A commento di un mio articolo su Mimmo Lucano un lettore mi invia un link che rimanda a un reportage:
http://www.recnews.it.
Non ci vuole molto a capirlo: Mimmo Lucano per lui è un volgare delinquente.
Do uno sguardo, mi faccio un’idea della cosa e gli rispondo:
«Di mestiere faccio lo storico e quando racconto fatti cito le fonti. Qui non ci sono; di conseguenza sono chiacchiere».
LD – così si firma il lettore – replica dopo poche ore, non so se ironico o irritato:
«Se lei è uno storico dovrebbe notare che c’è della documentazione debitamente citata».
Mi sorge il dubbio di non aver prestato la necessaria attenzione, torno sul link, ma ne ricavo solo una conclusione: la discussione è inutile. Due posizioni inconciliabili. Per non essere scortese, provo tuttavia a spiegarmi:
«Quali sono le fonti? Tutto rimanda alle accuse mosse dai giudici, che però, almeno per ora, non hanno praticamente valore».
LD se ne sta zitto per cinque giorni. Quando non me ne ricordo più, lo ritrovo però sul mio blog. Ha deciso di riprendere la discussione:
«Sta dicendo che il lavoro della Procura della Repubblica non ha valore? La vicenda è stata comunque trattata grazie a una copertura documentale che va dal 2010 a oggi. Non c’è solo l’ordinanza. Questo ha molto più valore delle chiacchiere fatte senza nessuna base».
Può darsi che sbagli, ma a me pare ormai un dialogo tra sordi e non mi va di perdere altro tempo. Decido di chiudere e glielo dico:
«Sì, finché non si giunge a una sentenza definitiva, non ha valore.
Anni fa, secondo una Procura della Repubblica, io ero una sorta di pericolo pubblico, colpevole persino di istigazione alla rivolta. Si trattava solo di chiacchiere, firmate da un magistrato incapace o in malafede. Fui assolto perché il fatto non sussisteva.
Il lavoro di una Procura va preso con le molle. Negli archivi di Stato esistono prove inoppugnabili che riguardano processi truccati da funzionari di polizia che mentono sapendo di mentire. Ho trovato una lettera di Crispi che chiede ai magistrati una sentenza rapida ed esemplare – giusta o ingiusta non gli interessa, quello che conta è che gli consenta di sciogliere il PSI. L’ottiene, ma il processo è una tragica farsa. Ho trovato persino la lettera di un Questore che raccomanda ad alcuni commissari di Pubblica Sicurezza di concordare una versione comune da fornire alla stampa e al magistrato. I commissari obbediscono e gli assassini in divisa, che hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco un giovanissimo operaio, evitano il processo.
In quanto a Lucano, che dire? La disobbedienza civile prevede reati che i Tribunali condannano. E’ la storia poi che processa i tribunali e assolve gli imputati. Ci sono migliaia e migliaia di antifascisti spediti in galera e al confino per reati previsti dalle leggi fasciste. Violarono la legge? Certamente. Oggi però meritano quel rispetto che non hanno meritato i giudici che li condannarono. Nell’Italia liberale, Mazzini morì esule in patria sotto falso nome. Negli anni del fascismo Pertini finì in galera, in quelli della Repubblica fu considerato un uomo integerrimo. L’antimilitarista Don Milani morì da imputato nella Repubblica che ripudia la guerra, ma oggi è ritenuto un maestro.
Questo è. Si rassegni e non speri di convincermi. Spreca il suo tempo. Si tenga la sua legittima opinione e aspetti. Mi creda, però, e ci rifletta: la storia, non i cronisti e i tribunali, dirà se Mimmo Lucano è un criminale, come lei crede o, come invece penso io, un esempio di virtù civile.
Qui si chiude. Non pretendo di aver ragione e rispetto la sua opinione, ma non abbiamo altro da dirci».
Perché riporto la discussione? Perché non so trovare un modo migliore per spiegare una sensazione di straniamento che mi accompagna da qualche tempo: è come se fossi sceso da un treno per errore in un paese che non è il mio. Io non capisco gli altri e gli altri non capiscono me.
Sono rimasto incuriosito e ho voluto guardare nel link recnews proposto dal lettore. Mi è sembrato pieno di allusioni, che però non si concretizzano mai in un fatto inequivoco, dove per inequivoco intendo solo la univocità del fatto stesso, non certo il suo essere prova definitiva delle accuse
A mo di esempio : con una delibera Lucano ha reso possibile l’uso del pulmino comunale adibito a scuolabus anche per usi” personali” o “insoliti”. Ma ciò non limita il suo uso come scuolabus. In qualche caso i comuni acquistano un’ auto per il sovraccarico di impegni che toccano al sindaco, o forse il pulmino avrà “insolitamente” svolto dei trasporti per le cooperative dell’accoglienza. E’ con
ciò ?. Trattandosi di delibera poi, non è un fatto illegale, se ne potrebbe trarre la conclusione di un efficientismo esasperato del sindaco Lucano
Il punto di reale importanza potrebbe essere la gestione dei consistenti fondi usati per l’accoglienza ed iniziative correlate, in effetti qui si parla di “accantonamenti patrimoniali”, non si lascia ben intendere se i soldi fossero accantonati per la gestione delle cooperative o per scopi privati, comunque la procura ha escluso arricchimenti personali di Lucano e parla solo di scorrettezza procedurale.
Per il resto, continui riferimenti a Lucano che va al ristorante, all’amico di Lucano che ha comprato una casa, il restauro dei frantoio finanziato da Lucano, e ed allusioni del genere.
Ad ogni modo le accuse della procura sono da provare nei dibattimenti, il lettore che ha citato il sito sembra confonderle con fonti storiche, d’archivio o di qualunque genere, Restano i fatti, ovvero le positive esperienze di integrazione che finora nel merito nessuno ha potuto negare
Ps, un ricordo d’antan, un tempo mi occupavo di politica in senso anche militante, c’era un uomo probo impegnato nel sociale che aveva problemi di deambulazione e per questo era costretto a portare scarpe fatte su misura, all’apparenza scarpe artigianali ma senza nulla di diverso da quelle industriali. C’erano figuri che spiegavano “ad personam” a tutti i componenti di quei contesti che l’uomo probo si faceva fare scarpe su misura dal calzolaio che costavano quanto un intero stipendio, e lo spiegavano soprattutto a chi portava scarpe vecchie, o consumate e rotte
Grazie Armando. Un commento appropriato che condivido pienamente.
Da tempo ho notato che il professore Giuseppe Aragno riesce a trovare negli episodi del momento degli elementi per così dire di prospettiva storica, di quelli che poi diventano chiari guardando a lassi temporali lunghi ed estesi. In tal senso riprendo il suo riferimento allo straniamento, naturalmente in base al mio sentire personale, quindi non posso che un po tradire quanto detto del professore. Me ne scuso ma credo che sia proprio questa la strada attraverso cui passa la socializzazione delle esperienze personali e politiche
Non troppi anni fa, rispetto a problemi posti dal cosiddetto “terzo mondo”, pure allora suscettibili di coinvolgere i paesi sviluppati, prima o poi saltava fuori l’opinione reazionaria che contestava la decolonizzazione (ad es. Indro Montanelli). Per quei paesi sarebbe stato meglio rimanere sotto il controllo coloniale, un potere certo estraneo ma non la frusta del primo colonialismo. Secondo tale visuale quei popoli si dimostravano incapaci di governarsi da soli e cadevano preda di scontri e catastrofi umanitarie.
Nel campo in cui potevo riconoscermi, si obiettava che i vecchi padroni avevano lasciato quei paesi distruggendo infrastrutture e portando con se tutto il possibile, foraggiavano inoltre scontri etnici ed ogni settore in opposizione ai governi della decolonizzazione. La colpa era quindi neocolonialismo, della sua volontà di insediare governi pronti a svendere ogni risorsa, parlare della incapacità di quei popoli a governarsi poteva essere solo bieco razzismo
Sicché anche allora c’erano opinioni incomunicanti, e le parti in causa davano per inutile il confronto ulteriore. Eppure, le opinioni avevano in comune un minimo fattore, si riconosceva da ambo i lati il colonialismo, in certi casi visto comunemente come brutale, o l’aspirazione all’indipendenza praticabile o meno che fosse. In certo senso, un minimo fattore comune veniva inteso come necessario, proprio per colpire l’avversario nella sua più intima essenza, con l’assoluta estraneità ciò non sarebbe stato possibile. Si interrompeva poi l’inutile dialogo, ma pensando di aver mostrato la propria superiorità alla controparte
Nel nostro curioso presente si osservano dinamiche ineffabili, può succede che un ministro della repubblica salti su affermando che per i migranti “la pacchia è finita”, che un suo collega individui come problema che chi è rimasto senza lavoro sprechi un ipotetico reddito di cittadinanza in consumi “immorali”, e si tratta solo della punta dell’iceberg poiché robe simili vengono proposte da una valanga di opinionisti, di siti che si dicono alternativi, da figuri che sproloquiano di tutto
Rispetto a tali assurdità uno ha la sensazione di trovarsi di fronte ad interlocutori con i quali non esiste una vicenda storica comune, per quanto una vicenda del genere possa essere foriera di valutazioni politiche incomunicanti. Sembra quasi che debbano emergere solo valutazioni indipendenti da ogni comune contesto di riferimento, come se ci trovassimo di fronte a degli alieni venuti da Marte contrari o incapaci di dare i significati conclamati ai fatti più basici ed alle parole più ovvie. In effetti da parte di simili interlocutori sono continui i riferimenti a dei complotti (su ogni cosa), che diventano un doppio della realtà, col quale questa può essere saltata a piè pari sostituendola con ogni pulsione le si voglia preferire.
Mi sembra cioè che sempre più una sorta di irrazionalismo si affacci nell’agone politico, ed onestamente non riesco a spiegarmelo solo con la laida demagogia di Salvini, o con quella per me ancor più ributtante di Di Maio. Il loro populismo strumentale, volto a mobilitare lo scontento per le condizioni di vita che peggiorano, in termini di consenso popolare ai loro movimenti, invero mi appare più l’effetto che la causa di una sorta di decomposizione dello spazio politico ed addirittura della società.
Forse siamo di fronte ad una crisi epocale, un capitalismo che non riesce più a essere progressivo, un vasto scontento sociale egemonizzato da una piccola borghesia che inevitabilmente viene travolta dai processi di concentrazione e centralizzazione dei capitali, per così dire il pesce grande mangia quello piccolo ed il sistema può funzionare solo così. Una piccola borghesia che sente la sua fine come inevitabile, cosa può fare se non generare movimenti irrazionali come quelli capeggiati dai farseschi Salvini e di Di Maio?
Non credo sia la prima volta che si produca una dinamica del genere, nel migliore dei casi il sovranismo guidato dalla piccola borghesia ricontratterà spazi economici e politici col grande capitale ovunque europeista (sono la stessa classe), ma lasciando deluse ed a bocca asciutta le masse davvero subalterne, Tanto per iniziare la flat tax solo per le imprese, perdi il reddito di sudditanza se rifiuti i renziani minijobs.
Sul peggiore e più probabile dei casi, stante una crisi economica che non è congiunturale, preferisco lasciare ogni ipotesi aperta, anche perché non credo che la storia si ripeta sempre uguale. Però mi sento anch’io precipitare in un profondo straniamento, e credo che non mi sarei chiarito a questo modo le idee se non grazie all’ispirato sfogo del professore Giuseppe Aragno