Se la cosa non fosse terribilmente seria, ci sarebbe da ridere. In una lettera a dir poco sconcertante, che ”Patria Indipendente” – organo ufficiale dell’Associazione Partigiani d’Italia – ospita senza sentire nemmeno il bisogno di prendere le distanze, il sig. Piero Petronio si sostituisce all’anagrafe e rilascia certificati di cittadinanza agli studiosi. Il criterio adottato tutto sommato è semplice: se ti occupi del confine orientale e, in linea di massima, condividi la sua verità sulle foibe – Petronio, per chi non lo sapesse, ha “studiato una vita l’argomento” – non ci sono dubbi: sei italiano a tutti gli effetti. Va da sé che, a dar retta all’infallibile metodo accolto dall’ANPI senza una chiosa, un distinguo o una precisazione, Alessandra Kersevan e Claudia Cernigoi “sono slovene”, così come sloveno diventò anni fa l’italiano Pirjevic. Slovene sì, parola di Petronio, e sembrerebbe quasi che i problemi del nostro confine orientale creino a loro volta un invisibile confine “etnico” tra gli studiosi, un confine che divide gli italiani, depositari del Verbo, da quelli sloveni, che evidentemente sono geneticamente manipolatori di fatti e si propongono lo “scopo […] di nascondere o sminuire i massacri compiuti dai partigiani di Tito”, per “togliersi di dosso l’infamia delle foibe mettendo in evidenza i crimini dell’esercito italiano in Jugoslavia”. Non a caso, per il sig. Petronio e per “Patria Indipendente”, che gli pubblica la lettera senza nulla obiettare, la Kersevan e la Cernigoi, non sono solo false italiane e “sedicenti storiche”, ma – guarda un po’! – usano il metodo “speculare a quello dei fascisti italiani di porre l’enfasi sui crimini altrui”. Vergognosamente slovene, quindi, e gratta gratta anche un po’ fasciste…
Partita da questa inquietante premessa, la lettera pubblicata dal giornale dell’ANPI giunge all’inevitabile traguardo: la lista degli autori consentiti – e di conseguenza l’index librorum prohibitorum – ma l’elenco di chi è abilitato a parlare di foibe e i fondi archivistici in cui andare a far ricerca: “la Fondazione Gramsci con i suoi grandi archivi. La verità è li, va studiata e divulgata. E’ totalmente errato affidare ad occhi chiusi ad altri, come Kersevan e Cernigoj, quello che
bisogna studiare da sé”. Anche gli archivi, quindi, devono essere italiani e li devono frequentare solo gli studiosi cui sia stato fatto l’esame del sangue. Gli sloveni, veri o presunti che siamo, sono “altri”, sono diversi, sono una razza di cui diffidare.
Un gravissimo lutto mi rende al momento difficile intervenire nel merito del dibattito. Due parole, però, ho bisogno di dirle. Le prime a Claudia e ad Alessandra, con la quale ho avuto anche l’onore di scrivere un libro. Con l’una e con l’altra ho dovuto condividere l’etichetta di negazionista che ci appioppò in malafede il “Corriere della Sera” e sono orgoglioso di essermi trovato in loro compagnia; per quello che vale, la mia solidarietà e la mia stima sono totali, incondizionate e affettuose. Il dato che colpisce nella lettera di Petronio non è quello che riguarda l’interpretazione storica, ma la totale mancanza di rispetto per due studiose ineccepibili sul piano del metodo e della documentazione. Chi definisce Kersevan e Cernigoi “sedicenti storiche” è certamente un villano incompetente, ma è anche e soprattutto istintivamente fascista. Altro che sinistra. Gli attacchi reiterati e strumentali cui sono sottoposte da troppo tempo Claudia e Alessandra sono inaccettabili e tutti gli studiosi dovrebbero ribellarci come un sol uomo e schierarci a loro difesa. E’ per questo che voglio dirlo a chiare lettere e senza possibilità di equivoco: col loro lavoro rigoroso e – perché no? – coraggioso, Kersevan e Cernigoi hanno dato e sono certo daranno ancora un contributo prezioso alla conoscenza storica.
In quanto a “Patria Indipendente”, se può esser vero che la parola si dà a tutti, anche a chi pretende di toglierla agli altri e supera i confini della decenza, non è meno vero che una “presa di distanza” redazionale sarebbe stata doverosa. Da tempo mi interrogo su cosa accada oggi davvero nell’ANPI e non trovo una risposta. A Napoli sono stato “promosso”: mi hanno ficcato in un “Comitato d’onore” che non s’è mai riunito e non so a che serva, se non a “sterilizzare” il dissenso e togliersi dai piedi i rompiscatole. A “Patria Indipendente” ho mandato tempo fa un intervento sul caso Fedel, una spia fascista che Pansa ha trasformato in eroe; i parenti mi minacciano di querela e chiedono una rettifica per le poche parole che gli ho dedicato nel mio ultimo libro, ma ciò che ho scritto è chiaro e documentato. La “rivalutazione” del Fidel infanga il Pci e la Resistenza. A tutt’oggi Patria Indipendente non mi ha risposto. Spazio per Petronio però ne ha trovato.
L’ha ribloggato su NESSUN DORMA.
Trovo squallido commentare ancora ,dopo quasi 70 anni , fatti storici realmente avvenuti , che i nostri politici hanno ,ottimisticamente e cinicamente celato.La pace non si raggiunge mai senza verità.La giustizia non può esistere senza verità;rimangono le braci sotto la cenere ,pronte a riprendere se qualcuno soffia.
La verità ,senza essere truculenti ,perchè di episodi irracontabili si tratta , è che noi italiani , nei balcani (e non solo)siamo stati veri criminali , in alcune zone (Lubjana)peggio delle terribili SS;non voglio dilungarmi in descrizioni alla Tarantino .
In seguito a questo , sono avvenute vendette vergognose ,anche queste irracontabili,verso la minoranza etnica italiana che con il fascismo nulla aveva a che fare; e poi i profughi……
Tutto questo è avvenuto senza ombra di dubbio alcuno.
Oggi , dopo 70 anni devo assistere alle pietose schermaglie tra la Kersevan , il fumettistico Rizzo e quel misero Gasparri; schermaglie da contabili , sulle decine o centinaia di migliaia di profughi , o di infoibati o fucilati.Che squallore! Rizzo poi da fondo alla sua creatività ,sostenendo che è causa della DC se le foibe sono state nascoste , perchè allora era schierata con Tito che il PCI aveva scomunicato parteggiando per Stalin.Ma si può pensare una panzana più divertente di questa?
Va beh ,nello squallore qualcosa per ridere si trova.
Cosa vorrei , o meglio cosa avrei voluto fosse avvenuto in questi 70 anni?
Per prima cosa , che un nostro presidente della repubblica fosse andato a Belgrado o Zagabria o lubjana a chiedere perdono , come ha fatto willy brandt.Poi avrei voluto che la storia mi fosse insegnata come è avvenuta , senza omissioni sui crimini vergognosi(io mi vergogno)operati da noi italiani e sulle violenze subite dagli infoibati e dai profughi.
Per finire , mi sarebbe piaciuto mi fosse raccontato anche l’episodio che Togliatti ordinò al grande Di Vittorio (CGIL)di non permettere ai profughi istriani di attraccare e sbarcare ad Ancona; Di Vittorio con le lacrime ,ordinò ai portuali di occupare il porto ,e questi poveracci , armati di quattro stracci e disperazione cominciarono a vagare con le lacrime e i bimbi che piangevano;episodio analogo(oggi riconosciuto e celebrato)avvenne alla stazione di Bologna……tanto per ridicolizzare Rizzo il fumetto coreano..
L’episodio relativo ad Ancona , mi è stato raccontato da una signora ,che poi è andata a vivere in cile;aveva ancora tanta rabbia per il tradimento dei suoi connazionali e le lacrime quando parlava…..le braci sotto la cenere.
Ecco come la penso su quei fatti, mi sento doppiamente tradito , da coloro i quali raccontano ancora la stronzata degli “italiani brava gente….boni taliani” e da coloro i quali negano i crimini di alcuni jugoslavi verso esseri umani che non avrebbero fatto male a una mosca.
Perdono per la lunghezza
ernesto
Caro Ernesto, mi creda, a giudicare le persone dall’apparenza si rischia di sbagliare. Di Alessandra Kersevan non è giusto farsi un’opinione sulla base esclusiva di una tempesosa serata nel “salotto” di Bruno Vespa. Legga i suoi libri e scoprirà che non nega nulla. Lavora sui documenti conservati negli archivi e ricostuisce con scrupolo e rigore pagine dolorose della nostra storia. Ho scritto un libro con lei e so di che parlo, Io non mi occupavo di foibe, ma di politiche culturali del fascismo; mostravo come il regime si impadronì delle associazioni irredentiste, le spostò su un terreno di estremismo nazionalista e vi inserì il veleno del razzismo. Niente foibe, quindi, ma il Corriere della Sera che non si era mai occupato dei miei scritti e fino a quel momento ignorava persino che esistessi, si affrettò a definirmi “negazionista”. Era evidente che nessuno del giornale aveva letto il saggio, Era bastato uno aguardo ai nomi degli autori per tirare la disonesta conclusione: stai con la Kersevan e perciò sei un bugiardo. Con grande senso della democrazia, Ferruccio De Bortoli, rifiutò di pubblicare una lettera aperta di protesta, che recava la firma prestigiosa di Gerardo Marotta, illustre fondatore dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici, Persino Wikipedia, la sedicente “libera” enciclopedia, ha censurato la vicenda nella voce che dedica alle foibe. Quando non ha argomenti, il potere imbavaglia gli studiosi e se può torna al Sant’Uffizio, alla scomunica e all’indice dei libri proibiti. Se le capiterà di leggere i lavori della Kersevan, scoprirà che sono estremamente documentati e smantellano tesi oltranziste, che rispondono a interessi politici e non hanno nulla a che vedere col la vicenda storica.
caro Giuseppe,
la sua risposta mi conforta , ma io credo che uno storico italiano dovrebbe raccontare quanto avvenuto durante la guerra calda e fredda .
Perchè la sinistra ,alla quale culturalmente apparteniamo,con la sua potenza mediatica e culturale , non ha diffuso con forza massima ,le nostre “opere di bene” nei balcani , come ha fatto la sinistra tedesca?Lei come storico certamente lo sa e forse prova imbarazzo come onesto uomo di sinistra.
Se gli italiani , conoscessero quei crimini , la signora Kersevan non dovrebbe perdere tempo a fare la contabile sugli infoibati ,come nessuno storico tedesco perde tempo a discutere degli stupri sovietici come rivalsa all’orrore nazista sul fronte orientale.Lei non crede?
In Italia ,particolarmente in friuli , segnatamente al tema in discussione , bruciano ancora ferite che in Germania si sono cicatrizzate negli anni 50.
Rimane poi ,come un marchio indelebile ,la vergognosa mancanza di solidarietà del popolo italiano rosso , verso fratelli italiani , disperati come lo sono oggi coloro che attraversano il mediterraneo per non morire.Disperati , affamati , sfiniti , senza niente , col marchio infamante e falso di fascisti.
Lei professore certamente conosce quanto avvenuto ad Ancona , alla stazione di Bologna o al porto di Piombino nei confronti dei profughi istriani che si imbarcavano per raggiungere Fertilia;lei conosce questi fatti , e mi creda , sono così imbarazzanti che rendono inutile ogni contabilità sugli infoibati.
Ernesto,
il problema che sollevi circa l’attività della Kersevan, da te indicata come “contabile sugli infoibati”, è fuorviante.
Qui non si tratta di crogiolarsi nell’esercizio di stime e calcoli, ma piuttosto di vagliare con rigore e scrupoloso metodo storico, il peso degli eventi storici e, soprattutto, delle loro potenziali conseguenze sulla percezione sociale.
Se in una trasmissione del primo canale della televisione pubblica italiana la redazione mostra una foto con un plotone di esecuzione italiano spacciandola per una prova dei massacratori jugoslavi qualcosa non va.
Se poi, nella stessa trasmissione, un’ospite (la Kersevan, appunto) si permette di ammonire il conduttore sottolineando l’errore e questi risponde che i risultati della sua ricerca storica “non stanno né in cielo né in terra”, allora il dubbio che nei mezzi di informazione a prevalere sia l’uso della verità storica e non la verità storica in sé, inizia a farsi strada fino a diventare certezza.
Qui non nego la portata della tragedia delle foibe o dell’esodo dall’Istria, ma affermo l’opera di sfruttamento della storia a uso e consumo da parte delle nostre istituzioni nazionali, un uso che non prevede approfondimenti e critica, anche nel caso di errori grossolani e mistificazioni arbitrarie.
Viviamo in un’epoca in cui l’ideologia è tutt’altro che scomparsa; il fatto è che ad oggi ne resta solo una, quella dominante.
[…] Di mio solo una premessa, in modo che chi avrà la pazienza di leggere, capirà di che si tratta. Al sig. Ernesto della Sernia, che ha avuto la bontà di commentare per ben due volte un mio […]