Anni fa, in un romanzo che non sarebbe male leggere – «Tempi di malafede» – Sandro Gerbi ci raccontò un’Italia che pareva sepolta ed è tornata invece di sconcertante attualità: quella in cui, di fronte al consolidarsi del regime fascista, anche la gente civile e colta si convertì al culto della malafede.
Perché accadde? E’ una costante della storia: di fronte al potere, molti si piegano. Servilismo, viltà, conformismo istintivo, calcolo senza passione, opportunismo. Quale che sia la ragione, il risultato è una comoda auto assoluzione che ha la meglio sul senso morale, perché «tutti ripugnano dal conoscersi a fondo e ognuno capisce se stesso solo quanto gli occorre». Come annotò in una splendida recensione Gaetano Arfè, ha ragione Gerbi: chi si adatta ai tempi «leva la malafede all’altezza di un ineluttabile fato che ispira e regola la condotta degli umani». Insomma, una sorta di oscura, intima dialettica diplomatica tra bene e male, che produce un comportamento tipico della malafede, «un’arte di non conoscersi, o meglio di regolare la conoscenza di noi stessi sul metro della convenienza».
Tempi di malafede sono oggi quelli della politica e dei suoi protagonisti. La malafede, infatti, scrive Gerbi, «non è uno stato dell’animo, è una sua qualità» che consente a chi punta al successo, costi quel che costi, di dare il peggio di sé e venderlo come bene prezioso. Perché tutto questo funzioni, occorrono naturalmente un contesto – un sistema di potere autoritario – e gli acquirenti che in ogni tempo fornisce il mercato. Tempi di malafede sono quelli in cui c’è una crisi così profonda della politica, che chi vuole può ignorare ogni confine di natura etica e persino l’impossibilità di mettere assieme termini inconciliabili tra loro, come accade oggi con «sinistra» e «destra», che esprimono sistemi di valori antitetici e riguardano le coscienze. Può ignorarlo, però, solo chi, per dirla con Gerbi, decide di scegliere in base al tornaconto. Scegliere, insomma, come si fa in tempi di malafede, nei quali un De Luca qualunque può disprezzare le regole di cui dovrebbe essere garante. A lui la legge Severino fa un baffo, lui se ne frega e lancia la sua sfida: «Me ne andrò quando lo decideranno i cittadini elettori».
Che strano Paese è l’Italia! Le leggi non contano nulla e gli elettori meritano rispetto solo quando le ignorano o se le mettono sotto i piedi. Dopo il Parlamento dei «nominati», eletti contro la Costituzione e diventati subito «padri costituenti», ora c’è il presidente di Regione ineleggibile per legge, che si appella al voto di chi non doveva votarlo e invece l’ha eletto.
«Quante chiacchiere!», esclama la malafede. «Non lo sai che ha stravinto?».
Facciamo i conti. Metà degli elettori gliel’ha detto papale papale che non lo vuole, ma gli amici di De Luca – così si chiama l’ultimo campione – sostengono che chi non vota è qualunquista. Come dire: io ti rifilo un pacco e tu hai l’obbligo di comprarlo. E invece no: tenetevelo caro il capolavoro, perché la stragrande maggioranza di coloro che non votano lo fanno perché non si sentono rappresentati e non si capisce perché dovrebbero avere, per i diritti degli elettori di Luca, quel rispetto che il loro candidato non ha per le regole del gioco. Ognuno si prende la responsabilità delle sue scelte e – fatta salva la sempre più rara buonafede – quando si tratta di codici morali non siamo tutti uguali.
Tra le stranezze più strane che si sentono in giro, una riguarda Luigi De Magistris, al quale qualche «amico» molto al passo coi tempi vorrebbe cucire addosso un vestito che è un’autentica camicia di forza. A dar retta, infatti, a taluni cervelli fini vicini al PD, la peggior destra del Paese, lui, che la malafede l’ha sempre combattuta pagando di persona, che è e si dichiara onestamente uomo di sinistra, se vorrà ripresentarsi, farà bene a stare alla larga dalla sinistra e a lasciare perdere chi non vota perché non si sente rappresentato. Tutto ciò che potrà fare, quindi, è sgomitare a centro per farsi spazio nell’affollatissima area dei sedicenti «moderati» e – perché no? – per «fare l’occhiolino» al nobiluomini alla De Luca.
Insomma, il modo migliore per costruire un suicidio politico.
Malafede e conoscenza per convenienza
06/06/2015 di giuseppearagno
Occorre anche considerare che chi non va a votare spesso lo fa perché vorrebbe votare scheda bianca per dimostrare il suo interesse alla politica ed il suo schifo alla attuale politica, ma i delinquenti del sistema hanno dato prova inoppugnabile di sapersi servire anche delle schede bianche per utilizzarle in sede di scrutinio pro domo sua. Quindi: scheda bianca non si può votare, annullare la scheda è l’unica cosa consentita…oppure il non andare a votare che loro chiamano qualunquismo ma che oggi spesso non è.
Quante ne sanno i criminali! E Galan, vero criminale con tanto di attestato ufficiale, rimane onorevole e presidente della Commissione Cultura.
L’ha ribloggato su My Blog.
Tutto ciò è insopportabile!
Da La stampa di oggi (Massimo Gramellini):
De Luca, l’Impresentabile della Campania, si è presentato ai nuovi sudditi con l’annuncio pirotecnico di un mega-condono. Ottantamila immobili abusivi, praticamente una città. Ottantamila catapecchie cresciute in barba alle leggi che grazie al pagamento di una sanatoria diventeranno per magia dei castelli incantati. Se gli obbrobri edilizi esistono, e abbatterli tutti è impossibile, allora tanto vale regolarizzarli, a esclusione di quelli costruiti in luoghi protetti o che appartengono a chi già possiede un altro immobile. L’Impresentabile lo chiama pragmatismo. Totò gli risponderebbe: ma mi faccia il piacere. Il condono sanerà case precarie e improvvisate, senza allacci né protezioni, e anche il più scalcinato dei camorristi potrà intestarle a un prestanome ed eludere così il risibile divieto deluchista. Tanto, al sopraggiungere della prima frana che seppellirà gli abusi condonati, De Luca guiderà l’immancabile corteo di piagnoni che lamenteranno la solitudine del Sud e la mancata tutela del territorio.
Il Partito Democratico era nato per difendere le ragioni dell’ambiente e il rispetto delle regole. Nella nuova versione pratica e maneggevole, il Partito Delucratico pare invece deciso a sostituire i cittadini in regola con i costruttori abusivi. Non c’è dubbio che questa scelta gli abbia portato molti voti e che vincere le elezioni sia meglio che perderle. Se però per vincerle devi diventare qualcos’altro, e quel qualcos’altro ti fa anche un po’ schifo? È il grande dilemma del renzismo.
Poi si lamentano se le persone serie non vanno a votare!