Il 2 ottobre 1925, quando a Palazzo Vidoni si giunse alla firma, Edmondo Rossoni, capo del sindacalismo “rosso” ormai in camicia nera, cantò vittoria. Illusione o menzogna, dichiarò che il comune interesse nazionale avrebbe costretto Confindustria a una linea di “superiore disciplina”. Il patto, da cui nasceva ufficialmente il sedicente “sindacalismo” fascista, non negava l’idea di classe.
L’assumeva, anzi, la faceva sua, per definire un contesto che oggi diremmo “concertativo” e disegnare una gerarchia. Agile e comprensibile, s’ispirava a un prototipo di “politica del fare”, tornata ai suoi nefasti nel clima velenoso del dilagante “autoritarismo democratico”. Cinque articoli: una parte sociale, sopravvissuta a se stessa solo perché accettava la cancellazione di tutte le altre, era riconosciuta come rappresentanza unica dei lavoratori da imprenditori che, in compenso, si appropriavano dei rapporti sindacali, ottenevano lo svuotamento della contrattazione e la conseguente sparizione delle Commissioni interne. Non si trattava di un complesso accordo sindacale, ma di un decisivo passo politico. Un sindacalismo di funzionari trovava la sua legittimazione nel riconoscimento della controparte e non in quello dei lavoratori, cancellava ogni altra sigla e – bere o affogare – non lasciava scelte ai lavoratori: aderire, per non subire la ritorsione.
Dopo l’accordo sindacale di ieri, Vico trova una clamorosa conferma e la civiltà fa luogo nuovamente alla barbarie. Sacconi non vale Bottai, ma la lezione l’ha appresa bene: l’interesse nazionale coincide con quello dell’impresa e nel mondo del lavoro c’è una scala di valori. Meglio di lui, lo disse Mussolini: in azienda c’è solo la gerarchia tecnica. Oggi come ieri, in vista delle manovre “lacrime e sangue” di Tremonti, i colpevoli del disastro annunciato prodotto da un mercato che specula su stesso e mette la vita e i diritti della povera gente al servizio del Pil, si trova modo di vietare lo sciopero, si affida agli imprenditori il compito di certificare le deleghe e si riduce il Contratto nazionale a una pantomima messa in scena per oscurare il peso decisivo di una contrattazione aziendale che potrà legittimamente stravolgerne il contenuto a seconda degli interessi delle aziende. Si apre così l’era nuova del “sindacato aziendale”.
Peggio del peggiore corporativismo. Certo, manchiamo ancora di una “Carta del Lavoro” e beffardamente sopravvive a se stesso lo Statuto dei lavoratori, ma Susanna Camusso dà voce ad un sindacalismo di classe mummificato: contenta di una rinnovata collocazione “privilegiata”, non capisce, o finge di ignorare, che si è voltata pagina alla storia. A partire dall’accordo del 28 giugno, se mai vorrà provare a rifiutare il ruolo di cinghia di trasmissione delle scelte del capitale, se, per improvviso impazzimento, uscirà dall’acquiescenza, la Triplice sindacale sarà frantumata.
In quanto rappresentanza unica dei lavoratori, non si è semplicemente piegata alla dottrina Marchionne. Ha accettato senza riserve l’intimo significato del pensiero di Alfredo Rocco che, qui da noi, fu alla base dello Stato totalitario: la proprietà privata e il capitale hanno una funzione insostituibile nella vita sociale e il sindacato esiste solo per disarmare e addormentare i lavoratori.
Uscito su “Fuoriregistro” il 29 giugno 2011 e su “il Manifesto” il 3 luglio 2011
Caro Aragno, questo fascismo strisciante va avanti da molto tempo.Anzi, prima Asor Rosa l’ho chiamato fascismo bianco.Andiamo per ordine.La prima domanda che ci dobbiamo fare è quella di capire se questa è una stregia della destra o anche della sinistra. Io dico di tutte e due. Il progetto era quello di far nascere un sindacato collaterale al governo,ai padroni, senza impicci e senza regole, perché le regole che mettono in campo i padroni e i politici non devono essere contestate( un’anarchia uguale a quello che succede nel parlamento italiano; volano gli stracci in faccia; a Napoli si dice ‘e mappine…).Questa strategia non ha bisogna del centro e ne dell’ala sinistra; questa lettura ce la danno Napoli e Milano nelle elezioni comunali, Li salta tutto lo schema della vecchia rappresentanza politica,anzi nessuno dice nulla, perché pensano che c’è ancora un margine di potere per portare avanti il loro progetto e che per il momento il blocco fa finta che non è successo nulla, ma deve solo continuare la sua opera di smantellamento comprandosi tutto e tutti per far diventare la CISL il primo sindacato in Italia, mettendo fuori gioco la CGIL e tutta la sua storia. Dimenticavo un tassello importante: la regia è sotto la guida attenta degli ex socialisti passati tutti nel Pdl e una grande fetta di democristiani che allocano nel PD e nel PdL: dal socialista Sacconi e dal democristiano E. Letta( vi ricordate il fumogeno di Torino, una grande sceneggiate mediatica costruita ad arte, prima dello sciopero del 16 ottobre 2010 della FIOM CGIL; anzi dopo poco tempo provate a leggervi su Libero.it gli anatemi che Angeletti lanciò contro Epifani; quest’ultimo ieri sera invece ha fatto una difesa d’ufficio accettando tutto anche la soppressione del diritto di sciopero.Ci vuole una bella faccia tosta).La prossima opera toccava al sindacato; tutto era stato già preparato.Basta pensare a come si chiude il congresso della CGIL,dove Ghezzi fa finta di non capire e fa anche lo gnorro( presidente della Commissione di Garanzia).Io penso che siamo in quella direzione: di un inizio di fascistazione dello Stato Italiano. Ti prego Aragno – sono un ex operaio della Saint – Gobain di Caserta – voglio fare una domanda a tutti i sindacalisti intervenuti, ma il delegato è ancora,con questo accordo (o non è) il solo preposto alla contrattazione di 2° livello? Se non è questo avete raccontate troppe bugie e avete violato e venduti gli articoli 39(L’organizzazione sindacale è libera:non può essere imposto nulla se non la sua registrazione…) e l’art.40, (il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano) ai padroni, e avete dato fiato di ripresa al governo Berlusconi(sono un pensionato,tessera dello SPI CGIL, n°400830).Diteci con chi state?Con i lavoratori ,no! Con le donne, no: quella grande manifestazione del 13 febbraio 2011 è stata svenduta completamente con l’età pensionabile a 65 anni; con i cassaintegrati peggio di peggio; con i precari di tutti le precarietà, e di questi tempi e con quest’accordo quando troveranno un lavoro! Allora,con chi siete in ascolto. Non ascoltate nessuno, inoltre vi state vendendo anche la nostra dignità.No, quella no! quella non ve la permettiamo di barattarla, e ne la Costituzione.Siete già vicino ad un corto circuito.Fate attenzione: noi con la nostra dignità viviamo bene,siete voi che con la vostra vivete male,perché siete lontano dai problemi e dagli interessi della povera gente e della popolazione. luigi.montone@alice.it – pensionato dello SPI CGIL – Milano.
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Caro Montone, le sono grato per l’intervento, che condivido pienamente, anche nella sua conclusione. Spieghiamo ai giovani ciò che sta accadendo, sembra poco, ma non lo è. Toccherà a loro affrontare la bufera, ma ce la faranno e la lotta sarà tanto più agevole, quanto più chiare saranno le idee e più forte il filo della memoria storica tra le generazioni. A Ghezzi non ho risposto. Non se la merita una replica. Evoca il fantasma di Matteotti, lo usa strumentalmente e non capisce che è un’implicita ammissione di responabilità. Il tempo nostro non sa esprimerlo un Matteotti e, qualora ci fosse, non morirebbe di pugnale, come finge di credere Ghezzi. Dumini e la Ceka oggi contano sui velinari e sul dossieraggio e hanno un’arma più efficace del pugnale: l’assassinio morale compiuto da giornali prezzolati. Matteotti sarebbe oggi stato travolto da uno scandalo montato ad arte, sarebbe stato attaccato sul piano personale e gli avrebbero detto che raccontava barzellette da bar Sport, come fa Ghezzi con me, che, a suo dire, sono intellettualmante disonesto. La menzogna e il fango sono il pugnale dei moderni Dumini. E Ghezzi, in questo, è maestro. Grazie e buona fortuna.
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