In un nido di serpenti, tutto striscia e ognuno cambia pelle. Se la Francia oggi espelle e deporta, un tempo, superato l’ospitale confine, il profugo, salvo, sospirava: “ho due patrie, la mia terra e la Francia“. Se un “civile” presidente occidentale imbarbarisce, una occidentale che lotta per i diritti è minacciata. Nessun paragone: nulla giustifica la campagna d’odio contro Carla Bruni, nemmeno la campagna d’odio del marito, Sarkozy. Saggio, però, ci appariva Shakespeare, quando saggi eravamo: “La malvagità che mi insegnate la metterò in opera e sarà difficile che io non abbia a superare i maestri“.
Qui da noi cambia pelle persino l’antica questione del Sud. Se per smodato egoismo, amor di campanile oppure impazzimento, non è chiaro, ma nel corpo del paese una ferita è aperta, la gangrena attacca ciò che resta di sano e lo corrompe. Tutto va a male e marcisce, tutto si degrada a bega di fazione, pettegolezzo di parrocchia, chiacchiericcio di comari o, se occorre, menzogna dorata di commercio televisivo.
Un esempio? Eccolo: – “Il primato degli studenti del Nord? Un certamen spazzerà via ogni dubbio. La proposta di un preside di una scuola media di Agropoli in una lettera alla ministra Gelmini”.
Così la stampa se una volta parla di scuola a un Paese drogato. Così la scuola, se parla di sé a un Paese in coma. Così. Nel silenzio depresso dei ritorni dal mare e dai monti, nel silenzio sui lavoratori precari che si lasciano morir di fame, oscurati dall’eterna sequela di pazzi omicidi e di ubriachi al volante, dai “Meteo” che garantiscono estati perenni a chi parte in settembre, mentre i marines sconfitti lasciano Bagdad dopo bagni di sangue, in una gioia che non c’è, ma se l’inventano la carta stampata e i Tg che son peggio dei “Luce”.
Non sai che accade. Straniero, perso in una terra aspra e sconosciuta, ti guardi attorno stupito, stai sul chi vive e temi per la borsa e per la vita. Non è casa tua, questa terra, e ci vivi guardandoti le spalle, stupefatto e atterrito. In giro non trovi che ladri e tagliagole, in piazza, giochi da circo equestre, presentati come visite di Stato – gli affari prima dei diritti – mentre cialtroni, guitti e velinari prostituiscono il senso del divino e l’orgoglio femminile, se ancora di orgoglio si può parlare, in un quotidiano bazar che ti ostini a chiamare “società civile”. Un orgoglio che tace, come tacciono antiche religioni, svendute in una gara confusa di Cesari da operetta e padreterni senza profeti. Rammenti Hugo e la sua disperata solitudine: “Il mondo ride, forse ho sbagliato secolo”. Il mondo, però, non ride. Il mondo piange.
Uscito su “Fuoriregistro” l’1 settembre 2010
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