In archivio lo storico trova spesso nomi di spie e provocatori. A me non piace fermarmi su queste miserie, ma posso dirlo senza temere smentite: dal 1861 ai primi anni Sessanta del Novecento, la polizia ha sempre saputo vita e miracoli dei sovversivi perché tra loro c’erano spie e confidenti. E’ così anche oggi, non ci sono dubbi e l’identikit non cambia: insospettabili, sempre più rivoluzionari degli altri, sempre pronti a citare i testi sacri, sempre col dito puntato: piccolo borghese, riformista o troskista…
Così era Cesare Berti, venuto a Napoli da Santa Croce sull’Arno: a un tempo comunista pericoloso e spia dei fascisti, sparò due colpi durante le 4 Giornate e chi vuoi che si azzardasse a sospettare? Così era Pietro Paolo Prisciandaro, che denunciava i compagni facendo cenno di sì con la testa, quando erano assieme e la polizia lo pedinava. Così erano tre spie dell’OVRA: Aldo Romano, che aveva rappresentato la cultura fascista – Togliatti ne fece un intellettuale di riferimento del PCI – Vincenzo Villani, detto Enzo, e Socrate, all’anagrafe Vincenzo Vito Lattarulo, che in un colpo solo, a Napoli, mandò in galera 47 compagni.
Qualcuno sapeva? Certo. Togliatti aveva pubblicato l’elenco delle spie dell’Ovra e Amendola credette – o volle credere? – ad Aldo Romano che ammetteva: cose da niente e nessuno mandato in galera. I compagni talvolta sapevano, ma avevano altro da fare. Bisognava distruggere i troskisti, i piccolo borghesi e i riformisti; Reale addirittura indicò quattro compagni dissidenti come pericolosi fascisti. I servizi segreti inglesi, però non gli credettero. Sottovalutiamo troppo le forze dell’ordine. Romano e compagni vissero tra i “nostri” rispettati e ascoltati. I “nemici”, infangati e disonorati, furono cancellati dalla storia. E’ in questo modo che abbiamo perso alcuni dei migliori. Antonio Cecchi, per esempio, pericoloso bordighista – e che altro? – ed Enrico Russo, troskista naturalmente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
L’elenco potrebbe continuare, ma ora che ci penso l’hanno prossimo, finito il libro che sto per chiudere, sfiderò la sorte e, nonostante gli anni, ci proverò. Le leggi che regolano gli archivi dovrebbero consentirlo: ora si può arrivare anche ai boia della nostra giovinezza e qualcuno ci sarà che ci fa ancora la lezione… Farò l’elenco dei nomi e racconterò le nobili storie. E’ vero, i giovani sono vaccinati, ma ci sono tante cose che non conoscono e tanti falsi miti che occorre sfatare.
Caro professore, mi scuserà la confidenza che nulla vuole togliere al rispetto che ho per lei. Solo il gesto di annuncio di una confessione.
Il suo post è per me collegato, nei suoi contenuti riferiti ai comunisti e al PCI, al libro di E. Rea “Mistero napoletano” che sto rileggendo con passione. Quanti errori! Quanta ipocrisia! Quale scarsa considerazione per l’umanesimo! I capi sanno ma non agiscono e non approfondiscono. E nulla può fare la gente comune, il popolo. Ma la Storia ci insegna proprio qualcosa?
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Rea in quel libro è illuminante. Purtroppo, cambiato il contesto, non sono cambiati i comportamenti. Oggi sono “capetti” di gruppi che rappresentano se stessi, ma i comportamenti sono identici. Temo che la storia non insegni molto. Avrebbe bisogno di buoni discepoli, che purtroppo scarseggiano.
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Ricordo un vecchio militante del pci che mi raccontava come veniva spiegato dai dirigenti togliatiani che i bordighisti costituissero il peggio del peggio, peggio dei fascisti
Si trattava di un compagno, oggi anzianissimo, che era analfabeta, ed aveva imparato a leggere ed a scrivere nella sezione del Pci, neila seconda metä degli anni 40
Un uomo robusto, capomastro nell´edilizia, che con un cappello in testa fatto con i fogli dell´ unitä, durante il pranzo comune spiegava ai giovani apprendisti il valore del comunismo e di Togliatti.
Purtroppo, quanta bella gente e quanta energia rimasta inespressa, tenuta dietro il carro del politicismo pciista.
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