamente consapevole: l’ignoranza del suo allievo era la sua unica e vera conoscenza e, quando il giovane, impaurito, cadde in ginocchio e alzò le mani al cielo, sorrise compiaciuto.
– Oggi ho disobbedito al mio padrone – gridò il pastore, strappandosi i capelli e confessando quella che ormai era per lui la causa scatenante dei fulmini – l’ho ingannato, ho tenuto per me un po’ del suo formaggio e non gli ho detto nulla. Non lo farò mai più, dovessi morir di fame.
Nessuno può dire con certezza dove sia il confine che corre tra inganno e potere e mente chi ci racconta che Ercole ha liberato Prometeo. La verità è che in ogni ignorante superstizioso vive nascosto un Ulisse. Talvolta parte, non ha un poeta che ne canti l’epico viaggio, ma parte il nostro Ulisse e varca le sue colonne d’Ercole.
Se non vi siete annoiati e volete proseguire, ecco il link che vi porta a “Canto Libre”:
Che meraviglia, Giuseppe! Questo è un mithos che va raccontato a scuola!