Come si fa a parlare alla gente, in un tempo di gravissima crisi economica, quando la necessità di far fronte all’ondata reazionaria che cancella diritti in nome della “sicurezza”, si scontra ogni giorno con la fatica di chi non sa come sbarcare il lunario? Come si parla a chi è già pronto a combattere con ferocia tutte le possibili guerre tra poveri? Chi vuoi che ascolti la lezione della storia o stia lì a riflettere sul rapporto che lega la “continuità dello Stato” al prezzo che sta pagando con una vita senza futuro e i suoi sogni distrutti? C’è chi te lo dice chiaro: la gente non vuole “pensare”, chiede soluzioni. Tu parli alla testa, ma chi punta alla pancia fa molto più presto e ti ruba l’attenzione.
Ai primi del Novecento, il socialista Ernesto Cesare Longobardi poneva ai suoi compagni la stessa questione e invitava a riflettere: non si può parlare di organizzazione e solidarietà a chi non sa come mettere insieme il pranzo con la cena. Si puntò allora sulla lotta nei territori e sulla conquista degli Enti Locali. In Campania, Gino Alfani e la sua Torre Annunziata furono un modello insuperato di quell’Italia dei “Comuni rossi” e di un riformismo “rivoluzionario”, che puntava alla trasformazione strutturale della società e quel modello che può ancora insegnarci qualcosa.
Sulla scena c’erano due protagonisti: sindaci e amministrazioni che non accettavano l’esistente – “rivoluzionari” per quanto può esserlo un’Istituzione – e movimenti popolari di base organizzati e consapevoli. Non s’erano mai fatti tanti passi avanti quanti se ne registrarono in quegli anni.
Non credo sia una forzatura: mutato ciò che va mutato, c’è un filo diretto tra la Napoli di oggi e quella stagione felice della nostra storia. Non so dove si possa arrivare, so che è un processo avviato su due binari: la realtà locale e un modello da esportare. Senza la prima l’altro è condannato alla sconfitta e c’è qualcosa che manca perché le due situazioni siano pienamente comparabili. Al momento uno dei due elementi di quel binomio vincente – il movimento – non è forte come dovrebbe e questo indebolisce l’intera esperienza. Se si lavorasse per farlo nascere, avremmo idee, uomini e capacità per muoverci nella crisi. E qui torna il discorso da cui sono partito.
E’ un’impresa, lo so, ma se si fossero avviati concretamente – e si sarebbe dovuto già farlo – percorsi di formazione e di scambio, se alla base dell’azione amministrativa esistesse un movimento forte, coeso, con una “linea” e strutture in cui consentire a chi vuole di raccontare l’immane fatica fisica e soprattutto psichica della gente, per poter tener vivo un confronto tra i molteplici soggetti colpiti, un luogo in cui chiedere e allo stesso tempo dare contributi, se tutto questo esistesse, siamo davvero certi che, per fare un esempio, il discorso sulla “sicurezza” andrebbe nella direzione che vuole Minniti? Se, come appare evidente, nessun partito o gruppo ha vinto il referendum, ma è stata la gente massacrata a battere il governo, è proprio sicuro che non troveremmo persone interessate a scoprire cosa c’è dietro Minniti, quanto tutto ciò che stiamo vivendo somigli a terribili esperienze passate e qual è la logica che guida l’indecorosa questione del decoro urbano? Non parleremmo forse del presente, del lavoro negato, della precarietà e della repressione, se provassimo a ripercorrere la sorte dei disoccupati, degli sfruttati, dei più deboli ed emarginati negli anni in cui qualcuno, proprio come fanno oggi Minniti e De Luca, scriveva con infinita arroganza che “mai, sotto nessun governo, i disoccupati furono soccorsi con tanto amore e con sì generoso contributo d’affetto come sotto l’egida littoria”? Lo faremmo perché, come oggi, le scarsissime risorse venivano contese fra la povera gente e ogni giorno, nel silenzio della stampa, aspri dissidi mettevano l’uno contro l’altro chi non aveva famiglia e chi aveva da pensare ai figli e alla moglie. Come oggi, alle Autorità locali non si assegnava un ruolo, se non quello repressivo. La fame e la disperazione si toccavano con mano nelle città e dovunque sorgevano d’incanto bancarelle e ambulanti, che non bastavano a mascherare una vera e propria mendicità.
Anche allora la criminalizzazione di ogni protesta spianò la via ai provvedimenti di polizia. Prima di tutto si batté in breccia su “quel larvato disfattismo economico ed industriale che ha trovato nella deprecatissima «crisi» una bandiera d’adunata”. La crisi, si scrisse, “c’è, nessuno lo nega: ma non bisogna drammatizzarla; è pur vero che i teatri e i campi di calcio sono sempre pieni, i cinema gremiti, le assicurazioni in aumento, i delitti contro la proprietà e le persone in diminuzione; e soprattutto, fa pensare il fatto che della crisi si lamentino non tanto i disoccupati quanto certuni che non debbono davvero stringere la cinghia per sbarcare il lunario…”. Questa vergogna non l’ha inventata Berlusconi.
La gente non sa, ma non è stupida e sente istintivamente che chi ha ottenuto con l’inganno e la prepotenza il potere politico oggi come ieri mira a distruggere ogni “bandiera d’adunata”. Non è difficile trasformare la conoscenza istintiva in autentica consapevolezza, moltiplicando le “adunate”. Il processo lo conosciamo: se disoccupati e sfruttati aumentano di dieci e cento volte, si passa ai provvedimenti di polizia. Quando per “sicurezza” si intende difesa dei privilegi, i Minniti d’ogni tempo hanno la ricetta pronta ed è sempre la stessa: la multa, l’arresto e l’espulsione con foglio di via. Indigeni o immigrati, con il passare del tempo non fa differenza. Mentre i disoccupati si danno al commercio ambulante, alla vendita porta a porta, che tende a confondersi con l’accattonaggio e mirano a “sparire” per paura della polizia, le scelte si fanno feroci e nel mirino entrano gli ultimi, al di là del colore della pelle.
Facciamo in modo che chi soffra non si nasconda, parliamo di quello che in fondo essi sanno: la razza non c’entra. Locale o straniera, la povertà sta diventando “colpa” perché è un peso per le assicurazioni sociali. E’ per questo che l’apparato di controllo provvede alle schedature individuali e familiari, registra posizioni rispetto all’occupazione e alla prima occasione colpisce senza pietà. La repressione stronca la capacità di mobilitazione collettiva e in un clima di ostilità generalizzata verso gli ultimi arrivati, fomentato dalle autorità, si parla di movida da imbrigliare, ordine da ripristinare e decoro da tutelare.
A chi ha fame per ora forse non puoi parlare. Chi non ne ha, ma rischia di arrivarci, puoi tirarlo dalla tua parte, così come puoi attirare chi non si sente rappresentato. Su questa base di consenso un’Amministrazione può fondare scelte di rottura. Scelte che sono più necessarie dell’aria.
Se questo è un sogno – e potrebbe anche esserlo – prepariamoci al peggio. Svegliarsi sarà un autentico incubo.
La “sicurezza”, campana a morto della democrazia
06/06/2017 di giuseppearagno
Pubblicato su Interventi e riflessioni | Contrassegnato da tag Berlusconi, Ernesto Cesare Longobardi, Gino Alfani, incubo, Minniti, sogno, Torre Annunziata | 1 commento
Una Risposta
Rispondi Cancella risposta
Social
Archivi
- febbraio 2023
- gennaio 2023
- dicembre 2022
- novembre 2022
- ottobre 2022
- settembre 2022
- agosto 2022
- luglio 2022
- giugno 2022
- Maggio 2022
- aprile 2022
- marzo 2022
- febbraio 2022
- gennaio 2022
- dicembre 2021
- novembre 2021
- ottobre 2021
- settembre 2021
- agosto 2021
- luglio 2021
- giugno 2021
- Maggio 2021
- aprile 2021
- marzo 2021
- febbraio 2021
- gennaio 2021
- dicembre 2020
- novembre 2020
- ottobre 2020
- settembre 2020
- agosto 2020
- luglio 2020
- giugno 2020
- Maggio 2020
- aprile 2020
- marzo 2020
- febbraio 2020
- gennaio 2020
- dicembre 2019
- novembre 2019
- ottobre 2019
- settembre 2019
- agosto 2019
- luglio 2019
- giugno 2019
- Maggio 2019
- aprile 2019
- marzo 2019
- febbraio 2019
- gennaio 2019
- dicembre 2018
- novembre 2018
- ottobre 2018
- settembre 2018
- agosto 2018
- luglio 2018
- giugno 2018
- Maggio 2018
- aprile 2018
- marzo 2018
- febbraio 2018
- gennaio 2018
- dicembre 2017
- novembre 2017
- ottobre 2017
- settembre 2017
- agosto 2017
- luglio 2017
- giugno 2017
- Maggio 2017
- aprile 2017
- marzo 2017
- febbraio 2017
- gennaio 2017
- dicembre 2016
- novembre 2016
- ottobre 2016
- settembre 2016
- agosto 2016
- luglio 2016
- giugno 2016
- Maggio 2016
- aprile 2016
- marzo 2016
- febbraio 2016
- gennaio 2016
- dicembre 2015
- novembre 2015
- ottobre 2015
- settembre 2015
- agosto 2015
- luglio 2015
- giugno 2015
- Maggio 2015
- aprile 2015
- marzo 2015
- febbraio 2015
- gennaio 2015
- dicembre 2014
- novembre 2014
- ottobre 2014
- settembre 2014
- agosto 2014
- luglio 2014
- giugno 2014
- Maggio 2014
- aprile 2014
- marzo 2014
- febbraio 2014
- gennaio 2014
- dicembre 2013
- novembre 2013
- ottobre 2013
- settembre 2013
- agosto 2013
- luglio 2013
- giugno 2013
- Maggio 2013
- aprile 2013
- marzo 2013
- febbraio 2013
- gennaio 2013
- dicembre 2012
- novembre 2012
- ottobre 2012
- settembre 2012
- agosto 2012
- luglio 2012
- giugno 2012
- Maggio 2012
- aprile 2012
- marzo 2012
- febbraio 2012
- gennaio 2012
- dicembre 2011
- novembre 2011
- ottobre 2011
- settembre 2011
- agosto 2011
- luglio 2011
- giugno 2011
- Maggio 2011
- aprile 2011
- marzo 2011
- febbraio 2011
- gennaio 2011
- dicembre 2010
- novembre 2010
- ottobre 2010
- settembre 2010
- agosto 2010
- luglio 2010
- giugno 2010
- Maggio 2010
- aprile 2010
- marzo 2010
- febbraio 2010
- gennaio 2010
- dicembre 2009
- novembre 2009
- ottobre 2009
- settembre 2009
- agosto 2009
- luglio 2009
- giugno 2009
- Maggio 2009
- aprile 2009
- marzo 2009
- febbraio 2009
- gennaio 2009
Categorie
Blogroll
Statistiche del blog
- 451.020 visite
L’ha ribloggato su My Blog.
"Mi piace""Mi piace"