Un anno non passa invano e alla mia età lo senti bene che se n’è andato. Se ci sei ancora perciò un bilancio non puoi evitarlo. Io l’ho fatto. Ne ho parlato con la mia coscienza e ci siamo trovati perfettamente d’accordo: siamo cresciuti molto e di più non si poteva sperare. Potere al Popolo ha appena compiuto un anno. L’ha speso bene e soprattutto ha lavorato per il futuro. E poiché il futuro è figlio del passato, voglio tornare indietro al 18 novembre scorso e ricordare.
La prima emozione forte – questo non lo dimenticherò più – fu il teatro Italia gremito come non avrei creduto. Un’emozione così forte, che, quando mi toccò parlare, in mente c’era solo lei, l’emozione. Solo salendo sul palcoscenico mi chiesi che avrei detto. Non avevo un appunto scritto, una “scaletta” o la traccia di un ragionamento preparato. Evidentemente però ero così convinto della mia adesione al progetto, che come giunsi davanti al microfono, le parole cominciarono a giungere tutte assieme alle labbra dal cuore e dalla mente. Lo capii subito: erano tutte pronte a farsi sentire.
Un anno dopo non mi sono pentito di niente. Sono orgoglioso di me e dei miei compagni di strada. Rifarei tutto daccapo e cambierei solo una data: il decreto Minniti è davvero una sorta di fotocopia di un provvedimento fascista, l’anno in cui fu scritto però era il 1932, non il 1934. Un errore marginale, che non cambia la sostanza del ragionamento. Capita quando si sceglie di essere immediati, come fui quel giorno. Quando lo fai però poi ti ci ritrovi: dici sempre parole che ripeteresti e che ti piace di riascoltare:
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