La foto mostra un comunista, “sovversivo” e antifascista. Un dirigente del PCdI degli anni di Bordiga, che conobbe la Russia bolscevica e morì, dissidente, ma “rosso”, combattendo durante le “Quattro Giornate”. Tra l’11 e il 12 settembre del 1943, a Napoli i nazisti avevano completato la sanguinosa occupazione della città. I comandanti militari, il re, il governo erano in fuga e la popolazione civile, abbandonata al suo destino, aveva preso le armi. Era iniziata così, dopo l’8 settembre, quella Resistenza che non fu né lotta di scugnizzi, né violenza di teppa rossa, come si potrebbe pensare leggendo libracci di sedicenti storici, registrando i silenzi delle nostre autorità politiche o assistendo alle commemorazioni ufficiali, con i carabinieri onnipresenti, che non possono suonare “Bella Ciao”.
A fine mese ci sarà la patetica e talvolta grottesca “celebrazione” delle Quattro Giornate, tra sciabole e inni patriottici. Il PD, la nuova destra, quella che sta letteralmente cancellando la Costituzione antifascista, sgomita per un posto al sole in vista delle elezioni comunali e si prepara a radunare le scolaresche al teatro San Carlo, per distribuire premi e cominciare la campagna elettorale. A questo servono ormai le ricorrenze.
Naturalmente dei più di duecento antifascisti schedati e perseguitati politici, che furono protagonisti della lotta a Napoli, nessuno sa nulla e nessuno parlerà. Nessuno, soprattutto nelle scuole e nelle università. Silenzio di tomba. Nel silenzio e da sola, del resto, se ne’è andata il mese scorso l’ultima combattente di Spagna, Ada Grossi, napoletana come il fratello ferito sulle nevi di Teruel, che vive solo e ignorato dai sedicenti “antifascisti” di questo tempo buio. Da sola e nel silenzio.
La formazione e la memoria storica sono monopolio dei padroni e dei ceti dominanti. Bisognerebbe fare dello scontro in corso sulla scuola la linea del Piave di quanto resta di una sinistra reduce da un’autentica Caporetto culturale. Bisognerebbe, certo. Ma chi si occupa della scuola? Chi prova a ragionare sul peso politico della sconfitta culturale che abbiamo sotto gli occhi e si decide a reagire? Praticamente nessuno, tranne sparuti manipoli di docenti, abbandonati al proprio destino. Qui da noi si parla di Turchia e di Grecia e si sogna un riscatto che però non si prova a costruire. E’ incredibile ma vero. A sostegno di un manifesto in difesa della nostra scuola, non è giunta la firma di uno studente, di un collettivo o di un centro sociale. Siamo tutti antifascisti, si sente urlare in piazza. Ma è uno slogan. Ormai, si dice, destra e sinistra non esistono più. Ci sono il partito di Renzi, quello di Alfano e la “banda degli onesti”, il movimento di Grillo, un miscuglio di rossi e di neri mimetizzati.
La memoria è monopolio dei padroni
11/09/2015 di giuseppearagno
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