Non è facile iniziare la giornata, quando gli anni pesano, il tuo sole tramonta e la miseria morale è ormai in cattedra a fare lezione. Eppure una strada c’è, capace di aiutare il tuo passo ormai incerto e sostenere il peso dei pensieri amari; anche stamattina l’ho percorsa e ci ho trovato, come sempre, un tesoro. Molti vecchi pensano di avere tante cose da insegnare ai giovani, ma sono in pochi a capire che non si può insegnare nulla se non si è disposti a imparare. Ecco la lezione che ho appreso dall’umanità palpitante di una giovane compagna sofferente. Questa è la sinistra in cui credo.
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“Oggi invece dobbiamo iniziare con una brutta storia, capitata ieri a una nostra compagna, ‘colpevole’ di avere la pelle nera. Ci teniamo a diffonderla, per solidarietà innanzitutto, ma anche perché si deve sapere lo schifo che c’è in giro per poterlo cambiare, e perché infine condividiamo tante riflessioni che fa… soffrendo, ma restando lucida. Napoli è un posto meraviglioso, ma è ancora troppo segnato da gente di merda, imbevuta di quella violenza, di quel sessismo, di quel razzismo e che circolano tranquillamente nella nostra società… anche per questo all’Ex OPG abbiamo deciso di partire dai bambini…”
«Oggi nei pressi del Palazzo Mediterraneo, un gruppo di ragazzini mi ha accerchiata e mi ha ricoperto di insulti. Fin qui nulla di anormale, se non fosse per il fatto che i ragazzini avevano un’età compresa tra i sette e i 14 anni. Uno di loro, istigato dai suoi amici si è avvicinato e mi ha messo una mano sul culo dicendomi “ti piace il cazzo nel culo eh, sta nera e mmerd”. Aveva circa 13 anni.
Altri continuavano ad urlarmi contro frasi assurde, continuavano a dire che ero nera perchè ero fatta di merda, che ero sicuramente una puttana e che avevo le labbra grosse perchè a forza di fare pompini questo succede, alle puttane come me.
Continuavano a gridarmi contro che mi piaceva il pesce, che le nere sono delle puttane e che puzzano. Uno di loro ha preso una manciata di terreno e me l’ha gettata addosso, non contento ha cercato anche di sputarmi addosso. Alla fine sembravano abbastanza soddisfatti, sembravano quasi felici e sorridevano beati, come se avessero portato a termine il compito in classe che la società aveva dato loro.
Il tutto accadeva di fronte allo sguardo del proprietario della copisteria, imbarazzato da quel teatrino degli orrori, impotente di fronte alle urla dei ragazzini. Imbarazzato mi dice “sono ragazzini di merda, senza famiglia, sono stupidi fanno sempre questo, non ci pensare”.
Si, non ci penso. Provo a farmene una ragione, provo a non pensarci ma non ci riesco. Piango.
Le mie lacrime sono dovute a 21 anni di intolleranza, sessismo e razzismo che questo paese mi ha riservato costantemente. Le mie lacrime sono dovute all’impossibilità di poter comunicare con quei ragazzini.
A me dispiace più per loro che per me. Mi spiace che il loro futuro sia irrimediabilmente segnato dalla povertà e dal degrado, mi spiace che le loro menti siano avvelenate e incatenate a schemi che non dovrebbero mai appartenere a nessun uomo o donna che voglia vivere su questa terra. Tremo alla sola idea di poterne incontrare ancora di ragazzi come quelli.
La sensazione di terrore che provavo dopo questa aggressione mi stringe ancora le viscere.
Sono sincera quando dico di non essere in collera con quei ragazzini; ce l’ho con lo Stato e le istituzioni che creano la violenza, creano le differenze e le usano in maniera strumentale, per creare divisioni, violenza e ghettizzazione.
In questo valzer di oscenità e prevaricazioni, chi non ha niente, chi viene privato di dignità e opportunità, chi viene privato della possibilità di immaginare solo un futuro diverso, che non sia annegare nell’alienazione quotidiana diventa belva, diventa succube di una cultura del razzismo e del fascismo dove, le donne come me sono solo oggetti sessuali passivi e inferiori.
A quei ragazzini la società tutta ha insegnato che una ragazza straniera è una puttana amante del cazzo, una “cosa” da insultare, da toccare, da violare e denigrare. Il loro agire è l’azione diretta di quel Mostro che abita nel cuore di questo occidente da secoli. Il Mostro che ha alimentato e alimenta il razzismo, il fascismo le deportazioni e le moltiplicazioni dell’intolleranza verso coloro che sono semplicemente donne e uomini. Coloro che detengono la ricchezza e i meccanismi di produzione non solo del denaro, ma anche delle discrminazioni, sanno che la povertà genera mostri e rende l’uomo disorganizzato.
Io credo negli esseri umani che si organizzano e resistono a queste oscenità.
Mi rifiuto di credere che sia la razza a determinare l’odio. Crederò sempre negli esseri umani, voglio crederci e voglio credere che restituendovi questa mia memoria, qualcuno di voi rifletta sull’importanza di desiderare e costruire una realtà diversa, dove un migrante non debba sentirsi in pericolo di vita in ogni istante della sua esistenza.
Esorcizzare il mio dolore insieme a voi è una forma di resistenza, perchè io voglio credere e costruire insieme a voi un mondo dove quei bambini possano avere un’istruzione degna di questo nome, e un cuore abbastanza grande per accogliere anche me e magari invitarmi a fare una partita di calcetto con loro.
Io voglio restare umana.
Restiamo umani.
Tutti.»
Grande prof, lei è la sinistra in cui crediamo!
E come sempre mi ritrovo nelle tue parole…è per questo che i giovani ti amano tanto, a cominciare da mia figlia. Sai stare al loro fianco, senza mai salire sul piedistallo, li sostieni e dai loro ragione…perché sì, i nostri giovani hanno ragione anche a sbeffeggiarsi delle miserie umane che gli abbiamo lasciato.