Dopo molte riflessioni, ho maturato una convinzione. Ferma e naturalmente opinabile. La Troika ha inflitto il massimo delle perdite possibili a Tsipras. E’ un fatto. Perché ha cercato la via dell’umiliazione? Credo che il principale obiettivo della sedicente Unione Europea nella terribile vicenda greca sia stato, sin dall’inizio, eminentemente politico: disgregare Syriza e far cadere il governo Tsipras. Se questo accadrà, al di là di chi ha sbagliato o fatto bene, otterrà ciò che voleva.
Saranno naturalmente i compagni greci a decidere e rispetterò le loro scelte, quali che esse siano. Personalmente, però, spero che l’unità più volte sbandierata da tutti, si possa salvare in base a una considerazione di semplice buon senso: se la Troika desidera qualcosa, i Greci dovrebbero fare tutto, tranne che agire in modo che si realizzi.
Perché umiliare la Grecia?
15/07/2015 di giuseppearagno
Caro professor Aragno, credo che i greci avrebbero bisogno di aiuto internazionale: che si fa qui da noi, per esempio: sindacati, partiti, ecc.., per sottolineare la situazione di vero colonialismo che subisce la Grecia ed opporsi ai dettati della cosiddetta Europa? E quando ci ribelleremo ai voleri della mamma dell’impero? E qaundo ad una classe politica tutta chiaramente illegittima? MI pare strano che non si possa organizzare qualcosa di efficace.
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Sono pienamente d’accordo, caro Padovan. Non si è fatto nulla finora perché all’ordine del giorno c’era la santificazione o la scomunica di Tspiras e Syriza. Non so altrove ma oggi pomeriggio, nella mia città rovente, c’è una manifestazione. La prima dalla sera del referendum. Quando è apparso chiaro ciò che stava accadendo nella notte della “trattativa”, avremmo dovuto far tremare ambasciate e consolati dei paesi aggressori. Siamo stati a casa, ad affilare le armi per le nostre scaramucce tra rivoluzionari, riformisti, socialdemocratici, trotskisti e soci…
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Prima o poi, una nuova ristrutturazione del debito greco – o quantomeno un riscadenzamento – sarà inevitabile. E’ però necessario che la Grecia dimostri concretamente di voler fare riforme per la crescita e per la riduzione del debito, il contrario di ciò che il governo Tsipras ha fatto sino a ieri. E’ anche necessario che vengano meno alcune ambiguità che condizionano la capacità di manovra dei governi europei. Va chiarito che la Grecia ha ricevuto aiuti ingenti, che non hanno precedenti nella storia dei paesi Ocse. Da quasi cinque anni, l’intero deficit della Grecia, inclusi gli interessi, e il rinnovo del debito in scadenza sono a carico dei paesi creditori, ossia dei contribuenti, presenti o futuri, di questi paesi. I prestiti del Fondo salva stati alla Grecia scadono quasi tutti dopo il 2040 e hanno un tasso medio del 1,5 per cento. Dal 2010, quando emerse la realtà dei conti pubblici, per qualunque operatore privato – banca, fondo, risparmiatore individuale – è divenuto troppo rischioso detenere titoli greci. Da allora i prestiti ufficiali hanno consentito di evitare una catastrofe: senza questi prestiti la Grecia non sarebbe stata in grado di pagare stipendi, pensioni, importazioni di energia e altri beni di prima necessità. E’ vero che se si fosse fatto un default totale nel 2010, anziché un hair cut al 50 per cento nel 2012 il debito greco sarebbe oggi inferiore. Ed è vero che in quel caso i privati, banche estere incluse, avrebbero pagato un conto molto salato, ma il default era un’ipotesi che le autorità greche di allora non presero neanche in considerazione. L’imposizione di un default dall’esterno sarebbe stata un’ingerenza inaccettabile negli affari interni di un paese. Il default nel 2010, che ex-post piace tanto a Syriza e ad altri predicatori di disgrazie con i soldi altrui, si scontrava anche con l’opposizione della Bce e delle cancellerie di mezzo mondo. Nelle condizioni di allora avrebbe messo a rischio l’esistenza stessa dell’Unione Monetaria e la fragile economia mondiale che si stava a stento riprendendo dalla bancarotta di Lehman. Le banche estere esposte con la Grecia non sono fallite, ma hanno perso molti soldi per via del salto dello spread avvenuto nei primi mesi del 2010 e della ristrutturazione del 2012. Dal 2012, i mercati finanziari, le banche e quant’altri soggetti attirano gli strali dei complottisti nostrani sono del tutto fuori gioco. Non c’entrano più nulla. Come non c’entra nulla il liberismo. C’entra un’altra cosa, ben più solida e testarda delle banche: gli interessi dei contribuenti. Ogni euro di austerità in meno per la Grecia è un euro di austerità in più per i contribuenti, presenti o futuri, degli altri paesi.Non è vero che negli Stati Uniti, dove c’è un vero Stato federale che da noi manca, le regole siano più favorevoli ai debitori. Nel default del Portorico la Fed non interviene per comprare bonds e Obama dichiara che nessun aiuto verrà dal governo federale. Le regole sono le regole. Ed è essenziale che siano rispettate da tutti, altrimenti un assetto federale non regge.La democrazia non c’è solo in Grecia. I greci hanno il diritto di eleggere un governo che promette di combattere l’austerity con i soldi nostri. Ma noi abbiamo l’uguale diritto di dire di no o di sì, in funzione dei nostri interessi nazionali e delle preferenze dei nostri elettori. L’idea che qui sia in gioco la democrazia contro i diktat di una qualche entità astratta chiamata Europa è un falso ideologico che avvelena i rapporti fra gli Stati e fra i popoli. Così come è falso che le democrazie europee siano ossequienti ai voleri della Germania, quasi che vi fossero eserciti che ci minacciano.C’è un’altra ambiguità di fondo che non aiuta le decisioni. In Italia tanti urlano contro l’UE e l’austerità imposta alla Grecia. Forse hanno qualche buona ragione. Ma se si facesse un referendum, quanti sarebbero disposti a votare a favore di nuovi, costosi aiuti alla Grecia? Forse scopriremmo che le posizioni di Schäuble e Merkel sono meno impopolari di quanto non appaia dagli schiamazzi dei talk show.
Solo per questo motivo le ferocissime manifestazioni contro ambasciate e consolati si risolverebbero solo in manganellate e qualche arresto.
I politici non hanno più la capacità di elaborare sogni realizzabili , perchè la ggente vuole capire come la casalinga che fa la spesa , loro contabilizzano i voti guadagnati o persi.
Tutto il resto sono discorsi da bar.
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Per Mario, il chierichetto della religione neoliberista, Portorico fa parte degli USA. Inutile perdere tempo a replicare. I chierichetti credono per fede. Mi limito a riportare l’opinione di un premio Nobel per l’economia, ma non servirà a nulla.
“Quello che la Germania ha imposto a colpi di bastone è semplicemente inconcepibile. E’ anche una cattiva politica economica”. Ad affermarlo, in un’intervista a ‘Liberation’, è l’economista Usa Joseph Stiglitz, premio nobel per l’economia nel 2001, commentando l’accordo sulla Grecia. Con questo accordo, aggiunge, “si continuerà ad imporre modelli che sono controproducenti, inefficaci e che produrranno ingiustizia e disuguaglianze. Continuare ad esigere della Grecia che arrivi ad un avanzo primario del 3,5% del pil nel 2018 è non solo punitivo ma anche di una cieca stupidità. La storia recente della Grecia lo ha dimostrato”. Per Stiglitz questo “continuerà ad ampliare la depressione in un paese che ha registrato un crollo del suo pil del 25% in cinque anni”.
Quello che bisognerebbe fare per aiutare la Grecia, rileva Stiglitz, “lo sappiamo e anche l’Fmi, che è l’organismo storicamente più ostile ad un tale processo, lo ammette ormai: serve una ristrutturazione del debito greco. Anzi serve un alleggerimento. Ma la Germania non vuole sentire parlare di nessuna di queste due opzioni: dice che bisogna rimettere la Grecia sui suoi piedi ma milita per una politica che impone un programma che, nei suoi atti, metterà ancora di più il Paese in ginocchio. L’intrusione nella sovranità di un Paese come la Grecia, il diktat che gli viene imposto sono molto pericolosi”, sottolinea Stiglitz.
La cosa peggiore in questa telenovela “irrazionale o troppo razionalmente glaciale”, oltre che “alla mancanza di compassione”, sono le lezioni “non tratte della storia”: la Germania, spiega Stiglitz, “deve la sua ripresa economica e la sua crescita unicamente alla più grande cancellazione di un debito mai osservato nel 1953. Dovrebbe aver capito, dal tratto di Versailles, firmato nel 1919, le conseguenze dei debiti insormontabili. Non ha appreso né la compassione né il disastro di questi due periodi chiavi della storia”.
La questione chiave per la zona euro, rileva ancora l’economista Usa, dovrebbe essere “la solidarietà” ma invece sembra che ci si trovi in un ‘club’ in cui il leader, la Germania, “non dimostra nessuna riflessione di buon senso economico, alcuna solidarietà, e, ancora una volta, nessuna compassione”. Senza un “movimento politico potente che denuncerà con forza” questo stato di cose “questo evento senza precedenti segnerà probabilmente l’inizio della fine per l’area dell’euro”, sottolinea Stiglitz.
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Perchè ha speso tempo a replicare in modo così scortese?
Lei mi impone di replicare scortesemente o non farlo.
Perdere un vero amico rende tutto il resto insignificante , ci sono passato e me ne rendo conto.
Buona giornata.
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La sua conclusione – “chiacchiere da bar – non mi è sembrata il massimo del garbo. Nei momenti buoni, mi irrito, prendo tempo ma poi provo a replicare con misura. Quando il momento è nero, mando a quel paese. Lo so, non è giusto, mi spiace e mi scuso. Purtroppo è andata così.
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Spero di averle già fatto capire che capisco bene la sua irritabilità.
In tempi così difficili , la perdita di un amico è ancor’più dolorosa.
Buona giornata.
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Grazie. Anche a lei.
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