In un articolo intitolato 4 marzo prossimo venturo: tante più sinistre, tanti più orfani?, Enzo Sanna, collocandosi al confine tra sinistro e sinistra, non si contenta di presentare ironicamente Potere al popolo, come un «rassemblement piuttosto variegato che si autoproclama l’unica lista di sinistra». A corto di argomenti, fa il gioco sporco, mette sul tavolo la carta della sovversione e scrive:
«Già il nome evoca l’extraparlamentarismo stile anni ’70 dello scorso secolo. Ricordate il Potop, Potere Operaio fondato da Toni Negri? Certo, i tempi sono cambiati e lo sono i sentimenti, ma dover digerire l’acronimo Potpop di Potere al popolo non è invogliante per il sincero attivista ed elettore di sinistra che allora, ragazzo nei lontani anni ’70, combatteva l’estremismo gruppettaro al pari delle destre eversive».
Per la storia: Potpop è un’invenzione dell’autore; l’acronimo, se proprio ne occorre uno, è PaP. Potpop è funzionale al paragone con gli anni Settanta, improponibile, perché non trova alcuna conferma nei fatti.
Può non piacere, ma Potere al popolo ha un legame diretto con il primo articolo della Costituzione, per il quale «la sovrantà appartiene al popolo». Sanna non lo sa – o finge d’ignorarlo – ma in termini di diritto, la parola sovranità indica proprio un «potere originario e indipendente da ogni altro potere» (Enciclopedia Treccani).
I tempi sono cambiati, è vero, ma gli imbecilli no. Quelli non cambiano mai.
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