
Chiusa in casa la gente, lasciata mano libera ai padroni, data la precedenza al mercato e al profitto, è cominciata la strage.
Quando sono comparsi i primi segnali di stanchezza e d’insofferenza, si sono messi in campo l’esercito e un messaggio chiaro: fate i buoni e badate a voi stessi perché se non vi ammazza il virus, ci pensa il fucile.
Poiché, però, si continua a morire e non solo di virus, ma anche di fame, lo scontro sui diritti, è diventato scontro di classe e quando nelle fabbriche gli operai hanno incrociato le braccia, la risposta è giunta immediata: vietato scioperare.
Ieri in alcune città s’è vista gente fare la sua “spesa proletaria”: prendo e non pago, se mangi tu, voglio mangiare anch’io!
Il virus – l’imprevisto incidente di percorso – non ha trovato gli ospedali impreparati per caso. E’ accaduto perché sulla salute per anni si sono fatti affari da non credere. Più gente uccide, più il virus mette e nudo un’atroce realtà: è il capitalismo che ci sta uccidendo. Dopo la caduta del muro di Berlino, avrebbe dovuto regalarci un paradiso terrestre e invece ci ha portato un inferno.
Come tante volte nella storia, dietro la rabbia momentaneamente muta spuntano minacciosi i primi segni di un conflitto sociale vasto e dagli esiti imprevedibili. Chi, di fronte alla morte di tanta povera, gente continua a parlare dei milioni che perde, non ha capito che gli resta ancora un po’ di tempo per cambiare sistema e trattare la pace. Se cercherà la guerra, come ha fatto finora, quando l’epidemia sarà passata, dovrà fare di corsa le valigie. Quando quel giorno verrà, gli andrà bene davvero se porterà la pelle a casa.

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